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Autore: Fanny_Weasley    08/07/2013    2 recensioni
In questa fanfiction troviamo Alexis, una ragazza diversa dalle altre sotto molti punti di vista: è una ragazza che non ha paura di mettersi in gioco, che non teme il confronto e non si tira mai indietro. Molto diversa dalle ragazze fragili che si trovano tra le mura di Hogwarts.
Questo suo fascino del tutto particolare attira non poche persone, tra cui Fred, George e Lee, che legheranno subito con questa ragazza particolare.
Perché si sa, nessuno rimane immune al fascino del diverso.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Capitolo 11.

Erano oramai più di due mesi che andava tutto bene, o almeno così credevo io.

Era un mese e mezzo che stavo con Andrew. Era un mese che io e i miei migliori amici eravamo tornati quelli di una volta.

Era un mese che mi sentivo felice.

Ma si sa, per me le cose felici sono uno spazio tra le parole “METTITELO NEL CULO” e “OPPURE LO FACCIO IO ALLE SPALLE”.

Eccovi spiegato il motivo.

Dicevo, quella mattina mi sembrava tutto stupendo, tutto felice, tutto meraviglioso (della serie: ho mangiato una strana erba per cena) fino a quando non uscii dalla sala comune e mi incamminai con il mio migliore amico verso la sala grande: stavo parlando della prossima partita di Quidditch con Fred nel mezzo del corridoio quando di botto entrambi si fermarono.

-Ehi rosso che diavolo succede?- chiesi stralunata. Si limitò a guardarmi e a indicare Andrew che mangiava letteralmente la faccia a una ragazzina del quarto anno di Serpeverde.

Mi venne da vomitare ma cercai di non scompormi: mi aveva profondamente ferito il fatto che cercasse altrove cose che gli avevo dato io ben più di una volta.

Ma più di tutto mi bruciava l’orgoglio: non si poteva tradire Alexis Watson e passarla liscia, per Morgana!

Feci segno al gemello di stare fermo con un “me la vedo io e questa volta lo smerdo” e mi avvicinai.

-Mitchell sei davvero una delusione; per essere Corvonero sei dannatamente stupido. Direi che fare queste cose davanti a tutti, nel bel mezzo del corridoio e durante l’orario di colazione in cui c’erano più probabilità di farti vedere da me denotano una mancanza di cervello. Ritieniti libero da ogni vincolo nei miei confronti: continua pure a divertirti, io non perdo il mio tempo con gente come te.- dissi ostentando tranquillità mentre dentro mi sentivo ferita, oltraggiata e chi più ne ha più ne metta –Sei stato un bel passatempo, non c’è che dire. Ma vali proprio come un passatempo, non come un impegno serio.- aggiunsi di scherno.

Notando che tutti si erano fermati a guardare e ad ascoltare il mio monologo, ostentai un’indifferenza che non mi apparteneva e mi incamminai, diretta in sala Grande.

Subito fui seguita da Fred. Mi bloccai: dove diamine si era cacciato? Non l’avevo visto dalla sera precedente ed ero velatamente preoccupata per il mio fratellone.

-Freddie, dove è andato a finire George?-

-Pasticcino beh lui…- s’interruppe.

-Lui?- lo incoraggiai.

-Lui… Lui beh è andato dalla sua ragazza…- disse grattandosi la nuca con un gesto davvero adorabile. Sorrisi, inconsciamente.

-Allora lasciamoli fare. E’ Lucy vero?- dissi sorridendo ancora più apertamente. Avevo capito che lui provava qualcosa per lei e del sentimento della mia amica ero certa, poiché lei stessa mi aveva chiesto di mettere una buona parola con George.

-Centro.- disse sorridendomi. Mi abbracciò e io ricambiai senza riserve. Mi era così mancato, forse anche un po’ più del suo gemello.

Per Fred provavo qualcosa di diverso, me ne ero accorta, qualcosa che non sapevo catalogare: non era un affetto fraterno, come più volte ci eravamo dimostrati. Non sapevo quasi mai quello che gli passava per la testa, mentre con George ci capivamo con uno sguardo.

-Andiamo a fare colazione? Sto letteralmente morendo di fame!- dissi concitata.

-E quando mai tu non lo sei? Non ricordo un giorno da quando ti conosco che tu non ti sia avventata sul cibo come fa Ron ahahahahahah.- disse passandomi un braccio sulle spalle e dandomi un bacio sulla tempia.

Brividi, brividi su tutta la schiena.

Mi strinsi più a lui fino a quando…

-Certo Watson che non ti facevo così facile…- disse Pucey sogghignando con i suoi scagnozzi al seguito.

Mi staccai da Fred, gli feci segno di andare avanti e puntai i miei occhi marroni sui suoi color del carbone.

-Direi che “facile” è un aggettivo che assocerei più alle ragazze che ti scaldando il letto giornalmente, Pucey. Detto questo, sei davvero impertinente e maleducato, oltre che un grande ignorante, dato che non sai nemmeno quello che dici.- dissi voltandomi. In quel momento lui mi puntò la bacchetta e sussurrando disse

-Crucio!-

Migliaia di coltelli trafiggevano la mia carne, migliaia di martelli battevano sulla mia testa.

Urlai a pieni polmoni.

-Credo che per farti capire dov’è il tuo posto nel mondo servano dei segni indelebili: non sia mai che dimentichi i due aggettivi che ti caratterizzano…- urlò, richiamando una moltitudine di persone. Qualcuno provò a fermarlo, ma la sua voglia di farmi del male rendeva il suo incantesimo efficace e incontrastabile per chiunque.

M’incise sulla pelle con la bacchetta* le parole “Sanguesporco” e “Indegna”.

“Sanguesporco” perché, per quanto cercassi di tralasciare quel dettaglio così importante per quella gente, era il mio stato di sangue, l’unica cosa che non si poteva cambiare.

E “indegna” perché essendo una sanguesporco non meritavo di studiare a Hogwarts tanto quanto loro.

Quelle erano la mia condanna e mi sarebbero rimaste sempre addosso: le incisioni magiche restano sempre visibili poiché si utilizza appunto un incantesimo.

Mi rialzai barcollando, sorprendendomi della mia forza fisica, e lo guardai negli occhi…

-Pucey sei un pezzente, anche se sei un purosangue. Non mi fai paura, ne ora, ne mai, ricordalo.- dissi con le lacrime agli occhi.

Davvero quegli insulti mi avevano ferito, mi avevano mostrato quanto poco valessi essendo magari una persona differente dalle altre, un individuo che lotta per se stesso.

Me ne andai: per quella giornata ne avevo provate troppe, troppe cose erano successe e io non ce la facevo proprio più.

Corsi (o meglio camminai barcollando) alla volta del giardino, che sapevo vuoto a quest’ora e mi sedetti sotto l’olmo.

Sospirai e finalmente ebbi il coraggio di guardare quelle incisioni così dolorose: il sangue macchiava la mia camicia e scendeva copioso da entrambi gli avambracci.

Appellai alcune bende e me le avvolsi sulle braccia cosparse di sangue, lo stesso che alcuni consideravano sporco, indegno.

Poi iniziai a guardare il mio corpo: non vi erano lividi ne escoriazioni, ma solamente provavo un dolore che mi costrinse a distendermi.

Discussione tra i ragazzi…

-Ehi Fred, dov’eri finito? Io e George ti stavamo cercando…- disse Lee sospirando di sollievo.

-Beh ero con Alexis…Sai stava dando una lezione a quel pallone gonfiato di Pucey.- disse Fred tranquillo, come se la cosa fosse normale.

In quel momento Pucey e i suoi scagnozzi, con Malfoy in testa, che ridevano e lanciavano sguardi derisori verso il tavolo rosso-oro.

-Un momento: se hai detto che lei stava dando una lezione a Pucey e lui è qui, Alexis dove diavolo si è cacciata?- chiese un George particolarmente preoccupato –Ragazzi, andiamo a cercarla. La faccia compiaciuta di Pucey non mi piace per niente: potrebbe averle fatto del male.- si alzarono in simultanea e iniziarono la loro “perlustrazione” andando alla torre di Grifondoro, vuota, per poi dirigersi alla torre di Astronomia e alle serre: niente. Sembrava scomparsa nel nulla.

-Ragazzi, dove cazzo è andata a finire Alexis?- chiese Fred, visibilmente preoccupato.

Era oramai conosciuto dagli amici l’amore per la bruna, ma continuava a stare con Angelina per puro divertimento.

-Fred sta calmo! Vedrai che ritroveremo la tua amata nonché nostra migliore amica.- disse Lee –E poi un giorno di questi dovresti mollare quella piattola della tua ragazza e confessare ad Alexis ciò che provi, ora che quel cretino di Corvonero se l’è lasciata scappare.- aggiunse infine il riccio.

Trascorso qualche minuto in cui avevano girato i corridoi di tutto il pian terreno, George sospirò.

-Ci rimane solo il parco ragazzi. Per fortuna abbiamo le prime ore buche, almeno la possiamo cercare!- disse –Il parco non è esattamente un’aiuola, dobbiamo muoverci!-

E fu così che i giovani corsero alla volta del parco e la videro…

Vidi sbucare dal dietro dell’albero i miei migliori amici che mi guardavano preoccupati, cercai di ricompormi e chiesi loro …

-Ragazzi che ci fate qui?-

-Non avevamo idea di dove fossi. Che cazzo, tu sparisci così!- disse Fred –Mi avevi detto che saresti venuta a fare colazione e di punto in bianco ci dai buca?- aggiunse sempre più arrabbiato.

-Non vedo perché tu ti debba scaldare tanto, ho semplicemente saltato la colazione perché non avevo fame e mi veniva da vomitare. Ho pensato che un po’ di aria fresca avrebbe potuto aiutare.- dissi tranquilla, mentre dentro volevo spaccare il mondo.

Non ne avevo la forza: quel cruciatus mi aveva prosciugato le energie più di quanto credessi.

-Ah certo, difatti la nausea viene così, di punto in bianco no?- disse il rosso arrabbiato.

George e Lee ci guardavano senza parlare: il primo che non credeva ad una parola di ciò che avevo detto, il secondo preoccupato per me.

-Fred si può sapere che diavolo ti succede?- in quel momento mi alzai ma mi dovetti appoggiare al tronco per non cadere –Un attimo prima sei simpatico, gentile e quello dopo vorresti uccidere qualcuno: lasciatelo dire, esageri.-

Mi diede uno schiaffo, non forte ma abbastanza per farmi barcollare.

-Alexis io…-

-Non ho voglia di sentirti chiedere scusa, non ho voglia di sentirti dire che ti dispiace. Non sono un pretesto per scaricare la tua frustrazione oppure la tua rabbia, sono una persona cazzo!- urlai indignata –Sembra che sia divertente per il mondo intero usarmi a proprio piacimento e io sono stanca, porca puttana!- mi voltai e feci per andarmene quando lui mi bloccò afferrandomi il polso.

Gemetti dal dolore.

-Ti prego, se vuoi ancora salvare questa amicizia, mollami il polso. Mi stai facendo male, ti supplico, mollalo.- dissi con le lacrime agli occhi: quel contatto e quella presa ferrea avevano permesso al sangue di ricominciare la sua fuoriuscita violenta.

Mi guardò e non gli diedi nemmeno il tempo di ribattere: scappai, come una serpe. Scappai dalla verità, dall’aiuto, dal dolore più acuto che potessi provare: l’umiliazione di se stessi.

Mi nascosi nella foresta e piano piano mi tolsi le bende dalle braccia: le parole erano molto evidenti, ma fortunatamente il sangue si era momentaneamente fermato.

Rimasi tutto il giorno appollaiata sull’albero dove mi ero rifugiata e uscii dal mio nascondiglio appena in tempo per gli allenamenti: inutile dire che Fred e George mi videro e cercarono di parlarmi.

Mi defilai all’interno del mio spogliatoio e uscii poco prima che Oliver iniziasse a parlare. Ci diede delle istruzioni precise e io mi fiondai alle porte.

Ci allenammo molto e non mi sfuggirono le occhiate da parte dei gemelli e dai miei compagni di squadra, lievemente preoccupati per la mia insolita stanchezza: di solito ero una persona che non sente molto la fatica, ma quel giorno ero l’ombra di me stessa e Baston se n’era accorto.

-Alexis puoi venire un secondo?- mi disse preoccupato il mio capitano. Planai da lui e dissi…

-Dimmi pure Oliver.- gli sorrisi ma lui non si fece fregare.

-Oggi sei più stanca del solito, c’è qualcosa che non va? Mi devo preoccupare?- gli posi una mano sulla spalla muscolosa e dissi…

-Oliver, va tutto bene. Ho avuto una giornata un po’ pesante oggi, nulla di che. Scusa, adesso devo andare, ho un compito di Storia della Magia arretrato che non posso rimandare. Ci vediamo.-

-Ok, vedi di riposare, il mio portiere non può stancarsi troppo.- disse e mi abbracciò. Risposi all’abbraccio e dissi…

-Certo, va bene.-

Mi staccai da quella presa rassicurante e mi diressi negli spogliatoi: mi cambiai velocemente e salii nel mio dormitorio.

Era oramai l’ora di cena quando, scendendo per le scale, incontrai Fred che disse…

-Senti Alexis possiamo parlare?-

-Certo, andiamo in terrazzo…- andammo in terrazzo e mi sedetti a terra con la schiena appoggiata al muro mentre lui era in piedi –Di che volevi parlare Fred?- gli chiesi quando anche lui mi raggiunse per terra.

-Volevo solo dirti che mi dispiace. Mi dispiace di non essere un buon amico, mi dispiace di non riuscire a non arrabbiarmi con te quando non ti vedo per troppo tempo senza sapere perché, mi dispiace di non essere paziente, mi dispiace di non essere come George, mi dispiace di farti sempre soffrire. E ti assicuro che capirò se non vorrai più essermi amica, ma ti giuro che tengo a te più che a chiunque altro.- disse tutto d’un fiato.

Decisi che portare il muso non avrebbe aiutato quindi mi accoccolai di più a lui, che mi strinse forte tra le sue braccia.

-Io ti ho perdonato nello stesso momento in cui mi hai lasciato andare, Fred. Ti voglio un bene dell’anima, ma per favore smetti di paragonarti a George: lui è come un fratello mentre tu, beh tu sei il mio migliore amico. E siete importanti entrambi, siete la mia famiglia.- mi strinse più forte e iniziò a coccolarmi toccandomi i capelli.

Rimanemmo lì fino a quando…

-Troia!- urlò qualcuno. Mi scossi dal mio sonno-veglia e mi alzai. Era Angelina.

-Scusa? Questi soprannomi deliziosi tieniteli per te, per favore. E poi il motivo qual è?- chiesi con gli occhi che fiammeggiavano.

-Beh semplice: ti stavi facendo il mio ragazzo e poi troia lo sei sempre stata e in molti lo dicono.- disse risoluta.

-Abbiamo concetti diversi di “farsi un ragazzo” Johnson: punto primo, lo stavo abbracciando, punto secondo, non mi sembra che dandomi della troia la situazione del tuo cervello limitato si risolva, no?- dissi ghignando –
Adesso vi lascio, sono stanca di queste situazioni di merda e di tutto. Me ne vado a letto. Ciao Fred, saluta anche gli altri.- dissi sorridendo appena.

La verità era un’altra, volevo sì dormire, ma anche controllare le ferite, cosa che non avrei potuto fare con Fred o i miei migliori amici di mezzo.

Arrivai in camera mia e…

-George! Che cazzo ci fai qui?- urlai. Mi venne vicino e mi abbracciò, come per calmarmi.

-Ehi tutto a posto! Volevo solo vederci chiaro su quello che è successo stamani.- disse per poi lasciarmi.

-Che cosa è successo stamani scusa?- chiesi, cercando di sviare il discorso.

-Non giocare con me Alexis, la storia del polso, sai di cosa parlo. Perché non ti sei lasciata toccare? Non è da te reagire così, per Merlino!- disse alterandosi.

-Non è niente, non preoccuparti.- aggiunsi per poi toccargli la guancia.

-Permettimi di aiutare la mia sorellina, permettimi di starti vicino.- disse bloccando la mia mano con la sua sulla sua guancia.

-Non c’è niente da aiutare George, stai tranquillo.- ma la camicia si alzò e non ebbi il tempo di risistemarla.

Vide le ferite.
 
 
Spazio autrice

Cieuuu a tutti belli! Mi scuso per l’enorme ritardo, ma dovete sapere che proprio non riuscivo a scrivere nulla che mi soddisfacesse lontanamente! Avevo come un blocco ecco.

Comunque spero che questo capitolo abbastanza lungo vi piaccia e che qualcuno oltre la mia fedelissima Emmadeffe e la mia cara Katniss Hawthorne(che ha da poco iniziato a recensire la mia creatura) lasci un commentino piccino picciò per farmi sapere la propria opinione.

Con questo ho finito (qualcuno dirà “per fortuna! Non ne potevamo più!”) e non posso che dire “al prossimo capitolo!”.

Un bacio,

Fanny <3
(P.S per l'incisione di Pucey ho preso spunto da quella di Bellatrix del VII° libro)
  
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