Aggiungo queste poche righe ora, anche se ho già pubblicato, ora
che ho più tempo e calma per scrivere.
Spero vivamente che i “miei” Harry, Ron, Hermione e Ginny siano
anche solo lontanamente simili a quelli della Rowling, di non aver ecceduto in
romanticismo *me odia quando esagera*
e soprattutto di non aver scritto parti troppo tristi, penso che ce ne
sia solo qualcuna *spera*. Come già sapete la vicenda- Voldemort non è come
quella della Rowling per il semplice motivo che la fiction è stata scritta
da me medesima prima di leggere DH =P Non ha una grande rilevanza, quindi non
penso che la cambierò, alla fine *sfaticata*.
Vorrei ringraziare con tutto il cuore la Marty, che mi ha
incoraggiata ad andare avanti, a pubblicare, ha letto pazientemente i capitoli
in fase di produzione e mi ha aiutata a farmi arrivare le idee quando
scarseggiavano. Mia mamma, che inconsapevolmente e non, mi ha passato alcune
delle canzoni che aprono i capitoli. E Jo, senza la quale non sarei qui a farvi
leggere i miei scempi XD.
Questa Fiction è per
quelle poche ma splendide persone che mi rimangono sempre vicine, le mie uniche
costanti e certezze anche nei costanti e certi cambiamenti che ogni giorno
avvengono nella mia vita. Per voi =)
.MA AMICI MAI.
Questa sera non
chiamarmi
no stasera devo
uscire con lui
lo sai non e'
possibile
io lo vorrei, ma
poi mi viene voglia di piangere
Certi amori non
finiscono
fanno dei giri
immensi e poi ritornano
amori
indivisibili, indissolubili, inseparabili
Ma amici mai
per chi si cerca
come noi
non e' possibile
odiarsi mai per
chi si ama come noi
basta sorridere
No no non piangere
ma come faccio io
a non piangere
Tu per me sei
sempre l'unica
straordinaria,
normalissima
vicina e
irraggiungibile, inafferrabile, incomprensibile
Ma amici mai
per chi si cerca
come noi
non e' possibile
odiarsi mai per
chi si ama come noi
sarebbe inutile
Mai mai il tempo
passerà
Mai mai il tempo
vincerà
Il nostro non
conoscersi
per poi
riprendersi
e' una tortura da
vivere
ma stasera non
lasciarmi
no stasera non
uscire con lui
il nostro amore e'
unico, insuperabile, indivisibile
ma amici mai.
{amici mai- A.
Venditti}
Prologo: 0.01
NON E’ VERO
Se è vero o no
tu che ne sai
quando lo fai
se è vero non ci pensi mai!
Se è vero o no
tu crederai
e ammazzerai
ma se è vero non lo saprai mai!
Se è vero o no
se è tutto qui
e se è vero che tra noi
è stato bello anche così.
Se è vero o no
non lo saprai
se è vero non t'accorgi neanche d'esser morto...
e lo vedrai.
Se è vero o no!
E' vero o no
tu morirai
quando ne hai
è vero o no che non lo sai!
E' vero o no
lo scoprirai
e quanti guai
vale la pena dillo, dài.
E' vero o no
che sei così
che non pensi agli altri e poi
che te ne freghi
tutto qui!
E' vero o no
Che novità
vale la pena farlo se sei sicuro
che nessuno lo saprà!
E' vero o no...
{Se è
vero o no- Vasco Rossi.}
Hermione.
Ho
passato la mia vita a ripetermi che non era vero. Tutto quello che andava male,
tutto quello che non mi piaceva. Non è vero che è suonata la sveglia. non è
vero che stai andando a lezione. Non è vero che a colazione devi mangiare
ancora porrige. Non è vero che hai un compito in classe. Non è vero che Harry e
Ron sono ancora
in ritardo. Non è vero che state chiacchierando e che ora siete in punizione.
Non è vero che vi state intrufolando in una botola protetta da un cane a tre
teste. Non è vero che sei stata pietrificata. Non è vero che stai facendo due
chiacchiere con il ricercato Sirius Black. Non è vero che sei in vacanza in una
casa che si chiama “la Tana”. Non è vero che tu e Ron state litigando ancora. Non è vero che Harry è il quarto
campione del torneo. Non è vero che Victor Krum ti ha invitata ad un ballo. Non
è vero che non l’abbia fatto Ron. Non è vero che Victor Krum ti sta baciando.
Non è vero che non lo stia facendo Ron. Non è vero che stai pensando a Ron anche
in questo momento. Non
è vero che Cedric è morto. Non è vero che sei in vacanza in un’associazione di
maghi segreta e probabilmente illegale. Non è vero che stai organizzando tu
stessa un’associazione di maghi segreta e probabilmente illegale. Non è vero
che siete voi tre contro tutti. Non è vero che Ron sta con Lavanda. No, non gli
sto lanciando addosso uno stormo di canarini. Non è stato avvelenato. Non lo
sto invitando alla festa di Lumacorno. Non è vero che mi piace come dice Ginny.
Che ne sa Ginny? Non è vero niente. Non è vero che Silente è morto. Non è vero
che Ron mi sta abbracciando, che Harry sta lasciando Ginny. Non è vero che
sto dicendo che non tornerò più a scuola. Non è vero che stiamo scappando
per il mondo magico cercando i frammenti dell’anima del più grande e crudele
mago di tutti i tempi.
Non è
vero.
Non è
vero.
Non è
vero.
Eppure
ogni volta alla fine mi dovevo guardare nello specchio e dirmi che invece era esattamente così. Il mondo aveva ragione.
Tutti avevano ragione, tranne quella stupida voce che mi supplicava di credere
che quello che mi accadeva fosse irreale. Sarebbe stato tutto più semplice.
Ma per
Hermione Granger le cose non sono mai state facili.
Nemmeno
ora.
Sono
immobile tra le coperte gelate. Ho paura di alzare le palpebre e sbirciare
questo mondo, crudo e vero, io che mi sento dentro tutta lacerata e debole,
vulnerabile. Eppure non mi sono mai sentita così forte.
Tento di
fare mente locale delle ultime ore, ma la cognizione del tempo mi si è
dilatata. Non posso dire se sia giorno oppure notte, se siano passate poche ore,
giorni o mesi da quando il viso pallido e squamoso di Lord Voldemort ha
ghignato a pochi passi dal mio, con quei grandi occhi rossi e quel sorriso
privo di alcuna emozione. Mi sono chiesta perché un uomo simile, un uomo che di
umano non ha nulla, fosse tanto attaccato alla vita. So che vi sembrerà un
pensiero idiota, colmo di inutile retorica, quando si è ad un passo dalla
morte. Ma io non mi ero mai trovata al suo cospetto.
Per anni
avevo cercato di figurarmi quel volto.
Quello
che aveva insieme distrutto e dato un senso alle nostre vite.
Tutto
quello che avevo fatto, pensato, perso e ricevuto, era stato irrevocabilmente
legato a quegli occhi rossi. E in quel momento, che io vivessi o morissi,
ancora una volta, dipendeva da lui.
E così mi
sono chiesta perché tutto questo doveva essere stato fatto per colpa di un uomo
che non era più un uomo, di una vita che non era più una vita, di un cuore che
non amava, occhi che non guardavano, un sorriso che non diceva niente.
Sì.
Dipendeva da lui. Era tutto per lui.
Non so
quanto tempo sia passato da quel dolore inumano che mi ha costretta a terra,
con la roccia gelata che mi lacerava la pelle delle ginocchia, con il sangue e
le lacrime e l’amaro in bocca. La pioggia. E neanche la forza di urlare.
Urla.
Non ne
sono capace.
Questo
pensavo: “Urla”.
Ma non ci riuscivo.
Non si
può urlare in certi momenti.
E poi
dovevo ascoltare. Ascoltare. Ascoltare…
Harry?
Ron?
Non
ricordo cosa ne sia stato di loro.
Non
ricordo nemmeno cosa ne sia stato di me.
Non so
dove sono. Non c’è niente nella mia testa, solo una valle di latte, bianca e
vellutata, in cui navigano placidamente ricordi che non hanno nulla a che fare
gli uni con gli altri. O meglio, che un nesso ce l’hanno…
Ci siamo
io e Ron che litighiamo dopo il ballo del Ceppo.
“…la
prossima volta che c’è un ballo invitami prima che lo faccia qualcun altro, e
non come ultima spiaggia!”
Ci siamo
io e Ron che parliamo della festa di Lumacorno.
“volevo
chiederti se ti andava di venire ma se la pensi così, allora…”
C’è quel
minuscolo battito di ciglia, ancora offuscato da fiumi di lacrime, in cui avevo
alzato gli occhi su di lui e avevo scoperto il suo sguardo azzurrino posato nel
mio. Quel sorriso tranquillo, rassicurante, fragile.
“dovremmo
trovare Harry. Parlare.”
C’è una
spiaggia dorata allagata dalla luce accecante del tramonto. E noi tre seduti
intorno ad un gelido fuoco che sembra consumare insieme a noi.
“sarà
bello quando sarà tutto finito, non vi pare?”
In questo
momento vorrei tornare indietro. Non mi sembra bella questa fine. Non mi sembra
nemmeno una fine. Io mi sento esattamente come prima. Solo che le ginocchia mi
bruciano. Mi brucia tutto, ora che ci penso.
Mi fa
male ogni singolo angolo del mio corpo.
Devo
aprire gli occhi.
Devo
farlo.
…
Non
voglio.
Non
voglio scoprire se Harry ha battuto Voldemort.
Non
voglio sapere se tutto questo dolore, tutto il sangue che ho perso, tutte le
lacrime che ho versato, sono andati a finire in un oblio di cose che non sono
servite.
Voglio…
voglio correre sul loro letto, urlando felice ad una nuova vita che inizia,
lontana da congetture, ansie, paure, mani strette convulsamente, contatti
fisici cercati e mancati, baci persi, adolescenze rubate e serate passate su
libri troppo grandi persino per essere tenuti in grembo.
Devo
essere forte, oggi. Oggi, come in tutti i giorni passati. E poi forse sarò
ancora in grado di piangere. Mi sarà ancora permesso avere paura.
Ma oggi
no.
Oggi devo
essere forte.
Apro gli
occhi lentamente, sollevando le palpebre pesanti e livide. La luce è accecante,
mi ferisce gli occhi. Sono in una stanza di ospedale. Le pareti dal colore
tenue, le coperte morbide, l’aria tiepida che sa di medicina. Sono al San
Mungo. Dopo tante visite ora sono io quella nel letto. Mi guardo le mani, sono
così magre, così ossute. Le dita mi tremano appena. Ho tutte le unghie rotte,
sporche. Ricordo perfettamente il dolore lancinante mentre si spezzavano sulla
roccia. Ma non ricordo quando sia successo. Mi scosto dalle gambe il lenzuolo.
Rabbrividisco appena. Non indosso una di quelle orribili e tristi camice da
notte da ospedale. Deve essere stata Ginny a mettermi questa, azzurra e
leggera. Appoggiata su una sedia c’è una vestaglia. Mi guardo le gambe, sono
livide, graffiate. E’ orribile come tutto sto schifo mi abbia ridotta. Provo un
grande odio verso gli uomini che ci hanno fatto questo. Penso che vorrei
ucciderli ad uno ad uno, con queste mani magre e tremolanti. Ma so che è
sbagliato. Che la vittoria sia nostra o loro, è finita.
Abbiamo
giurato ad Harry che comunque sarebbe andata poi ci saremmo tirati indietro.
Avremmo smesso con tutto questo. Basta combattere.
Mi chiedo
quanto sia possibile.
Chissà se
le gambe mi reggeranno. Mi sento tutti i capelli sporchi, la bocca ha sapore di
chiuso, di respiro privato. Quanto tempo è che non parlo? I piedi
rabbrividiscono a contatto con le piastrelle. Cerco delle ciabatte e me le
infilo. Sto in piedi.
Traballo.
Mi fa
male tutto.
Ma sto in
piedi.
Lego i
capelli in una coda spiccia e mi nascondo nella vestaglia. Inspiro il profumo
che emana. Sa di Casa Weasley… è uno dei profumi più buoni del mondo. Il
soffice del bucato, l’aroma pieno della cucina, il legno dei pavimenti e dei
mobili, l’umido della casa di campagna…
Esco nel corridoio,
la luce mielata della fine del pomeriggio allaga le piastrelle bianche, medici
e infermiere si affaccendano trai lettini e le stanze.
-Signorina
Granger! Ben svegliata!- Mi si avvicina un medico dall’aria buona, con un
sorriso velato.
Tento di sorridergli.
Spero di
esserci riuscita.
Sento che
tutti i muscoli della mia faccia si sono immobilizzati.
-Come si
sente?
Annuisco,
ammutolita. Non so perché, ma tutta questa vita, tutto questo muoversi di
braccia, di gambe, di parole, mi spiazza.
Cosa centro
io con questo mondo? Cosa centro io con questo essere tutti vivi e forti, pieni di cose da fare,
da dire, posti in cui andare?
-Forse
dovrei visitarla per accertarmi che sia tutto a posto.
Mi
sveglio, quasi improvvisamente.
Non ho
tempo per essere visitata!
-No, non
ora.
-Mi
scusi?
-Prima,
prima… io…- Oddio. Oddio. Quest’uomo dall’aria buona e dal sorriso velato
potrebbe essere il portatore delle peggiori notizie della mia vita. Lui.
Proprio lei, signore. Dottore. –Io…- Vorrei vedere i miei amici. E’ così duro dire queste parole?
Ho il diritto di vederli! Sono le persone più importanti della mia vita. Sono
la mia famiglia. Sono tutto quello che ho. Ho il diritto di sapere. Ho il
diritto di vederli… –Io…
-Certo,
forse prima desidera bere qualcosa.
Bere
qualcosa? Bere qualcosa? Ma questo dove vive? Non legge i giornali? Non sa chi sono io? Cioè, non dico che sono famosa. Ma
quando mi hanno portata qui… avranno pure detto chi sono, no? Sarò pur arrivata
con qualcuno? Con
Harry e Ron. Non posso che essere arrivata con loro! Devo essere
arrivata con loro! A meno che… A meno che loro non fossero perfettamente sani…
O non avessero bisogno di medici… perché…
almeno
che fossero arrivato già morti.
Fisso
questo uomo. Cerco di capire se in quei grossi occhi grigi c’è qualche risposta
alle mie domande.
Non leggo
gli occhi.
Non sono
brava in queste cose.
-Certo.-
Affermo.
Mi perdo
ad arrancare nei corridoi pieni di persone, di vite che nascono, di vite che si
spengono, di ultimi e primi giorni. Di ferite curabili, speranze date e perse.
Non va bene così. Questo non è quello che si richiede ad una donna che ha
affrontato quello che ho affrontato io.
E una
voce nella mia mente supplica un superiore controllore del mondo, un Dio, un
Buddha, un Allah… Lo supplica di non avermi privata di loro. So che è brutto,
ma chiedo che se anche non abbiamo vinto, non importa. Almeno fammeli rivedere.
Riabbracciare. Questa volta non li tratterò male. Questa volta non li sgriderò.
Farò per loro i compiti.
Non ci
sono più compiti da fare.
Non
importa. Tutto. Qualunque cosa.
Troverò
per loro la donna ideale…
Questo
è facile.
Non
importa.
Un
lavoro. Troverò loro un lavoro.
Li
guarirò se avranno bisogno di essere guariti.
Ma ti
prego, fa che io non debba essere sola.
-Scusi, ha
bisogno?- mi chiede un’infermiera dal viso sereno.
Annuisco.
Alzo le spalle e la guardo dritta negli occhi.
Rimandare
non ha senso.
-Sì, ho
bisogno. Vorrei… Vorrei vedere due amici.
-Perfetto,
come si chiamano?
-Sì.-
Respira. -Sono Ron Weasley ed Harry Potter.
Me lo
sogno o un brivido attraversa lo sguardo della donna?
O forse
sono io a tremare?
La donna
prende una cartella e vi guarda dentro qualcosa.
Non
sai se sono vivi? Se sono morti? DOVE SONO? LI AVETE PERSI? LORO?
Loro che
sono i miei eroi…?
La guardo.
So che il mio sguardo è inquieto, frustrato, arrabbiato, deluso.
Pensavo
mi avrebbe detto almeno “Ah”. Quanto tempo è passato? Siamo già in quell’oblio?
Abbiamo perso? … Abbiamo vinto?
-Mi
segua.
Dove
stiamo andando?
Perché
non sorridi?
Ti seguo.
Sorridi, ti prego. Sorridi!
Ma lei
non sorride. Oh no! La gente è scorbutica, riservata, la gente fa schifo, me lo
dimenticavo. Qualcuno mi aveva avvertito che negli ospedali sono tutti così.
Chi è stato? Bhè, forse mia madre. Lei odia gli ospedali. Forse per questo. Ma
che sto pensando! Sono un’idiota. Hanno fatto qualcosa al mio cervello, è
chiaro.
Oddio.
Forse
stai per rivederli.
O forse
no.
Oddio.
Apre una
porta. E’ una porta a vetri, come mille altre in questo ospedale.
Come
tutte le altre. Bhè, non per me. Me lo sono sognata o quelle labbra hanno
accennato un sorriso? Sì, era un sorriso. Piccolo, incerto. Un sorriso. Le
faccio un cenno per ringraziarla. Le gambe non mi reggono. Non mi reggono.
Sii
forte. Sii forte. Sii forte.
Poi ti
sarà permesso piangere. Avere rimpianti e paure. Potrai sentirti un po’ vecchia
e un po’ bambina.
Ma
prima, ti prego, attraversa quella soglia.
Faccio un
solo grande passo e guardo in direzione dei letti.
E mi
manca il fiato.
Sdraiato sotto
le lenzuola, un occhio nero, la pelle cerea, i capelli spettinati, due grandi
occhi verdi sotto lenti traballanti, c’è Harry. E’ lì, è immobile. Sorride. I
capelli spettinati, le mani che tengono un pezzo degli scacchi. Harry!
I miei
occhi abbracciano prima lui e poi il ragazzo che gli sta seduto di fronte, i
capelli rossi e arruffati, le spalle larghe, le lentiggini che gli ricoprono le
guance un po’ scavate, le labbra che disegnano un ampio e glorioso sorriso su
quel viso che lentamente arrossisce…
Ron!
Improvvisamente
non c’è niente da dire.
Niente.
Grazie
Dio. Grazie Buddha. Grazie Allah.
Mi avete
ridato i miei eroi…