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Autore: Centomila    21/06/2013    4 recensioni
"Che in questo momento vorrei starle vicino, vorrei ripeterle ancora una volta di non preoccuparsi e che andrà tutto bene, ma sono stanco di mentirle, stanco di mentire a me stesso, le distanze si accorceranno anche con le parole, ma le emozioni non si sbiadiscono."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I primi raggi dell'alba filtravano dalle veneziane, ti accarezzavano i capelli, danzavano sulle clavicole per poi percorrerti fino ai polsi.
Sembravano quasi disegnare i tuoi tratti lievi, dare forma e colore ai tuoi sguardi, gli stessi che mi facevano perdere la testa ad ogni battito di ciglia.
Avrei voluto ricordarti così, con la tua voce debole, con il tuo sorriso imbarazzato e quelle lentiggini che si moltiplicavano alla luce del sole, con i capelli legati, che mettevano in mostra quel tuo bel viso che eri abituata a nascondere, e disordinati, come i tuoi pensieri, vestita di tutti i tuoi problemi che insieme avevamo risolto e di tutti gli altri che avremmo dovuto risolvere; insieme. Quella parola che ormai non aveva più senso, e che forse un senso non ce l’aveva mai avuto. Che ci eravamo distrutti a vicenda, che ce ne siamo andati, tutti e due, e soprattutto tu.
E non avevo voglia di continuare a riflettere su quello che sarebbe accaduto o su cosa saremmo diventati, se avremmo perso i contatti e se ti saresti innamorata di qualcun altro.
Volevo portarti via, e non m’interessava se saresti partita e se il freddo di Gennaio avrebbe reso tutto più drammatico di quanto già fosse. Presi la mia chitarra, ti presi per mano e scappammo via da quella casa che c’opprimeva gli animi, era come se stessimo scappando dal nostro passato, dalle tue parole della sera prima, come se stessimo ignorando il futuro e vivendoci il presente.
Ti portai sulla riva del lago, e sembrava tutto nostro e non c’eravamo nemmeno mai stati prima.
Iniziai prendendo due accordi, fino a far scivolare via dalle mie corde vocali quella canzone che amavamo tanto per l’ultima volta.
Ed ogni volta che ci ripenso, ricordo quei tuoi occhi luminosi che mi avevano scavato oltre la gabbia toracica e mi avevano colpito dritti al cuore, ricordo quelle lacrime che ti rigavano il volto e le tue labbra che avevano cercato così tante volte le mie.
E forse non ti avevo mai amata tanto, ma non ti dissi nulla.
Che passammo la giornata così, distesi sui quei ciottoli quasi come fossimo in uno di quei libri che ti lasciano senza fiato, con le vibrazioni delle corde della chitarra a farci da colonna sonora.
Ce ne andammo solo quando fu ora di salutarci, che ti accompagnai alla stazione con il cuore che rischiava di traforarmi il petto. E mi abbracciasti così forte da farmi dimenticare di tutto, di tutta l’angoscia che m’aveva occupato la mente quella notte, di quel senso di vuoto, di quella tristezza cronica che mi prendeva troppo spesso.
E cercai le tue labbra per l’ultima volta, che ci sciogliemmo in uno di quei baci che sembrano segnarti a vita, che non si dimenticano mai.
La voce metallica degli altoparlanti ci divise, salisti su quel treno con un sorriso vuoto di speranza, lo stesso che indossavo io in quel momento.
Guardai il treno correre verso Berlino, ed urlai di amarti e tu facesti lo stesso, ma sapevamo entrambi che era troppo tardi.
  
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