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Autore: JessL_    28/06/2013    3 recensioni
Ambientarsi sembra facile quando si è piccoli. Tutto pare divertente, quasi esaltante. Viaggiare tanto ti fa quasi sentire un Dio, ma quando raggiungi una certa età, vuoi solo un po' di pace e stabilità. Vuoi solo vivere in un posto e ricominciare.
Tratto dal prologo:
Avete voglia di ascoltare una storia? Allora mettetevi comodi, ne ho una giusta giusta per voi...
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Capitolo due – Party?

Calvin Harris feat. Example - We'll Be Coming Back

 

 

 

<< Sono assorbenti. >> Mi volto, staccando lo sguardo dal misero scaffale dove ci sono, appunto, gli assorbenti. Accanto a me, con aria divertita, c’è una biondona boccolosa, alta e con due occhi azzurrissimi.

<< La demente ringrazia. >> Le rispondo facendola ridere.

<< Te l’ho detto perché saranno almeno un paio di minuti che li guardavi come se si trattasse di Satana in persona. >> Nonostante tutto, mi strappa un sorriso. La fronteggio meglio, incrociando le braccia al petto.

<< È che… non c’è molta scelta da queste parti. >> La bionda mi guarda come se avessi detto una cosa ovvia, cosa poi vera.

<< Benvenuta a Forks! >> Alzo gli occhi al cielo e faccio ricadere le braccia accanto ai fianchi e afferro la prima scatola di assorbenti che mi passa di fronte agli occhi.

<< Sono stufa di sentirmelo dire... non potevate... che ne so, fare uno striscione? Almeno me lo dicevate una volta sola e io non avrei dovuto sentirmelo dire finché muoio. >>

Incontro il suo sguardo e... beh ho esagerato. << Straparlo quando sono nervosa. >>

Afferro il mio acquisto dal cestino e lo sventolo. << Sono nella fase pre mestruo. >> Le spiego facendola ridacchiare.

<< Senti, Bella, quanti giorni sono che oramai sei qui? Tre, quattro? >> Annuisco, senza stupirmi del fatto che sappia il mio nome. Oramai ci sono abituata, proprio come al “caldo”. Infatti oggi sono con una semplicissima camicetta con sotto una canotta e non sto morendo di freddo. Faccio progressi.

<< So io di che cos’hai bisogno. >> Alzo un sopracciglio ma aspetto che prosegui.

<< Hai quanti? Diciassette anni? Sei in un posto nuovo... devi fare conoscenze, e dove pensi di poterle fare? Al supermaket? No. Stasera c’è una festa... e tu verrai con me. >> Ridacchio e cerco di essere educata.

<< Grazie per... l’interessamento ma perché dovrei andare a una festa con una persona che non conosco e che ha attaccato bottone nella corsia degli assorbenti? >> Lei ride nuovamente e si sposta il ciuffo da davanti agli occhi.

<< Ottima osservazione. >> Mi porge la mano. << Rosalie Hale. >> Gliela stringo e dai suoi occhi, noto sorpresa. << Tu, davvero, non sai chi io sia. >> Scrollo le spalle con un’espressione di ovvietà.

<< Rammenti? Sono arrivata quattro giorni fa. >>

<< Sì, lo so, ma pensavo ti avessero parlato di me. >> Sembra davvero stupita.

<< E chi me lo avrebbe dovuto dire? Il cassiere? >> Dico indicandolo di sfuggita. Rosalie fa una smorfia con la bocca e si sposta i capelli con fare nervoso.

<< Hai ragione. Comunque... stasera non puoi mancare. >> Si allontana di qualche passo.

<< Ci vediamo alle dieci fuori da casa tua. Tanto devo andare a prendere Edward, quindi non mi sei di nessun disturbo. E poi... non puoi mancare! >> Non mi da il tempo di dire “a” che è già in un’altra corsia, e poiché non ho affatto voglia di rincorrerla, alzo le spalle e mi dirigo alla cassa.

 

Sarà qualche minuto che osservo mio padre, seduto al tavolo della cucina, che pulisce la sua pistola. E non lo sto guardando perché sta facendo qualcosa d’interessante – anzi – è che... durante la cena non mi andava d’intraprendere il discorso, ma penso proprio di doverlo fare. Anche perché tra un’ora mi vengono a prendere – sempre se Rosalie non decide di darmi buca.

<< Papà? Chi è Rosalie Hale? >> Gli chiedo, allontanandomi dal bancone accanto al lavandino per sedermi di fronte a lui. Charlie alza lo sguardo e in faccia sembra aver scritto “davvero non lo sai?”

<< È... è la figlia del sindaco. >> Sgrano gli occhi.

<< Forks ha un sindaco? >> Scoppia a ridere.

<< Beh... sì. E Rosalie è una delle sue figlie. >> I miei occhi sono sempre più sgranati.

<< Non si è fermato a fare quella perfezione? >> Charlie sorride riabbassando gli occhi sulla sua arma. Certo, prendiamo in giro la scema del villaggio.

<< Ne ha fatti due in una botta sola. Oltre a lei c’è Jasper. Sono gemelli. >> Stringo gli occhi per non alzarli verso il soffitto.

<< Lo avevo capito quando hai detto che ne ha fatti due in una botta sola. >> Mi alzo e appoggio una mano sul tavolo, maledicendomi per la mia indecisione. << Se stasera uscissi... sarebbe un problema? È probabile che faccia tardi. >> Charlie rialza lo sguardo e scuote il capo, bloccando ogni altro movimento.

<< Non è un problema. Con chi esci? >>

<< Con Rosalie. L’ho conosciuta oggi al supermercato. >>

<< E non si è vantata di essere la figlia del sindaco? Strano. >> Aggrotto la fronte.

<< Allora? >> Sbatte le palpebre sopraffatto e si accascia sulla sedia.

<< Dovrai pur farti degli amici, e di certo non accadrà se continui a stare chiusa in casa con me. Non sono abitato a fare il padre, e noi non abbiamo parlato di regole. L’unica cosa che ti chiedo è di non farti di niente. Non accetto droghe in questa casa. >> Annuisco e con un sorriso vado a prepararmi.

 

Se mi mettessi al bordo del marciapiede mi prenderebbero per una prostituta?

Da queste parti almeno sanno che cosa sono? Scuoto il capo e rido per la mia stessa battuta e mi avvicino al bordo della strada. Mi siedo – cercando di non sporcarmi e di non rompermi l’osso del collo con i tacchi che indosso. Ok, non sono molto alti, ma sono pur sempre tacchi.

Non appena mi siedo, la porta di fronte casa mia si apre ed esce Edward.

Mi piace come si veste, non che indossi qualcosa di troppo particolare, ma vederlo con dei jeans è una camicia... è un bel vedere.

Mi nota subito e sorride scuotendo il capo. Mi affianca con poche lunghe falcate.

Mi si sede accanto e continua a scuotere la testa.

<< Non pensavo che ce l’avrebbe veramente fatta. >> Aggrotto la fronte.

Questo sarebbe il suo “ciao”?

<< Chi? A fare cosa? >> Edward ridacchia e appoggia le braccia sulle sue ginocchia.

<< Rosalie. A convincerti. >> Scrollo le spalle.

<< Non è che mi abbia dato tanta scelta... >> Ammetto rimanendo divertita.

<< Sì, conoscendola, posso immaginarlo. Comunque non passa lei a prenderci. Andiamo con la mia macchina. Spero non sia un problema, per te. >>

<< Beh... non lo so. Voglio dire... sarei dovuta comunque salire in macchina con qualcuno che non conosco... >> Edward si alza.

<< Sai, Bella... mi piaci. Hai sempre la battuta pronta. Lo apprezzo. >> Sorrido imbarazzata e accetto il suo aiuto ad alzarmi quando mi porge la mano.

Ha le mani fresche, io le ho sempre calde.

<< Pensavo ci avresti messo più tempo ad abituarti alla nostra temperatura. >> Ammette, guardandomi di sfuggita le gambe nude – poiché indosso dei pantaloncini – una volta che siamo entrambi seduti in auto.

<< Ho preferito lasciare il pigiama di flanella a casa, sai... stiamo pur sempre andando a una festa. Non mi sembrava il caso di farmi etichettare come “quella che è abituata ai trenta gradi”. >> Edward ride e si mette in strada.

 

Il pensiero che non mi ha abbandonato per tutta la sera, è stato solo uno: la ragazza con la valigia ha colpito ancora. E non in senso che si è fatta tutti i ragazzi presenti – figuriamoci se la do al primo che capita – semplicemente ho fatto “amicizia” facilmente. Mi sono integrata bene e per quanto mi spiaccia un po’ dirlo, devo ringraziare Edward. Mi ha subito fatto capire chi era meglio lasciar perdere e con chi, invece, mi sarei fatta quattro risate. E così è stato. Certo, probabilmente devo anche ringraziare gli alcolici che da queste parti girano più facilmente delle caramelle, ma di certo non mi lamento.

L’unica “pecca”, se così si può dire, è stata Rosalie... non mi ha abbandonato un attimo, nemmeno avesse paura che scappassi... ma devo ammettere che dopo tre bicchiere è diventata sopportabile.

<< Non è strano cambiare casa così spesso? >> Mi chiede Alice – la ragazza che era venuta a prendere Edward qualche giorno prima. Annuisco dopo aver bevuto un altro sorso.

<< Sì, ma dopo un po’ ti abitui, l’importante è non scordarsi l’unica regola che ho. >> Aggrotta la fronte, aspetta che io prosegua e si riempie nuovamente il bicchiere.

<< Non farsi prendere dai sentimenti. >> Mormoro senza guardarla.

<< Ma è una cosa triste. >> Sussurra appoggiandosi – o sarebbe meglio dire sdraiandosi – sul bancone della megagalattica cucina di Rosalie.

Nonostante mi trovi a Forks, devo ammettere che nessuno da queste parti sta male a soldi e le loro case – soprattutto questa – lo dimostrano pienamente.

<< Può essere. >> Le rispondo. << Ma almeno non soffro. >> Annuisce, come se potesse capirlo e infine mi sorride.

<< Beh, ora sei qui... e sono dell’idea che tu debba divertirti. Vieni, raggiungiamo Edward e Jasper. >> Quest’ultimo, ho scoperto una mezzoretta prima, che è il ragazzo di Alice. A vederli sembrano la strana coppia... voglio dire: lei bassa, lui alto, entrambi magri, lei mora, lui biondo, lui occhi azzurri, lei occhi verdi... lei fin troppo esuberante ma simpatica, lui sarcastico e un po’ timido... però devo ammettere che in realtà non stanno male insieme, anzi. E forse un po’ l’invidio. Si conoscono da una vita, oramai stanno insieme da tre anni e sono indivisibili. Sì, decisamente sono un po’ invidiosa.

 

<< Lo vedi quel ragazzo? >> Rosalie – persino più ubriaca di me – mi segna senza ritegno un ragazzone alto quanto un armadio, con i capelli neri. È di spalle, quindi non lo vedo un granché, però le annuisco e non stacco gli occhi da quel ragazzo.

<< È lui il ragazzo che sposerò. >> La guardo con gli occhi sgranati e nella mia mente mi affollano duemila domande, soprattutto dopo che noto il sorriso sulle sue labbra.

<< Nel senso che i vostri genitori vi hanno fatto firmare una sottospecie di contratto? >> Rosalie mi guarda stranita e infine scoppia a ridere, io cerco di sorridere ma in realtà sono quasi terrorizzata: funziona così a Forks? Siamo tornati al Medioevo?

<< No, sciocchina! È solo che... Emmett mi piace. E sono sicura che se lui mi guardasse anche solo per un attimo lo capirebbe. Capirebbe che siamo fatti l’uno per l’altro. >>

Ok, rettifico: ora sono terrorizzata.

<< Quanto tempo è che lo conosci? >> Il suo sorriso è destabilizzante. Sembra... scolpito.

<< Da sempre. Era il mio compagno di culla. >> Sorrido e annuisco, ma vorrei solo scappare. Torno a guardare l’armadio a doppia anta di Emmett e mi chiedo che cosa potrei fare. Non che io debba per forza fare qualcosa, ma prima o poi, Rosalie, potrebbe venire internata per questo suo... fantomatico sogno.

<< E lui non ti parla? >>

<< Non da quando mi sono cresciute le tette. >> Cerco di non ridere e ringrazio il cielo di vedere Edward che viene verso di noi, con una ragazza.

<< Edward... dovevi dirmi quella cosa, vero? >> Lui aggrotta la fronte ma poi guarda la mia accompagnatrice e si scusa con la rossa accanto a lui.

<< Sì ... vieni che te la spiego. >> Faccio un sorriso di scuse a Rosalie e mi allontano con lui. Non gli do il tempo di dire “a” che lo tiro il più lontano possibile.

<< Quella ragazza è da internare. >> Mormoro mentre ci facciamo spazio tra la gente. Edward scoppia a ridere e guarda Emmett.

<< Ti ha parlato di lui, vero? >> Annuisco frastornata.

<< Non farci caso. Si è fatta questa idea che sono anime gemelle ma Emmett... non la pensa così. La ritiene una persona superficiale, che si atteggia da diva perché il padre è il sindaco. >> Scrolla le spalle e io sbatto le palpebre ancora più confusa.

<< Cioè... lui dà del superficiale a lei, quando lui si comporta nella stessa maniera? >> Edward annuisce sorridendo, subito dopo si guarda indietro.

<< Non preoccuparti, vai. E grazie per il salvataggio. >> Mi guarda con riconoscenza e gli sorrido tranquilla per poi guardarmi attorno e riprendere a bere.

 

<< Sei tornata tardi ieri sera. >> Guardo un attimo mio padre e mi passo una mano tra i capelli che ho lasciato sciolti. Ho un mal di testa madornale, ma non posso di certo dirglielo, no? No, non mi pare il caso.

<< Ti avevo avvisato. >>

<< Sì , non è quello il punto. È che... non sono abituato. Tutto qui. >> Annuisco e non sapendo che cos’altro dirgli, mi riempio la terza tazza di caffè della mattinata.

<< Che cosa fai oggi? >> Scrollo le spalle e lo raggiungo al tavolo.

<< Non lo so. Sinceramente pensavo di poltrire o di andare in libreria. Ce n’è una in questo posto? >> Chiedo, immaginando già la risposta.

<< Stranamente sì. >> Sgrano gli occhi e lui sorride.

<< Davvero? >>

<< Scioccata, eh? >> Ridacchio annuendo. << Vuoi che ti lasci qualche soldo? >>

<< No, grazie. Uso i miei, non preoccuparti. >>

<< Sicura? Per me non è un problema darteli. >> Sorrido intenerita.

<< Grazie, ma finché avrò i miei... beh non voglio chiederti nulla. >> Annuisce e si alza.

<< Vado da Sue... è un problema per te? >>

<< Figurati. >> Lo guardo uscire da casa e non posso evitare di chiedermi se i rapporti con mio padre diventeranno più... famigliari.

 

Forse avevo sottovalutato questo posto. Ok, togliamo il “forse”. Da fuori sembrava più piccolo, meno fornito... non lo so, mi sembrava tutto tranne una libreria ma in realtà... ci si potrebbe perdere qua dentro. E io amo perdermi tra le corsie di una libreria.

C’è chi penserebbe che avendo vissuto duemila avventure in giro per l’America, io non abbia bisogno di rinchiudermi in un libro, sognare storie altrui ma... in un certo senso la storia degli altri... mi calma. E poi è bello sognare attraverso delle pagine scritte.

<< Swan, giusto? >> Alzo lo sguardo e incontro due fari azzurri.

Nella mia mente riecheggia il nome di Emmett, ma non sono certa sia lui, d’altronde alla festa non ci siamo parlati e l’ho visto solo di spalle. E che spalle!

<< Presente. >> Dico alzando a malapena la mano, nemmeno mi trovassi in classe. Il ragazzo sorride divertito e mostra due tenere fossette sulle guance.

<< Scusa, hai ragione... Isabella. >> Annuisco.

<< Tu sei? >>

<< Emmett McCarty, penso che Rosalie ti abbia parlato di me. Lo fa in continuazione. >> Aggrotta la fronte un po’ esasperato, e in parte lo capisco.

<< Mmmh... no, sinceramente non mi ha parlato di te. >> Lo guardo bene e non posso non ammettere che... beh, questo Emmett è tanta roba.

<< Strano. >> Sussurra non distogliendo lo sguardo dal mio.

<< Non volevo disturbarti ma... volevo invitarti a una festa in piscina, questa sera. A casa mia. >> Alzo un sopracciglio e lui alza le mani con fare innocente.

<< Non saremo soli, sarà una festa. >> Precisa, come se io ci avessi anche solo minimamente pensato.

<< Veramente il sopracciglio, se hai notato, si è alzato alla parola piscina. Vorresti veramente fare un party con questo freddo? >> Emmett ridacchia.

<< Questa è stata la settimana più calda dell’anno. Se fossi in te, non me la perderei. Questo è l’invito, c’è il mio numero e il mio indirizzo civico. >> Afferro il foglio che mi porge e mi mordo il labbro inferiore.

<< Quindi non ci stai provando con me... >> Non lo dico proprio delusa, ma... beh uno come lui non s’incontra mica tutti i giorni!

<< Vieni alla festa e lo scoprirai. >> Mi fa l’occhiolino ed esce dal negozio, lasciandomi esterrefatta e soprattutto con la bocca aperta.

Dannazione, Forks, non dovevi essere una sottospecie di porto sicuro e tranquillità perenne? Perché in questo posto non ci sono altro che bei ragazzi e feste?

 

 

**

Siamo arrivati alla fine anche di questo secondo capitolo, che potrebbe sembrare semplicemente di passaggio, ma non lo è. In queste pagine vediamo Bella che fa “amicizia”, soprattutto con suo padre, perché per quanto possa sembrare strano, alla fine non si conoscono e soprattutto; Bella, conosce qualche abitante di Forks e si stranisce che nonostante tutto si tratti di una cittadina piuttosto normale.

La domanda ora, è una sola: Bella, andrà a questa festa di Emmett?

JessikinaCullen ora Jaste.

   
 
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