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Autore: Glory and Love    04/07/2013    0 recensioni
Londra, anno 2013 (England).
"Ora mi metto a dormire, prego il Signore di preservare la mia anima. Se dovessi morire prima di svegliarmi, prego il Signore di prendere la mia anima".
Catherine Streisand, "Kate" , è vedova da circa due anni. Suo marito, Matt Montgomery, è morto per una malattia la quale è stato costretto a stare in ospedale fino alla fine dei suoi giorni. A distanza di due anni, però, quando Kate rientra nel suo appartamento trova un' e-mail indirizzata a lei, spedita poche ore fa. E' di Matt. Poche parole ma ben chiare: "Waiting for you..." Nel nostro 'posto speciale', recitava l' e-mail. Kate, dunque, lascia l'Inghilterra per tornare nel loro posto speciale. Lei sa qual'è. Ma non sarà così facile come crede. Un viaggio lungo a sfondo horror psicologico che vedrà protagonista le memorie della giovane, andate perse nel corso del tempo.
"Ora sono qui...nel nostro 'posto speciale' aspettando te..."
Genere: Drammatico, Horror, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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Letter From Silent Heaven


La chiave girò nella toppa della porta che conduceva all'interno della "Historycal Socety of Centralia". Spalancai la porta, urlando.
Alcune creature, per la strada del St. William's Garden avevano cercato di attaccarmi. Infermiere demoniache con bisturi, cani che grondavano sangue e ululavano al solo odore della fresca carne umana pulsante e manichini pronti a tagliarti la testa per far parte del loro mondo. Fabio era entrato qui...
Con la torcia illuminai l'interno. I vetri erano rotti e alcuni anche schiacciati per terra. Anche la Hall della Società Storica era piena di sangue e ruggine, forse molto di meno rispetto all'ospedale. Avanzai, entrando nell'altra stanza, dove c'erano i vari piedistalli per esposizioni. Sulle pareti sporche c'erano un sacco di quadri mancanti ma la mia attenzione si concentrò su uno in particolare. Mi avvicinai e lessi ciò che la descrizione diceva: "Il giorno del giudizio." Il quadro rappresentava lui. Testa di piramide. Il cielo del dipinto era tutto grigio e scuro, come se stesse arrivando una tempesta, dietro di lui c'erano un sacco di cadaveri che pendevano da delle sbarre a forma di letto che sembravano piombare dal cielo all'improvviso. Davanti c'era la sua grande statura... ora lo potevo osservare bene.
Aveva il petto nudo e una lunga gonna nera, sporca di sangue, che aveva all'altezza della pancia. Nelle sue grandi mani reggeva lo spadone con la quale uccideva le sue vittime. A coprire la testa e il volto la piramide di ferro con tre bulloni ai due lati e altri tre davanti.
Metteva paura anche solo vederlo nel dipinto e decisi di distogliere lo sguardo. 
Girai la testa e mi ritrovai il dipinto di una stanza dove nel pavimento c'era un profondo buco nero. La descrizione diceva: "La prigione dell'anima."
Sospirai, abbassando lo sguardo sull'ampio tappetto rosso scuro che ricopriva le tavole di legno del pavimento. Fu lì che sentì il rumore di vetri calpestati alla mia sinistra. 
Di scatto mi voltai con la testa e vidi una stanza buia con un grande squarcio nella parete che conduceva ad una rampa di scale che scendeva giù. Che fosse Fabio?
Presi a correre in quella direzione, scendendo la grande rampa di scale che sembrava infinita. Ad ogni gradino che scendevo mi pareva di sentire dei lamenti, degli urli... mi convinsi che era il mio subconscio.
Arrivai di fronte ad una grande porta di ferro. L'aprì e mi ritrovai in un lungo corridoio con una fila infinita di stanze. I lamenti mi portarono ad aprire la stanza proprio vicino a me dove c'erano delle fotografie in bianco e nero ed in seppia. Erano... i miei parenti? Ad un fianco c'erano anche i parenti di Matt, sua madre e suo padre. Ma come faceva la Società ad avere quelle foto? 
Senza darmi il tempo di riflettere su ciò, dei singhiozzi mi portarono ad osservare qualcosa nel pavimento. Una botola. L'aprì, stringendo i denti per quanto fosse pesante. Mi mostrò il buio... sembrava un buco molto profondo. Lo stesso buco del dipinto nella sala precedente... l'unica cosa da fare era scendere e controllare.
Feci un profondo respiro e mi buttai nel buco nero. Chiusi gli occhi, mentre sentivo il vento nei capelli... sperando di atterrare in una parte abbastanza morbida e non sull'asfalto altrimenti sarei morta sicuramente.
Mentre facevo mille pensieri sul mio atterraggio, rividi qualcosa nei miei ricordi. 
Era estate e c'era un sole che spaccava le pietre... eravamo a Londra, al St. Paul Church. Io scendevo da una elegante macchina antica, accompagnata dal mio padrino, vista l'assenza di mio padre. Il mio abito era bianco-avorio e non aveva strascico e ne velo. Una cosa semplice. Gonna lunga, fasce che coprono il seno e sotto l'abito una giarrettiera bianca con dei tacchi gioiello. I capelli erano acconciati in un modo perfetto da mia madre, la quale avvolta in un vestito color cenere, stringeva la mano alla Signora Montgomery, la madre di Matt. 
Era come rivedere tutto in un film.
Il mio padrino, Andrew Martin, mi accompagna lungo la navata mentre una marcia nuziale suonava soave, accompagnata da un "Ave e Maria" cantato da Lily Collins, compagna di liceo e superiori, la quale proprio alla sua festa avevo incontrato Matt.
Arrivo all'altare e saluto il mio futuro sposo con un sorriso felice, mentre il prete inizia la messa. Arriva il momento delle promesse e dello scambio degli anelli. Matt prende la mia mano e infila un anello al dito. Oro Gallese dove dentro c'è la seguente dedica: "Al mio amore di fiori di pesco, tuo Matty." Come lo chiamavo sempre io, Matty. 
Venne il mio momento... quelle parole non l'avevo mantenute alla fine.
"Io, Catherine Streisand, giuro solennemente di vegliare e amare solo te. Fino alla fine dei miei giorni. Ora e per sempre."
Ero stata una bugiarda. Lo sapevo e l'accettavo. 
La caduta terminò con me che atterrai su un morbido materasso. Sporco e morbido visto che atterrai su di esso e che sentivo sulle braccia qualcosa di appiccicoso.
Quando riaprii gli occhi costatai che era ruggine. Eppure non ero nella Dimensione Alternativa... Mi alzai rapidamente, pulendomi dalla polvere. Guardandomi in giro per la stanza sentii una risata provenire da una porta con la scritta: "Mensa". Una Mensa in una specie di museo? Era irreale.
Alzai le spalle e stringendo la mia Revolver tra le mani, spalancai la porta di ferro, entrando. La torcia fece luce in tutta la Mensa, stanza assolutamente disgustosa per il cibo avariato e la polvere sulle pentole, fino a far luce su una figura seduta per terra. Sopra lo squadicio pavimento c'era seduta una donna. 
-Eve?-
La chiamai, avanzando verso di lei. Vidi alla sua sinistra un morto seduto ad un tavolo, con la faccia dentro al piatto zuppo di sangue e con dei fiorellini rosa-fucsia che uscivano dalla sua testa. Sembravano Ciclamini...
Eve aveva in mano una pistola quando alzò il viso verso il mio.
-Oh, Kate! Che bella sorpresa, he?!-
Rispose, alludendo forse al morto. Mi portai le mani alla bocca, spaventata.
-Eve... sei stata tu?-
Le chiesi diretta, tornando a guardarla con un' espressione di rimprovero anche se ciò non era affar mio. Avrei contattato molto volentieri la polizia della Pennsylvania ma dubitavo che sarebbe arrivata.
Eve si alzò da terra con uno scatto che mi fece sobbalzare e stringere ancor di più la Revolver nelle mie mani.
-E come potevo non farlo? Quello stupido pervertito di Jonny Packman mi prendeva sempre in giro. Persino quello stupido cane... quello Shiba senza cervello, meritava di fare quella fine. Come il suo padrone.-
Dopo le sue parole, la sua espressione cambiò. Da arrabbiata divenne rilassata, come se non fosse successo niente. La sua Magnum d'orata rispecchiava alla luce della mia torcia e potei quindi vedere quando questa portò l'arma da fuoco alla tempia, sghignazzando.
-Non vedi com'è facile, Kate? Basta che tu prema questo grilletto e... BAM!-
Continuò, ridendo e imitando una pistola che sparava. Allontanò l'arma da fuoco dalla tempia, tornando a guardarmi. Sembrava pazza... poteva darsi la mano con Carmine, anche lui non era tanto sano di mente.
Eve rise, di una risata vera.
-Sto scherzando, Kate. Quel morto era già qui quando sono arrivata.-
Sospirai, sollevata. Solo allora mi avvicinai a lei che teneva una mano sulla maniglia della porta di ferro dietro di lei. Chissà dove conduceva.
-Eve... che cosa sta succedendo qui?-
-Se lo saprei, Kate, non mi troverei qui per cercare di capirci meglio.-
-Fantastico... che ne dici di girare questo posto in due? Correremo meno pericoli e...-
Ma Eve mi fermò con un gesto della mano, scuotendo la testa.
-Non c'è bisogno. Addio, Catherine.-
Aprì la porta e uscì fuori, senza darmi il tempo di replicare. Era pazza ad andare in giro da sola? Ero pronta a scommettere che quel posto era pieno di morti e mostri.
Mi guardai in giro... su un tavolo trovai del bisturi e una annotazione:
"A tutti i dipendenti della Prigione Bridweel,
le camere 111, 116 e 117 sono state chiuse in quanto i prigionieri delle rispettive celli si sono impiccati con le corde che pendevano dal soffitto. Diane Cooleman, Steer Hollidey e Morgan Keer, ambitre deceduti per impiccaggione. Anche se la Cooleman, dall'autopsia è stato rilevato che prima ha usato un bisturi per tagliarsi le vene e poi si è impiccata. Quando il collo si è spezzato, la Cooleman, quindi stava già per morire di emorrargia. Steer ha usato il bisturi, invece, per cavarsi gli occhi, e quando il suo collo si è spezzato era già ceco di un occhio solo. Anche l'autopsia del medico legale della Pennsylvania ha diagnosticato che è morto per emorrargia. Morgan ha invece usato il bisturi per tagliarsi i testicoli, anche lì il medico legale ha diagnosticato che è morto d'emorrargia. A tutti voi dipendenti siete, quindi, pregati di levare il sangue dalle celle per poter essere occupate da nuovi carcerati. In collaborazione con la Società Storica di Centralia, che ringraziamo, un saluto,
l'amministratore delegato,
Philips Riley O'Neil."

Rilessi più volte quell'appunto. Forse per trovare una via d'uscita sarei dovuta andare in queste tre celle. Per casualità, e anche per fortuna, vicino l'annotazione trovai una mappa. La mappa della Prigione di Bridweel.
Non era molto grande. Le celle 111, 116 e 117 si trovavano al primo piano, visto che la prima stanza cominciava già dal numero 100.
Decisi così d'uscire dalla porta che aveva usato Eve, magari l'avrei incontrata e l'avrei convinta ad aiutarla. Mi ritrovai in un corridoio molto stretto dove ovviamente c'erano tre mostri. Orribili esseri che si muovevano come se avessero il ballo di San Vito nelle vene. Sputatavano dal viso una sostanza verde e puzzolente. Colpii più volte i tre con la Revolver, sparandogli. Una volta colpiti, iniziai ad esaminare le stanze. Ma solo quelle riportate nell'appunto si aprivano. Esaminai, quindi, per prima la 111. Riconobbi essere la stanza di Diane Cooleman da alcune sue foto, vicino al letto. Trovai un bisturi di plastica, sporco di sangue, e lì vicino una bustina di plastica con una sostanza rosso scuro. Ero pronta a scommettere che fosse sangue. La misi in borsa ed uscii.
Esaminai la 116. La stanza di Steer Holliday, dove trovai degli occhi di plastica sul suo letto. Misi anche quelli nella borsa ed uscii. Ero poco ma sicura che tutto questo mi avrebbe portato ad un qualche enigma da risolvere. Infatti io non sbagliavo mai...
Quando entrai nell'ultima stanza, ciò che vidi mi fece tremendamente disgusto che dovetti combattere contro me stessa per non vomitare. Il letto sporco di sangue, con le sbarre piene di ruggine. Sulle coperte sporche c'erano... i testicoli di Morgan. Sulla scrivania vidi un manichino con delle cose tolte. Mancavano gli occhi, del sangue e i testicoli giù. Presi questi ultimi dal letto e misi la borsa sulla scrivania. L'aprii, estraendo i seguenti oggetti raccolti. Misi i due occhi alle orbite del manichino, il sangue nelle braccia e i testicoli tra le gambe. Improvvisamente sentii un meccanismo che scattava. Voltai lo sguardo fuori dalla cella e vidi che si era aperta una botola. Recuperai la borsa e mi avvicinai. Mi inchinai e osservai l'interno, c'era una lunga scala che portava giù. 
Deglutii, iniziando a scendere rapidamente. Quando toccai terra me ne accorsi subito. Da cosa? Dall'acqua su i piedi. Il fondo era pieno d'acqua che mi arrivava alla caviglia. Contando che avevo i sandali, potevo sentire l'impatto freddo a contatto con la pelle calda. Con la torcia esaminai il posto. Sembrava un pozzo e aveva due corridoi. Presi ad andare a destra, entrando in una grande stanza completamente... blindata. Pareti e pavimento blindati. Vicino a me c'era una specie di cubo... con colori scomposti. Iniziai a manovrarlo, scomponendolo e ricomponendolo. Alla fine riuscii a far combaciare due colori: il verde e il bianco. 
Alle mie spalle si aprii una parete, che si vedeva una luce in fondo... una luce molto intensa.
Presi a correre verso la luce ed entrai una stanza. Di fronte a me c'era qualcuno seduto che rinobbi subito. Era Matteo. Ma... non era morto? Mi sedetti di fronte alle sbarre che lo dividevano da me.
-Catherine, cara, è successo qualcosa quando ci siamo separati in quel lungo corridoio? Mi stai, forse, confondendo con qualcun'altro?-
Mi chiese... mentre la mia espressione era pari a quella di chi ha appena visto un fantasma di fronte a sè. Matteo rise, divertito della mia espressione.
-Sei sempre stata sbadata. Come quella volta all'Hotel, ricordi?-
L'hotel... ma come faceva a saperlo? Che fosse... Matt?
-Matteo?-
Chiesi, guardandolo negli occhi.
-Dimenticasti lì la videocassetta. Mi chiedo se sia ancora lì...-
-Come fai a saperlo? Sei... Matteo?-
Lui mi guardò, con intensità e serietà nel volto. Mi metteva un brivido di paura addosso.
-Non sono il tuo Matt.-
-Allora sei... Matteo?-
Lui incrociò le gambe, annuendo.
-Si, se tu lo desideri.-
Lo guardai interrogativo... che voleva dire "se io lo desideravo"? 
-Che significa?-
Lui si alzò, ridendo. Mi fece segno di avvicinarmi alle sbarre e non esitai. Dopo tutto era... Matteo, cosa poteva mai farmi di male? Anche se ora era mezzo confuso io sapevo che era Matteo.
-Lo senti, Kate?- 
Mi chiese, poggiando le sue calde mani sulle mie guancie.
-Lo senti come sono caldo, Kate? Si? Sono reale.-
Questa era la prova che chi avevo davanti era Matteo. Insomma... Matt mi sarebbe saltato addosso senza pudore.
-Che ne dici di fare il giro e venire qui? Con queste sbarre non posso fare tanto.-
Sicuramente alludeva a qualche altra cosa. Una cosa che mi mancava da molto tempo. Deglutii, alzando una mano. 
-Ok. Io faccio il giro, tu resta qui.-
Matteo rise, come se potesse muoversi. 
Una volta che ebbi ripreso il pieno delle mie facoltà mentali tornai indietro. Dovevo trovare un'altra strada per andare da Matteo e liberarlo. E... si anche quello, ma ci sarebbe stato dopo il tempo per concedersi una "pausa". 
Tornai alla stanza blindata, ripercorrendo il sentiero di prima. Stavolta presi la strada di Destra dove incontrai subito una porta. L'aprii, incontrando un corridoio ben fatto senza sangue o ruggine. Troppo ben fatto per stare lì sotto.
Presi a camminare per il corridoio fino a quando non sentii uno strillo maschile. Proveniva dalla porta alla mia sinistra. 
Senza pensarci due volte l'aprii, senza pensare a cosa andavo incontro.



Note di un'anima Silenziosa:
Dopo moltissimo tempo sono tornata ad aggiornare con questa fanfiction!
Dunque... qui rincontriamo Matteo? Un pò confuso a dire il vero... ma a tutto c'è una spiegazione logica. Siamo nel tunnell delle Prigioni di Bridewell, appena usciti dalla società storica di Centralia. 
Cosa ci aspetterà in questa stanza? Di chi era quello strillo maschile?
To be continued...

Glory and Love.

  
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