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Autore: mirmelle_29    25/06/2013    1 recensioni
Perché Harry era tutto questo, era casa e passione, amore e desiderio. Era come quando vai in vacanza e ti manca il tuo computer, il tuo letto, la tua cucina anche se ti trovi in un posto decisamente migliore. Era come l’autunno in una stanza, un’esplosione di emozioni, tanto intense da far male. Harry era la pagina di quaderno riempita con precisione in ogni spazio bianco, era una storia da raccontare mille volte senza mai annoiarsi. Era la canzone che ascolti prima di andare a letto, un’accurata collezione di ricordi vivente. Erano i fuochi d’artificio, le risate esplosive, il suono di una chitarra. In quel periodo era così fortunato e comunque non se ne accorgeva, forse era troppo impegnato ad essere felice.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Those green eyes and that contagious smile,
and those lips, and the way they verbalize,
Oh New York City, what a beauty to our eyes.

Foto, un sacco di foto. Foto di lui e di lei, foto con Lux, foto dove sorrideva, foto dove guardava altrove. Foto a New York, foto di capodanno, foto di baci e di feste. Foto dove lui gli sussurrava qualcosa, e il rimorso di non poter sentire. Louis se ne stava davanti al pc da ore a cercare foto di Haylor. Quel giorno gli era presa così, la nostalgia di Harry si era fatta sentire più vivida e concreta che mai, gli mancava tutto. Dal suo profumo, alla morbidezza dei suoi ricci, gli mancava come lasciava sempre tutto in disordine, gli mancava sentirlo alzarsi nel cuore della notte, passeggiare un po’ per i corridoi per poi tornare a letto. Gli mancavano i baci dati di sfuggita dietro alle quinte dei concerti, per infondersi coraggio a vicenda, per dirsi ‘ci sono io qua’. Gli mancava indossare le sue magliette, così da poterselo sentire addosso tutto il giorno quel profumo. Il profumo di casa, di amore. Perché Harry era tutto questo, era casa e passione, amore e desiderio. Era come quando vai in vacanza e ti manca il tuo computer, il tuo letto, la tua cucina anche se ti trovi in un posto decisamente migliore. Era come l’autunno in una stanza, un’esplosione di emozioni, tanto intense da far male. Harry era la pagina di quaderno riempita con precisione in ogni spazio bianco, era una storia da raccontare mille volte senza mai annoiarsi. Era la canzone che ascolti prima di andare a letto, un’accurata collezione di ricordi vivente. Ecco come doveva essersi sentito Hazza, quando sotto al suo naso scorrevano le foto di Elounor. O forse non le aveva nemmeno cercate, aveva preferito immaginarsi e basta, non infierire come stava facendo lui. Louis proprio non ce la faceva a resistere, doveva per forza farsi del male ulteriore a vede lui con lei. E sembrava anche piuttosto felice, infondo non sentiva Hazza da molto tempo ormai. ‘sono mai stato realmente felice?’ si chiese fissando il monitor del computer. In risposta a questa domanda gli balenarono in mente le immagini di quando condivideva l’appartamento con Harry. Erano immagini di estrema felicità, che gli facevano annodare lo stomaco in un ingarbuglio di emozioni contrastanti. Erano i fuochi d’artificio, le risate esplosive, il suono di una chitarra. In quel periodo era così fortunato e comunque non se ne accorgeva, forse era troppo impegnato ad essere felice.

-Credo che tu debba smetterla.

Una voce che ben conosceva lo raggiunse alle spalle. Louis non si prese nemmeno la briga di voltarsi, sapeva fin troppo bene chi fosse a parlargli ed era l’ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento. Beh, in quel momento voleva solo Harry, quindi le altre persone erano tutte ‘sbagliate’. La ragazza dal viso grazioso, incorniciato da boccoli castani, prese posto accanto a lui sul divano.

-Di solito quello è il posto di Harry.

Disse Louis con un tono inasprito. La ragazza non dette segno di essere stata in alcun modo turbata.

-Beh, per il momento Harry non c’è, quindi questo è il posto di El.

Sul volto di lui si dipinse un’espressione di resa e gettandosi le mani dietro alla testa, si lasciò cadere sul divano.

-Non farmi la predica anche tu, El.

Lei si passò le mani sulle cosce, raccolse i capelli in una coda e balzò in piedi.

-Non sono venuta per farti la predica, so quanto ti manca Harry, lo capisco.

-Allora cosa vuoi?

-Portarti a fare un giro, perché sei un relitto Lou.

-Non avevamo deciso di rimanere in casa oggi?

-Avevamo deciso di guardare un film e mangiare gelato. Non hai mai accennato a ‘Louis che spulcia ogni fottutissimo sito internet alla ricerca di foto del suo ex ragazzo con la sua attuale ragazza, mentre Eleanor pettina le bambole.’

Le labbra di Louis esplosero in n sorriso, e gli occhi azzurri divennero due fessure, come dei coriandoli di cielo. El abbozzò una risata, guardandolo rapita da tanta bellezza. Louis era veramente bello quando rideva. Il ciuffo castano, le labbra fini. In quel periodo si era un po trascurato, lasciandosi crescere un velo di barba, mentre sotto a gli occhi aveva due profonde occhiaie livide. Aveva semplicemente un aria più matura e vissuta, pensò El. Era cresciuto così tanto da quando si erano incontrati la prima volta, che ogni volta che guardava le loro foto si sentiva mancare. Due anni prima era un ragazzino che indossava bretelle,aveva i capelli con la frangia smisurata e il solito sorriso, forse un po’ più radioso.

-Allora, cosa intendi fare? Restare qua a piangerti addosso, oppure usciamo e, facendo finta che mi piaccia sul serio, mi porti da quella merda di Starbucks? Oh cazzo, sto iniziando ad odiare veramente quella roba, giuro lo faccio solo per pubblicità. In più mi fanno ingrassare, accidenti.

E dicendo cio si posizionò davanti allo specchio, di profilo, scrutando avidamente la sua immagine riflessa.

-Questo è il punto in cui dovresti dire ‘No, El sei perfetta così’.

In risposta Louis si alzò dal divano, le si avvicinò e le schioccò un bacio sulla guancia, mentre lei sorrideva divertita.

-Ogni tanto ci penso, sai?

Disse lei cambiando improvvisamente tono, e abbassando lo sguardo.

-A cosa?

Chiese Louis distrattamente, mentre sostituiva i pantaloni a quadri del pigiama con dei jeans scuri e stretti.

-A noi, insieme. Ma veramente, non per finta, cioè.. sarebbe bello, no?

Il ragazzo si gelò per un istante che a lei parve infinito.

-Se potessi amare te al posto di Harry, giuro che lo farei El, senza pensarci due volte. Amare quel ragazzo è un suicidio, credimi.

-Anche amare te lo è.

Disse lei triste, continuando a fissarsi la punta dei piedi scalzi e facendo muovere nervosamente le dita su pavimento. Louis sembrava aver colto l’allusione a quei due anni in cui El era sempre stata innamorata di lui. Non era mai riuscito a ricambiarla pienamente, anche se in certi momenti si sentiva davvero molto legato a quella ragazzina; a lei comunque andava bene anche così, e Louis non riusciva a lamentarsi. Era una ragazza carina, intelligente e simpatica. Sapeva farlo ridere insomma, non come Harry, ma era comunque una delle compagnie che Lou preferiva in assoluto. Aveva imparato a volergli bene, anche se all’inizio si era promesso di usarla solo come copertura. Inevitabilmente si era fatto coinvolgere sentimentalmente da lei. El gli aveva confessato il suo amore quando ormai si frequentavano da un anno, e disse di essersi trattenuta solo perche sapeva che a Louis interessava solo ed esclusivamente Harry. La risposta di lui fu un ‘ti voglio bene’ pieno di dolore: perché non poteva amare Eleanor? Sarebbe stato tutto più semplice. Ma a Louis piacevano le cose complicate ed era per questo che aveva scelto Harry, a tutto e a tutti. Raccolse le chiavi della macchina dal tavolino di legno rigato, e prese la giacca nera dalla seggiola dove la sera prima era stata gettata con non curanza.

-Andiamo El?

Lei sembrò riprendersi improvvisamente dalla sua malinconia, e con un sorriso, un po’ forzato, lo seguì fuori dall’appartamento. Eleanor gli stava davanti, ad uno dei tavoli più appartati di Starbucks, con il suo frappè in mano. Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, era davvero una bella ragazza, non c’era dubbio. Era la sua ragazza, teoricamente, quindi non seppe spiegarsi il perché di quei pensieri da ‘primo appuntamento’. Lei se ne stava lì, concentrata sul suo bicchiere di cartone, giocherellando distrattamente con la cannuccia verde scuro. C’era un silenzio imbarazzato interrotto solo dal rumore dei clacson e dal chiacchiericcio del locale. Alcune fans se ne stavano sedute sul marciapiede e fissavano eccitate la coppia all’interno del locale. Appena Louis se ne accorse le salutò con un rapido gesto della mano e tornò a fissare El, mentre quelle se ne stavano gongolanti e strillanti sedute per terra.
-Come fai ad essere sempre così gentile? Certe volte io non riesco proprio a sopportarle, sono troppo ossessive. 
El ruppe il silenzio e alzò gli occhi dal suo bicchiere.
-Sono in assoluto la parte più gratificante del mio lavoro. Certe volte esagerano, lo ammetto, e anche io non sono sempre gentile. Quando parlano di me e di Harry mi innervosisco, loro hanno intuito qualcosa, ma in realtà non sanno un cazzo di quel che siamo. Pensano che la nostra sia una storia segreta ma perfetta, e per la parte della segretezza ci hanno azzeccato in pieno. Pensano che sia io quello che se ne freghi, che abbia smesso di lottare. Vedono Harry come il paladino della nostra relazione, ma in realtà lui non ci pensa affatto a noi. 
Disse con fare risoluto e addentando la ciambella che aveva preso per El.
-Ti manca molto, non è vero?
Louis tossì, per prendersi del tempo e rifletterci. Poi cadde nuovamente il silenzio, e lo sguardo di lui fissò un punto particolarmente interessante del tavolo. 
-Ogni giorno.
Disse poi alzando lo sguardo e rivolgendosi alla ragazza che gli stava di fronte. Eleanor lo guardò seria e poi accennò ad un sorriso, ma si ritrasse subito. Vedeva negli occhi di lui quello che si stava tenendo dentro, aveva notato le sue labbra che continuavano a schiudersi nel tentativo di dire qualcosa. Louis voleva parlare, aveva così tanto da dire, tutto quello che si era tenuto dentro.
-Parla.
-Secondo te.. la ama?
Disse rantolando, arrancando una parola all’altra. El, che si aspettava quella domanda controllò un secondo il cellulare, poi si schiarì la voce.
-Anche se fosse, non la amerebbe come ha amato te.
Louis sembrò rimuginarci sopra un secondo, addentò nuovamente la ciambella.
-Non m’importa, cioè è ovvio che non la amerà come ci siamo amati noi, è impossibile. Il nostro amore era come musica El, lo sai no? Hai visto come ci guardavamo, come cessavo di respirare quando incontravo i suoi occhi. Hai notato come sussultavo appena pronunciava il mio nome, hai visto quanto amore c’era in ogni più piccolo ed insignificante gesto.
Louis gettò fuori tutto quello che aveva dentro, le sue uniche certezze. Le sputò praticamente addosso ad Eleanor che continuava ad ascoltarlo, mentre lui la feriva con ogni singola parola, come se stesse giocando a freccette ed ogni sillaba la bucasse.  All’inizio lui non ci fece caso, continuò a sfogarsi liberamente, poi alzando lo sguardo vide che il volto di lei aveva qualcosa di strano.. era triste. Era come se la tristezza e tutti gli altri sentimenti cattivi gli avessero scavato gli occhi, rendendo il suo sguardo freddo e distaccato.
-Senti El, io non volevo, scusami, sono stato un bastardo egoista.
-No, tranquillo, prima o poi mi ci abituerò.
Doveva fare qualcosa per tirarla su di morale, assolutamente. Le fan erano ancora la fuori e Louis notò anche qualche paparazzo appostato in posizione strategica. Okay, si va in scena. Si alzò dal suo posto e gli occhi di lei lo seguirono mentre prendeva il suo volto fra le mani. 
-Mi dispiace tanto.
-Di cosa?
Sussurrò lei, con la voce impastata dall’emozione. Intanto le fans fuori si stavano agitando nel vedere quegli attimi di dolcezza della coppia. Anche i paparazzi aveva preso a scattare freneticamente. 
-Di non poterti amare.
E prima che lei potesse ribattere le labbra di Louis si incollarono alle sue. Quei baci per El erano una manna dal cielo, anche se erano finti. Erano così morbidi e delicati, ma anche scoppiettanti, tanto da sentire il suo cuore che balzava fuori dal petto. 
-..Grazie.
A questa sua affermazione Louis non potè più trattenere una risata. 
-E’ il minimo, ti voglio bene El.
-Ti amo, Lou.
-Vorrei poter dire lo stesso..
E uscirono dal locale, mano nella mano.
Si ritrovarono per le strade umide di Londra, stagnanti di pioggia che anche quando non c’era sembrava aleggiare nell’aria. Londra, Louis non avrebbe cambiato una virgola di quella uggiosa città. ‘Non troverai nessun uomo stanco di Londra, no Sir, perché un uomo stanco di Londra è stanco della vita: in questa città puoi trovare tutto quello che la vita ha da offrire’ disse un giorno Samuel Johnson, di cui le pagine dei libri di scuola erano zeppe. La cara, vecchia ed elegante Londra, il sogno di chiunque. Se fosse stato costretto ad andarsene gli sarebbe anche mancata la pioggia, il costante ticchettio sull’asfalto delle gocce, l’infrangersi di una bolla d’acqua,il cielo fumoso, un taxi nero. Londra, il centro del mondo per Louis. Gli ricordava più di qualunque altro posto l’amore che Harry provava per quella città, pur vivendoci infatti, riusciva a rimanerne incantato ogni volta che tirava le tende del loro appartamento. Si svegliava, e alzandosi si dirigeva direttamente alla grande finestra come se stesse per vedere qualcosa di nuovo e inaspettato. Tirava la cordicella delle tende bianca e lentamente, assaporandone ogni dettaglio: osservava i tetti di Londra, grigi come il cielo che li sovrastava. Si posava le dita delicatamente sulle labbra rosse, sospirava di meraviglia, sgranava gli occhi e sorrideva a quella città che tutto gli aveva dato e che tutto aveva ancora da dargli. Si infilava i jeans neri, che gli aderivano alle gambe come solo il più abile dei pittori riesce a far aderire la punta del pennello ad un foglio da imbrattare di passione, si vestiva di un maglione più o meno pesante, e ai piedi le alla star bianche che tanto gli piacevano quando la nostra relazione andava a gonfie vele. Poi incominciò improvvisamente a fare più freddo, la pioggia si trasformò in ghiaccio, gelando l’asfalto londinese e chiudendo le porte del cuore di Harry. Era divenuto completamente inaccessibile e attribuii questo cambiamento al cambio di stagione forse, alla tristezza che aleggiava sulla città come una nube di smog tossico. Ma la realtà era un’altra, forse più terrificante e oscura della più buia e fredda notte d’inverno nella capitale inglese. Lui sapeva, perché aveva il dono di osservare le situazioni minuziosamente, aveva il dono di analizzare e concentrarsi su cio che era realmente importante. E quella che si stava per scagliare su di loro poteva solo essere la fine ad un magico periodo passato letteralmente fra rose e sogni di fiori di arancio. Quando era con Harry era tutto così limpido, bianco e profumato. Era come vivere di musica e amore, bere tè con due zollette di zucchero, dormire tra lenzuola candide e piumoni. Vivere con Harry, condividere ogni secondo di quotidiana esistenza aveva rappresentato l’emozione più saziante e leggera della sua vita. Era stato un flash di piacevoli carezze, il periodo del camino scoppiettante, i cuscini e le coperte per terra. Notti spese a fare l’amore, e dopo aver finito rincominciare di nuovo, senza mai esaurirsi perché di amore ne avevamo tanto. Vivere a Londra era una tortura sapendolo oltre oceano, nella moderna Los Angeles, che tanto lo attraeva per il lusso e lo sfarzo. Aveva  rinunciato alla tradizionale Londra, all’ora del tè, alle passeggiate sul lungo Tamigi, le corse sui viale alberati dei Parchi Reali a Greenwich, la semplicità delle cose. Ma soprattutto aveva rinunciato al suo amore, e questo più di tutto, lo spingeva a rinchiudersi nei ricordi che solo la Londra nel periodo natalizio, sapeva donargli.
  
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