Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
Segui la storia  |       
Autore: zippo    06/01/2008    8 recensioni
Rebecca era solo una ragazza del liceo quando, ricevendo la visita di un bellissimo ragazzo, scopre di essere un angelo. Le sue radici, la sua storia e la sua stessa anima appartengono ad un altro mondo, ben diverso dal nostro, dove magia e creature mitologiche vivono indisturbate in armonia con i loro abitanti. Rebecca, sotto la protezione del suo maestro, dovrà essere iniziata all’arte della guerra e alla pratica della magia dato che in quello stesso pianeta così perfetto e tranquillo un altro angelo minaccia la sua distruzione. Una storia interessante basata sull’amore, sul coraggio e sul Bene.
Il primo capito della saga: IL BENE
"L'eroe non è colui che non cade mai ma colui che una volta caduto trova il coraggio di rialzarsi" Jim Morrison
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Cap. 2 - OLTRE LA MIA IMMAGINAZIONE -

Bec scese dal pulman e rimase ancora qualche istante a fissare quel ragazzo sconosciuto, non perché non avesse mai visto un ragazzo così bello ma perché era talmente stupendo dall’essere più simile ad un alieno che ad un normale adolescente. Sembrava una sorta di miracolo…ci mancava solo l’aureola. Bec si perse nell’osservare la sua pelle così bianca, il suo corpo marmoreo e muscoloso, i capelli biondi: leggermente scompigliati che ricadevano avanti e gli occhi azzurri come il cielo dall’assenza di nuvole. Sembrava indifferente a tutte le persone che in quel momento lo stavano osservando, si muoveva sicuro di sé e con eleganza anche se alcuni ciuffi ribelli davano a intendere che non doveva essere così angelico come sembrava. Percorse con pochi passi l’intero spiazzo e raggiunse quello che doveva essere il suo gruppo di amici, anche loro, come lui, erano di una bellezza sovrannaturale: c’erano due ragazze e due ragazzi. Le due ragazze sembravano a quelle modelle che si trovano solo sui cartelloni pubblicitari, una (la più bassa) era mora, con lineamenti molto femminili e due occhi scuri a mandorla…deliziosa; la seconda ragazza era bionda, con gli occhi chiari…una bellezza aggressiva, niente a che vedere con la dolcezza dell’altra. I ragazzi erano…beh, divini, bellissimi, accattivanti e tenebrosi: due perfetti esemplari di genere umano. Bec rimase sconvolta quando si sentì strattonare da due braccetti esili. Judi.

Ma porca miseria…

“Che c’è?” chiese un po’ sgarbatamente.
 
“Oh, scusa se ti ho toccata ma tentavo di chiamarti da più o meno cinque minuti”

“Che vuoi?”

“Volevo dirti che ci hanno assegnate nella stessa tenda. È la numero 7, ricordatelo”

“Si, si…”

Judi scrutò attentamente il viso di Rebecca e quando capì la direzione che stava prendendo tirò un sospiro di rassegnazione nel vedere il magnifico gruppo di cinque ragazzi che chiacchieravano tranquilli a pochi metri di distanza.

“Lo immaginavo”

Bec si girò di scatto verso la ragazza senza capire realmente a cosa alludeva.

“Cosa?”

“Il magico gruppo ha incantato anche te, a quanto pare”

“Ma chi sono? Non gli ho mai visti a scuola, da dove sbucano fuori?”

“Beh, non gli vedi spesso nei corridoi, stanno sempre nella loro classe e non si separano mai. Nessuno sa il motivo ma succede spesso che per lunghi periodi non vengono n’anche a scuola, forse è per quello che non gli hai mai incontrati. Comunque sono fatti così. Anch’io la prima volta che gli ho visti sono rimasta a corto di fiato…tanto, tanto tempo fa”

“Più che altro il fiato se n’è andato”

“Già, ti capisco”

“Ma come si chiamano?”

“La bionda è Rosalie mentre l’altra ragazza è Delia. Poi ci sono Denali, Kevin e infine Gabriel”

“Ma…”

“Dai! Andiamo, che dobbiamo prenderci il posto e aprire la tenda!” Judi, con uno scatto felino prese per il braccio Bec e la trascinò via. Via dallo spiazzo. Via da quei ragazzi.



***



“Io proprio non riesco a capire cosa ci può essere di così istruttivo nel fare un’uscita in montagna. Fa freddo, ho fame, stanotte dormirò per terra e terribili, raccapriccianti, mostruosi insetti si aggirano nel bosco mentre sono incosciente”

“Poi và a finire che ti diverti”

Bec lanciò un’occhiataccia alla sua compagna di “camera”. Era da venti minuti che Rebecca cercava di sistemare le sue cose nella minuta tenda verde, dalla forma di un triangolo un po’ sbilenco…alquanto orribile. Continuava a lamentarsi su qualsiasi cosa centrasse con le piante e l’erba, sfumando quello che doveva essere lo spirito avventuriero di una giovane ragazza che doveva provare nuove esperienze.

“Oh, certo che mi divertirò. Come no. Magari dopo chiedo a Cip e Ciop di giocare a “chi indovina la ghianda di chi””

“Fa come ti pare. Io esco” Judi si alzò dalla sua posizione “gambe incrociate” e uscì dalla tenda, lasciando Bec a disperarsi da sola.

Probabilmente era stata troppo pesante, troppo antipatica e si stava, in effetti, lamentando troppo. Avrebbe fatto scoppiare la sua compagna entro la notte se avesse continuato così. Ma che ci poteva fare se odiava con tutta sé stessa la montagna? Dopotutto lamentarsi l’aiutava a sfogarsi e sperava ardentemente di continuare a farlo. Del vento freddo entrò nella tenda come tanti spifferi taglienti e gelarono sul posto la ragazza che ne rimase totalmente paralizzata. Era come se le fosse passato qualcuno di striscio e le avesse sfiorato la schiena. La sensazione era la stessa. Bec si massaggiò frettolosamente la schiena, come a voler scacciare un’oscura presenza. Con la mente ritornò a poche ore prima, quando aveva visto per la prima volta quello strano gruppo di ragazzi, tutti troppo belli per essere veri. Sembravano dei divi, dei personaggi appena usciti da una rivista di moda, ma sotto sotto era come se nascondessero un lato inumano, irreale, spaventosamente fuori dall’immaginabile.

Erano persone comuni, nate da famiglie anch’esse comuni eppure attiravano la gente come se fossero dei burattini da circo, ammirati da tutti perché semplicemente sensazionali. Ma Bec non sarebbe cascata nella loro trappola, magari i ragazzi della sua età avrebbero giocato carte false solo per poter rivolgere la parola ad uno di loro ma lei non si sarebbe lasciata intimidire, non correva dietro la moda e non le piaceva seguire la massa. Se quel gruppo le avrebbe creato dei problemi durante il suo soggiorno alpino lei comunque si sarebbe fatta valere, non avrebbe chiuso un occhio solo perché erano loro. Odiava quando le persone si facevano mettere i piedi in testa dagli altri solo perché avevano paura di andare contro coloro che erano più potenti, più in alto, superiori o più belli di loro.



***



Judi quel pomeriggio si trovava lungo le rive del lago che costeggiava il centro del bosco, era indifferente a tutto, silenziosa e come al suo solito era seduta con un tomo sulle ginocchia, i capelli raccolti e gli occhiali circolari che ricadevano leggermente sul naso. Bec si avvicinò lentamente, come a non voler interrompere quell’atmosfera saggia e pacifica. Appena Judi si accorse della sua presenza si portò gli occhiali sulla fronte e la guardò come si guarda una persona per la quale si prova molta, ma molta compassione.

“Allora, hai deciso di abbassare l’ascia di guerra?”

Bec fece un sorriso tirato, colpevole.

“Sai, credo che in fondo ci potrei anche provare”

Il sorriso della ragazza si ampliò.

“Oh, questa è una magnifica notizia. Sai, stavo pensando che ho proprio fame, mi accompagni a prendere qualcosa?”



***



Il sole iniziava ad andarsene quando Bec e Judi raggiunsero la mensa. Sotto un enorme tendone bianco c’erano tavoli e posti per tutti, un bancone con il self-service e dietro ad un separé si trovavano le cucine. Appena Bec entrò, scostando la tenda, diede subito un’occhiata alle persone che erano presenti: come si immaginava quella era un’ora di punta, la maggior parte dei ragazzi del campeggio avevano preso posto insieme formando vari gruppi. Bec seguì Judi che, essendo più sicura, la portò dritta al bancone del self-service.

“Uhm, tortino ai carciofi…buono!” disse Judi, facendo due occhi desiderosi.

“Ah, io credo che questa sera non andrò giù pesante. Penso che prenderò…” Bec spostò la visuale facendola scorrere su tutto il buffet. “…pasta al ragù”

“Sai, stavo pensando che sarebbe bello se questa sera prima di andare a letto andassimo a guardare le stelle in riva al lago. Là c’è una vista fantastica e credo che non saremo le uniche ad andarci, a quanto ho sentito viene anche Gabriel” disse Judi, contenta e speranzosa. Alzò lo sguardo per guardare la reazione di Rebecca alla sua notizia ma la ragazza non si scompose di una virgola.

“Gabriel…chi è dei cinque?”

“È quello biondo che è sceso per primo dal bus”

“Ah. Beh, per vedere le stelle ci sto, basta che non sia troppo freddo”

“Oh, che paranoica che sei!”

Le due ragazze percorsero il bancone e presero posto nel primo tavolo libero che trovarono. Era una tavolata per dieci persone ed era occupata da tre ragazze che non fecero storie quando Bec chiese loro se si potevano sedere. Judi si posizionò di fronte a lei e addentando il tortino e le patate guardò disgustata il piatto della sua amica.

“Ma come fai  a mangiare così poco e male?!”

“Non mangio male, mi piace il ragù e poi non sono mai stata abituata ad abbuffarmi” disse con un’alzata di spalle.

“Si vede, sei uno stecco”

“Non sono uno stecco!”

“Come vuoi, io ti ho avvertita, se poi stasera la tua pancia brontola affari tuoi”

“Ma chi hai detto che viene stasera a vedere le stelle?” chiese Bec, fingendosi indifferente.

“Viene un po’ di gente, ho sentito che è un bellissimo posto dove si possono vedere benissimo e in più c’è il lago davanti perciò è ancora più romantico”

“Ma chi te l’ha detto?”

“Oh, nessuno. Ho sentito dire da Ben…”

“Ben?” chiese Bec, interrompendola, con cipiglio alzato.

“Il ragazzo che do ripetizioni di matematica” si giustificò prontamente Judi, arrossendo leggermente sulle gote.

“Ah, non avevi il ragazzo?”

“No! Chi te l’ha detta una cosa del genere?! Comunque, lui ha detto che stasera, come prima sera quassù, si sarebbe tenuto un incontro segreto sulle rive del lago e mi ha detto di spargere la voce” disse, tutta elettrizzata.

“E naturalmente i professori non ne sanno niente, no?”

“Ovviamente”

Bec si lasciò sfuggire un sorriso sconfitto e scrollando la testa finì di mangiare le ultime paste.



***



“Allora? Quanto manca?”

Dopo cena Bec e Judi si erano rintanate nella loro tenda e, non essendoci corrente elettrica, erano sedute una di fronte all’altra con una pila in mano per dare un po’ di luce allo spazio tetro e poco illuminato. Da quando erano tornate e si erano cambiate per la fuga notturna, Judi non faceva altro che chiedere l’ora ad una alquanto stressata Rebecca, che rispondeva sempre nella speranza di farla tacere.

“Ti ho detto che erano le otto e undici un minuto fa perciò fa i calcoli e trovati l’ora!”

“Oddio, manca poco. Allora, ricapitolando, dobbiamo farci trovare alle nove nello spiazzo dove siamo arrivate con la corriera”

“Farci trovare? Non è che per caso hai dato appuntamento a qualcuno e io n’anche lo sapevo?”

“Oh, beh…avevo detto a Ben che ci saremmo trovati lì”

“Ti detesto, sai?” disse Bec, fingendo un broncio.

“Perché mai?” chiese Judi, presa alla sprovvista.

“Perché poi quando arriveremo là tu starai sempre con il tuo grande amore e andrà a finire che starò da sola dato che non voglio essere la terza in comodo…grazie tante”

“Oh, suvvia, non prendertela. Magari trovi qualcuno anche tu” disse, rivolgendole un sorriso malizioso.

“Come no”

“Dai dai! Non essere pessimista! Il tuo angelo busserà alla porta quando meno te lo aspetti”



***



La tenda dei Jonhson era più grande rispetto alle altre, forse perché doveva contenere cinque persone al suo interno o forse solo perché a queste persone piaceva sentirsi  liberi anche dentro una prigione. Avevano ricevuto anche loro l’invito di andare a vedere le stelle e avevano accettato solo per gentile cortesia verso i loro annunciatori, e non perché realmente ci tenessero. Loro, a differenza dei campeggiatori erano lì per un altro motivo, ma far finta di essere come tutti gli altri era un loro compito che dovevano svolgere alla perfezione. Rosalie era supina lungo il suo sacco a pelo e puntellava con la punta delle dita la sua pancia perfetta, aspettando che qualcuno del gruppo prendesse l’iniziativa di parlare per primo. Diede una sbirciatina a quello che stavano facendo: Denali che si ripuliva il suo coltellino svizzero, Kevin che leggeva, Delia che controllava il suo vestiario e Gabriel…Gabriel che aveva lo sguardo perso nel vuoto.

“Gabriel…Ehi, Gabriel! Sveglia!”

Il ragazzo, sentendosi chiamare per nome, ebbe come un risveglio improvviso e la guardò negli occhi non accennando nessuna parola o nessun movimento brusco.

“Che vuoi, Rosalie” la sua voce bassa e profonda fece smettere agli altri quello che stavano facendo. E l’attenzione fu su di lui.

“Solo riportarti alla realtà”

Tutti sapevano quanto era pericoloso infastidire Gabriel, solo Rosalie non aveva paura di farlo.

“Non ero in questa realtà e tu hai scollegato la comunicazione riportandomi qui”

“Scusa, non lo sapevo, è che sei sempre così perso in te stesso che è come se non fossi mai con noi” disse la bellissima bionda, puntandoli un dito contro.

“È che non mi sento a mio agio qui. Voglio tornare a casa” disse Gabriel, abbassando la testa per nascondere la sua espressione sofferta.

“Prima finiamo il nostro compito e prima ce ne torneremo” disse rassicurante Delia, smettendo di cercare vestiti e guardando il suo compagno con compassione e tenerezza. Gabriel la guardò per qualche secondo e la frase che disse aveva un che di autoritario, che non ammetteva repliche.

“E allora muoviamoci a trovare l’angelo”



***



L’orologio di Bec batteva le nove meno cinque.

“Judi, è ora. Andiamo”

Judi rimase senza fiato e dovette prendere una grossa boccata d’aria per regolarizzare il respiro, era inconcepibile che l’incontro con un ragazzo qualunque potesse farla stare così in agitazione. Si alzò con uno scatto repentino e uscì silenziosamente dalla tenda, controllando che anche Bec la seguisse.

“Ci sono, ci sono!” disse lei, vedendo la faccia sospettosa della ragazza.

Le due ragazze si avviarono furtivamente verso lo spiazzo delle corriere, in completa tensione e silenzio, se solo uno dei professori si fosse accorto delle scappatelle notturne degli studenti avrebbero ricevuto come minimo una sospensione temporanea. Il paesaggio era tetro e il vento faceva oscillare i pini e i cespugli in modo molto inquietante. Non c’erano luci a illuminare il sentiero e loro non potevano certo usare la pila in quel momento o avrebbero catturato l’attenzione delle persone sbagliate. L’aria sapeva di fresco con un profumo di menta piperita, e la luna era alta nel cielo, completamente sferica e circolare: nella sua completa pienezza. Dopo soli cinque minuti di camminata Bec e Judi arrivarono nello spiazzo buio. Accendendo allora le pile controllarono se Ben era arrivato ma non c’era nessuno ad aspettarle. La pista era ancora più sinistra di notte, terra scura formava il centro mentre attorno piante e vegetazione racchiudevano il cerchio, sembrava di essere all’interno di una base segreta o chissà cos’altro. Bec si accasciò su una roccia alta quasi un metro e guardando attorno a lei non aspettava altro che la figura di questo Ben spuntasse da uno dei sentieri.

“È in ritardo” disse Rebecca, mettendo il dito nella piega.

“Si sarà preso male” aggiunse prontamente Judi, cercando di giustificare la mancata educazione del ragazzo.

Dopo pochi minuti di assoluta contemplazione Judi notò un’ombra venire avanti verso di loro. Si mise apposto i capelli e corse incontro al misterioso ragazzo che ora era ben visibile sotto lo sguardo assorto di Bec. Come tipo non era male: alto, magro (anche troppo), capelli scuri e mossi e occhi neri, non era il massimo ma ci si poteva anche accontentare. Certo, dopo aver visto Gabriel, Kevin o Denali tutti gli altri ragazzi sembravano mosche in confronto però per Judi poteva andare bene. Si salutarono con un bacio sulla guancia e Ben rivolse un saluto con la mano a Bec che  rispose con un sorriso tirato. Insieme si avviarono verso il lago, ovviamente Bec stava dietro di qualche metro mentre Judi e il suo quasi ragazzo erano davanti che chiacchieravano come se non esistesse nient’altro al di fuori di loro due. Naturalmente Bec non ci faceva caso, in quelle situazioni era meglio non essere notati, però una strana sensazione si impadronì di lei in quel momento, una fitta chiamata gelosia. Lei, di ragazzi, non ne aveva avuti molti, alcune storie finite male e incontri di una sera avevano caratterizzato il suo rapporto con l’altro sesso. Rebecca in amore pretendeva il massimo, per lei non c’erano le sfumature: o era tutto bianco o era tutto nero, quando amava qualcuno o si dava completamente a quella persona o preferiva troncare la storia sul nascere. Non aveva mai avuto problemi a conoscere ragazzi quando era a Phoenix, era una bella ragazza, di sani principi, divertente e intelligente, attirava i ragazzi grazie al suo fascino e alla sua grazia pari a quelli di una ballerina, era una persona veramente particolare e questa sua unicità l’aveva sempre resa popolare all’interno della sua scuola e veniva apprezzata da tutti. Tutto questo prima che diventasse una scorbutica, lamentevole persona che aveva dovuto subire il trasloco dalla sua amata città. Il cambiamento l’aveva cambiata, ora portava rabbia dentro di sé, ce l’aveva con i suoi genitori perché l’avevano strappata dalla sua meravigliosa vita di ragazza ricca e ammirata, ce l’aveva con tutti i suoi compagni che la guardavano come se fosse una specie di alieno nato male quando invece era semplicemente la nuova arrivata nella scuola, ce l’aveva con gli “amici” perché non la capivano. E lei la sentiva la rabbia, era in lei e gridava perché la facesse uscire. In un modo o nell’altro doveva svuotare la sua agonia, la sua inquietudine, la sua ira per la vita che stava conducendo e che odiava con tutta sé stessa. Persa a rivedere il film della sua vita Bec non si accorse n’anche quando arrivarono al lago e si riscosse solo quando sbattè la faccia contro la schiena di qualcuno. Alzò lo sguardo scioccata. Un ciuffo di capelli biondi fu l’unica cosa che vide. Accortasi della sua colpevolezza di allontanò mortificata.

“S-Scusa, non ti ho visto” disse incerta, cercando di capire chi era il ragazzo. Appena questo si girò e i suoi occhi furono illuminati dai raggi della luna Bec deglutì.

“Non fa niente” disse Gabriel, il viso impassibile non lasciava trapelare nessuna emozione. Bec, non sapendo che dire, fece dietrofront e stava per andarsene quando la voce profonda e sensuale del ragazzo la fermò e la ghiacciò sul posto.

“Non dovresti far finta che tutto vada bene, questo mondo non è fatto per te come non lo è per me”

“Come, prego?” chiese, tornando a fissarlo, non capendo a cosa si riferisse.

“Esattamente quello che ho detto. Capisco cosa provi”

“Ma se n’anche mi conosci?!” affermò, scandalizzata.

E va bene, era bello da far paura ma le sue rotelle erano tutte svitate. Non la conosceva nemmeno! Ci era andata a sbattere contro e ora lui era lì che le parlava come se la frequentasse da anni. La facilità con cui socializzava doveva essere la stessa con la quale catturava l’attenzione delle persone che lo circondavano.

“Io ti leggo dentro” disse semplicemente, sorridendo falsamente ma nel suo sguardo c’era un’incredulità per qualcosa.

“Questo è completamente schizzato da…” Rebecca, parlando a bassa voce più a sé stessa che a lui, fu interrotta da una voce alle sue spalle.

“Bec! Dove sei?”

Bec si girò e dietro di lei Judi la stava chiamando passando in rassegna tutte le persone presenti cercando di trovare la sua figura in mezzo a loro. Rebecca non si girò nemmeno una volta verso Gabriel, corse incontro alla ragazza e le sventolò una mano davanti agli occhi sormontati da un paio di occhiali che avrebbero fatto invidia a Harry Potter.

“Son qui, ci sono. Dove vi eravate cacciati? Ad un certo punto vi ho persi!” disse tutto d’un fiato, ancora scossa dall’incontro con il “ragazzo pazzo”.

“Si, ci siamo accorti che non eri più con noi. Ben ha trovato un bel posticino libero, vieni con noi!”

“Ok, va bene”

Bec, prima di iniziare a seguire Judi, si voltò a guardare il posto dove pochi secondi prima si trovava Gabriel. Lui non c’era più e un moto di dispiacere la invase. Certo, essersene andata via in quel modo non l’aveva aiutata ad acquistare punti in suo favore ma anche lui si era comunque dimostrato ostile nei suoi confronti…invadendo la sua coscienza l’aveva sconvolta e lasciarlo in quel modo le era sembrata l’unica soluzione plausibile. Tanto non avrebbe più avuto modo di rivederlo perciò tanto valeva farsi una bella figura ai suoi occhi.

Il posticino che Ben aveva trovato era effettivamente molto carino, sulla sua sinistra iniziava il lago che con leggere onde s’increspava nei sassolini sulla riva, alla sua destra un telo era sistemato per terra e le piante facevano da sfondo. Preso posto vicino a Judi che era in mezzo tra lei e Ben, naturalmente era più vicina al ragazzo che non alla sua amica. Ma questo non le importava. Bec si stese completamente nel telo e portò le braccia sopra la testa, non aveva mai visto a Phoenix un cielo così carico di stelle. Sembrava quasi che fossero più vicine alla terra, lì, in quel posto dimenticato da Dio. Alzò un attimo la testa per vedere quante persone c’erano (arrivando, sbattendo la testa e fuggendo con Judi, non aveva avuto tempo di constatare in quanti erano). Pochi ragazzi circondavano il piccolo lago, più che altro erano coppiette o gruppi da tre persone, saranno stati una ventina, tutti distesi e con il corpo rivolto verso l’alto. Anche in mezzo a quello scenario Bec non potè non notare il gruppo più numeroso persone, erano in cinque, nella riva opposta alla loro, composto esclusivamente da ragazzi bellissimi. Bec sbuffò e ritornò a stendersi e ad ammirare la volta celeste, che in quel momento, era la cosa più bella che avesse mai visto.



***



Gabriel se ne stava comodamente sdraiato insieme ai suoi amici ma non ascoltava realmente ciò che dicevano, la sua mente viaggiava in un altro spazio, in un’altra dimensione, in un altro luogo chiamato “casa”. Aveva anche passato del tempo a pensare a quella ragazza che gli era andata addosso, la sua faccia perplessa e il suo punto interrogativo stampato sulla fronte. Non era mai successo che una ragazza scappasse da lui. Tutte le ragazze che aveva avuto il piacere di conoscere facevano carte false solo per stare nel suo stesso tavolo in mensa. Da tempo Gabriel aveva capito il vero interesse di queste ragazze. Non si era mai reputato “bello” ma questo era l’aggettivo che tutte gli davano e solo per questo era amato da loro. Ma lui non dava peso alla bellezza in sé, odiava quelle sottospecie di oche starnazzanti che lo circondavano e per la prima volta, da quando era arrivato ad Aquila, una ragazza era scappata da lui. Buffo, ma non gli dispiaceva quel rifiuto. Lo faceva sentire più normale, più umano di quanto non lo fosse. Lui e quella ragazza avevano molte cose in comune, lo sapeva, l’aveva letto in lei. Aveva scorto la stessa malinconia che lo perseguitava, la stessa voglia di evadere che era diventata una forza fondamentale del suo essere.

Non poteva che ammettere di essere stato “fulminato” da quella brunetta, totalmente preso in contro piede e pericolosamente attratto da una parte di lei che non era riuscito a leggere. Gabriel era fatto così, aveva la capacità di sentire i pensieri delle persone, poteva vederne l’anima e contemplarne ogni singolo stato d’animo, lo faceva spesso con tutti, era diventato una sorta di passatempo, a volte era curioso ascoltare nella mente della gente. Ma con lei…con lei non ci era riuscito completamente. Era come se avesse avuto uno scudo. Tutti i segreti, i pensieri, i ricordi, le emozioni, erano fumo e vapore. Sì, la cosa si stava facendo interessante. Da un lato questa situazione lo innervosiva perché non riuscire a leggere in maniera assoluta ciò che provava una singola persona quando con tutte le altre del pianeta ci riusciva era veramente frustrante, ma da un lato lo affascinava ancor di più. C’era la possibilità che anche lei fosse…

Un rumore frusciante alle sue spalle lo destò dai suoi pensieri. Di portò seduto di scatto. Le orecchie tese e la mente aperta a cogliere ogni singolo movimento.

“Hai sentito qualcosa?” chiese la voce preoccupata di Delia.

Tutti e quattro i ragazzi, che prima ridevano e parlavano tra loro, fissavano preoccupati il volto contratto di Gabriel e aspettavano ansiosi che rispondesse alla domanda.

“Sono qui” disse Gabriel, teso.

“Vuol dire che l’hanno trovata?” disse con un filo di voce Kevin.

“Ed è vicino a noi”



***



Rebecca aveva lasciato ormai dalla notte dei tempi il giacinto dei due innamorati, stufa delle loro continue effusioni in aperta montagna, gli aveva lasciati a pomiciare lungo le rive del lago mentre lei aveva intrapreso un sentiero che portava dentro il folto bosco, dietro a dove Judi e Ben si trovavano. Ovviamente non conosceva quel percorso ma si era promessa di non addentrarsi troppo e di non perdere di vista il lago che riusciva ancora a scorgere alle sue spalle. La sua attenzione era stata catturata da una lucciola che, anche se non era la stagione delle lucciole, volava pigra da una foglia all’altra. Avendo sempre abitato in una città caotica come Phoenix non aveva mai visto una lucciola, quella era la prima volta e rimase stupefatta nel vedere quanta luce poteva emanare un insetto così insulso e piccolo.

Senza n’anche rendersene conto aveva iniziato a seguire la bestiolina che intanto aveva cambiato fiore e si addentrava sempre di più nel cuore della boscaglia. Bec era come ipnotizzata da quella luce e non ritornò in sé finchè non sentì dei rami spezzarsi davanti a lei. Sbattendo gli occhi come dopo una seduta psichiatrica si bloccò di colpo e con voce tremula sussurrò spaventata:

“C’è nessuno?”

Appena Rebecca mosse un piede, un altro rumore sinistro la raggiunse. Si girò troppo velocemente verso quella direzione e il collo le scricchiolò, paralizzandole per qualche secondo tutta la testa. Il suo respiro iniziava a farsi sempre più irregolare e i rumori sempre più frequenti, più vicini.

Presa dalla paura iniziò a correre ma invece che seguire il sentiero verso il lago proseguì dritta nella parte opposta. Lontana dalla sua unica via d’uscita.

Mentre correva strane ombre correvano di fianco a lei, ombre nere che…volavano?! Come potevano delle persone volare?! Evidentemente il termine “persone” non si addiceva a quelle strane creature che appena si fecero più vicine a lei indossavano un lungo mantello che sembrava fatto di fumo e che arrivava a coprirne ogni centimetro della pelle. E fluttuavano. Non correvano. Fluttuavano. Appena Rebecca si rese conto che tutto ciò andava contro la logica umana cacciò un urlo di terrore e, continuando a correre, non si rese nemmeno conto di iniziare a piangere. Si passò una mano sugli occhi e con l’altra si teneva premuta la pancia, da un paio di secondi le era venuta una fitta terribile allo stomaco e quelle ombre non davano segno di voler arrendersi. Le stavano dietro e non aspettavano altro se non il momento in cui si fosse arresa. Ma lei non si sarebbe fermata, era troppo spaventata per chiedersi cosa sarebbe successo se solo l’avessero presa.
L’avrebbero mangiata? Risucchiata? Torturata? No, non si sarebbe arresa per nessuna ragi…

Oh no.

Oh-oh.

Quando l’unica via di fuga diventa la tua morte, solo allora ti accorgi veramente di essere in trappola.

“No!”

Davanti a lei una parete di roccia percorreva una montagna che toccava il cielo. Rebecca dovette fermarsi e con il terrore negli occhi si preparò ad affrontare quei mostri. Aveva praticato difesa personale a scuola, sapeva come agire e come muoversi in caso di aggressioni ma quando vide quelle ombre che la circondavano (quante erano? Sei? Sette?) capì che la difesa personale non sarebbe servita a niente. Provò con la diplomazia e la supplica.

“Vi prego, possiamo parlarne da persone civili. Non penso sia il caso di precipitare le cose…” ma non riuscì a continuare. Una delle ombre stava avanzando minacciosamente, due occhi rossi come il sangue erano ben visibili da sotto il cappuccio.

“Cosa…?”

Proprio mentre la creatura stava tendendo una mano verso di lei una luce abbagliante l’accecò e Rebecca, coprendosi il volto con le mani, si accasciò a terra crollando sul suolo e ascoltando le voci disperate delle ombre che imploravano in una strana lingua di non morire.



***





  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni / Vai alla pagina dell'autore: zippo