Revenge: I’ll
kill you!
Ore
6:05, ospedale di Suna
Sangue...
È
tutto rosso...
“I
-ichigo?”
Un
cadavere bianco.
I
suoi occhi vacui la fissano con
rimprovero.
Le
sue labbra bianche si schiudono in
un sussurro carico di rancore:
“Tenten,
tu...sei viva.”
La
fissa. Il suo sguardo è insopportabile.
Tenten
si para gli occhi con le mani.
Ma si accorge di non riuscire a muoverle. È legata.
Prova
a divincolarsi.
Un'altra
ombra spettrale le si
avvicina.
Ha
lo stesso sguardo vuoto e pieno
allo stesso tempo. Vuoto di vita, pieno di odio.
Due
cadaveri bianchi che le danzano
intorno.
La
macabra danza dei morti.
Ce
l’hanno con lei.
Perché
lei è viva, è sopravvissuta.
E
la vogliono portare via, via con
loro. In quell’ abisso nero chiamato inferno.
E
poi lui.
È
lassù, scuote i capelli biondi.
Accanto a lui c’è la marionetta a
forma di
scorpione.
Lei
gli grida contro, lo maledice.
Vorrebbe che le fiamme che la stanno consumando bruciassero il suo
sguardo
strafottente.
E
lui la guarda e ride.
Ride,
ride, ride , ride...
Tenten
si sveglia si soprassalto. Un incubo...un altro.
Sospira. Da quando è stata ricoverata non fa
altro che rivivere quella scena nei sogni. Perché? Ichigo e
Akira ce l’hanno
davvero con lei? Perché lei è viva e loro no?
Vogliono davvero trascinarla
nelle tenebre con loro?
O
forse no...forse vogliono che lei resti viva per poterli vendicare.
Sì,
dare pace alle loro anime con il sangue di quei due bastardi.
Il
solo pensiero di quei due assassini bastava per farle ribollire il
sangue nelle
vene.
Vi
vendicherò, ve lo prometto!
Doveva
sbrigarsi a guarire, però. E doveva allenarsi duramente se
voleva pensare di
sconfiggerli.
E
l’avrebbe fatto, eccome! Anche se...
“Non
commettere il mio stesso errore”
Quella
frase continuava a rimbombargli nel cervello, senza pietà.
Ogni
volta che si ritrovava a pensare alla vendetta, ogni volta che il suo
cuore
ferito trovava un po’ di pace nelle crude immagini di morte,
ogni volta rivedeva
il volto cupo del Kazekage e quegli
occhi di ghiaccio che la fissavano con aria di rimprovero.
“Non
commettere il mio stesso errore”
Cosa
voleva dire, poi? Che errore aveva commesso Gaara e che rischiava di
commettere
anche lei? Mica era posseduta da un demone, lei. E non c’era
nulla di male a
provare odio nei confronti di esseri disgustosi come quei due!
Eppure...una
parte razionale di lei sussurrava che forse Gaara aveva ragione, che
avrebbe
commesso un grande sbaglio a uccidere: cosa avrebbe ottenuto, dopo? La
morte
degli assassini non poteva restituire la vita alle vittime e lei da
preda si
sarebbe trasformata in carnefice, le sue mani bianche si sarebbero
tinte di
rosso... ma nient’altro. Ne valeva davvero la pena? Valeva la
pena diventare un
mostro per distruggere altri mostri?
Però...però...Ichigo
e Akira...
Lacrime
calde le rigarono le gote.
No,
li avrebbe vendicati. A costo di diventare ella stessa un mostro.
“Tenten-
chan? Posso entrare?”
I
quattro codini di Temari fecero capolino dalla porta. Tenten si
asciugò in
fretta le lacrime e sorrise alla kunoichi.
Da
quando era stata costretta a letto, Temari era venuta tutti i giorni a
farle
visita, cercando di tirarla su raccontandole buffe storie di Kankuro da
piccolo, della sua cotta segreta per Shikamaru Nara e altri gossip su
più o
meno tutti i ninja sia di Konoha che di Suna.
Come
farà ad essere così informata? Si
era chiesta più volte Tenten.
In
poche parole erano diventate amiche. L’unica vera amica che
Tenten avesse mai
avuto. Ino e Sakura erano simpatiche, ma ogni volta che usciva con
loro, il
discorso finiva sempre, inesorabilmente su Sasuke Uchiha (che Tenten
non poteva
soffrire); Rock Lee era un carissimo amico, quasi un fratello...ma non
poteva
certo capire molti dei sentimenti puramente femminili che provava. Inoltre l’aveva
sempre presa in giro per la
sua cotta per Neji e non condivideva la sua passione per i vestiti e
gli
oggettini inutili... comprensibile, dopotutto era un ragazzo.
Però con Temari,
Tenten poteva parlare tranquillamente di tutto e sentire i suoi pareri
con la
sicurezza che non fossero frasi di circostanza. Era bello avere
un’amica.
“Allora,
come stai oggi?”
“Beh,
meglio. Il dottore dice che domani potrò alzarmi.”
“Davvero?
Che bello! Così posso farti fare il giro turistico di Suna,
compresi tutti i
vari negozietti!”
Tenten sorrise. In quanto a shopping, nessuno batteva Temari.
“Ah,
se non ce la fai a camminare, obbligo Kankuro a portarti in braccio,
ok?”
“Ma
poverino!”
“Macché
poverino! Gli fa bene! E poi non ha mai un briciolo di tempo da
dedicare alla
sua sorellina... è l’ora che si dedichi ad un
po’ di sana tortura chiamata
‘shopping estremo’, non credi anche tu?”
“Gaara
non viene?”
“Sì,
quello! Sta tutto il giorno rintanato nel suo ufficio come un uccellino
in
gabbia! Un giorno si ammalerà di troppo lavoro!”
“È
cambiato. Sembra che stia meglio”
Il
viso di Temari si illuminò in un sorriso splendido. Amava
molto il suo
fratellino e si sentiva molto protettiva con lui, anche se Gaara non
aveva mai
voluto la sua protezione e il suo affetto. Almeno fino a pochi anni fa.
Quando
il bambino triste e solo era cresciuto ed era diventato un uomo forte e
tranquillo.
Quando il mostro dentro di lui, sconfitto dalla volontà, aveva smesso di tormentarlo.
Quando
l’odio e il rifiuto di tutti si era trasformato in un
abbraccio titubante, ma
caldo.
Quando
il villaggio lo aveva riconosciuto come Kazekage.
Temari
impazziva per ogni singola parola che marcasse il cambiamento di Gaara.
Voleva
solo vederlo felice e lui avrebbe ottenuto la pace solo attraverso i
sorrisi
degli altri.
“Lo
pensi davvero?”
“Ma
certo! Quando l’ho conosciuto sembrava nient’altro
che una macchina da guerra,
senza emozioni...ora mi è parso più maturo e
responsabile...sembra un’altra
persona.”
Mi
ha anche salvato.
Lo
avrebbe mai fatto due anni fa?
Probabilmente
no. Mi avrebbe lasciato
a terra, sarebbe passato avanti.
Invece
ora...
Senza
sapere perché Tenten arrossì.
Non
ci aveva pensato. Gaara aveva fatto più di raccoglierla da
terra.
Le
aveva salvato la vita.
Forse
avrebbe fatto meglio a ringraziarlo. Dopotutto, ora era in debito con
lui...
Gaara
era nel suo ufficio. “Come al solito, non ti concedi un
secondo di riposo! Ti
ammalerai di stress!” avrebbe detto Temari.
Kami...
Ma perché quella ragazza non
sa pensare che a cose futili? Non vede al di là delle sicure
mura del suo
palazzo perso in mezzo al deserto! Non posso certo pensare a riposarmi
ora:
l’alleanza con Konoha deve essere rafforzata. Le sorti della
battaglia contro
l’Akatsuki risiedono nella collaborazione. È
necessario un alto numero di ninja
per poter anche solo respingere un loro attacco...inoltre, devo
controllare l’addestramento
dei genin e dei chuunin e...
“Ehm...Gaara-san?”
Il
Kazekage si voltò. Sulla porta, pallida e provata,
c’era la ragazza che aveva
salvato qualche giorno fa. Tenten.
La
ragazza fissò stupita l’ufficio di Gaara. Era
molto diverso da quello di
Tsunade: era ugualmente grande, ma sembrava enorme: non c’era
alcuna scartoffia
volante, tutte le
pratiche erano
disposte ordinatamente in un archivio e dalla scrivania lucida non
spuntava
alcun procione.
Alle
pareti erano appesi i quadri dei Kazekage che avevano occupato
quell’ufficio. Avevano
tutti uno sguardo fiero, serio. Solo due contrastavano con
l’aria di gravità che
emanavano i volti impressi nella tela: Yondaime e Godaime. Il Quarto
Kazekage
aveva uno sguardo autoritario e rigido, che ispirava timore e
sottomissione ma
certamente non rispetto e fiducia. Tenten fece una smorfia:
quell’uomo era
conosciuto in tutto il mondo per la sua crudeltà; infatti
era stato capace di
sacrificare la moglie e il figlio per ottenere un’arma
perfetta. Poi era stato
ucciso da un individuo altrettanto spregevole, Orochimaru, e il suo
posto era
stato preso proprio da quel figlio che aveva trasformato in mostro.
Gaara.
Anche
il suo ritratto era un po’ discordante. I suoi occhi non
esprimevano forza e
autorevolezza, ma malinconia e timidezza. Più che il ninja
più forte del
villaggio sembrava un amico fragile che si era accollato una
responsabilità
troppo grossa ma continua ad andare avanti. Era
un ritratto molto bello.
“Ah,
sei tu, Tenten. Come stai?”
“Meglio,
grazie. L’antidoto che mi ha dato Kankuro funziona
bene.”
“Ne
sono lieto. Mio fratello è il massimo esperto di veleni di
tutto il villaggio.
Scommetto che ti ha tenuto una conferenza su le proprietà di
tutte erbe finora
conosciute.”
“In
effetti sì. È stata un’impresa riuscire
a zittirlo...però è simpatico e poi fa
piacere ascoltarlo”
“Non
la penseresti così se abitaste sotto lo stesso tetto. Volevi
dirmi qualcosa?”
“Io...sì!
Volevo ringraziarti per quanto hai fatto nella foresta. Ti devo la
vita.”
“Lascia
stare. Era mio dovere, dopotutto siamo alleati...”
“Eh,
no! Io sono in debito con te e ripagherò quanto hai fatto!
Fa parte del mio
credo di ninja!”
“Credo
di ninja? Sembri Uzumaki. Comunque se preferisci
così...”
Tenten
annuì e fece per andarsene ma
una fitta
alla spalla la fece crollare a terra. Gaara la fissò
preoccupato e la aiutò ad
alzarsi.
“Stai
bene?”
“Più...
o meno...”
Gaara
osservò la spalla della ragazza. La garza si era macchiata
di verde, segno che l’antidoto
aveva finito il suo effetto. Occorreva somministrarle subito
un’altra dose.
Gaara
mandò un ragazzo a cercare Kankuro e prese in braccio la
ragazza.
“Non
ti preoccupare, ti
porto subito in
infermeria. Secondo i medici per questo tipo di veleno la convalescenza
sarà
piuttosto lunga... cerca di non sforzarti troppo o potresti anche avere
una
ricaduta.”
Tenten
sentì che la vista le si appannava. Avrebbero pagato anche
questo, eccome!
Avrebbero pagato tutto quanto...
Sentì
che Gaara la adagiava su un lettino. Le tornò in mente
quando si era svegliata
in infermeria dopo che l’aveva salvata da Deidara e Sasori.
“G...gaara-san? Cosa...cosa significava
quello che mi hai
detto qualche giorno fa? Di...non commettere il tuo stesso
errore...” Tenten
ansimava. Il dolore era sempre più forte.
“Era
un consiglio”
“Ma...ma
per cosa?” Le girava la
testa.
Probabilmente tra poco sarebbe svenuta.
Gaara
la fissò con serietà. I suoi occhi di ghiaccio la
spaventarono.
“Li
vorresti uccidere, vero? Quei due che ti hanno ridotto in questo stato
e che
hanno ammazzato i tuoi amici. Li sogni tutte le notti, rivedi i volti i
Ichigo
e Akira, ti senti colpevole della loro morte e sei sicura che se sparissero dalla faccia
della terra tutto
cambierebbe, vero?”
Tenten
si sentiva svuotata, messa a nudo. Forse quegli occhi avevano il potere
di
leggerle dentro? Del
resto il suo
sguardo era così penetrante che l’ipotesi non era
così assurda. Rispose in un
sussurro.
“Sì...”
“Questo è
l’errore.”
Questo
è l’errore? Ma allora...
Tenten
sentì che le forze l’abbandonavano. Tutto intorno
a lei divenne bianco e
abbandonò il corpo stanco alla pace del sonno.
Gaara
fissò quel viso pallido e ne provò
pietà.
Non
è con il sangue che si ripagano le
ingiustizie. Non c’è alcuna pace
nell’omicidio e nel desiderio di sangue, am
solo un altro abisso, ancora più profondo. I mostri dentro
di noi vanno
combattuti, non assecondati...questo l’ho imparato a mie
spese.
Non
permetterò che accada anche a te.
Nessuno merita questo destino.
Ti
aiuterò, Tenten. Non sarai sola.
*Cecia
chan striscia a terra, vestita
di sacco e col capo cosparso di cenere*
Ringrazio
i miei immeritati lettori, in particolare: Wiwo,
camelia90,
annasukasuperfan,
gollum93,
bambi88,
giulychan, Dastrea
Alla
prossima! Ne vedrete delle belle!