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Autore: Acinorev    23/06/2013    24 recensioni
«Hai mai visto i Guinness World Records?» chiese ad un tratto Harry, continuando a fissare il sole splendente sopra le loro teste.
«Cosa c'entra ora?» domandò Zayn spiazzato, guardando l'amico attraverso le lenti scure degli occhiali.
«Hai presente quei pazzi che provano a stare in apnea per un tempo sempre maggiore? Ecco, tu devi fare la stessa cosa», spiegò il riccio, come se fosse un'ovvietà.
Gli occhi di Zayn si spalancarono, mentre iniziava a pensare che Harry si fosse beccato un'insolazione. «Devo provare a battere un record di apnea?»
«No, ovvio che no - rispose l'altro scuotendo la testa. - Loro si allenano per rimanere sott'acqua, un posto dove non c'è la nostra fonte di vita, l'ossigeno. Tu devi fare lo stesso, devi imparare a vivere senza di lei.»
Sequel di "Unexpected", da leggere anche separatamente.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Unexpected'
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I'm sorry, ok? I'm sorry

Capitolo 9

 

Vicki.
 

Sullo schermo del mio portatile cominciarono ad apparire delle bolle colorate di diversi colori, rimbalzanti da un angolo all’altro del rettangolo luminoso: non ricordavo nemmeno di avere uno screensaver. Passai un dito sul piccolo quadrato fungente da mouse e le feci scomparire, ritornando immediatamente dopo alla posizione iniziale, la stessa che mantenevo da forse venti minuti. Le mie gambe, appoggiate sul tavolino in legno davanti al divano, erano ormai addormentate, tanto che non riuscivo più a muovere o anche solo a sentire i piedi. La mia schiena aveva assunto una strana curvatura, dovuta al modo in cui ero sprofondata nel tessuto chiaro del divano, e le braccia erano abbandonate sul mio grembo.
Capelli arruffati e unghie mangiucchiate nervosamente concludevano il quadro, mentre i miei occhi erano inesorabilmente puntati sullo schermo del computer: davanti a me, il viso sorridente di una ragazza.
I capelli biondo scuro cadevano lisci sul suo petto, coperto da un giubottino nero di cui non si distinguevano i dettagli, a causa della risoluzione dell’immagine: seduta su quella che avevo ipotizzato fosse una sedia, guardava dritto nell’obiettivo della fotocamera, sorridendo e mettendo in mostra i denti bianchi e perfettamente allineati. Gli zigomi alti accompagnavano il movimento delle sue labbra, contribuendo a rendere ancora più allegri quegli occhi scuri che sembravano voler esprimere solo vitalità.
Kathleen Mason, l’ex ragazza di Zayn, era davanti a me, in tutta la sua bellezza perduta, lasciandomi a bocca aperta.
Quel primo pomeriggio, la mia mente era stata pervasa dal pensiero di Louis, dal modo in cui era tutto finito tra di noi senza essere nemmeno iniziato: era tutto quello a cui riuscivo a pensare e non avevo intenzione di darmi pace fin quando non avessi trovato una spiegazione; poi, però, da quell’episodio ero passata ad un altro e avevo continuato a pensare alle parole del pakistano di una paio di giorni prima, pronunciate con così tanta sofferenza repressa da mozzarmi il respiro: avevo deciso di accendere il portatile e di sconfiggere la noia – e la depressione post-Louis Tomlinson - cercando qualche notizia su di lui, sul suo passato. Mi ero convinta, per qualche strano motivo, che non fosse stato sempre così e che la morte della sua ragazza l’avesse stravolto completamente.
Io e i gossip eravamo nemici mortali, tanto che solo una tortura mi avrebbe potuto far acquistare giornalini di spettacolo e pettegolezzi: nemmeno quando uscivo con Louis avevo fatto delle… ricerche. Zayn, però, mi aveva quasi sconvolta con i suoi occhi duri e provati, nonostante potessero accendere una forte antipatia in me, mi aveva fatto incuriosire e aveva fatto nascere in me la voglia di scoprire cosa gli fosse successo esattamente.
Appena ero risalita al nome di Kathleen, avevo anche scoperto la sua triste storia. La loro storia.
La mia inguaribile emotività era riuscita a velare i miei occhi di lacrime insistenti, quando avevo letto della malattia di quella ragazza: ricevere una diagnosi del genere a soli diciannove anni doveva essere straziante, soprattutto se veniva accompagnata da un amore ricambiato. I miei occhi avevano captato e immagazzinato molti particolari: dal tumore, alla velocità con cui era riuscito a vincere; dalla protettività di Zayncon le fans, ai messaggi che ogni tanto scrivevano l’uno all’altra sui rispettivi profili di twitter; da momenti semplici e quotidiani, a grandi eventi e foto che racchiudevano ancora una felicità distrutta; dallo scoop della loro relazione, ai pochi mesi in cui avevano potuto effettivamente viverla;  dalla loro convivenza, all’amicizia che legava lei ed Abbie, il cui ruolo mi era finalmente più facile da comprendere. La morte di Kathleen, tanto improvvisa quanto a lungo attesa e temuta.
Avevo ceduto a qualche lacrima, poi, quando lo sguardo duro e probabilmente incompreso di Zayn mi si era ripresentato davanti, come a rinfacciarmi la mia cecità e il carico di sofferenza che doveva nascondere e che io avevo solo ipotizzato tramite storie riferite e vecchie foto: da quanto avevo capito, la ragazza era scomparsa poco più di un anno prima e la band aveva ripreso i suoi impegni dopo appena un mese. Troppo presto, a mio parere.
La mia testa aveva già iniziato a lavorare, a plasmare un quadro della situazione: per quanto Zayn mi facesse arrabbiare anche solo con un movimento, ero convinta che ci fosse una spiegazione ad ogni suo comportamento. Improvvisamente, infatti, mi era più chiaro il motivo per cui, in televisione o in qualunque altro evento pubblico, rivolgeva sorrisi forzati a tutti, risultando quantomeno il solito di sempre, mentre nel privato –  come con me, per esempio – dimostrava di essere una persona completamente diversa. Evidentemente viveva una doppia vita in cui si era intrappolato per difesa o per forza, dovendo convivere con la scomparsa della ragazza che amava.
Oppure, più semplicemente, Zayn era sempre stato uno stronzo presuntuoso, anche se questa ipotesi non mi convinceva molto.
Sospirai e mossi il puntatore del mouse per passare alla foto successiva: Zayn e Kathleen erano l’uno affianco all’altra, mentre camminavano in quello che aveva tutta l’apparenza di essere un aeroporto. Probabilmente lui stava tornando da un impegno, o forse stava partendo, e il suo sguardo era puntato distrattamente su qualcosa oltre la fotocamera, mentre sembrava volersi mettere in posa per una foto di qualche fan: lei, invece, camminava al suo fianco stretta in un semplice abbigliamento nero, contrastato da una giacchetta e una borsa bianche. Il suo viso, però, era totalmente diverso dalla foto precedente.
Più volte feci avanti e indietro tra quelle due immagini, per assicurarmi di quell’impressione, e ottenni una conferma: i suoi occhi erano sempre sereni, accompagnati dalle labbra increspate in un sorriso, ma  l’espressione che il tutto contribuiva a formare era stanca, smunta, avrei detto. Il suo volto sembrava più magro e le sue iridi erano marcate dai segni della debolezza: la data della foto, infatti, rimandava ad un periodo della sua vita molto vicino a quello… be’, a quello della sua morte.
Rimasi ancora qualche secondo a fissare quell’immagine, che era la dimostrazione di quanto la malattia avesse cambiato i lineamenti della ragazza: mi lasciai trasportare dalla fantasia, da quello che potevo solo provare ad indovinare, e cercai di dipingere nella mia mente uno Zayn diverso, uno Zayn completo.
Quando il cellulare al mio fianco prese a squillare rumorosamente, sobbalzai, rischiando di far cadere dalle mie gambe il portatile in precario equilibrio: il numero che compariva sullo schermo mi era sconosciuto, così corrugai la fronte e risposi.
«Pronto?»
Dall’altra parte della cornetta proveniva solo un profondo silenzio, così mi sentii costretta a ripetermi.
Dopo un paio di secondi, sentii un sospiro, indice che stessi effettivamente parlando con qualcuno e non con un fantasma.
«Chi…»
«Victoria?» esclamò qualcuno, con un tono di voce basso e quasi riluttante. Era familiare, ma non riuscivo a sentirlo bene, ad esserne certa.
«Sì?» chiesi, incuriosita.
«Sono Zayn».
Spalancai gli occhi e mi trattenni dallo strozzarmi con la mia stessa saliva: istintivamente, chiusi tutte le finestre di internet che erano sommerse da foto e articoli su di lui, quasi come se mi fossi sentita colta in flagrante e lui avesse potuto scoprire ciò che stavo facendo. La sorpresa nel sentire la sua voce sfociava in qualcosa di più intenso.
«Zayn?» ripetei, sbattendo più volte le palpebre.
«Che ne dici di… prendere un caffè insieme?» chiese con esitazione, quasi volesse convincersi di quello che stava dicendo. Il suo modo di pronunciare quelle poche parole rispecchiava un certo imbarazzo, forse dovuto al nostro ultimo incontro.
Io ero totalmente sbalordita: «Un caffè?» gli feci eco.
«Puoi smettere di ripetere tutto quello che dico?» sbottò, sbuffando e tornando ad assumere quel tono con cui si rivolgeva sempre alla sottoscritta. Se fino a due secondi prima il mio inconscio mi spingeva a provare quasi compassione per lui, ora era tornato a infuocarmi le vene con il disagio e l’antipatia.
«Cosa dovrei fare, scusa? I salti di gioia?» ribattei, infastidita. Forse si era dimenticato delle cose che mi aveva detto nel bagno dell’hotel? O di tutte le altre frecciatine?
«Potresti accettare l’invito, per esempio» mi consigliò, tranquillizzando la sua voce.
«Zayn, mi hai fatto capire in tutti i modi possibili quanto poco mi sopporti: due giorni fa mi hai detto che avresti preferito non avermi mai conosciuta. Ti aspetti che io venga a prendere un caffè con te come se fossimo amici di vecchia data? E poi, perché mi stai invitando, se mi odi tanto?»
«Cristo, quanto parli – commentò, sospirando, per poi riprendere a parlare solo qualche secondo dopo – Voglio scusarmi per come mi sono comportato, questa volta sul serio».
«Be’, il tuo modo di iniziare non è proprio…»
«Vieni o no?» mi interruppe, troncando la mia lingua biforcuta.
Inspirai profondamente, come se nell’aria intorno a me potessi trovare un consiglio sul da farsi: Zayn era l’ultima persona con cui avrei voluto passare un pomeriggio, ma forse, dopo le mie piccole ricerche, avrei dovuto concedergli una possibilità. Magari l’ultima, ma avrei dovuto farlo.
Mio fratello, d’altronde, mi ripeteva sempre quanto io fossi fastidiosamente buona e infatti non mi smentii: «Ok» bofonchiai, chiudendo gli occhi per un attimo.
 
Lisciai la mia canottiera colorata, controllando intanto lo stato delle converse, perennemente un po’ sporche, per quanto mi impegnassi ad evitarlo: alzai lo sguardo davanti a me e sospirai, per poi varcare la porta con il vetro scuro di una vecchia tavola calda.
Aveva scelto lui quel posto, “per stare tranquilli”, infatti era lontano dal centro di Londra e, da come si presentava ai miei occhi, era anche poco frequentato: ferma all’entrata, mi guardai intorno, soffermandomi sui particolari rustici dell’arredamento e sulla manciata di persone sparse nel locale.
Zayn era seduto ad un piccolo tavolo rotondo in un angolo della sala e i suoi occhi erano fissi sulle sue mani, che giocherellavano con un fazzoletto di carta bordeaux: mi morsi l’interno della guancia, salutando con un sorriso la cameriera che mi passò di fianco, e mi diressi verso di lui, senza sapere cosa aspettarmi o come comportarmi.
Tossicchiai, quando gli fui di fronte,  e lui alzò lo sguardo su di me lentamente: posò il fazzoletto e mi fece cenno di sedermi, così io lo accontentai.
Torturandomi le dita delle mani, continuavo a muovere nervosamente la mia gamba destra, accavallata sull’altra, sotto al tavolo: il silenzio tra di noi era più che imbarazzate, carico di mille cose diverse. Decisi di fare qualcosa a riguardo, appellandomi alla mia loquacità.
«Allora… Ordiniamo qualcosa?» chiesi, abbozzando un sorriso forse poco convincente: Zayn mi guardò dritto negli occhi, per poi annuire e prendere tra le mani uno dei menù lasciati sulla tovaglia color panna. Io lo imitai, ma quelle furono le ultime parole pronunciate tra di noi, fin quando la cameriera non portò le nostre ordinazioni: due semplici caffè, con l’aggiunta di disagio e impazienza.
«Zayn, non credi che dovremmo almeno fare un po’ di conversazione?» lo ripresi, facendo l’ennesimo passo verso di lui: certo, mi aveva invitata qui con - probabilmente - delle buone intenzioni, ma stava dimostrando di volere tutt’altro, dato che si limitava a lanciarmi qualche dura occhiata senza accompagnarla nemmeno con una parola.
«Come stai?» domandò, come se volesse solo accontentare la mia richiesta e mettermi a tacere. Aprii la bocca nell’accenno di una risata incredula e «Ehm, bene, grazie. E tu?» risposi, sperando che, per quanto fosse discutibile, potesse essere l’inizio di un vero e proprio discorso.
Lui increspò le labbra e alzò le spalle, continuando a tenere fisse le sue iridi nelle mie: cosa stava cercando di fare? Mettermi alla prova? Studiarmi? C’era qualcosa nel suo modo di guardarmi che mi faceva sentire scoperta, come se stesse provando a leggere ogni particolare del mio volto per trarne delle informazioni: io, però, non mi sarei arresa tanto facilmente.
«Hai detto che volevi scusarti» esclamai, lasciando intendere che ancora non l’aveva fatto. Non ero certo una persona pignola e con alte pretese, ma il suo comportamento era per me un grande mistero: dopo i nostri piccoli e fastidiosi incontri, dopo le mie scuse sincere e le sue – contraddette subito dopo -, era il minimo che potesse fare.
Alzò un sopracciglio e prese un sorso dalla tazzina fumante di caffè, passandosi poi la lingua sulle labbra piene: «Se mi obblighi a farti delle scuse, non saranno molto spontanee» decretò, scuotendo la testa quasi… divertito.
«Io non ti sto obbligando, ti sto solo… sollecitando. In fondo sei stato tu a tirare in ballo la questione, al telefono» spiegai, assumendo un’espressione soddisfatta.
«Appunto, sono io che devo farle, no? Allora sarò sempre io a decidere quando»  precisò, finendo il caffè nella tazzina.
Sospirai, alzando gli occhi al cielo, e mi abbandonai sullo schienale della sedia, incrociando le braccia al petto: che facesse quello che voleva.
Zayn tirò fuori dalla tasca il suo iPhone e iniziò a digitarci sopra qualcosa, ignorandomi completamente: in quel momento, mi ritrovai a maledirmi per aver accettato il suo invito e per aver pensato anche solo lontanamente che potesse effettivamente aggiustarsi qualcosa tra di noi.
Sbuffai spazientita, ovviamente senza attirare la sua attenzione, e decisi di imitarlo: certo, io non avevo un telefono di ultima generazione, ma il mio vecchio nokia con la fotocamera rotta poteva salvarmi da quella situazione. Per prima cosa, mandai un messaggio a Stephanie: « Malik mi ha chiesto di prendere un caffè con lui per scusarsi: indovina un po’? Passa il tempo ad ignorarmi. Lo prenderei a calci.»
Spostai i miei occhi su di lui, mordicchiandomi il labbro superiore, e rimasi immobile con il telefono in mano: c’era qualcosa nei suoi lineamenti che mi imponeva di scrutarli, come se potessero nascondere qualcosa che io potevo svelare. Le sopracciglia  scure e folte erano inarcate nel riflettere la concentrazione che Zayn stava mettendo nell’usare l’iPhone, contornando gli occhi scuri in maniera quasi protettiva: mi ritrovai a confrontare quell’espressione con quella totalmente diversa che avevo visto nelle fotografie, nemmeno un paio d’ore prima. Inspiegabilmente, sentii la voglia di essere testimone di una specie di ritorno al passato, in cui lui potesse sorridere come un tempo, al posto di portare con sé un simile broncio. Se io non fossi stata sicura che si stesse sforzando tanto di avvicinarmi solo per poi tenermi lontana in tutti i modi, avrei anche potuto chiedergli…
Interruppi i miei pensieri e abbassai lo sguardo, quando il suo si spostò inaspettatamente nel mio: tornai a concentrarmi sullo schermo del mio telefono, stupendomi nel vedere che Steph mi aveva risposto senza che io me ne accorgessi.
«Un calcio nelle palle ben assestato, e io ti amerò per sempre. xx» era il suo messaggio, lo stesso che non riuscì a farmi trattenere una risata. Mi coprii la bocca con una mano, strizzando per un attimo gli occhi per non ridere sguaiatamente, e in pochi secondi mi ritrovai semplicemente a sorridere: il sorriso, però, scomparve quando mi sentii osservata.
Zayn, di fronte a me, aveva ridotto gli occhi a due fessure, inclinando leggermente il capo da un lato e schiudendo le labbra, come se stesse pensando, mentre mi osservava: mi sistemai meglio sulla sedia, ricomponendomi, e mi passai una mano tra i capelli, improvvisamente – e stranamente – imbarazzata.
«Che c’è?» chiesi, sperando di togliergli dal viso quell’espressione. Lui sbatté lentamente le palpebre e chiuse la bocca, ma continuò a guardarmi: «Potrei farti la stessa domanda – spiegò, per l’ennesima volta pronto a ribattere – Prima mi stavi fissando abbastanza… insistentemente» aggiunse poi, forse notando la mia faccia confusa. Deglutii, ripensando a quando mi aveva beccata in pieno a guardarlo spudoratamente.
«E tu stavi fissando me, ora» ribattei.
«Perché ti ho vista fare lo stesso» rispose senza esitazione. Boccheggiai, senza sapere cosa dire, ma non ebbi il tempo di pensarci bene, perché lui trasformò il suo sguardo provocatorio in uno ben più serio, profondo: «Però mi stavi guardando in modo diverso» sostenne.
«Diverso?» ripetei, facendo la finta tonta. Non potevo certo dirgli che la mia espressione era dovuta ai miei pensieri su di lui e Kathleen, sul loro passato e su quello che poteva essere il suo stato d’animo. No?
«A cosa stavi pensando?» chiese semplicemente, appoggiando i gomiti sul tavolo, che traballò leggermente.
«A niente» mentii, scuotendo la testa.
Zayn alzò un sopracciglio, come se sapesse perfettamente che la mia era una bugia: «Andiamo, avevi gli occhi iniettati di… »
«E va bene. Va bene» lo interruppi, mettendo le mani avanti e sospirando, prima che potesse concludere la frase. Per qualche secondo rimanemmo a fissarci, lui in attesa e in cerca delle parole adatte.
Sapevo perfettamente che il nostro rapporto non era assolutamente pronto ad affrontare il discorso “Kathleen”, ma ormai mi ero convinta che la chiave del comportamento di Zayn fosse lei: senza sapere nulla di lui, ne ero certa ed ero risoluta nel volerlo in qualche modo… capire, o addirittura aiutare. Lui non aveva di certo chiesto aiuto, almeno non apertamente e di sicuro non a me, ma sentivo un certo bisogno di valutare la sua reazione nel nominare quella ragazza.
Decisi di buttarmi, dopo aver soppesato tutte le possibilità: nel peggiore dei casi, mi avrebbe mandata a ‘fanculo senza troppe storie, nel migliore, invece, si sarebbe aperto almeno un minimo.
«Stavo pensando a Kathleen» dissi, forse abbassando di un tono la mia voce.
Vidi i muscoli di Zayn contrarsi, mentre i suoi occhi continuavano a inchiodarmi e a minacciarmi con la loro sfumatura troppo scura per essere rassicurante: non disse niente, ma la mascella serrata e la sua posizione solida e irremovibile erano già un indizio.
Aspettai qualche secondo prima di continuare: «Era davvero bellissima» mormorai, questa volta. Non era mia intenzione infierire, ma avevo visto qualcosa nel suo viso smuoversi impercettibilmente, quasi rilassarsi, nel sentire quel nome. E ora, con il mio nuovo commento, le sue spalle si erano rilassate per davvero, mentre le sue mani non avevano più le nocche bianche per quanto si stavano stringendo tra di loro.
«Leen era la donna più bella che io abbia mai conosciuto» disse, colpendomi con quelle parole come non avrebbe dovuto. La mia concezione troppo romantica dell’amore e tutte quelle cazzate che la miriade di film che avevo visto mi aveva inculcato in testa, mi rendevano difficile rimanere impassibile a quell’affermazione tormentata, agli occhi di Zayn nel pronunciarla.
Annuii lentamente, incurvando la linea delle mie labbra in un timido sorriso: lui si limitò ad osservarlo e a distogliere subito lo sguardo, come se l’avesse disturbato, così io tornai seria e mi concentrai sul ricamo della tovaglia sotto le mie mani. Sentivo di non potermi spingere oltre, perché sì, Zayn non mi aveva risposto male o altro, ma qualcosa mi diceva che con lui avrei dovuto andarci piano, quasi fosse un oggetto di cristallo pronto a rompersi alla minima vibrazione di troppo.
«Devo andare, ora» esclamò all’improvviso, stupendomi. Corrugai la fronte nel vederlo alzarsi e lasciare sul tavolo i soldi necessari per pagare il conto, compreso il mio caffè. Boccheggiai, smarrita dai suoi movimenti veloci, quasi urgenti, ma mi alzai di scatto quando, senza dire altro, Zayn si allontanò dal tavolo, dirigendosi verso l’uscita.
«Ma che…» borbottai tra me e me, chiedendomi cosa fosse successo.
Recuperai la borsa dalla sedia e lo seguii, ignorando i saluti cordiali e un po’ confusi dei camerieri: Zayn era appena uscito dalla porta, così io l’aprii e, accelerando il passo, lo raggiunsi, fermandolo per un polso. Cosa gli prendeva?
«Zayn» lo chiamai, mentre le mie dita si stringevano intorno alla sua pelle ricoperta da tatuaggi.
Quello che successe dopo fu talmente veloce e inaspettato, che mi ci volle un secondo di troppo per comprenderlo a pieno: Zayn, infatti, si girò, non appena percepì il contatto tra di noi, e portò le mani alla base del mio viso per avvicinare con urgenza le sue labbra alle mie.
Ad occhi spalancati, indietreggiai di mezzo passo, a causa del suo movimento improvviso, ma, con le mani sul suo petto, lo allontanai subito, guardandolo quasi con il fiatone. Le mie labbra avevano ancora la sensazione di essere schiacciate contro le sue, morbide come non me le aspettavo, ma non riuscivano a capire se le avessero apprezzate o meno.
«Zayn, non…»
Non finii la frase, perché lui era tornato su di me sussurrando a denti stretti «Scusa, ok? Scusa», tra un piccolo bacio e l’altro, prima di andarsene via e lasciarmi lì, su quel marciapiede, a ripercorrere più volte nella mia mente la dinamica dei fatti. A chiedermi se i suoi passi veloci stessero scappando da me. A chiedermi se il battito alterato del mio cuore fosse dovuto solo a quel bacio inaspettato e agli occhi tormentati di Zayn nello scusarsi.






 


 

Ciaaaaaaaaaaaaao bellezze :) Come state? Molte di voi sono già in vacanza (vi invidio), altre hanno la maturità (che spero vi stia andando bene) e forse c’è anche qualcuno, come me, che sta facendo i conti con la sessione estiva degli esami: oh dio, quanto rimpiango il liceo…
In ogni caso, questo non è importante, passiamo al capitolo! L’avevo detto che Zayn sarebbe comparso sempre di più, e infatti eccolo qui :) Allora, ho un po’ di cosette da dire: innanzitutto Vicki indaga su Kathleen (In basso vi metto le foto che ho descritto) e spero voi abbiate capito che è una romanticona di dimensioni cosmiche lol Poi riceve la chiamata di Zayn e, in sintesi, decidono di vedersi per questo caffè.
Ora, tutte avrete notato che lui è molto… strano, nel senso che è silenzioso, un po’ stronzo e distaccato, ma spero che abbiate capito il perché: evidentemente avere a che fare con “la sosia vivente” di Leen non deve essere facile per lui, ma allo stesso tempo non riesce a starle lontano. A voi le interpretazioni! Comunque, Vicki tira in ballo la nostra Kath (sappiate che i miei feels sono andati a puttane quando Zayn dice che era la donna più bella che avesse mai conosciuto T.T) e Zayn, se prima riesce a dire qualcosa, poi scappa (non a caso dopo aver avuto a che fare con il sorriso di Victoria, che sappiamo gli ricorda quello di qualcun altro); lei lo insegue, ma, quando lo ferma, lui la bacia: Vicki lo allontana, ma Zayn la bacia di nuovo, chiedendole scusa. Scusa per cosa, secondo voi? Anche qui, vi consiglio di andare oltre le semplici parole di Zayn (come in “It feels…” lol) perché vedrete che i suoi comportamenti sono più complessi di quanto sembri!
Bene, detto questo, aspetto le vostre congetture lol Ricordo che Vicki è ancora invaghita di Louis - che ne sarà di loro? - e che a Zayn non ha mai pensato in quel modo: ma chissà, chi vivrà vedrà! Come sempre vi consiglio di non andarci troppo con i piedi di piombo nelle mie storie lol
 
Vi ringrazio infinitamente per tutto fskja E spero che mi farete sapere cosa ne pensate :)
Io cerco in tutti i modi di rappresentare lo stato d’animo di Zayn, ma, ovviamente, un conto è averlo in testa, un conto è farlo capire agli altri: spero, quindi, di essere abbastanza chiara! Tenete conto che lui, ogni volta che vede Vicki, vede Leen e questo gli fa male! Basta, sto parlando troppo hahaha Vi lascio con le due foto di Kath e con una di Vicki **
Ho scoperto finalmente come si chiama la sua prestavolto fskjfas
Ciao belle dsljk

 
 

    

  
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