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Autore: ryuzaki eru    01/07/2013    10 recensioni
(Nel cap. 1 scheda in stile "Death Note 13 How to read")
Un lento crescere di strani ed apparentemente trascurabili eventi. Una ragazza comune, preda di una situazione incomprensibile. L’apparente iniziale assenza di tutto ciò che riguarda il mondo di Death Note, così come voi lo conoscete. Ma tutto quell’incredibile mondo c’è! Kira, Tokyo, il quaderno. Ed Elle arriverà… Perché volevo continuare a vederlo parlare, muoversi, ragionare.
Elle era in piedi sul marciapiede e con gli occhi spenti la osservava, mentre strusciava svogliatamente il dorso del piede su un polpaccio...
«Ciao, Ryuzaki…» tentennò Emma «Allora…sai dove vivo… Ed io non te l’ho mai detto! Quindi…»
«Quindi?» le chiese lui vagamente irriverente.
«Quindi immagino tu sappia altro... Il punto è da quanto tempo sai!»
Elle smise di grattarsi il polpaccio e portò il piede a terra «No. Il punto è che da ora la smetterai di giocare da sola a questa partita.» la gelò.
La voce le arrivò dritta alla testa, come una tagliola affilata.
Il suo sguardo impassibile e freddo la trapassò.
Genere: Introspettivo, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Another world'
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Alcuni dei personaggi che appariranno non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 41. Gate

 
Emma era seduta su una delle poltrone del gate dell’aeroporto di Heatrow, a Londra. Erano le otto del mattino dell’8 di novembre del 2007.
Il suo volo era partito da Tokyo alle 23:00 del giorno precedente, aveva fatto scalo nella metropoli britannica e adesso era in ritardo nella tabella di marcia per via di problemi tecnici nel rifornimento di carburante.
Erano quasi quattro ore che la giovane ragazza vagava in quel luogo impersonale e fuori dal mondo, dove non si poteva fare altro che annoiarsi, aspettare e magari fumare sigarette in squallide teche di vetro maleodoranti. In quel luogo franco è contento solo chi sta per partire per una vacanza o chi torna nel proprio paese dopo una lunga assenza. E comunque tutti, con maggiore o minore gioia, con maggiore o minore aspettativa, non possono fare altro che attendere.
Emma non era riuscita a dormire sulle scomode poltrone dell’aereo e allora aveva letto, aveva visto la leggera commedia che avevano proiettato durante il volo e che lei tra l’altro già conosceva. E adesso era tanto stanca e annoiata.
E non riusciva ad essere contenta come sarebbe potuta essere in una condizione normale.
Le serrande dei bar interni avevano appena riaperto dopo la chiusura notturna, ma l’atmosfera era comunque ancora desolata e solitaria.
Una grossa televisione era stata accesa, in alto, vicino all’edicola, e sullo schermo due tizie si battevano a suon di ricette culinarie, in una delle tante trasmissioni del mattino.
Qualche poltrona più in là un bambino piangeva, stremato anche lui, e richiamava l’attenzione dei propri genitori sul suo evidente disagio.
Avrebbe pianto anche Emma, come lui. Perché la stanchezza, unita all’attesa e ad uno stato di generale ansia, fa a volte scaturire una strana forma di irritazione che può sfociare nelle lacrime.
Ma Emma era sola.
E naturalmente non pianse come quel bambino.
“Il volo Volitalia AZ…”
Finalmente gli altoparlanti chiamarono per l’imbarco del volo per Roma.
Emma, senza ormai sconvolgersi per gli strani nomi alternativi che quel mondo le proponeva continuamente, si alzò con flemma e raggiunse la fila che già si stava formando all’ingresso del gate.
In aeroporto la gente si metteva sempre in coda da subito, come se ci fosse stata una differenza abissale tra l’essere il primo della fila, e quindi l’attendere già seduti in aereo che anche tutti gli altri passeggeri fossero imbarcati, e l’essere invece l’ultimo di quella coda, e quindi l’aspettare seduti ancora in sala d’attesa che la fila per l’imbarco si sfoltisse.
Ma forse tutti si mettono subito in coda perché si annoiano. Perché almeno possono fare qualcosa, senza accorgersi che stanno comunque sempre inevitabilmente aspettando…
Questo pensò Emma in quel momento.
E lo fece anche lei. Si mise in fila.
Avanzava lentamente.
Poi la sigla di un telegiornale partì alle sue spalle, dalla televisione che era stata accesa poco prima.
Era un’edizione straordinaria.
“Pochi minuti fa è giunta ai network di tutto il mondo una sconcertante notizia.”
Le poche persone presenti, una ad una, iniziarono a rivolgere l’attenzione verso quello schermo.
“La dinamica degli eventi è ancora poco chiara, ma…”
L’edicolante uscì dal negozio e alzò il volume della tv.
“… siamo in possesso di un video incredibile che a breve vi mostreremo…”
La fila di Emma avanzava. Erano rimaste poche persone davanti a lei.
Nella diretta, alle spalle dello speaker,  campeggiava la nota L in stile gotico su fondo bianco.
Emma si bloccò a fissare lo schermo e lasciò passare avanti quelli che erano dietro di lei.
“…Ma prima di tutto vi dobbiamo annunciare che è stato pubblicamente reso noto che Elle, il famoso detective, è morto. Il suo ruolo è stato tuttavia rimpiazzato da qualcun altro, come a questo punto crediamo sia sempre accaduto. La figura finora sconosciuta del grande investigatore sembra quindi essere in realtà una sorta di organizzazione, capeggiata da soggetti diversi che ruotano e si alternano nel comando, piuttosto che un unico soggetto ignoto.
«Signorina…»
“Questa volta però i collaboratori di Elle, o meglio dell’ “Organizzazione Elle”, hanno voluto rendere pubblica questa verità e soprattutto hanno voluto comunicare la tragica scomparsa del precedente capo, cioè di colui che aveva seguito dall’inizio il caso Kira. La scelta è stata dettata dal desiderio di onorare questo grande personaggio, la cui identità rimarrà comunque ignota, ma la cui morte sarebbe altrimenti rimasta nell’ombra.”
«Signorina, la sua carta d’imbarco per favore…»
“…I collaboratori di “questo” Elle scomparso ed il suo attuale successore hanno voluto rendergli omaggio e far conoscere al mondo il suo sacrificio…”
Emma si sentì sfiorare la spalla «…Signorina, è rimasta soltanto lei…».
Si voltò come un automa, con lo sguardo fisso verso il corridoio del finger che aveva davanti.
«…Signorina, stanno aspettando…» riprovò la hostess del desk agli imbarchi.
“…Ma adesso veniamo al video, che parlerà da solo. Alcune immagini potrebbero risultare di forte impatto, quindi…
Emma allungò meccanicamente la carta d’imbarco e si avviò quasi barcollando verso il tunnel che la portava all’aereo, mentre l’audio del televisore le giungeva sempre più lontano. Ma lei sembrava quasi non sentirlo più, come se nulla fosse ormai importante.
“…Si tratta della ripresa di una telecamera fissa effettuata nell’…”
Erano le otto del mattino dell’8 di novembre del 2007.
Ed Emma, per la seconda volta, aveva avuto dal telegiornale una notizia che le aveva cambiato la vita…
 
Era la sera inoltrata del 7 di novembre e ormai quasi più nessuno popolava l’aeroporto internazionale di Honolulu, capitale dello stato delle Hawaii, USA.
I negozi del duty free erano chiusi, le serrande dei ristoranti erano abbassate e il personale era ridotto al minimo. Nessun volo partiva dopo una certa ora e le uniche attività erano gli arrivi ai terminal e i transiti per le altre destinazioni.
Le piccole sale d’attesa dei gates si affacciavano sulle piste e si disponevano in fila una dopo l’altra sul lato lungo di un largo corridoio, separate da questo e le une dalle altre da pareti trasparenti. Erano tutte quasi completamente deserte.
Nell’ultima di esse, in fondo, Light sedeva composto, con un abbigliamento casual che non dava nell’occhio. Il suo bagaglio a mano era costituito da un semplice zaino sportivo, che sarebbe risultato appetibile per pochi. E anche lui, come tutti, attendeva che i tempi morti dello scalo trascorressero.
Wedy era in piedi, in tailleur e tacchi a spillo, affianco ad un enorme specchio che occupava tutta la parete di fondo della stanza, e con noncuranza parlava al cellulare. Rimaneva a debita distanza da Light, fingendo egregiamente di non conoscerlo, e intanto controllava che la situazione fosse tranquilla e che nessuno si avvicinasse a lui con cattive intenzioni. Soprattutto teneva d’occhio lo zaino, perché lì dentro c’era una delle più potenti armi di distruzione di massa che il genere umano avesse mai posseduto.
Era stato infatti deciso che, a parte Misa, l’affascinante ladra sarebbe stata l’unica della squadra ad accompagnare il “nuovo Elle” nell’operazione del test del death note. Era stata scelta Wedy perché la sua identità era ben coperta, perché non rischiava di perdere la faccia, perché era molto abile, parlava correntemente parecchie lingue e perché era una donna. Le donne possono destare meno sospetti e alcune di loro possono riuscire a cavarsela con qualche moina e con la scusa del “sesso debole”. E soprattutto le donne, se sono molto belle, tendono ad attirare l’attenzione su di sé per motivi molto “umani” e semplici e riescono ad ottenere una condiscendenza sconosciuta alla maggior parte degli uomini. Il tutto se naturalmente sono di fronte ad un soggetto di sesso maschile, perché se al contrario si trovano davanti una rappresentante del loro stesso sesso, allora le cose si complicano. Ma in un mondo ancora maschilista come il Giappone c’era l’idea che ai livelli elevati di ogni organizzazione e soprattutto nelle postazioni di controllo di aeroporti, uffici e quant’altro, dovesse esserci necessariamente un uomo. E quindi, per gli ottusi e “maschi” componenti della squadra anti-Kira, Wedy era perfetta.
Era stata lei stessa ad offrirsi, proprio perché, conoscendo bene questa posizione basica dei colleghi nipponici, sapeva che la sua proposta sarebbe stata accettata. Certo, lavorare con uno come Ryuzaki era stato molto diverso, visto che tanto per lui, quando si trattava di spremere le capacità di una persona, non c’era alcuna differenza tra maschio o femmina. Lui dava valore alle attitudini, alle competenze e alle caratteristiche sfruttabili, spersonalizzando il soggetto con cui aveva a che fare, punto. Ma le cose ora erano diverse e quindi bisognava comportarsi in altro modo.
E lei sapeva di dover accompagnare Light in quel viaggio…
E Light naturalmente era stato il primo ad accettare la proposta di Wedy. Tanto avrebbe potuto mandare avanti il suo piano tranquillamente, avrebbe potuto usare l’altro quaderno in ogni momento, anche di notte. Ormai era libero e non più sorvegliato. Ormai era Elle… Nessuno lo aveva seguito quando era andato a recuperare il death note sepolto nel bosco. Nessuno. Nessuno di quelli della squadra anti-Kira si era sognato di controllare il suo zaino. Nessuno sospettava che, insieme al death note da testare, insieme alle scartoffie e agli altri blocchi di appunti sul caso che si era portato dietro, ci fosse un ulteriore quaderno della morte.
Un death note identico all’altro, ma impercettibilmente diverso per l’assenza di due semplici regole…
Ormai Light era diventato Elle e voleva scovare l’identità di Kira con tutto se stesso, a costo di scoprire di essere stato lui stesso Kira.
Questo aveva detto ai suoi collaboratori, gravemente.
E loro erano tutti così convinti della sua innocenza e del suo essere integerrimo, erano tutti ancora così sconvolti per la morte di Ryuzaki e di Watari, il loro odio verso Kira era così alle stelle, che avevano guardato con grande ammirazione la proposta di Light di seguire le indicazioni del defunto detective, di testare quindi il quaderno fuori dal Giappone e di fare tutto come lui stesso aveva proposto negli ultimi istanti della sua vita.
«Io non voglio sfuggire a niente.» aveva detto il figlio prediletto di Soichiro Yagamai «Faremo quello che Elle voleva fare. La sua morte non deve essere avvenuta invano!»
Sono una massa di idioti… Kira dominerà il mondo! Si sono lasciati fregare e manipolare perfettamente… aveva pensato Light, sprezzante e soddisfatto di se stesso.
E Rem aveva taciuto…
Rem, che non si era mai staccata dal possessore del quaderno, taceva anche in quel momento e in quell’aeroporto, sospesa a mezz’aria al fianco di Wedy.
Rem, che Light credeva non fosse morta perché il suo gesto di uccidere Elle e Watari non aveva compromesso la durata vitale di Misa, ma solo quella di Light stesso, per il quale naturalmente lo Shinigami non provava alcun tipo di sentimento.
Rem, che invece a quanto pareva era viva per delle motivazioni che Light ignorava e che Elle invece aveva spiegato: il detective non aveva avuto intenzione di far giustiziare nessuno dei due Kira e li avrebbe fatti giudicare in uno stato senza pena capitale. Quindi la morte di Elle non aveva allungato la vita di nessuno dei due Kira, perché nessuno dei due, nelle mani di Ryuzaki, avrebbe corso il rischio di finire sulla forca.
Misa, con Ryuk che incombeva sulla sua minuta figura, arrivò trotterellando verso Light, facendo ondeggiare la catena col crocifisso che aveva al collo, si guardò nella grossa parete a specchio sul fondo della stanza e poi disse «Lightino… Ma quando riparte questo accidenti di aereo? Che noia questo scalo… Ma perché non ci siamo fermati qualche giorno in più qui alle Hawaii…?»
La giovane idol era partita insieme a Yagami per copertura. Non sapeva nulla di ciò che doveva accadere, né dell’operazione in corso. O perlomeno a tutti risultava che lei non ne sapesse nulla…
Erano diretti ad Austin, nello Stato del Texas, che da solo era responsabile di un terzo di tutte le esecuzioni effettuate negli Stati Uniti e che come una inarrestabile macchina del­la morte respin­geva gli appelli e non si fermava neppu­re davanti a casi dubbi. Era stato quindi l’alleato più facile da convincere, quello con meno scrupoli e con il più alto numero di detenuti nel braccio della morte da usare come cavie…
Finalmente su uno dei tre grandi monitor che allineati sovrastavano il desk della saletta comparve l’avviso lampeggiante e iniziò così l’imbarco dei viaggiatori in transito di quel volo notturno.
Light e Misa attesero seduti che tutti gli altri scarsi passeggeri fossero imbarcati.
E poi, in ultimo, si alzarono, preceduti da Wedy, che faceva da apripista.
La scritta sui monitor continuava a lampeggiare. L’aereo sarebbe partito a breve.
Vennero staccati i ticket delle carte d’imbarco.
Misa prese Light per mano e insieme si avviarono verso il finger che era agganciato alla sala e che li avrebbe condotti direttamente nell’aeroplano.
Wedy si voltò, si specchiò un istante e lanciò poi un fugace sguardo al personale del desk, che lasciò subito la saletta ormai vuota. Poi varcò la soglia del finger, si girò di nuovo e rapida serrò le porte che lo mettevano in comunicazione con la sala. E si ritrovò ad osservare, al di là dei vetri trasparenti di quelle uscite ormai blindate, i volti sorpresi di Light e Misa tagliati fuori.
«Wedy, ma cosa stai facendo?» esordì Light con una lieve e stupita irritazione.
La donna si limitò a fare un sorrissetto ambiguo.
Light allora afferrò la maniglia, ma quelle erano chiusure antipanico, si potevano aprire solo dall’interno del finger e non dalla sala. Avrebbe potuto aprire soltanto Wedy.
«Dannazione, Wedy, apri questa maledetta porta!» continuò Light e la voce gli si incrinò appena.
La donna non si curò delle parole di Kira, ma continuando a guardarlo, con calma si sedette a terra, davanti ai vetri dell’uscita, e rimase lì a fissarlo, dall’altra parte di quelle porte.
Light allora si voltò di scatto, rivolse rapidamente lo sguardo all’entrata della sala d’attesa, quella che dava sul corridoio dalla parte opposta della stanza.
Era stata chiusa anche quella, dall’esterno.
E poi, i tre enormi monitor allineati sopra il desk si accesero, all’unisono.
E su tutti e tre partì un filmato…
Lo stesso identico filmato.
Sembrava la ripresa muta di una telecamera fissa posizionata dentro una qualche automobile… Posizionata dietro ai sedili anteriori di una qualche automobile non in movimento.
C’era qualcuno seduto davanti… Si vedevano soltanto le teste da dietro.
Sì, c’erano due persone, una al posto del conducente e l’altra al fianco, al posto del passeggero. Quest’ultima stava leggendo qualcosa…
Gli occhi di Light si affilarono nell’espressione del sospetto misto alla minaccia… Conosceva quelle immagini.
Quella non era un’automobile…
La visuale venne zoommata sulla figura del passeggero che sembrava leggere. Ancora di più. Adesso si vedevano le sue dita.
Si vedevano le sue dita che tenevano un libro.
Non era un libro, sembrava un quaderno…
Quelle dita iniziarono a trafficare sul polso.
Iniziarono a trafficare sull’orologio che quel passeggero aveva al polso.
No, quella non era un’automobile.
Quello era l’abitacolo di un elicottero.
Quelle stesse dita adesso tenevano un piccolo frammento di carta e con la punta di un ago tinta di sangue scrivevano su quel brandello di foglio il nome di Kyosuke Higuchi.
Light fu preso dal panico, si guardò intorno, spostò di nuovo gli occhi sulle porte che mettevano in comunicazione la saletta d’attesa col corridoio.
E a quel punto, gli altoparlanti dell’aeroporto gracchiarono…
“Se stai ascoltando questa registrazione significa che sono morto, altrimenti sarei stato lì con te. Ma il mio piano ha funzionato. Ti ho battuto, Light Yagami. Io ho vinto. Tu sei Kira. E adesso lo sa il mondo intero.”
La voce sintetizzata giungeva chiara e solenne.
Sui tre monitor si stagliò luminoso il bianco. Il bianco con la L gotica piantata nel centro.
Light urlò il suo odio e fuori di sé si precipitò verso la porta.
Ma la registrazione proseguiva imperterrita.
“…Sappi che non uscirai da questa sala. Wedy non aprirà quelle porte. Nessuno le aprirà. Almeno finché questa registrazione non sarà conclusa… Questi sono stati i miei ordini.
IO sono Elle, Light. Non tu! …Credo comunque…”
Light nel frattempo, con un’espressione stravolta e quasi folle, si portò le mani sulle tempie Perché la voce è sintetizzata…? Non ha alcun senso... Ma questo non ha valore adesso! I suoi pensieri divennero parole «…Deve esserci un modo…c’è sempre un modo per uscirne!!! Devo pensare, pensare, pensare, pensare in fretta!» si ripeteva nervosamente da solo, mentre quella maledetta voce sintetizzata continuava a parlare.
“…Credo comunque tu debba sapere che prima di tutto…”
Poi di colpo Kira sollevò il capo «Misa! Qual è il vero nome di Wedy? Dimmelo! Dimmelo!» e agitato aprì il suo zaino e iniziò a buttare a terra quello che c’era dentro, cercando.
“…Prima di tutto, entrambi i death note che hai nello zaino sono delle copie.”
Light si bloccò, stritolò fra le dita la copertina del quaderno che era riuscito ad afferrare e i suoi occhi divennero più cattivi di quanto non lo fossero mai stati. In essi si leggeva un misto di odio, malvagità e follia. Quello non era il volto perfetto e affascinante di Light Yagami…
Misa lo guardava atterrita, senza quasi riconoscerlo… Quello non era un essere umano. Non lo era più…
“Ho sostituito il death note che era al quartier generale e anche quello che era sepolto nel bosco. Tu quindi hai disseppellito un comunissimo quaderno, nel quale erano stati riprodotti fedelmente tutti i nomi e le caratteristiche dell’originale. E devo essere sincero nell’ammettere che questa idea delle copie mi è stata suggerita dalle azioni che avrebbe potuto compiere qualcun altro… Ma questa è un’altra storia che non potresti capire. Ad ogni modo, i death note originali, di cui tu e Misa siete ancora i proprietari, sono altrove. Quindi non potrai usarli, né adesso, né mai più. Ah, anche le pagine che hai detto a Misa di staccare dal quaderno nel bosco sono state sostituite con delle copie. E non umiliare la mia intelligenza cercando nello scomparto del tuo cronografo. Credo che dopo il filmato che ti ho appena mostrato, arriverai da solo a capire che in quell’orologio non troverai nulla che possa esserti utile.”
Light tirò fuori con rabbia i due inutili quaderni e li scagliò come un folle contro i monitor che continuavano a spiattellargli davanti alla faccia quella maledetta L.
“Ti stai chiedendo come faccio io, adesso, a sapere che tu avresti voluto usare il quaderno? Mi è bastato ragionare sulle possibilità che ti sarebbero restate. E vista la situazione, credo che l’unica soluzione sarebbe stata quella di manipolare Wedy col death note. Di farle quindi aprire le porte. Non so, magari di manipolare anche i piloti dell’aero per poi ammazzarli… Avresti pensato a qualcosa del genere, suppongo. E durante le ore di volo avresti definito il resto… Mi sbaglio, Light Yagami? Non hai pensato a questo? Pazienza, evidentemente sei preso dal panico più di quanto immaginassi e io ho appena fatto una brutta figura. Ma mi importerà relativamente, visto che quando tu ascolterai queste parole io sarò sottoterra.
Perché qui, alle Hawaii? È semplice: perché sarai arrestato qui, tra pochi minuti.
E qui sarai processato, senza alcuna possibilità di estradizione in Giappone. Del resto Kira non ha risparmiato nemmeno le Hawaii, alcuni dei criminali che ha ucciso appartenevano a questo luogo e quindi sei ricercato anche qui.
Ma non ho ancora risposto: sei qui perché io ho fatto in modo che il volo che avresti prenotato facesse scalo ad Honolulu; sei qui perché questo stato non applica la pena capitale.
Sei qui perché la tua punizione estrema non sarà la morte. Ritengo che la pena più feroce per te sarà quella di dimenticare tutto, di partecipare quindi al tuo processo, di vedere con i tuoi occhi di nuovo veramente innocenti le prove schiaccianti contro di te, di seguire tutti i tuoi diabolici raggiri, di essere pienamente cosciente di cosa sei stato in grado di fare. Col tuo senso della giustizia tutto questo ti distruggerà. Odierai te stesso. Ma continuerai a vivere, Light. Continuerai a portare questo fardello per il resto della tua vita. Continuerai a soffrire per aver fatto sì che Misa Amane si dimezzasse la vita un’altra volta.”
E allora Light si lasciò scivolare a terra, senza forze… Ecco perchè aveva tirato fuori quella balla di testare il quaderno fuori dal Giappone, con la scusa dei giochi politici internazionali… Ryuzaki, tu volevi portarmi qui… Avevi già pianificato tutto… Appoggiò il capo all’indietro, ai vetri della porta, e chiuse gli occhi per non vedere quella L… E Misa si accovacciò affianco a lui. Spaventata. Tanto spaventata.
Mentre la voce sintetizzata di Ryuzaki continuava a invadere implacabilmente e senza pietà quella piccola sala d’attesa.
“Ma forse, adesso, vuoi sapere come ho fatto. Del resto in una partita a scacchi i giocatori conoscono sempre le mosse dell’altro e il perdente è semplicemente quello che non è stato in grado di prevederle con sufficiente acume… Quindi, anche se la maggior parte delle cose le saprai al processo, ti devo almeno di spiegarti personalmente un dettaglio. Sono stato io a spingere Higuchi a commettere quegli strani omicidi di criminali. Ho fatto in modo che lui non avesse scelta e che si sforzasse di scovare criminali che agivano nelle parti più sperdute del mondo col fine preciso di rendere dubbio il momento in cui i nomi erano stati scritti. E quindi, in sintesi, col fine di far sì che le date incerte delle esecuzioni mettessero quantomeno il dubbio che lui potesse non aver rispettato la regola dei tredici giorni.”
 
Credo di potermi intromettere per un breve momento.
Non siete per niente curiosi di conoscere lo stratagemma che Elle ha utilizzato per manipolare Higuchi? Insomma, mica crederete che sia andato da lui e gli abbia detto “Ciao, io sono Elle, e tu adesso fai come ti dico io”?
Ma no, io so che avete capito benissimo e che ricordate. Quindi potrebbe divertirvi vedere la mail-bluff che il vostro Ryuzaki inviò a Higuchi, naturalmente sotto falso nome, e che quest’ultimo lesse in una notte di ottobre, mentre Elle lo osservava, fingendo di giocare ai video-game…

 

Oggetto: KIRA
Da: ERALDO COIL
A: KYOSUKE HIGUCHI
Data: 8/10/2007
 
Gentile Dott. Higuchi,
Non mi perderò in chiacchiere inutili.
Ho inviato questa mail solo a coloro che tra voi della Yotsuba sospetto di essere Kira. Il suo contenuto è identico per ciascuno di voi. Naturalmente non le dirò i nomi degli altri destinatari di questa mail e lei si limiti a non farne parola con nessuno della sua compagnia, così come nessuno degli altri che l’hanno ricevuta ne farà parola con lei. Sarebbe controproducente per ciascuno di voi, sia che lei sia Kira, sia che lei non lo sia.
Non tema, anche qualora dovessi comprendere chi di voi sia Kira, non ho alcuna intenzione di catturarlo. Io non sono un inutile paladino della Giustizia, per indole o per sport che sia. Ciò che mi stuzzica sono i misteri, la competizione e, soprattutto, il denaro che posso ottenere grazie alle mie capacità e ai miei interessi. Ma questo voi della Yotsuba lo avrete già certamente capito visto che mi state pagando profumatamente per scoprire l’identità di Elle. Tuttavia, un’altra cosa che mi interessa molto è l’integrità del mio nome che mi permette di accumulare sempre più ricchezze e di continuare a poter stuzzicare i miei interessi di cui sopra.
La avviso, se L arriverà a lei, non esiterò a spifferargli tutto quanto so sul suo conto, con la scusa che anche io in incognito stavo indagando sul caso Kira. Conoscendolo, se L scoprisse il coinvolgimento di un qualche dirigente della Yotsuba, c’è il remoto rischio che arrivi anche a me ed io sarei in qualche modo tirato in causa essendo connivente, essendo a conoscenza di determinati fatti connessi a Kira. Questo distruggerebbe il mio nome e il mio avvenire. Credo sia evidente.
Contestualmente allo scoprire chi sia veramente L, che è una delle cose che mi esalta maggiormente, soprattutto se sono profumatamente pagato per farlo, sono quindi del tutto intenzionato a non far saltare la sua copertura. Le consiglio quindi caldamente di ascoltarmi e di seguire i miei avvertimenti.
Temo che lei sia sotto indagine da parte di L, o che lo sarà a brevissimo. Non starò a sottilizzare sui motivi per cui ne sono certo, a lei basti sapere che due informatori fra quelli di cui L si serve sempre e di cui anche io mi servo, si sono dimostrati attualmente irreperibili. Quindi ho intrapreso delle indagini su di loro e ho scoperto che stanno svolgendo delle attività che portano a lei (e naturalmente anche agli altri dirigenti della Yotsuba che insieme a lei hanno ricevuto questa e-mail).
Se L è sulle sue tracce non impiegherà molto a individuare lei come uno dei possibili Kira, così come ho potuto fare io. Ricordi che L è considerato il migliore detective del mondo.
Entro breve lei potrà essere messo personalmente sotto controllo, in ogni momento, anche in casa sua.
Suppongo che abbia ancora un po’ di tempo prima che L giunga a lei, ma si ricordi che la sorveglianza che lui potrebbe effettuare su di lei non durerà poco. Se in questo periodo di controllo i decessi dei criminali continueranno ad avvenire, lei sarà inevitabilmente scagionato.
Quindi, se lei è Kira, qualunque sia il modus operandi tramite il quale riesce ad uccidere a distanza, la consiglio di premunirsi al più presto e organizzare le sue carte in modo da non compiere alcuna azione omicida nell’ipotetico periodo di sorveglianza, così da non essere attaccabile. Trovi una soluzione per fingere che l’operato di Kira non si interrompa, ma a breve cerchi di non effettuare materialmente alcuna azione che possa comprometterla. Non so, magari vada a pescare i criminali di un qualche sperduto paese ai confini del mondo… E naturalmente, se ce ne sono, elimini le eventuali prove del suo coinvolgimento.
Se lei è Kira, saprà certamente come muoversi.
Se non lo è, questo messaggio la interesserà fino ad un certo punto.
L’indirizzo IP da cui questa mail è stata spedita non è tracciabile, né risulterà mai che essa è stata inviata alla sua casella di posta elettronica e dato che, qualora le cose andassero male, essa potrebbe essere una prova contro di lei e contro di me, essa non sarà più leggibile trascorsa un’ora dal momento in cui lei l’avrà aperta.
Cordiali saluti,
 
Eraldo Coil

 

E così Higuchi aveva deciso di strappare le pagine del death note per eliminare ogni prova, esattamente come gli aveva detto Eraldo Coil, alias Elle, e aveva anche seguito il suo consiglio, pianificando i decessi di criminali pressoché sconosciuti in sperdute parti del mondo, in modo che nessuno potesse essere certo di quando la notizia e la conoscibilità di quel particolare criminale era stata resa pubblica. Naturalmente Higuchi non aveva violato la regola dei tredici giorni, ma in quel lasso di tempo aveva materialmente commesso un solo omicidio, di nascosto, scrivendo il nome di un altro criminale sperduto del mondo su un foglio volante del quaderno.
Elle sapeva bene che la mail faceva acqua in alcuni punti, ma sapeva anche che essa era sufficientemente logica da essere considerata come inattaccabile e soprattutto come scritta da una persona molto intelligente da parte di chi non lo era. In sostanza, Elle aveva giocato sul fatto che l’intelligenza di Higuchi non fosse esattamente eccelsa.
E l’arrivista dirigente della Yotsuba era stato sufficientemente sveglio da capire come muoversi, ma non tanto da capire che le sue mosse avrebbero comunque insospettito Elle. Elle o Light…
In conclusione Ryuzaki era certo che Higuchi si sarebbe bevuto quella balla colossale come un bicchiere di acqua fresca.
Ma torniamo alla voce del vostro amato detective, che fuoriesce gracchiante dagli altoparlanti di quell'aeroporto delle Hawaii…

 
“Devo dire che Higuchi è stato sufficientemente intelligente da riuscire a mettere in pratica egregiamente il mio consiglio appena accennato, anche se naturalmente non ha capito che i miei suggerimenti miravano a far sì che le morti dei criminali così concepite risultassero quantomeno nebulose e potessero soprattutto porre dei dubbi sulla falsa regola dei tredici giorni. L’ho indotto a fare questo proprio perché volevo che qualcuno si accorgesse di questa stranezza. Tu. Ero certo che avresti notato l’anomalia nei decessi e quindi nelle azioni di Higuchi, perché sei troppo intelligente per non notare un dettaglio del genere. Ero certo che l’avresti fatto presente alla squadra e a me. Ed ero certo che l’avresti sfruttato a tuo favore, specialmente da quando ti avevo fatto capire che, se anche le uccisioni fossero riprese dopo la morte di Higuchi, io avrei ritenuto te responsabile. Tu allora sei corso ai ripari e hai abbandonato l’idea di usare Misa. E hai fatto esattamente ciò che mi aspettavo avresti fatto. E se ora stai ascoltando queste parole registrate, vuol dire che tu stesso hai proposto di testare il quaderno, come avevo immaginato avresti fatto, ma significa anche che ‘un certo Shinigami’ ha scelto di avere fiducia in te piuttosto che in me e mi ha ucciso. Ma ti ho battuto lo stesso, perché le mosse del mio piano erano stabilite da tempo e sono state portate avanti ugualmente, con l’aiuto di Aiber e Wedy, anche se io e Watari siamo stati esclusi dalla partita prima che potesse concludersi. Stai tranquillo, il resto della squadra e tuo padre non sanno nulla di questo, lui non ti ha tradito, non l’avrebbe mai fatto. Piuttosto credo che ti avrebbe arrestato con le sue mani, preso dalla rabbia, dal dolore e dall’impulso, ma non avrebbe mai ordito alle tue spalle come ho fatto io.
Adesso però credo che andrò ad affrontarti. Per me oggi è il 5 novembre, Light. Ma per te, adesso, ciò che mi accadrà a breve è il passato.”
Gli altoparlanti si spensero.
L’aereo si era staccato dal finger e aveva iniziato il suo percorso per raggiungere la pista assegnatagli per il decollo.
Da lontano si sentirono i passi serrati di un gruppo di persone che si stavano avvicinando.
Light aprì gli occhi e attraverso i vetri delle tante sale affiancate intravide le figure degli agenti della swat che stavano venendo a prenderli.
«Light…» sussurrò Misa guardandolo negli occhi e tenendolo per mano «…Light… Mi hai fatto paura prima… Ma adesso i tuoi occhi sono così grandi, così limpidi, eppure così tristi…»
Eccolo.
Era tornato.
Quello era il giovane studente delle superiori, annoiato, che avrebbe voluto fare il poliziotto, seguendo le orme del padre, all’insegna della giustizia e della moralità.
Quello dagli ideali forti e veri, che andava tutti i giorni a scuola a piedi e che poi, per caso, dalla finestra della sua classe, aveva visto cadere qualcosa di nero dal cielo…
Quello che Misa aveva davanti adesso era come quel ragazzo lì, come quello che non aveva ancora toccato il quaderno. L’unica differenza era che quel giovane che adesso si lasciava tenere la mano dalla ragazza sapeva di averlo toccato, quel quaderno, e sapeva anche tutto quello che ne era seguito.
E la terribile pena di Light era così già cominciata, senza che nessun processo lo avesse ancora giudicato, senza che lui avesse ancora dimenticato… Perché la sconfitta schiacciante gli aveva forse riaperto finalmente gli occhi…
E allora risuonò la voce di Ryuk, che era appollaiato sopra i tre monitor adesso spenti «Il gioco è finito, Light. Pensavo sarebbe durato di più, ma mi sono divertito abbastanza grazie a te e la situazione chi si prospetta nel futuro invece mi annoierebbe. Non ho alcuna intenzione di dover restare qui, dietro a voi due “colombini”, sarebbe decisamente barboso. E visto come si sono messe le cose, non mi va nemmeno di farmi vedere da tutti gli umani che toccheranno il quaderno dopo che vi avranno arrestato. La notorietà non si addice agli Dei della morte.» si contorse buffamente, agganciando le mani artigliate alle proprie caviglie, da dietro, inarcandosi e avvicinandosi i piedi alle orecchie «Quindi non mi resta che chiedere gentilmente alla tua dolce metà di rinunciare al possesso del suo quaderno, così potrò tornarmene a mangiare mele che sanno di sabbia. Altrimenti, be’, ci vuole un attimo a risolvere…» in quella assurda posizione sfilò il suo death note dalla cintura.
La voce rauca di Rem giunse allarmata alle orecchie di Misa «Rinuncia, Misa! Rinuncia al quaderno o Ryuk ti ucciderà! Fallo e ti prometto che non soffrirai! Ti ho forse mai mentito?»
La piccola Misa, sballottata dai tanti avvenimenti, strinse la mano di Light e lo guardò. Lui annuì a sua volta, spento, senza riuscire neppure a fissarla negli occhi. E così lei, dopo aver avuto l’assenso del suo amato, con gli occhi gonfi di lacrime sussurrò «…Rinuncio…» e poi svenne.
Ryuk sollevò le spalle indifferente e con calma ripose la sua arma infernale «Be’. Questa è risolta. Quello che Rem vorrà fare di te sono affaracci suoi e non mi va proprio di impicciarmi.» il Dio della morte fece di nuovo spallucce e scaricando egregiamente il barile risolse la questione che lui stesso aveva creato. Light era il possessore del quaderno che Ryuk aveva preso a Shidoh, ma quel quaderno adesso era custodito da Rem… Gli eventi si erano quindi incastrati in modo tale che lo scanzonato Dio della morte se ne potesse lavare tranquillamente le mani, passando la patata bollente che lui stesso aveva surriscaldato. Meglio di così non poteva andare. Adesso erano affari di Rem «Addio, Light Yagami. È stato un piacere.»
La figura lugubre dello Shinigami spiegò le enormi ali, volò nella stanza e passò attraverso le pareti di vetro, uscendo. Si perse poi in alto, nell’oscurità del cielo della notte, allontanandosi dalle piste illuminate dell’aeroporto…
Il destino bizzarro si era preso gioco di tutti.
O forse si trattava di “caso”?
Light non era morto. Ma del resto, secondo la vicenda conosciuta da Emma, lui sarebbe stato ucciso da Ryuk ben quattro anni dopo.
Quindi, non potendo prevedere il futuro e l’eventuale decesso di Light Yagami proprio nel giorno in cui era scritto che lui sarebbe morto per mano dello scanzonato Shinigami che lo aveva accompagnato, né tanto meno potendo essere a conoscenza delle modalità e delle motivazioni venture che potrebbero portare a questo accadimento, è ancora alquanto dubbio stabilire se invece Elle sia morto per destino o per semplice caso…
Quando gli agenti della swat arrivarono in quella sala d’attesa, trovarono Light Yagami in uno stato indefinibile, di abbandono totale.
Mentre la giovane e bella Misa Amane era svenuta al suo fianco.
Quando la ragazza si risvegliò, apparve palese a tutti che non ricordava assolutamente nulla di tutto quello che era accaduto. Non riconobbe nemmeno l’affascinante e angosciato ragazzo biondo che aveva al fianco…
Rem non aveva mentito alla sua protetta, ma l’aveva difesa ancora una volta. Misa aveva rinunciato e aveva dimenticato tutti gli eventi collegati ai quaderni, ma questa volta con essi aveva scordato anche di aver mai conosciuto Light Yagami.
Quanto a quest’ultimo, dubbie indiscrezioni dicevano che, dopo poco, lui pure aveva mostrato di non ricordare assolutamente più nulla. E quando poi gli avevano mostrato di nuovo le immagini dell’elicottero, lui si era portato incredulo le mani alla faccia, come se quel filmato avesse riguardato qualcun altro…
Chissà, probabilmente Misa si sarebbe innamorata di Light di nuovo e all’istante, in un altro contesto che, anche se difficile, forse li avrebbe resi più uniti di quanto non lo erano mai stati.
 
 “E tutti vissero per sempre felici e contenti…”
Oppure: “Happy end for Light & Misa and love for ever and ever…”
Mah… tanto “happy” non direi e nemmeno tanto “for ever”, visto che Misa ci lascerà le penne fra pochi anni.
“Vivi”, almeno per adesso, magari sì.
Descrivervi scene “psudo-sentimentali” di personaggi che non ho voluto tanto seguire nel corso di questa storia non mi diverte. E non mi va nemmeno tanto.
Comunque, atmosfera rovinata o meno e sentimentalismi a parte, ormai mi sono intromesso.
Sono certo che abbiate ancora qualche dettaglio e dubbio da chiarire.
Ad esempio il come e il perché anche Light abbia dimenticato tutto…
Eh eh eh…
Ma andiamo avanti e cambiamo scenario.

 
Emma aveva Watari davanti e gli stringeva le mani. Erano in piedi, uno di fronte all'altra.
E sentiva una fastidiosa voce di sottofondo…
Avrebbe voluto spostarsi, cambiare posizione, ma era come bloccata.
Wammy le stava parlando «Miss Emma, lei adesso è sola…» e le sue labbra non si muovevano.
Le sue dita erano così gelide…
E poi ancora quella voce di sottofondo, che monotona la disturbava, da lontano “… Comandante del…”
E di colpo Emma percepì una sensazione bruttissima. Nitida. Ebbe la sensazione orrenda e quasi macabra di stare toccando qualcosa senza vita. Quel corpo non era niente. Quel corpo era stato Watari. Si era mosso, aveva manifestato ciò che la mente contenuta in esso aveva voluto. Ma adesso non era più niente. Come? Com’era possibile? La morte. Era la cosa più antica del mondo. Era l’unica verità irrimediabile. Tutti sapevano che c’era, che sarebbe arrivata, prima o poi. Ed era ovvio che fosse così. Era quasi banale. Anzi, era naturale.
E allora perché Emma soltanto adesso percepiva quella sensazione quasi disgustosa? Perché sentiva così forte l’incomprensibile orrenda magia che si celava dietro quel contatto?
Le dita che stava toccando non erano più niente. E nessuno avrebbe potuto farci nulla. Un attimo prima potevano muoversi. Adesso non più.
E poi c’era sempre quella maledetta voce che non se ne andava!
Doveva muoversi, doveva cambiare posizione…
E poi quella percezione orribile iniziò a svanire, a diventare nebulosa, e lei iniziò a distinguere le parole di quella voce…
“...stiamo iniziando la discesa su Roma. L’atterraggio nell’aeroporto di Fiumicino è previsto fra 15 minuti, per le 12:30 ora locale. La temperatura a terra è di 15 gradi centigradi.  Vi preghiamo di allacciare le…”
Ecco cos’era quella voce.
Emma aprì gli occhi.
E sentì subito un lancinante dolore al collo, che era malamente appoggiato all’oblò dell’aereo, immobilizzato in una posizione scomoda e alla lunga tremendamente dolorosa. Allora mosse piano il capo, raddrizzandolo un po’, ma le scoppiò un mal di testa feroce. E le bruciarono gli occhi. Le bruciarono tanto. Aveva pianto, sommessamente, prima di crollare in un sonno profondo.
Con lentezza fece ruotare la testa da una parte e dall’altra, reggendosi con delicatezza le tempie che le scoppiavano e così almeno il dolore al collo sembrò migliorare…
Ecco perché anche prima aveva sentito l’esigenza di dover cambiare posizione…
Evidentemente la realtà si era mischiata al sogno e…
Sogno?!
Emma si bloccò.
Erano circa 13 mesi che Emma non sognava più.
Ma cos’era allora quello che aveva appena vissuto, se non un sogno? Anzi, se non un incubo?
Sì, un incubo di quelli subdoli, privi di paura, mostri o altre finte immagini da film. Quello era un incubo di quelli in cui non succede quasi nulla, ma nei quali le fugaci sensazioni che si percepiscono sono angoscianti e orribili. Orribili e spesso impossibili da spiegare a parole.
Con la cefalea galoppante non riusciva a soffermarsi su niente…
Doveva pensare a quel macabro incubo, nel quale era evidente che il fulcro della questione e l’angoscia scaturita ruotassero intorno al concetto di “morte”, concetto così vivo nella mente della povera ragazza per via di ciò che era venuta a sapere poco prima di imbarcarsi su quel volo? O doveva forse concentrarsi sul semplice fatto di aver sognato?
… Non ce la faccio… Non ce la faccio… E se sognassi perché… oddio… no… se adesso fossi di nuovo nel mio vecchio mondo… Oddio… no…
“… ngraziamo per aver scelto Volitalia.”
L’annuncio finalmente finì.
Volitalia… giusto…
No… Sembra che io sia ancora qui…
…Ma perché allora ho ripreso a sognare?

 
 


 
Sono quasi le due di notte, mi sono messa a correggere il capitolo da pubblicare solo in tarda serata perché durante il week-end ho dormito parecchio e poi ho avuto parecchie pulizie arretrate da fare a casa… (aiutooooooooooo O.o)
Sapevo che durante la prossima settimana non avrei avuto un briciolo di tempo, né tanto meno la testa per farlo durante la sera (arrivo cotta), quindi mi ci sono messa ora (e spero ardentemente di averla avuta adesso, la testa…)
Io mi auguro che almeno un po’ di soddisfazione ci sia stata. Vi posso assicurare che mentre scrivevo il capitolo, ormai parecchio tempo fa, digitavo la tastiera con forza, tanto volevo vendicarmi di quel maledetto di Light, e scrissi la parte del discorso di L piuttosto ardentemente. Va da sé che le mie sensazioni non possano essere direttamente proporzionali alle vostre, anzi. Quindi mi auguro di essere riuscita a comunicarvi almeno un briciolo di quello che provavo io scrivendo.
Se anche così non fosse, spero almeno che la trama sia chiara. So che è piuttosto complessa e quindi mi fa tanta paura… Spero che non ci sia voluta troppa concentrazione e che il capitolo non sia risultato esageratamente pesante per questo motivo.
Mi rendo conto che il sogno di Emma risulti piuttosto nebuloso… Ma ho pensato che i sogni lo sono spesso, che forse così sarebbe stato più realistico… Va be’, la smetto, che mi sto infognando con strane giustificazioni e non so nemmeno io cosa voglio dire e dove voglio arrivare! Sono in pieno delirio prepubblicazione notturno!! +_+
Neanche a dirlo, chiedo ancora una volta perdono per le recensioni cui non ho ancora risposto (ma vedete che le risposte vi stanno arrivando, quindi abbiate fiducia, vi prego!!). Che mortificazione, finisco sempre così, sono un disastro! ^_^
Ma una cosa non potrò mai ometterla: Grazie infinite a tuttiissimiiiiiiiiiiiiiiii!!!
Grazie di essere ancora qui dopo la batosta e la delusione del precedente capitolo…
È incredibile che ci siate ancora!!!!
Grazieeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!!
Adesso però devo assolutamente andare a dormire, quindi come ogni volta incrocio le mie dita e vi saluto!
 
Ci vediamo come sempre fra una diecina di giorni (più o meno, a seconda di quando riesco a mettermi alla scrivania per correggere e rileggere il capitolo successivo!!)
 
Eru ^_^

   
 
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