In una notte scura una piccola nave tagliò l’oceano nero e liscio. Una folata di vento, poi un leggero rumore disturbò il silenzio. Una figura incappucciata era appena salita a bordo. Camminò senza fare il minimo rumore fino al sotto coperta, dove la luce era accesa. Lì stavano cinque figure. La più vicina si girò, per niente spaventata dal nuovo arrivato. Lo fissò ben bene, cercando di distinguerne il volto ombrato dal cappuccio. Vide solo i tre segni rossi sulla guancia sinistra.
“Immaginavo che saresti arrivato…Dragon.”
La figura avanzò ancora. “Non ho avuto l’onore di vederti alla riunione con gli altri. Come mai?”
“Oh, sicuramente non mancavo solo io…” commentò sbuffando. “E comunque non mi importa affatto chi sarà il nuovo membro della flotta dei sette. Per quanto mi riguarda può diventare benissimo la flotta dei sei…”
“Mi sembra di capire che non ti interessi molto dei tuoi ‘compagni di squadra’…”
“Infatti è così… Inoltre, lo sai benissimo che anche se siamo una squadra, praticamente ognuno si fa i cavoli suoi in barba alla Marina! Quindi se sei venuto a dirmi chi hanno nominato o a farmi la predica, risparmiami.”
“Ma io era venuto per parlarti di altro. Mai sentito parlare di Monkey D. Rufy?”
La figura seduta si mosse impercettibilmente, mentre quella in fondo sussultò in modo evidente al sentire quel nome.
“Qualche problema?”
“No, no…” rispose imbarazzata.
La prima tornò a rivolgersi a Dragon. “So chi è. E allora?”
“E allora dovresti dirmelo tu. Non ti interessa il fatto che fra poco arriverà a Gold Town?”
La figura si alzò. Benché fosse più bassa di lui, riuscì a guardarlo dall’alto in basso. “Tu vuoi che io lo aiuti”
“Non è quello che è riservato dal destino?”
“Non è quello” Gli mise sotto il naso un Eternal Pose. “So cosa fare senza di te”
“E va bene…Fa’ come vuoi, come al solito…” Uscì sul ponte.
“Umph, certo che si…” rispose sdegnosa la figura, mettendosi a sedere.
“Il comandante della seconda flotta di Barbabianca…” Un sospiro impercettibile. Una folata di vento e Dragon era sparito, chiudendo la porta dietro di sé.
* * *
La nave scivolava sul mare tranquillo. Tutto era tranquillo, in effetti. Non un suono, non un rumore, neanche il gabbiani disturbavano il silenzio. Certe volte era bello. Ma di sicuro non poteva durare. Non su quella nave. Non sulla Going Merry. Non sulla nave del re dei pirati.
“Terraaaa!!!” gridò il
capitano, seduto come al solito sulla polena, come a voler ricordare la sua
presenza.
Tutta la ciurma si radunò
sul ponte. “Credo che tu possa ritenerti soddisfatto per aver raggiunto
quest’isola, Rufy” disse Nami controllando la cartina. “Questa è Gold Town ed è
l’unica isola della Rotta Maggiore dove è accertato il passaggio di Gold Roger”
“Sul serio?? Evvai,
sbarchiamo sbarchiamo!!”
“E calmati deficiente. Non
vedi gli scogli? Se non facciamo attenzione, rischiamo di affondare!”
“Nami-san, amore, sei
fantastica!” Sanji non perse certo l’occasione. Ma lei non lo considerò
minimamente, dando istruzioni su come raggiungere un approdo nascosto sani e
salvi. Intanto Zoro si era svegliato, ma aveva una brutta sensazione. Avrebbe
preferito restare a dormire.
Una volta approdati, Rufy
scese immediatamente a terra. “Andiamo a vedere questa città! Venite ragazzi!”
Gli unici che lo seguirono furono Usop e Chopper. Avevano lo stesso carattere,
quei tre. Poco dopo anche Sanji decise di scendere, per fare provviste. Né
Zoro, né Nami avevano intenzione di scendere, ma c’era un’altra persona che non
avevano considerato. Lei. Misteriosa come al solito, scese silenziosamente
dalla nave e se ne andò per la spiaggia solitaria.
“Robin, dove vai?” fece Nami
affacciandosi dalla nave. Dato che erano le uniche due donne sulla nave, erano
diventate amiche, ma c’erano ancora molti misteri su di lei. “Pensavo potessimo
fare un po’ di shopping assieme…”
Robin si girò verso di lei.
“Scusa, ma ho una cosa importante da fare…” La cartografa si intristì un
pochino. Ma il caldo sorriso della sua amica la rassicurò. “Ma verrò volentieri
con te, più tardi.”
Nami la guardò allontanarsi.
L’idea di passare tutto il giorno con Zoro, che aveva intenzione o di
rimettersi a dormire o di allenarsi a quel suo solito modo, non la allettava.
Che male c’era a seguire la sua compagna? Magari c’era anche da guadagnarsi
qualcosa… Una volta erano andate al casinò assieme e avevano vinto ben 50
milioni di Berry…
“Robin, aspettami!”
Il tempo di scendere dalla
nave ed era già sparita. Chissà dov’era andata. Nami era in parte curiosa.
Chissà se questo ‘affare importante’ riguardava il suo passato. Le sarebbe
piaciuto saperlo. Ma in fondo non erano affari suoi. “Ormai che sono scesa,
potrei anche fare shopping da sola…”
* * *
Rufy aveva perso di vista i suoi amici. Chopper probabilmente era andato a rifornirsi di medicinali, mentre Usop era entrato in qualche negozio. Camminava lentamente per la città, da solo, osservando tutto ciò che gli era intorno. Finchè il suo sguardo non si posò su una ragazza che gli stava di fronte. Lei lo osservava con un’espressione indecifrabile. Poi all’improvviso si avvicinò e gli tirò una guancia, così, senza motivo. Si staccò, agitando i lunghi capelli oceano.
“Monkey D.
Rufy dal cappello di paglia!” disse, puntandogli un dito contro. “Frutto di
GomGom, classificabile nella categoria dei Zen-Zen!”
Sorpreso dalla
reazione, rimase lì per alcuni minuti. “Ma cosa…?”
Lei sorrise.
“Non mi sono presentata. Sono Nara e studio i frutti del Diavolo. Il mio sogno
è vedere tutti i frutti esistenti o, meglio, gli effetti sulle persone. Scusa,
volevo vedere com’era essere di gomma” Sorrise ancora.
“Ah…Ho
capito…Vuoi vedere di quanto mi so allungare?”
“Oh, si!”
Rufy si
preparò. Voleva allungare la sua gamba come quando usava la GomGom Ascia, ma fu
interrotto prima di cominciare.
“Ma sei
scemo?!” La voce di Nami era dura. “Se qualcuno ti vede usare i poteri del
frutto del Diavolo, chiama la marina. Lo vuoi capire che sei un ricercato e non
puoi permetterti di fare tanto il santarellino?”
“Si, ma… che
male c’è?”
“Mi fai
impazzire…”
Nara
intervenne nella discussione. “Temo sia colpa mia… Volevo vedere gli effetti
del frutto di GomGom…”
Dopo che Nami
seppe dell’occupazione della ragazza, Rufy le disse “Sulla nostra nave ci sono
altre due persone con questi poteri. Ti va di vederle?”
“Si” disse
Nara contenta.
Così si
incamminarono di nuovo tutti verso la Going Merry. Sulla strada, Nami e Rufy
litigavano. Per lui sembrava tutto un gioco, per lei qualcosa di più serio.
Nara li osservò in disparte per un bel po’, con occhi interessati. Poi
intervenne, prendendo sotto braccio Rufy. “Non prendertela con questo bel
ragazzo… Il futuro re dei pirati potrebbe permettersi questo e altro…” disse in
tono molto seducente.
“Eh… Si, io
sono il futuro re dei pirati!” fece Rufy che non aveva capito niente.
Nami la guardò
malissimo per una frazione di secondo, poi girò la testa di scatto e andò in
avanti. Era semplicemente infuriata. Ma come si permetteva di prendersi tutta
quella confidenza con il suo capitano? O forse sarebbe stato meglio dire con il
suo Rufy… Si era sentita così arrabbiata anche quando Bibi si era presa quella
confidenza, ma quel caso era diverso. Lei era debole, in pericolo, così come
anche Nami lo era stata, una volta… Già, ma solo lei, solo lei voleva essere al
centro delle preoccupazioni di Rufy, almeno inconsciamente. Ma sapeva che non
era così. In effetti, non c’era alcun motivo per sentirsi così arrabbiata… E
allora perché? Perché aveva intenzione di strangolare quella ragazza come
avrebbe voluto strangolare a suo tempo Bibi, se nonché lei era una sua amica e
per di più in difficoltà? Tanti pensieri… Meglio non pensare più…
Si girò, facendo
finta di niente. “Scusa, Nara…Quando avrai finito di fare la gatta morta,
potresti anche dirmi quanto ci mette il LogPose a registrare il magnetismo di
quest’isola”
La ragazza dai
capelli oceano la guardò bene con un sorriso provocante sul viso. “Ti scoccia?
Forse… Forse provi qualcosa per lui?”
“Assolutamente
no!” E accelerò il passo.
“Comunque ci
mette dieci giorni!” le gridò.
Rufy le guardò
in modo strano. Non ci aveva capito molto. “Scusa… Esattamente cosa vuol dire
‘provare qualcosa per lui’?”
Nara lo guardò
storto. Poi sorrise. “Niente, niente… Piuttosto, perché non mi descrivi tutte
le tue tecniche gommose?”
* * *
“Le assicuro,
signore, che questo pesce è freschissimo” stava dicendo il proprietario di una
pescheria a Sanji.
“Questo lo
vedo anche da solo…Va bene, mi servono tutti questi… E anche un bel po’ di
gamberetti…” Trasformò in cuore i suoi occhi. “Per i miei due tesori voglio
preparare una bella zuppa di pesce!”
“Sei sempre il
solito!” esclamò una voce dietro di lui. “Nella zuppa di pesce non ci vanno i
gamberetti, ma gli scampi!”
Sanji si girò,
seccato. Spalancò gli occhi. “Tu…!”
* * *
Zoro era
tranquillamente seduto sulla poppa della Going Merry. Aveva appena deciso di
schiacciare un pisolino quando vide in lontananza una nave della Marina. Se
avesse continuato in quella direzione, avrebbe senz’altro visto la nave… E se a
bordo ci fosse stato Smoker…? Meglio non correre il rischio di farsi ritirare
la nave. Scese e salì sul promontorio lì vicino, per fare da esca. Fortuna
volle che su quella nave Smoker non ci fosse, ma solo normali Marine. Quando
scesero a terra per arrestarlo, non ci mise molto a sconfiggerli tutti,
sennonché…
“Zoro!
Finalmente ti ho trovato! Battiti con me!”
No, non poteva
essere. Era ancora lei. Zoro non sapeva perché, ma non riusciva a combattere
liberamente con lei. Sarà perché assomigliava a Kuina, sarà perché parlava come
lei, sarà perché in fondo anche lei aveva un sogno, sarà come sarà, non ci
riusciva. E non ci riuscì nemmeno quella volta. Trovò più saggio darsela a
gambe.
Ma stavolta
Tashigi non lo avrebbe lasciato scappare. Si era allenata tanto per migliorare,
dopo la batosta subita ad Alabasta. Ora l’avrebbe sconfitto e si sarebbe presa
la sua WadoIchimoji, insieme alle altre due. Eppure…
Questa è una spada maledetta…
Lo sapevi?
No, ma
capisco…
Lancia in aria la spada e tende il braccio
Ora vediamo se
la mia fortuna vale più della maledizione…
La spada passò
senza tranciare il braccio
La prendo…
No, non ci
doveva pensare. Ora doveva pensare solo a batterlo. Lui l’aveva ingannata. Ora
lo avrebbe sconfitto.
Zoro corse
dalla parte opposta a dov’era ancorata la nave, naturalmente, ma sempre
seguendo la costa per non perdersi, finché una parete di roccia non lo
costrinse a cambiare direzione e ad addentrarsi all’interno del bosco. Certo
non avrebbe mai pensato che fosse così intrigato… Ma seminare Tashigi fu
abbastanza facile… O forse no! Quella ragazza, dovette ammettere, aveva del
fegato. Non era riuscito a seminarla… Gli era sempre alle costole. Il bosco
finiva in un ampio burrone, con un ponticello di legno pericolante. Zoro decise
di attraversarlo. Era appena arrivato dall’altra parte quando notò l’esitazione
della ragazza. Un’ottima occasione per filarsela. Non aveva fatto nemmeno cento
metri che sentì un rumore e un grido. Il suo.
Bè, forse il
ponte era crollato… Non erano certo affari suoi, anzi. Ma cosa stava dicendo?
Era già tornato indietro. Il ponte era veramente crollato e Tashigi si stava
tenendo alla corda con evidente fatica. Zoro prese la sua spada. La *sua*
spada. Non sapeva bene ciò che stava facendo. La allungò il più possibile verso
di lei.
“Prendila”
disse in tono brusco.
All’inizio lei
non voleva farlo. Era già stata aiutata troppe volte da lui. Una sola, in
realtà, ma era già abbastanza. Ma al secondo ‘prendila’, anche più brusco ma
con una leggerissima nota di
preoccupazione, si decise a farlo. Zoro non ci mise molto a tirarla su,
anche perché era molto magra. Quando fu in salvo, non sapeva più che fare. Forse
avrebbe dovuto lasciarlo andare di nuovo…
“Senti… Tu sai
come uscire da questo bosco?”
La spadaccina
osservò il fosso dietro di lei e quello davanti a lei che sembrava un bosco
intricatissimo. “No…”
“Bene”
commentò lui. “Non resta che procedere a tentativi”
Nell’idea
c’era già insito il fatto che loro due si sarebbero dovuti aiutare a vicenda
per uscire dal bosco. Perciò, quando Zoro si incamminò, lei lo seguì e
camminarono fianco a fianco per un po’, senza dire niente.
“Quando
usciremo di qui combatterò con te… Tutti hanno il diritto a una rivincita…”
Anche lui aveva una rivincita da combattere…
* * *
Intanto Usop e
Chopper avevano visto la nave della marina e tutti i marinai feriti se non
morti.
“Dev’essere
stato Zoro…”
Però alcuni
marinai non erano scesi dalla nave, quindi erano salvi. Scesero però ora, in
tempo per vedere i due e accusarli della strage.
“Scappiamo!”
gridarono nello stesso momento dandosela a gambe. Attraversarono tutto il paese
di corsa, con la marina alle costole. Alla fine Chopper si fermò e decise di
combattere. Ma non fu necessario. I marine furono circondati da sottili fili
bianchi che li strozzarono. Poi i fili scomparvero e quelli caddero tutti a
terra. Stupiti, i due pirati si avvicinarono ai corpi e lì trovarono il
colpevole. Una piccola pecorella bianca come la neve. Ma come poteva una
semplice pecora fare una cosa del genere?
* * *
Dalla parte
opposta dell’isola dove si trovava la nave di Rufy, c’era un’altro approdo
nascosto, dove era ancorata non solo una piccola nave, ma anche una specie di
surf a vela. Il ragazzo che ne era appena sceso stava osservando la nave. Non
era molto grande, con una casetta al centro. Una vera casetta, con tanto di
tetto di mattoni. Era dipinta a colori vivaci, che andavano dal verde
all’azzurro al rosa. Sembrava che un bambino si fosse divertito a dipingerla.
Eppure c’era qualcosa che stonava. Sull’albero maestro, situato esattamente
dietro la casetta, svettava una bandiera nera. Un normalissimo teschio con tre
righe ondulate blu sopra a simboleggiare le onde del mare.
“Accidenti… Ma
che cosa ci fa qua?” disse seccato.
“Sbaglio o
quella è la nave di uno della flotta dei sette?”
Una voce calma
e tranquilla che per lui fu come una folata di vento gelido. Si girò di scatto
e la vide. Era esattamente dietro di lui. Bella come se la ricordava, con quei
capelli nero pece e quegli occhi misteriosi… Non gli era mai piaciuto il fatto
che si fosse unita a Crocodile… Ma aveva un suo scopo, probabilmente riferito
al suo passato… Lui non lo conosceva.
“Sei qui per
la stessa ragione, Portuguese D. Ace?”
“Dipende”
rispose lui. “Ma sono contento di vederti… E questo significa che anche il mio
fratellino è qui… Sono molto soddisfatto di lui, so cos’ha fatto…”
Niko Robin non
disse niente. Rivederlo le aveva fatto male, ma non era il tempo di pensare ai
sentimentalismi. Lei aveva aiutato Rufy, Rufy aveva aiutato lei, una catena
così… Ora era il suo turno. In realtà, se conosceva il suo capitano, sapeva
bene che mai avrebbe accettato ciò che lei stava per portargli, ma almeno non
l’avrebbe presa nessun altro. Nessun altro sarebbe stato in vantaggio.
Ripensò alla
prima volta che aveva sentito quella D nel nome di Rufy… Una pugnalata al
cuore. Non avrebbe mai pensato che il dolore potesse essere tanto, ma
evidentemente lo era. Come aveva già pensato, non era più tempo per i
sentimentalismi. Rufy era Rufy, il fatto che avesse la D non importava. E
avrebbe anche dovuto sapere che girando per la rotta maggiore sarebbe stato
possibile incontrarlo, se non molto probabile. Lei era preparata, per questo
non aveva fatto una piega. Nemmeno lui l’aveva fatta, eppure sentiva le stesse
cose.
La mora lasciò
perdere e continuò il suo cammino lungo la scogliera.
“Ehi, Robin,
aspetta!” Non l’aveva chiamata con il ‘chan’. “Tu come lo sai?”
“Oh, ci sono
molte cose che so e nessuno sa che le so” Le sue solite risposte velate. In
questo non sembrava cambiata. “E a te chi l’ha detto? Barbabianca?”
“Si, ma non
avrei mai pensato di cercarla. Ero qui per Barbanera e- zzz…” Pazzesco, si era
addormentato! Neanche lui era cambiato. In fondo, anche se sembrava più maturo
di suo fratello, avevano entrambi quel carattere ancora un po’ infantile ma
tanto dolce… Quell’aria da bambini un po’ troppo cresciuti che giocano a fare i
grandi… Forse era per questo che le era piaciuto subito…
“Svegliati!” disse,
picchiando l’indice sulla sua fronte.
“Ah, si, stavo
dicendo-”
Gli mise un
dito sulla bocca, fissandolo con i suoi occhi neri e profondi. “Non importa”
Lui deglutì.
* * *
Quando Sanji
ritornò a bordo della Going Merry, Nara stava seduta sul bordo, con le gambe a
penzoloni e usava le braccia per tenersi, mentre Rufy, seduto sulla polena le
stava descrivendo com’era il frutto di Gom Gom. Lui la vide, con i suoi
pantaloni alla pescatora e la maglietta scollata, che usava tenere sempre con
le maniche girate, e naturalmente perse la testa.
“Oh divina
creatura, è sicuramente il cielo che ti manda da me. Dimmi, qual è il tuo nome,
angelo del cielo?”
Lei rimase un
po’ spiazzata, ma in suo aiuto intervennero sia Nami, che era appena uscita
dalla cabina, che la misteriosa figura dietro di lui, mettendolo a tacere senza
troppi mezzi termini.
Nara rise, una
risata allegra e argentina, poi si alzò sulle braccia, facendo scivolare le
gambe sotto il corpo fino ad appoggiarle al boccaporto, dopodiché si diede la
spinta e atterrò davanti al biondo cuoco dopo una capovolta in aria. “Sono Nara
Mizu, di nome e di fatto, piacere” si presentò sorridendo.
“Sempre la
solita esibizionista, eh, Nara?” disse la figura, portandosi al fianco di
Sanji. Anche lei portava le borse della spesa, tanto che Nami si domandò,
mentre la squadrava, come mai il suo compagno avesse permesso a una così bella
ragazza di fare tutta quella fatica, dato che i pacchi sembravano molto
pesanti. Anche Rufy osservò la nuova arrivata.
“Vi
conoscete?” chiese il cuoco.
“Si” rispose
la bionda ragazza che lo accompagnava. “Viaggiamo sulla stessa nave”
“E come mai tu
conosci un membro di una nave pirata?” domandò Nara, pur sapendolo.
L’altra
sorrise. “E’ mio fratello”
“Cosa?!”
esclamarono insieme Nami e Rufy. “Sul serio?”
Lei scosse la
testa per rimandare al suo posto una ciocca di capelli ribelli. A ben guardare,
il viso era praticamente uguale e anche il colore dei capelli. Solo che, per
fortuna, lei non aveva le sopracciglia a ricciolo, ma nessuno lo fece notare
per non offendere Sanji che, per ripicca, avrebbe anche potuto non preparare la
cena. Naturalmente questo però valeva solo per i maschi.
Rufy scese
dalla polena saltellando. “Quand’è che si mangia?”
Nami scosse la
testa. “Sono appena le quattro!”
“Ma è ora di
merenda!”
I due fratelli
alzarono la mano contemporaneamente. “La preparo io la merenda!” (Volevano fare
gli sboroniii N. d. Oriano Ferrari) Dopodiché si squadrarono non proprio
amichevolmente.
“Questa è la
nave dove *io* sono il cuoco!”
“Allora è ora
che questi poveracci assaggino qualcosa di veramente buono, non le schifezze
che prepari tu!”
“Ho idea che
ci sia della rivalità tra loro” pensarono Nami e Nara nello stesso momento,
vedendo le occhiate assassine che i due si stavano tirando.
“Sentite, ho
un’idea” disse la ragazza dai cappelli fuoco per calmare le acque. “Perché non
lasciate perdere la merenda e non vi concentrate sulla cena? Così magari…
Potremmo fare poi da giudici noi…” Alla fine titubò un po’ perché i due
facevano veramente paura. Era la prima volta che vedeva Sanji così.
I due non si
preoccuparono nemmeno dell’opinione degli altri e si precipitarono in cucina,
dove dopo neanche un attimo si potevano sentire tutti i rumori tipici come lo
sfrigolio della padella o il tintinnare delle posate.
“Spero che non
si ammazzino…” sospirò Nami.
“Ah, l’amore
fraterno…” fu invece il commento ironico di Nara.
Rufy disse
solo “e la mia merenda?”
Rispose così
la ragazza dai capelli oceano. “Ti vado a prendere qualcosa io! Credo che sia
meglio non disturbare i fratelli…”
“Vengo con
te!” esclamò il capitano con la bava alla bocca.
“Oh, mi
farebbe molto piacere” disse in tono seducente. “Ma Nami preferirebbe che tu
restassi con lei…”
Benché fosse
vero, lei si guardò bene dall’ammetterlo. “Non ha affatto importanza!”
Nara prese
l’occasione. “Ma mica per restare con te! Solo per proteggere un membro della
sua ciurma. Lo farebbe per chiunque. Chissà cosa potrebbero combinare…” Indicò
la cucina. Poi, prima di andare, verificò l’effetto delle sue parole. Una porta
che sbatteva fu quello che ottenne. “Va’ da lei” e scese dalla nave,
incamminandosi.
* * *
Ace seguiva
Robin a poca distanza. Era un po’ che non parlavano, finché non fu lui a
rompere il silenzio. “Questo mi ricorda un po’ i vecchi tempi… A te no?”
“Sono quello
che hai detto. Vecchi.”
Lui non disse
niente, ma non era convinto da quella risposta. Non ne era affatto convinto.
“Sei così
distaccata perché hai paura di ritrovare vecchi sentimenti?”
Aveva
decisamente colto nel segno. Non rispose, ma accelerò il passo. Aveva paura di
farsi di nuovo coinvolgere. In quell’occasione era stava debole, sebbene fosse
stato uno dei periodi più belli della sua vita. Ma lei aveva trascurato il suo
scopo, lui aveva avuto un anno di ritardo sul percorso della sua vita. Ma lui
aveva recuperato, lei no. Non ancora. Ma con Rufy e gli altri aveva ritrovato
la spinta per ricominciare la ricerca. Doveva pensare solo a loro ed al suo
sogno. Ma perché i ricordi continuavano a tormentarla?
Non si girava
nemmeno. Aveva paura di perdersi guardando i muscoli del suo petto, o quelle
lentiggini che costellavano le sue guance… Aveva paura che le venisse voglia di
avvicinarsi, di baciarlo, di lasciare scorrere ancora le mani nei suo capelli
neri e morbidi, come faceva una volta… La passione non si era ancora spenta.
Perché si trattava di quello. Passione allo stato puro, una passione che li
aveva coinvolti e trascinati in un vortice senza ritorno… La passione che solo
due amanti possono avere, benché fra loro ci fossero cinque anni di differenza.
Ma cosa sono, in fondo, quando si ama?