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Autore: REDRUMILLA_    22/06/2013    2 recensioni
Harry Styles e Louis Tomlinson sono due ragazzi tutto fuorchè normali. Harry è un indeciso cronico, si aggrappa a chi gli è vicino per vivere e, pur provando in tutti i modi a dare una ragione a tutto quel vuoto che sente dentro di lui più passa il tempo e più si sente inadatto, solo, incompreso.
Louis invece é un ragazzo rabbioso, incazzato con il mondo, con il padre drogato e alcolizzato, con la vita che gli ha giocato un brutto scherzo. Il bullo della scuola, quello che tutto ammirano per la bellezza ma disprezzano per lo spinoso carattere da duro. L' unica cosa in comune che questi due esseri così diversi hanno è un semplice, quanto contorto rapporto di familiarità. Sono fratelli.
Come puó complicarsi ulteriormente un rapporto ormai compromesso? Come puó peggiorare l'irrecuperabile?
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[Larry] [Successivamente Ziam]
Se siete sensibili o facilmente influenzabili evitate di aprire!
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate, Violenza
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Harry Styles


Mi svegliai nel pieno della notte.
Ombre passate tornarono a galla e mi spinsero con loro a fondo. Mi sentivo di nuovo vulnerabile, di una debolezza disarmante.
Le mie paure, i miei ricordi spingevano la porta, fino a quel momento chiusa a chiave, del mio subconscio febbricitanti di uscire e prendermi alle spalle. Il mio passate, forse la mia unica vera e autentica paura, stava tornando ad assillare le mie notti.
Decisi di uscire a prendere una boccata d’aria. La mia gola era secca e la mia pelle appiccicosa. Conoscevo il motivo di tale agitazione. Lo stesso motivo di tanti anni fa. Lo stesso motivo della mia depressione adolescenziale passata.
L’avevo superata, avevo deciso di metterci un enorme pietra sopra e ricominciare a vivere. Se pur da solo, potevo considerarmi felice.
Avevo una famiglia amorevole e amici su cui contare. E un ragazzo.
E forse per questa stabilità che finalmente mi ero conquistata che lasciare la mia città natale mi parve come cadere dentro una fossa piena di piranha.
Sapevo che sarei stato vulnerabile, esposto e nudo. Solo.
Ma di certo non sospettavo di certo di incontrale lui. Louis Tomlinson, la fonte di tutti i miei traumi infantili.
La persona che da piccolo e ingenuo ragazzino ritenevo la mia anima gemella che, ahimè, con lo scorrere degli anni divenne la mia antitesi e poi, finalmente, solo un vago ricordo.
Pensavo di aver messo alle spalle quel capitolo della mia vita ed essere andato avanti. Dimenticando.
Ma era tutta una melliflua illusione. Mi è bastato un nome scritto su di un trofeo, una microscopica foto sfocata a abbattere tutte queste convinzioni e ad affogarmi in un mare di tristi ricordi.
Ed è per questo che, alle 4.00 di notte mi ritrovavo sul balcone, mani appoggiate malamente alla ringhiera e un freddo disumano agli alluci dei piedi.
Fissai le stelle per svariate ore, ricordando la mia infanzia, fin quando non sopraggiunse la stanchezza e mi addormentai lentamente sullo sdraio floreale donatoci da zia Rose per il nostro trasferimento.
Mi svegliai con un dolore incredibile alla colonna vertebrale e dei tangibili segni di una notte passata in bianco, occhiaie a parte.
Quel giorno la voce di mia mamma risultò ancora più fastidiosa del solito e il mio normale rituale mattutino apparve ancora più faticoso del giorno precedente.
Fissai le pareti spoglie e la valigia ancora intatta e mi ripromisi di attaccare qualcosa nella prima e svuotare l’altra. Promesse vaghe, visto il mio stato d’animo.
Scesi strascicandomi in soggiorno, ignorai le lamentele di mia madre contro le mie sorelle e mi limitai a un sorriso visibilmente finto e, per accontentare l’apprensione di mia madre addentai pure una fetta biscottata.
Congedai la mia numerosa famiglia con l’ennesimo triste sorriso e, afferrando la cartella, uscì silenzioso dalla porta.


 
Louis Tomlinson


“IO ESCO” urlai più a me stesso che a mio padre, quando varcai la porta malconcia della nostra abitazione.

Non arrivò nessuna vera e proprio risposta ma solo un languido mugolio segno che aveva recepito. E questo mi bastò.
Avevo promesso a Liam che sarei andato con lui ad una festa sulla spiaggia ma, la vicenda di ieri mi ha davvero peggiorato, se possibile, l’umore.
Non sono mai stata una di quelle persone che si fascia il capo, che si preoccupa molto degli avvenimenti che lo circondano ma, sentirlo cantare, mi ha davvero stravolto.
E’ stato come fare un tuffo a capo fitto nel passato, mi hanno sommerso ricordi ormai dimenticati.
E’ tornato a galla l’unico periodo felice della mia vita e questo, al contrario delle mie aspettative, invece di migliorare il mio umore, mi ha reso ancora più depresso.
Vedere il suo volto contratto, i suoi muscoli facciali che urlavano pietà e un velo di angoscia che ricoprivano i suoi occhi, stupendi come li ricordavo, forse anche più intensi.
Tutti questi fattori non riuscivano a farmi dormire tranquillo, infatti dire che ho passato la notte insonne, lo trovo alquanto scontato.
Come dovrò comportarmi adesso, sapendo che lui, la persona più importante della mia infanzia, si trova nella mia stessa scuola? Come posso comportarmi sapendo che sono così vicino a lui ma così fottutamente colpevole da non potermelo avvicinare.
Sentimenti contrastanti esplodono in me. Devo architettare qualcosa. Subito.

“Sei un pezzo di merda, Louis.” Mi destò Liam appena davanti a scuola.

Il mio migliore amico poteva definirsi di bella presenza. Aveva dei grandissimi occhi color nocciola, una pettinatura che ricorda vagamente un militare in congedo e un sorriso ebete stampato perennemente su quella faccia da secchione.
Liam Payne era il mio completo opposto. Un ragazzo disciplinato, molto corretto e educato.
Se io ero lo Yang, lui sicuramente era il mio Ying.
L’unica persona che probabilmente riesce a capirmi, ad ascoltarmi veramente superando le barriere da “cattivo ragazzo” che mi sono creato in anni e anni di solitudine.
La mano che ti prende al volo mentre stai cadendo in un precipizio,  l’unica stella in un cielo oscurato dalle luci notturne del centro di Londra. O semplicemente un raggio di sole in un agglomerato di grigie nuvole.
Risposi frettolosamente, colto alla sprovvista.

“Ohi! Ciao vecchio mio! Scusa ancora per ieri!” dissi, cercando di scusarmi della buca gigantesca che gli avevo inflitto.
“Scusa un corno. Sei uno stronzo. Mi hai lasciato da solo. Sai quanto ci ho messo per convincere mia madre a mandarmi a quella festa? MESI! E tu..? Mi dai buca così. Senza preavviso. Sei pessimo.” Sputò fissandomi costantemente negli occhi.

Adoravo il fare di Liam. Per quanto poteva essere offeso o imbarazzato non smetteva mai di fissarti. Il suo sguardo era magnetico, se così si può dire.

“Suvvia, Leeyum, capiterà un’altra volta!” dissi “E poi, mio padre..sai, ieri non stava molto bene” mentì.

Mi sentì una mano afferrare la spalle e scuotere violentemente. Ovviamente Liam non se l’era bevuta. Mi conosceva troppo bene.

“Non usare sempre tuo padre come scusa per tutto. Ma non preoccuparti, sono abituato ai tuoi bidoni.” Concluse incamminandosi verso l’aula della prima lezione.

Mentre camminavo per il corridoio intravidi dei ricci fluttuare nella direzione opposta e un Harry visibilmente a disagio mi si parò davanti, in tutto il suo grezzo splendore. Nel fissarlo andai, involontariamente, contro un ragazzo di prima e, spintonandolo lontano da me senza molta gentilezza, proseguì il mio cammino.
 

Harry Styles


La mia prima lezione era in aula 6 e, la fortuna volle che, durante il mio goffo camminare verso quest’ultima, mi imbattessi nell’unica persona che non volevo affatto vedere.
Cercai di non notare che mi stava fissando insistentemente e accellerai il passo affondando la testa nei libri di testo che portavo fra le mani.
Trovai dopo molti problemi l’aula dove si sarebbe svolta la lezione pratica di Chimica e, prima che potessi varcare la soglia venni sbattuto brutalmente contro un armadietto poco distante da una mano misteriosa.
Ovvio che non conoscessi tale individuo. Non conoscevo anima viva e questo fatto di non conoscerlo mi irritò e mi immobilizzò dalla paura allo stesso tempo.
Il momento di silenzio terminò velocemente perché il ragazzo dalla pelle olivastra fisso davanti a me, apri la sua bocca, ispirandomi direttamente in faccia un insopportabile odore di tabacco.

“E tu saresti?” Disse piano, come a evitare di farsi sentire da estranei indiscreti.

Fui titubante nel dare la risposta e forse questo non andò molto a genio del moro davanti a me perché un altro forte colpo contro il povero armadietto rosso mostrò la sua impazienza.

“Sono Harry, Harry Styles.” Cercai di dimostrarmi il più sicuro possibile ma forse non apparsi esattamente come mi ero prefissato poiché una roca risata mi risuonò nelle orecchie, facendomi impallidire.
“Non ti ho mai visto da queste parti, Signorino Styles.” Sputò ancora una volta, tenendomi costantemente bloccato al muro.
“Beh, a dir la verità mi sono trasferito ieri.” Ammisi, abbassando lo sguardo fino a fissarmi le scarpe.

Sicuramente questo gesto non piaque al mio interlocutore perché in men che non si dica mi rialzò subito il volto finchè i miei occhi non andarono inevitabilmente a specchiarsi nel nero profondo dei suoi.

“Allora lascia che ti spieghi come vanno le cose qui.” Disse risoluto, allentando la presa sul mio volto.
“Io sono Zayn Malik, il tuo possibile futuro incubo. Qualsiasi cosa succeda non osare metterti sulla mia strada, non fissarmi se non per chiedermi qualcosa di strettamente necessario e, abbassa la cresta. Se c’è qualcuno che comanda in questo posto sono io e se non vuoi guai, stammi alla larga.”

Fu un attimo, tutte le miriadi di parole che uscirono dalla sua bocca accompagnato da quell’odore acre di tabacco durarono non più di cinque secondi. Rimasi spiazzato da cotanta prepotenza ma, da una parte questa non era una vera novità.
Nella mia vecchia scuola ero assalito di continuo da bulli solo per la mia omosessualità. L’essere sfuggito da quella vecchia scuola era sicuramente una scelta a doppio taglio. Come due lati di una monetina.
Se da una parte mi ha separato irrimediabilmente dalle mie conoscenze e amicizie dall’altra mi ha permesso di sfuggire alle persecuzioni e poter iniziare questa nuova vita scolastica in una maniera diversa. Avrei nascosto la mia omosessualità a costo dell’espulsione, questo era più che certo.
Decisi di non confondermi troppo e evitare di tirarla per le lunghe ma, prima che potessi congedarmi con un semplice “Ok” una voce stridula interruppe il mio contatto con il ragazzo ambrato che, vedendo la figura che si avvicinava a grandi passi, retrocedette e lo salutò come se niente fosse successo.
Il ragazzo appena arrivato non somigliava alle tipiche compagnie che ti aspetti essere di un personaggio come quello che lo aveva appena aggredito ma, a quanto pare fra di loro scorreva buon sangue.
Il biondino che stava adesso dialogando con Zayn Malik, presumo di ricordarmi esattamente il suo nome, aveva dei particolarissimi occhi azzurri e un sorriso davvero solare e contagioso.
La sua risata poi era pura allegria. Per quanto il compagno evitasse di ridere a sua volta, il rumore che produceva ridendo era davvero contagioso.
Dimenticai grazie a quella cristallina risata del mio incontro di pochi minuti fa con il suo macabro amico e, potei prendere posto senza che, ancora una volta, provasse a molestarmi o a schernirmi.
Non riuscii ad ascoltare molto la lezione della professoressa di Chimica, seppur fosse interessante.
Non mi sorpresi ne mi soffermai sul fatto che accanto a me non si fosse seduto nessuno, o che l’unico che ci aveva pensato avesse preferito sedere in prima fila invece che venire accanto a me.
L’unico pensiero che continuava a vagare per la mia mente era il suo lento camminare per il corridoio. Il suo riuscire a spiccare anche nella folla.
Pensai infatti che niente in lui era cambiato. Era il solito ragazzo buio e calcolatore, solitario, taciturno e irriverente. Con quegli occhi che ti perforavano la carne da quando erano meravigliosi.
Rinnegai per circa metà lezione l’aver anche solo pensato a qualcosa di positivo collegato alla sua figura ma, la consapevolezza di tale affermazione, mi rendeva inquieto.
Che il rancore che ho sempre provato per lui, col passare degli anni, sia scemato?
Impossibile, ripetei un paio di volte, fino ad autoconvincermi.
Le ore successive passarono più o meno allo stesso modo. Pensieri e ricordi continui non mi lasciavano libero di seguire una singola lezione e l’angoscia mi paralizzava.
Al suono della campanella decisi che, prima di andare a mensa sarei passato velocemente a dare un’ occhiata alla bacheca per cercare un club scolastico di cui far parte, per cercare di impegnarmi le giornate e dimenticare anche per poche ore a settimana della presenza della mia fonte di preoccupazione.
 

Louis Tomlinson


Al suonare della campanella mi sentii sollevato quando, correndo velocemente in mensa trovai i miei compagni seduti al nostro solito tavolo che mi attendevano.
Avevo un’idea in testa, e mi serviva il loro aiuto. Non mi sentivo così da una vita. Ero eccitato, spaventato, euforico e triste allo stesso tempo.
Avevo sognato di rivedere Harry da non so quanti anni e il sapere che mi era così vicino mi incuteva terrore, pura paura pensando alla sua reazione del vedermi, o nel parlarmi.
Sapevo che non mi si sarebbe mai avvicinato di sua spontanea volontà ma allo stesso tempo volevo con tutto il cuore potergli parlare, anche solo per qualche secondo. Avevo bisogno di spiegargli e lui di certo desiderava spiegazioni. In fin dei conti il mio comportamento 6 anni fa fu imperdonabile e lui era troppo piccolo e impaurito per capire il perché del mio gesto, del mio abbandono.
Effettivamente ha tutte le ragioni del mondo, sono un bastardo. Lo sono sempre stato e la cosa non fa che logorarmi.
Mi sedetti accanto a Liam e, con il mio solito fare distaccato, iniziai a mangiare tendendo la mia idea per quando il mio umore sarebbe migliorato.
Ma il commento di uno dei mie “amici” rese il tutto molto più semplice.

“Sono stanco. Non ci credo che lo stiamo cercando da un mese e ancora niente. Non ci credo.” Sbuffò.
“Senti Niall, stai calmo. Mi stai facendo saltare i nervi, cazzo.” Lo interruppe un'altra voce, stavolta molto più matura e profonda.
“Sai quanti studenti ci sono in questa cazzo di scuola Zayn?! Lo sai?” cantilenò allora il biondo.
“Ce ne sono circa 500, Niall e questo non implica per forza che ci debba per forza essere qualcuno adatto al nostro gruppo.” Ammise Liam, riuscendo a zittire quindi l’amico.
“Dio mio! Non ci credo. Non ci credo che non ci sia una cazzo di persona disposta a cantare con noi. Mio dio, non cerco niente di particolare, basta sia intonato cavolo.” Sospirò “Mi basta anche che sappia cantare “Fra Martino campanaro”, ti giuro.” Continuò Niall.
“Dimmi che la pensi come me Louis, dimmelo”. Disse, dirigendo la sua attenzione verso di me che nel frattempo sembravo interessato solo alle patate al forno presenti sul mio piatto.
“Dico che ho una cazzo di idea Niall, basta che chiudi quel forno.” Ammisi staccando gli occhi dal piatto e puntando la mia forchetta sporca verso la sua faccia.

Mi stavano altamente ostici i miei compagni di band.
A partire da quel fottuto Niall Horan e la sua parlata irlandese che mi perforava il timpano come un martello pneumatico.
O quel cretino di Zayn, un attaccabrighe incredibile che non perdeva tempo a torturare ogni matricola presente in un campo di 100 metri.
Avevo un rapporto davvero strano con loro. Alcune volte riuscivo bene a sopportarli, altri volte, come in questo caso, avrei davvero voluto che semplicemente implodessero.

“Conoscete un certo Harry Styles?” Dissi comunque, sperando in una risposta positiva.

Ma cosa pensavo? Che un ragazzo come lui, che frequenta la scuola da appena due giorni possa aver conosciuto tipi come questi? Dovevo essere pazzo. O forse, solo disperato.
Optai per la seconda e attesi una risposta.

“Come aspetta? Hai detto Harry Styles? Il nuovo arrivato? Dio, è così patetico.” Commentò bruscamente Zayn, irritandomi alquanto.
“Lo conosci?” Chiesi cercando di mantenere la calma.
“Già. Ho in mente dei bei progetti per lui.” Ammise sorridendo spavaldo. Avrei tanto voluto fermare la sua risata con un destro diritto al viso. Ma pazientai.
“Tu non hai in mente un bel niente. Lui sa cantare, chiediamo a lui.” Continuai io, convinto.
“E tu come lo sai?” concluse la discussione Niall, poiché, mentre cercavo una risposta consona alla sua complicata domanda, apparve il ragazzo di cui stavamo parlando. Con un piatto di pasta fra le mani e uno sguardo vaquo, alla ricerca di un posto a sedere per poter consumare il suo pasto. Non sembrò notarci, fortunatamente.
“Allora Louis? Perché?” continuò quel idiota ossigenato e così, capendo che non potevo in nessun modo sviare la risposta, decisi di spiegare a quei bigotti la motivazione del mio accanimento.
 

”Harry!” attirò l’attenzione Louis, colpendolo con una palla di gomma.
“Perché piangi?” disse, camminando velocemente verso di lui che nel frattempo si era rifugiato nel ripostiglio. Ogni volta che litigavano lui andava sempre a finire fra le scope e, con la testa fra le mani, riusciva sempre a sparire dalla circolazione. Nemmeno sua mamma sapeva dove andasse quando era triste o arrabbiato, solo Louis.

Quindi, dopo aver aperto la porta e averlo colpito ripetutamente con la palla di gomma rossa, si accovacciò accanto al suo esile corpicino e iniziò a massaggiargli la schiena.

“Harry, rispondimi, ti prego.”


Il piccolo Harry, alla tenera età di 9 anni non sapeva come andasse realmente il mondo, di quando fosse duro la fuori e di quanto la vita a volte possa sferrarti duri colpi. Aveva sempre vissuto in una bolla d’acqua, non curante dei problemi esterni ma, nell’inverno dei suoi 10 anni, un sentimento insolito si impossessò di se stesso, la vera e inevitabile tristezza.
E infatti, la notizia della separazione dei suoi genitori, fu un vero shock per lui.
Non se lo sarebbe mai aspettato, soprattutto per il semplice fatto che, sua mamma, avendo già divorziato una volta, quando lui era troppo piccolo per rendersene conto, aveva supposto non sarebbe più successo.
Ma si sa, non sempre le cose vanno come si vuole e, Harry, ne accusò molto. Tanto da correre a rifugiarsi dove di suo consueto, attende segretamente l’arrivo di Louis, che non tardò ad arrivare.

“Harry, ehi Harry!” Disse per l’ennesima volta un giovane ceruleo visibilmente preoccupato.

Il ragazzo, più grande del ricciolo di tre anni, gli aveva sempre fatto da spalla su cui piangere e lo aveva accompagnato in tutti i momenti della sua vita, o almeno, fino a dove il cervello di Harry potesse arrivare a ricordare.

“Sono triste, Lou.” Riuscì a dire prima di ritornare a singhiozzare insistentemente.
“Lo so Harry, lo so.” Disse il ragazzo dagli occhi azzurri, porgendogli un pacchetto di fazzolettini.
“Non voglio lasciarti Louis, non lasciarmi andare. Non lasciarmi. Voglio stare con te, ma il papà è cattivo! Il papà non vuole bene alla mamma! Il papà fa schifo!”

Il più piccolo ne estrasse uno e, portandoselo al naso, se lo soffiò e lo ridette al proprietario.
Ormai Louis era abituato ai strani comportamenti del ragazzino, quindi non vi diede molto peso e continuò ad accarezzarlo dolcemente, prendendogli la mano.

“Non ti lascerò, te lo prometto. Staremo insieme per sempre, te lo giuro. Ti fidi di me Harold?” sussurrò allora il più grande alle orecchie del riccio, calmandolo.

Ma, notando che tutta la sua apprensione non bastava decisi di ricorrere all’unico metodo che conosceva per calmare suo fratello.
E cominciò, come sempre del resto, a intonare la consueta canzone.

“I promised one day that I'll bring you back a star
I caught one and it burned a hole in my hand oh”


Harry inizialmente lo fissò circospetto ma, notando la sua espressione non tardò molto ad aggiungersi ancora una volta, incurante che quella fosse l’ultima, a quella strofa che tanto si adattava al momento. E ancora una volta intorno a loro tutto si fermò. Vi erano solo loro e le loro stesso note, un alone surreale li ricoprì e per quei 4 minuti di canzone, Harry dimenticò i suoi dispiacere e le sue preoccupazioni.
Era di nuovo all’interno della sua bolla, costruita dalle tante sfaccettature del carattere di Louis, dai suoi ricordi con quest’ultimo, dai frammenti di ogni vola  in cui il ceruleo gli ha sorriso.
Perché Harry esisteva, era sereno e felice solo grazie alla presenza del più grande a sorreggerlo.

“Just trying to make you understand
I'll keep my eyes wide open yeah”

E infine ancora una volta, l’ultima, il ritornello si impadronì dei loro pensieri e, per l’ultima volta, li rese una cosa sola.


“Perché ha una voce meravigliosa, tutto qui.” Conclusi io, camminando verso il tavolo del minore con passo sicuro.






EHILAAAA! *AAAAA*

Ho aggiornato a tempo record, cavolo! E' mooolto più semplice scrivere una fanfic a tema scolastico rispetto a una come la precendete fanfic che era una slid of life! wow.
Non so che dire.. Un grazie alle persone che già seguono la mia fanfic e alla ragazza che ha già recensito, che tesoro, grazie çUç
Sono contenta di come sta andando questa fanfic, contenta, contenta <3
Le cose stanno proseguendo un po' ancora misteriosette cioè praticamente abbiamo un Harold che sta cercando in tutti i modi di passare inosservato sia dai bulli che da Louis. Infatti ha intenzione di iscriversi ad un club solo per evitare di pensare a lui almeno per qualche ora.
Louis invece ha bisogno di parlargli, di dirgli qualcosa, di chiarire ma sa che non è facile.
E si, Niall, Zayn, Liam e Louis si conoscono e sono amici! Hanno una band e gli manca il cantante <3 Mi piace la storia della band perchè non si legge molto spesso nelle fanfic! E poi non sapevo come agglomerare Zaynuccio..
Quindi boh, così sono tutti belle che sistemati! :3
Il flashback come sempre rimanda alla canzone di Harry, ovviamente. Tutta la storia girerà intorno a questa quindi fatevene una ragione <3
Non ho nient'altro da dire quindi.. boh, vi lovvo a tutte e scusate eventuali errori, alle 4 sono tutti un po' analfabeti x°D

  
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