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Autore: lishiawho    06/07/2013    0 recensioni
[Cluedo]
Kassandra Scarlet, Jacob Green, Eleonor Peacock, Jack Mustard, Diana White, Victor Plum, Mr Hudson George e Mrs Miles Black. Otto persone riunite tutte nella campagna britannica. Unico filo conduttore che le lega è : S. Arthur Black, proprietario di gran villa Tudor e la sua cena in piena estate.
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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#03.  Molly Mac Diarmid: La bambina che adorava leggere


Joanne Christie era rientrata tardi anche quella sera, sospirando nel sentire il silenzio che ormai dilagava in casa da tempo.
Si tolse la giacca e poggiò chiavi e telefono sull’isola della cucina, notando così il biglietto che Alex le aveva lasciato: “Non posso stare sempre ai tuoi comodi
Sbuffò, aprendo il frigorifero e prendendo un panino già preparato e una birra, mettendosi poi seduta sul divano accendendo la televisione.
Era stanca. Stanca della sua vita, stanca del silenzio della casa, stanca del suo lavoro.
Soprattutto del suo lavoro,  che le aveva portato via quella poca felicità rimasta dopo la morte dei genitori.
Dopo un sorso di birra chiuse gli occhi, abbandonandosi al ricordo della voce di Molly che la chiamava a gran voce per il ritorno del papà e chiedere ad entrambi se volevano andare a prendere un gelato tutti insieme, interrotti però dallo squillo del cellulare di lei, che l’avvertiva di una tentata rapina a mano armata in una banca vicino al centro di Londra.
Non era la prima volta che il suo lavoro si metteva tra lei e la sua famiglia, ma in un caso del genere come poteva voltare le spalle a quelle persone in pericolo solo per un gelato?
Come detective aveva delle responsabilità che non poteva ignorare.
Alex capiva tutto ciò ma arrivò al punto di non poterlo più sopportare, finché non cominciarono i primi litigi che andando avanti si trasformarono in un documento di divorzio da firmare.
Molly era distrutta da questo ed anche se Joanne voleva stargli vicino più di ogni altra cosa, c’era ancora il suo lavoro che glielo impediva.
Era successo la stessa cosa quella sera, Joanne sarebbe dovuta rientrare alle cinque per poi andare a prendere Molly alla scuola di danza, era rincasata alle dieci di sera.
Prese il telefono, controllando i messaggi. Era sicura che Molly stesse con il padre, che le aveva scritto quel biglietto, ma voleva comunque controllare.
Lo trovò, in mezzo ad altre mille messaggi da leggere, alcuni della centrale, altri da Rose e Jenna – non le sentiva da settimane ormai – altri ancora dalla direttrice della scuola della figlia.
“E’ con me.”
Solo tre parole, ormai era da tempo che tra lei e l’ex marito non c’era più dialogo e questa era un’altra cosa della sua vita che odiava.
Si addormentò sul divano con la televisione accesa, risvegliandosi solo il giorno dopo verso le nove, quando il suo telefono squillò di nuovo.
Joanne rispose  senza fare caso a chi fosse, trovandosi a parlare con la docente responsabile della scuola della figlia.
“Salve signora, mi piacerebbe poter parlare con lei questo pomeriggio verso le quattro, è possibile?” Rispose si, prendendo appuntamento per poi alzarsi dal divano ed entrare nella doccia.
Arrivò alla centrale verso le dieci meno dieci scontrandosi contro Clara e Matt che si dirigevano fuori dall’edificio.
“Sei arrivata finalmente. C’è un emergenza alla villa di un riccone, Sir Arthur Black, è stato assassinato. Vieni con noi?”
Neanche a dirlo, Joanne si catapultò giù per la rampa di scale entrando nuovamente in macchina accompagnata dai colleghi.
“Cosa sappiamo?”
“Uomo, 45 anni. La chiamata è stata fatta dalla governante, per quel che sappiamo gli hanno sparato.” Disse Clara, dal sedile posteriore.
Era cominciata un'altra giornata e subito con un omicidio. Era in momenti come questi che Joanne si chiedeva cosa l’avesse spinta ad entrare in polizia, il lavoro del padre forse?
Cosa c’era di così bello nel vedere cadaveri dilaniati da ferite o con buchi in più che non si dovrebbero avere?
Probabilmente, quando aveva deciso la sua strada, aveva pensato solo ai lati positivi. Cercare di aiutare le persone, tuttavia, costava quello che era successo alla sua famiglia?
Smise di pensare a cose del genere quando videro in lontananza la villa, doveva rimanere concentrata.
Vennero ad aprire e dopo le presentazioni, Joanne fu scortata al piano di sopra da uno degli ospiti, Jack Mustard, che le mostrò il cadavere e gli espose a grandi linee la vicenda.
"E' stato trovato così questa mattina, eravamo stati tutti invitati alla cena che Sir Black aveva organizzato, a parte i camerieri e le governanti. Oggi saremmo dovuti tornare tutti alle nostre vite abituali e invece..."
Joanne si chinò sul corpo, colpo alla tempia.
“Non ha avuto neanche il tempo di accorgersene.” Disse con rammarico, voltandosi per prendere quello che le serviva per dare una prima occhiata al corpo e notando che il signor Mustard non era più dietro di lei.
L’aveva osservato attentamente, era stato il primo ospite con cui aveva avuto modo di parlare. Atteggiamento rigoroso, tipica postura da militare.
Si passò agli interrogatori quando Joanne scese di nuovo al piano inferiore e si divise i compiti con i due colleghi e gli altri della squadra.
"Lei è l'uomo che conosceva meglio la vittima di tutti gli invitati giusto?" Gli chiese, il tono di chi cercava di capire se l’interrogato stesse o meno mentendo.
 "Bhe, non è proprio corretto. Si, io conoscevo Arthur da tempo ma c'è..." Mr Mustuard fece una pausa,  pensando.
 "Si, Signor Mustard?"
 "Bhe, intendevo dire che anche la moglie lo conosceva bene, e anche Diana, è stata la sua educatrice un tempo.
 "Credo che anche tra Arthur e Kassandra Scarlett ci fosse dell'intimità." Disse

"Definisca intimità." Attaccò subito Joanne, come un mastino mai sazio di risposte.
 "Non lo so. Cosa le posso dire?"
 "Andavano a letto insieme?" Continuò, arrivando dritta al nocciolo della questione.
 "Io non lo so, cioè, non conosco Kassandra che da ieri."
Non sembrava che mentisse, così dopo altre poche domande sui loro atteggiamenti, Mustard fu libero di andare e Joanne passò all’ospite successivo.
Diana White era stata la governante e l’istitutrice della vittima e sembrava la più scossa dalla situazione. Rispose alle domande di Joanne a monosillabi e tenne sempre lo sguardo basso, incredulo.
Quando gli interrogatori si conclusero e tutta la equipe tornò a Scotland Yard, Joanne rimase a lavoro a controllare ogni profilo degli ospiti di quella sera.
Jack Mustard era, come aveva pensato, un ex militare e ricollegò facilmente la pistola che avevano trovato nel giardino della villa come sua. Capiva cosa aveva provato, riabituarsi alla vita civile non era facile, tuttavia si sarebbe aspettata un atteggiamento più freddo e meno impulsivo. Si assicurò che la pistola venne messa in regola e poi passò ad un altro profilo.
Kassandra Scarlett, viveva a Bradford e sembrava l’esatta donna che avrebbe potuto rubare il marito a chiunque. Conosceva la vittima da tempo, secondo i rapporti era un amico della famiglia che l’aveva adottata. Si chiese come avrebbe anche potuto pensare di ucciderlo.
Passò poi a Diana White, governante in carica ed ex educatrice della vittima. Dal suo interrogatorio non era uscito nulla al di fuori delle sue lacrime e Joanne si chiedeva se una ragazza così sconvolta potesse essere l’assassino.
Rimase molte ore alla sua scrivania a leggere e studiare i profili degli ospiti, finché il telefono squillò, quasi spaventandola.
Era Anderson, della scientifica.
“Abbiamo trovato qualcosa” Disse e Joanne si alzò dalla scrivania per raggiungerlo.
“C’era un biglietto nelle mani del cadavere. Non si leggeva bene, ci ho messo un po’ per capire.”
Anderson le fece vedere il biglietto che aveva riposto in una della buste di plastica per evitare contaminazioni di ogni genere. La scritta era stata trasportata al computer e da lì ricostruita.
Segnava un orario. ‘Appuntamento alle 2.00 nel bagno di servizio al primo piano, non vedo l’ora di vederti. Kassandra’
Questa dovrebbe essere stata una buona prova, anzi, davanti ad una giuria poteva anche significare la totale colpevolezza di Kassandra Scarlett, tuttavia Joanne non ne era tanto convinta.
Diede istruzioni di perquisire di nuovo la villa, Scarlett non aveva nulla né addosso né in borsa, (quindi l’arma del delitto doveva trovarsi ancora dentro la casa della vittima) e poi di mandare due agenti a prelevarla.
Quando entrò in casa sua c’era di nuovo silenzio, e Joanne sospirò. Si tolse quei vestiti fastidiosi e si mise una camicia spiegazzata poggiata sul divano prima di mettersi a dormire.
La mattina seguente suonò il campanello e quando andò ad aprire la porta si ritrovò Alex in giacca e cravatta pronto per andare a lavoro.
Lei lasciò la porta aperta per lasciarlo entrare andando verso il davanzale della cucina e riempiendosi la tazza di caffè. Non chiese se Alex ne volesse, lui lo odiava.
“Sei tornata tardi anche ieri notte non è vero?” Le disse lui e lei sorrise amara.
“Lo sai già, perché lo chiedi?” Rispose, bevendo un sorso.
“Quando capirai che prima o poi tutto questo ti farà male?”
“Lo ha già fatto.” 

Alex sapeva perfettamente a cosa Joanne si riferisse: la loro famiglia era andata in pezzi soprattutto per la sua dedizione al lavoro.
“Fisicamente intendo.”
E lei rise ancora.
Stettero per un momento in silenzio e poi tornò tutto normale, Alex batté le mani, sfregandole, come se fosse impaziente prima di chiedere: “ Dov’è Molly? E’ pronta per la sua giornata con papà?”
“Che?” Disse lei, certa di aver sentito male.
“Oggi deve rimanere da me, te lo sei scordato?” Disse lui.
E a quel punto Joanne sbiancò, sentendo la paura, il terrore stringerla in una morsa letale. Aveva voglia di gridare, urlare, picchiarsi.
La tazza le scivolò dalle mani e andò in frantumi a terra seguita dal suo corpo che, dopo aver perso i sensi, cadde sul pavimento.
Si svegliò all’ospedale, cercò di mettersi a sedere e allora vide suo marito parlare col medico.
Fece mette locale di quello che era successo e scese dal letto, staccandosi la flebo dal braccio e cominciando a vestirsi, Alex entrò poco dopo.
“Molly … ” Gli stava dicendo, lui sospirò.
“Ho già avvertito la polizia, devi stare tranquilla.” Aveva risposto. Non voleva ma era innegabile che pensasse che la colpa di tutto fosse di Joanne e del suo stupido lavoro.
“Mia figlia è sparita per colpa mia e tu mi stai dicendo di stare tranquilla? Tu come fai a stare tranquillo. Non sappiamo neanche dove sia e tu te ne stai qui, a fare quattro chiacchiere col dottore!” Urlò
“Mi accertavo che anche tu stessi bene. Vuoi farmene una colpa?”
Alex era sempre stato così, si diceva: “Cosa ci posso fare?” E preferiva piangersi addosso. Forse era anche quello il motivo della rottura del loro rapporto. Ma Joanne non era così. Uscì dall’ospedale e chiamò la centrale, avvertendoli che avrebbe partecipato alle ricerche e che nessuno avrebbe potuto impedirglielo.
“Dov’è stata vista l’ultima volta?” Le chiesero, tutti la fissavano.
“Doveva essere a scuola di danza, vicino a North Gower Street.” Rispose lei
“Abbiamo già chiamato la scuola ma la direttrice ha detto che la bambina se n’è andata come al solito. Da sola.”
Come al solito. Quelle parole le fecero male. Più male degli sguardi degli agenti che si sentiva addosso e che la colpevolizzavano, come fossero in un processo e loro fossero la giuria.
Passarono tutto il giorno a girare per Londra, nei posti che frequentavano di solito, dove a Molly piaceva stare, ma nulla.
“Va a casa, ti serve almeno un po’ di riposo okay?” Le disse Clara, con voce gentile, sperando di farla stare meglio anche se sapeva che questo non sarebbe lontanamente bastato.
Joanne aveva vissuto la giornata nel completo terrore e non solo per il fatto che Molly fosse scomparsa. Aveva paura che il suo telefono squillasse – di nuovo – e che le avrebbero chiesto dei soldi (o chissà quale altra cosa) per riaverla indietro, soldi che lei non poteva dare.
Questa, tuttavia, fu la variante migliore di quello che poteva accadere. Quando tornò a casa si mise a sedere sul divano, poggiando una foto di Molly – della loro famiglia – sul piccolo tavolino dove era solita mangiare da sola, e si strinse forte al petto il suo peluche.
Quella sera rifletté veramente sulla sua vita, sulla famiglia che avrebbero dovuto essere. Per la tanta foga che aveva di imitare suo padre, Joanne si era dimenticata dei problemi che avevano affollato la sua famiglia quando era una bambina, i litigi e i pianti: era diventata come lui.
Si addormentò e sognò lei che rispondeva al telefono e quello che le veniva detto era che avevano trovato Molly  e che poteva andare a trovarla in obitorio.
Il suo corpo piccino, un chiarore innaturale, il viso rilassato.
Si svegliò di soprassalto dopo che Molly si era alzata dal tavolo dove era sdraiata e si era rivolta a Joanne, continuando a ripetere: “Perché? Perché, mamma. Perché?”
Erano le due del mattino, si era alzata e ora girava per la camera della figlia.
Fissava tutto con molto attenzione. L’armadio bianco, quando l’aprì caddero alcuni indumenti. Le aveva sempre raccomandato di mettere in ordine, ma era più forte di lei, l’ordine le durava al massimo una settimana. Come il mobile, anche il resto della camera era ancora in disordine. Il letto sfatto, i giochi a terra e qualche cartaccia di merendine rubate di nascosto dalla cucina. L’unica cosa che teneva in ordine era la sua collezione di libri. Molly li venerava, non c’era un filo di polvere.
Se ne accorse all’improvviso, come se qualcuno di invisibile – un angelo custode magari – glielo facesse notare, mancava un volume dalla piccola libreria: Harry Potter e La pietra filosofale.
E all’instante Joanne capì dove Molly fosse, corse alla porta, prendendo solo le chiavi della macchina. Guidò per un po’ per poi parcheggiare sotto l’alta torre con l’orologio.
Si fece tutti i binari fino a che non raggiunse il nove e il dieci; Molly era addormentata, con il libro in mano, poggiata con la schiena sul muro che avrebbe dovuto condurla al binario nove e tre quarti.
Joanne pianse appena la vide, raggiungendola e sedendosi vicino a lei. Le accarezzò i capelli, guardandola mentre dormiva beatamente, la pagina del libro aperta. Joanne si chiese se Molly si sentisse come Harry, l’avere i genitori vivi ma non averli accanto pronti a proteggerti, a coccolarti, a giocare, era come non averli.
Chiuse il libro e prese Molly in braccio, raggiungendo la macchina e andando a casa. Joanne era riuscita a non svegliarla, la mise nel suo letto e uscì dalla stanza. Sarebbe potuta rimanere a guardarla tutta la notte, tuttavia andò in cucina e compose il numero di Alex. Lui rispose dopo alcuni squilli, con la voce impastata dal sonno, facendo rendere conto Joanne dell’ora: erano quasi le tre del mattino.
“L’ho trovata” Disse piangendo. “E’ casa adesso.” Continuò.
“Che cosa? Dov’era? Sta bene?” Disse agitato.
“Si, era a King’s Cross. Ora è a letto, dorme come un angioletto.” Fece una pausa. “Alex, perché non torni a vivere qui?” Confessò
“Cosa?” Ci fu una pausa.
Entrambi erano coscienti di amarsi ancora, ma per mantenere su un rapporto purtroppo non bastava solo l’amore.
“E’ per Molly. E’ come se non si sentisse amata.” Tirò su col naso. “Non voglio che si senta così Alex, non quando noi l’amiamo così tanto.” Soffocò ancora il pianto.
Sentì l’ex marito sospirare, come per darle ragione, e poi rispose:
“Ci serviva questo per riallacciare il nostro rapporto?”
“Sarò lì domani mattina alle otto. Ne parleremo meglio.”
La telefonata finì.
Quella notte Joanne dormì nel letto della figlia, abbracciata a lei, tenendola stretta per non farla scappare di nuovo.
Entrambi i genitori si presero una settimana dal lavoro e da qualsiasi altro impegno che avevano e trascorsero quei giorni insieme, come una vera famiglia.
Molly era felice e il rapporto tra Joanne e Alex si stava pian piano riparando, anche se c’erano ancora molte incomprensioni.
Quando Joanne tornò al lavoro, trovò sopra la scrivania del suo ufficio una lettera indirizzata a lei e un articolo di giornale di qualche giorno prima. Il caso che stava seguendo prima che Molly scomparse era stato assegnato a Clara vista la situazione e lei solo ora era venuta a conoscenza dei fatti.
Secondo il The Guardians erano state Kassandra Scarlett e Diana White le assassine di S. Arthur Black, tuttavia non si vedeva d’accordo con l’esito del caso.
Aprì la busta e ne lesse il contenuto:
“Detective Christie l’invito a leggere il contenuto di questa lettera se vuole veramente scovare il colpevole del delitto commesso questo dieci di Agosto.

Ogni persona, fatta eccezione del personale e la moglie della vittima erano tutte persone invitate da quest’ultima per una cena estiva, di conseguenza sconosciute tra loro. Dopo la cena, in cui tutti erano presenti, gli invitati si spostarono in una sala dove venne servito loro il dolce prima di seguire Diana White, accusata di aver assassinato il suo capo, verso la veranda dove avrebbero passato la serata ad ammirare le stelle cadenti.
Verso lei undici di sera il tempo cambiò, rendendo impossibile la visuale e costringendo tutti a tornare nelle proprie stanze. Nessun invitato qui ad un alibi per le due del mattino, almeno finché i letti dove i presenti a villa Tudor abbiano dormito non comincino a parlare, quindi tutti sono possibili indiziati. Avete accusato, oltre che la governante, anche Kassandra Scarlett, amica intima di S. Arthur Black, per il ritrovamento di un bigliettino nelle mani di quest’ultimo, secondo cui lei lo incitava a farsi trovare nel bagno di servizio del secondo piano per un incontro romantico. Ottima esca per ucciderlo, tuttavia la vostra deduzione – fatta in base alle prove che credevate indiscutibili – è errata. Il biglietto, difatti, non è stato scritto da Kassandra come la pistola non è stata impugnata da Diana White. Se il vostro team avesse fatto una leggere attenzione in più avrebbe veramente scoperto l’indizio cruciale. Nel bagno dove la vittima è stata uccisa c’è un entrata secondaria che conduce ad una stanza in disuso da parecchio tempo, lì abbiamo trovato la prova che le mando come supplemento in questa missiva.
La fede nuziale appartiene a Miss Miles Black, moglie – ormai vedova - della vittima. Quest’ultima, venuta a scoprire delle molteplici relazioni di suo marito e sentendo che tra loro, ormai, non c’era più amore, decise di punirlo compiendo un gesto estremo. Scrisse il biglietto a nome di Kassandra e chiuse appositamente il suo bagno per farla recare in quello di servizio dove avrebbe poi trovato il corpo. Mentre tutti erano concentrati sul ritrovamento, Miss Miles nascose la pistola in camera di Diana per poi raggiungere il bagno e mettendo in atto la scena di moglie addolorata per la scomparsa del marito. A confermare ciò, una dichiarazione di un maggiordomo di casa Tudor che esclama che la Signora Miles non ha più messo piede in quella villa dopo l’accaduto quando a me ha espressamente risposto che non aveva intenzione di lasciarlo. Quando sono andato a parlare con lei, i vestiti che indossava erano troppo puliti per un giorno di pioggia come quello che c’era stato il giorno prima e anche il maggiordomo ha confermato che quella era la prima volta che la donna rimetteva piede nella villa, come se si fosse dimenticata di qualcosa.
Ebbene, detective, scommetto che quella fede è la cosa che la Signora cercava così disperatamente. Faccia pure i dovuti controlli, a presto.

Jack H. Mustard."

Joanne raggiunse l’ufficio di Clara e le fece leggere la lettera.
  
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