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Autore: Celebien    11/07/2013    0 recensioni
Un mondo, reso oscuro da una forza sconosciuta che si nasconde dietro le fiamme e da esse trae il suo potere, fronteggerà il coraggio di due sorelle divise fisicamente dai servi dello stesso nemico oscuro, ma legate con l'anima nel corpo dell'unica sopravvissuta. Due sorelle dal carattere opposto, ma che saranno l'una la guida per l'altra durante una fase di crescita, nel cammino verso la libertà e il riscatto per ogni vita rubata.
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Leonar era un piccolo villaggio poco  distante dalla casa di Zanira e alla velocità a cui era abituata ad andare insieme al suo compagno di viaggio, la fanciulla era in grado di raggiungerla in poco tempo. La vita a Leonar era molto semplice e gli abitanti erano molto dediti al lavoro dei campi, possedevano infatti grandi quantità di terreno a cui si dedicavano con grande ardore mentre dal bosco che si levava nella parte posteriore del villaggio, in direzione della casa di Zanira ricavavano legna, erbe selvatiche e selvaggina; era una zona molto fertile e florida soprattutto per la presenza del fiume Numereth che passava in mezzo dividendo il villaggio in due parti comunicanti tramite un ponte. Nonostante la produttività della zona e l'affabilità degli abitanti con cui la famiglia di Zanira avevano avuto sempre ottimi rapporti di amicizia, fin da quando Alena e Zanira erano delle bambine, Nemor e Carèn decisero di andare a vivere per conto proprio nella loro intimità non dimenticandosi ovviamente degli amici, non mancavano infatti a nessuna delle feste che si tenevano durante l'anno, nel villaggio dove lo stesso Nemor era cresciuto e aveva vissuto. Limor era un bravo artigiano nella costruzione di piccole armi e soprattutto strumenti da giardinaggio; le armi erano solo una precauzione ed un modo per stabilire contatti con i paesi vicini; per la stabilità del villaggio, gli abitanti richiedevano dal famoso artigiano giusto qualche spada e qualche pugnale per non abbassare mai troppo la guardia perchè per il resto Leonar era uno dei villaggi più pacifici del mondo conosciuto e raramente capitava che succedesse qualcosa di spiacevole. A Zanira piaceva molto visitare il suo negozio perchè lo trovava affascinante, soprattutto quando le capitava di vederlo all'opera; di recente invece provava quasi timore ad andare da lui, da quando il figlio Thomas, un ragazzetto alto, magro e con una strana capigliatura scura in testa e un viso puntinato da numerose lentigini, si era invaghito di lei ed ogni volta era un' impresa impossibile riuscire a scrollarselo di dosso; avrebbe fatto a meno di andare da Limor perchè sapeva che con grande probabilità avrebbe incontrato Thomas dietro al bancone o davanti la porta d'ingresso del negozio. Appena intravide l'ingresso del villaggio, per evitare di combinare qualche guaio Zanira fece rallentare Amoret che cominciò a sbuffare spazientito, gli diede una lieve pacca fra le orecchie tese per calmarlo, "mi dispiace amico mio, ma non possiamo correre dentro il villaggio; al ritorno mi farò perdonare!"
Procedettero tranquilli ricambiando sorrisi e saluti degli abitanti che la riconoscevano e continuando verso il negozio di Limor. Per la strada rispondeva alle domande di circostanza che qualcuno di essi le faceva. Per raggiungere la sua destinazione, Zanira doveva raggiungere l'altra metà del villaggio, quindi proseguì in direzione del piccolo ponte comunicante e fu quasi un'impresa riuscire a percorrerlo poiché Amoret non aveva un ottimo rapporto con l'acqua e, nonostante vi fosse il ponte, ogni volta che Zanira lo portava a Leonar si indispettiva ed innervosiva alla vista dell'acqua sotto i suoi zoccoli, "Dai Amoret andiamo, dobbiamo attraversare il ponte stà tranquillo non ti succederà niente" il cavallo cominciò a nitrire e sbuffare aria dal naso, era estremamente nervoso e Zanira cominciò a preoccuparsi; ad un certo punto entrambi sentirono un rumore proveniente dalla riva del fiume, ai piedi del ponte e Amoret divenne ancora più irrequieto ed impennò; Zanira era sul punto di andarsene intimorita dalla situazione, soprattutto davanti all'agitazione del suo amico e fu soltanto quando intravide una chioma scura che ebbe la certezza che non c'era alcun pericolo, solo un ragazzetto troppo appiccicoso. La paura si trasformò in irritazione: "Thomas, ma che cosa ci fai lì?" chiese spazientita ma comunque tranquillizzata che non fosse qualche malintenzionato, "Ciao Zanira non facevo nulla, stavo pescando e appena ti ho sentita parlare con Amoret ho abbandonato tutto e sono venuto a dirti ciao!" La fanciulla rimanendo in groppa al cavallo alzò un sopracciglio e sbuffò, "mi sembra che tu abbia detto anche più di un semplice ciao!" sapeva che non doveva essere così scortese ma non riusciva a tollerare quel ragazzo, lui nel frattempo raggiunse l'altra parte del ponte e tentò di avvicinarsi a lei con un sorriso timido nel volto arrossato, allungò la mano per accarezzare Amoret che sbuffò rumorosamente dal naso, senza badare alle redini che Zanira tentava di tirare per rabbuonirlo, fece per impennare tanto che Thomas cadde a terra spaventato, "ma che ha il tuo cavallo?" chiese con gli occhi sgranati, "Non è  molto socievole come sai, ma adesso non capisco cosa gli stia prendendo, Amoret stà calmo, è solo Thomas basta!" Zanira scese dalla sella, prese il muso del suo caro amico tra le mani e lo costrinse ad abbassare la testa fino a quando le loro fronti non si toccarono, con lo sguardo Zanira tentò di calmarlo, di fondere la sua mente con quella di Amoret che si calmò, il respiro si fece più regolare e smise di smussare nervosamente la  terra con gli zoccoli come quando un toro si prepara all'attacco. "Che bel rapporto avete" esclamò Thomas estasiato ma non tentando più di avvicinarsi per evitare che l'animale si spazientisse di nuovo. "si lo so, io sono l'unica in grado di capirlo e di stargli accanto, tutti gli altri per lui sono ostili!" rispose Zanira senza staccare gli occhi da quelli di Amoret "già, si vede comunque, se non sono indiscreto come mai sei venuta qui? Hai bisogno di qualcosa?" chiese il ragazzo rimanendo nella distanza di sicurezza, solo allora Zanira gli volse lo sguardo facendolo arrossire, "si mi ha mandata mio padre, devo andare al negozio del tuo perchè gli occorre una falce nuova. Tuo padre c'è?" Thomas si aprì in un grande sorriso e Zanira contò fino a cento per evitare di sbuffare o di diventare nuovamente scortese, "certo è al suo laboratorio dietro il negozio come sempre, ti accompagno!" Zanira cominciò ad avviarsi verso l'altra sponda del fiume tenendo ben salde le redini di Amoret che senza opporre resistenza seguì i suoi passi, ma tradendo ancora qualche accenno di irrequietezza a cui Zanira non sapeva dare spiegazione, tranne che probabilmente neanche lui nutriva una grande simpatia per Thomas e con quest'idea nella sua mente la fanciulla sorrise divertita e dando ogni tanto una pacca all'amico in segno di encomio e appoggio morale. Durante il breve cammino verso il negozio Thomas non smise un attimo di parlare e Zanira, sull'orlo di una crisi di nervi, si limitava ad annuire senza mai degnarlo di uno sguardo. "Eccoci arrivati" esclamò ad un certo punto scorgendo la figura di una piccola casa in legno nella cui facciata era affisso il cartello di "Benvenuto nel mondo dell'acciaio di Limor" e ogni volta che andava a trovarlo la fanciulla non riusciva a reprimere il sorriso divertito difronte al cartello ma non soltanto perchè la faceva ridere, ma perchè ricordava bene con quanto affetto il padre di Thomas dimostrò la sua amicizia nei confronti della sua famiglia quando scomparve Carèn. Di fronte all'ingresso del negozio Zanira legò le redini di Amoret ad un piccolo palo mentre il ragazzo fece il suo ingresso chiamando a gran voce il padre, la ragazza si voltò e prima che riuscisse a mettere piede nel negozio si trovò davanti alla figura di un omaccione alto e ben piazzato, con un grembiule che una volta era stato bianco e adesso si presentava lercio e sgualcito; Zanira alzò gli occhi e scorse il viso annerito di un uomo che la guardava con gli occhi di un padre e un espressione da finto serio che subito si trasformò in un sorriso e in una grassa risata, "Limor!!" esclamò la fanciulla gettandosi di scatto al collo dell'uomo continuando a ridere come una bambina mentre per poco non cadevano entrambi "Zanira attenta che non sono più un giovincello e per di più così conciato ti rimanderò a casa che sembrerai un pulcino cascato dentro il comignolo di un camino, che cosa penserà tuo padre di me?" rimise a terra la fanciulla che ancora rideva scrollandosi la polvere nera da dosso, "che sei un grande come al solito. E poi hai visto come sono conciata?" Rispose la ragazza facendo due passi indietro per mostrarsi all'uomo che si mise a fissarla da capo a piedi con le mani tese sui fianchi e un'aria pensosa, poi scoppiò a ridere nuovamente " Zanira, piccola mia, sempre con questa fissazione di voler somigliare ad un uomo, sai che con me il tuo segreto è al sicuro, ma per quanto tempo credi ti sarà possibile nascondere queste vesti e il fatto che le indossi a tua sorella Alena e a tuo padre?" era visibilmente divertito e anche Zanira lo era quanto lui: "Prima o poi Alena si darà per vinta e mi lascerà vivere come meglio credo, ma per il momento è meglio tacere. Come va la vita?" chiese lei adesso con le mani sui fianchi, "bene, bene non mi lamento, ma che ci fai fuori vieni dentro su, ho qualcosa da mostrarti" incuriosita Zanira entrò nel negozio e si rallegrò del fatto che non fosse cambiato nulla: la disposizione dei mobili che constavano di un enorme bancone che si poteva scorgere entrando nella casa, di legno scuro ma con la base di vetro trasparente. Le era sempre piaciuto quel mobile perchè era come se il legno fosse stato scavato tanto da ricavarne una stanzetta per piccoli oggettini di legno che ogni tanto Thomas e Limor si dilettavano a costruire con gli scarti del legno che utilizzavano per costruire armi e attrezzi da campo e li ponevano lì dentro custoditi dal coperchio di vetro come oggetti decorativi; tutt'intorno nelle pareti erano affissi vari oggetti costruiti a mano, soprattutto falci, asce e coltelli e alternati a quelli c'erano numerosi disegni splendidi di paesaggi o uomini a lavoro nei campi. Erano l'unica cosa che Zanira apprezzava di Thomas, il fatto che fosse un vero artista del disegno, come suo padre dell'artigianato. Si soffermò ad osservarne uno in particolare che non aveva mai visto prima di allora: un uomo corazzato dal viso impavido e l'espressione seria in volto, puntava la spada contro la gola di uno strano essere schiacciato a terra dal piede del cavaliere e con le mani pelose e piene di artigli in segno di resa, quasi come se implorasse pietà. Quel disegno le trasmise una strana sensazione, come di terrore o angoscia e non sapeva se provare pena per la bestia sottomessa o ammirazione per l'eroe che lo aveva sconfitto e tentennava tra la decisione di risparmiarlo o dargli il colpo di grazia, "Ti piace?" esclamò ad un tratto Thomas da dietro le spalle della fanciulla che si girò di scatto con gli occhi spalancati dallo stupore di non essersi accorta di lui, "si è molto bello. Tutta opera della tua fantasia?" chiese Zanira tentando di calmare il respiro; il ragazzo si mise al suo fianco e si soffermò a guardare il disegno con uno sguardo serio in volto, come se non riuscisse a staccargli gli occhi di dosso, talmente era preso nella sua contemplazione che dimenticò per un attimo di respirare e della fanciulla accanto a se che lo guardava stralunata senza dire una parola. Per riportare il ragazzo nel mondo terreno lo scuotè leggermente, lui scosse la testa, la guardò per un momento ma si soffermò nuovamente sul disegno ma psicologicamente presente; sorrise con fierezza, "ovviamente" rispose senza staccargli gli occhi di dosso mentre Zanira lo guardava ancora più confusa. La voce di Limor arrivò come un sollievo e senza indugiare la ragazza raggiunse il retro bottega senza dire nulla, come se volesse scappare da quel contesto.
Il retrobottega si trovava al di là di una tenda che fungeva da porta. Era un vero e proprio laboratorio, pieno di strumenti di ogni tipo alcuni sconosciuti da Zanira; c'era un grande focolaio acceso che faceva di quel luogo un posto estremamente caldo accompagnato dall'odore acre di bruciato della legna utilizzata per alimentare la fornace e le pareti avevano acquisito un colore nero della cenere a cui Limor era ormai abituato, c'era una piccola finestra ad un lato della stanza aperta ma l'ambiente era saturo di fumo e cenere e quasi non si riuscivano a distinguere i contorni degli oggetti all'interno della stanza. Quello caratterizzava il mondo di Limor mentre  a Zanira provocò un senso di stordimento e nausea; sentì d'improvviso la pressione del fumo addosso a se come se le mura della stanza le si stessero stringendo attorno facendole mancare l'ossigeno, sarà stato lo stordimento ma, nonostante non vi fosse la presenza di fiamme intorno a lei lo scenario si presentava simile a quello del sogno con la puzza di bruciato e il caldo asfissiante. Cominciò a barcollare e se non vi fossero state le braccia di Thomas che la sorressero sarebbe caduta per terra: "Zanira! Zanira ti senti bene?" non riusciva nemmeno a distinguere il suono della voce, se fosse Limor o Thomas a parlare, sentiva solo che le girava la testa e i rumori sembravano echi lontani, la sua vista cominciò ad annebbiarsi finché non fu buio.
Increduli di quello che stava accadendo, Limor e Thomas portarono di peso la fanciulla fuori dal negozio, in un punto in cui le arrivasse aria pura e mentre l'artigiano cercava di chiamarla per farla rinvenire, il figlio corse dentro a prendere dell'acqua fresca con cui le bagnarono delicatamente il viso. Nel frattempo Zanira sembrava caduta nell'oblio del solito sogno sempre più reale e sempre più spaventoso. Questa volta non sembrava essere una guerriera ma era lei nei vestiti con cui aveva lasciato casa sua poche ore prima, con gli stessi capelli raccolti alla menopeggio e senza un briciolo di coraggio anzi, una tremenda paura la ossessionava, un senso di confusione dominato dalle fiamme in cui sembrava essere caduta, rumori spaventosi echeggiavano in quello spazio sconosciuto e senza contorni definiti di nulla se non delle fiamme ardenti. Un ruggito della creatura che ormai era in grado di riconoscere la fece indietreggiare fino ad inciampare all'indietro e urlava, urlava con quanta voce aveva in gola ma non riusciva a sentire nulla se non quel grugnito raccapricciante; prima che potesse scorgere una strana figura davanti a se, come se migliaia di fiamme si fossero unite a formare una creatura indescrivibile, Zanira fu bruscamente riportata al mondo. Riuscì finalmente a sentire le proprie urla e quando riaprì gli occhi si accorse di essere nuovamente a Leonar, fra le braccia dell'artigiano che la stringeva forte e la guardava con occhi sgranati colmi di preoccupazione; accanto a lui c'era Thomas con le guance rigate dalle lacrime che teneva con una mano tremante una pezza umida; "Zanira, stai bene?" chiese con voce tremante Limor lasciando che la ragazza si mettesse seduta e godesse dell'aria fresca, forse non avrebbe dovuto alzare lo sguardo avanti a sé perché si trovò di fronte a una marea di persone che la guardavano chi stupito, chi spaventato o preoccupato e  Zanira venne colta da un senso di imbarazzo che Thomas comprese all'istante e rassicurò tutti che stesse bene e che ognuno continuasse ciò che stava facendo prima della vicenda, gli e ne fu grata. "Non so cosa sia accaduto di preciso, appena sono entrata in laboratorio mi è venuto un capogiro forse per il fumo e il caldo e poi credo di essere caduta." disse con voce tremante, "E' colpa mia e di quella finestra troppo piccola, troverò il tempo e le risorse per costruire un laboratorio degno del suo nome, mi  dispiace tanto piccola mia -rispose Limor accarezzandole il volto con fare paterno- ma ad un certo punto hai cominciato a urlare, non capivamo cosa ti stesse accadendo, era come se fossi bloccata in un altro mondo e ci hai fatto prendere una gran paura" alle ultime parole Limor strinse ancora più forte la fanciulla fin quasi a farle male, come se non avesse alcuna intenzione di lasciarla tornare nel mondo oscuro, quando si accorse che la presa era troppo stretta si calmò e la lasciò respirare di nuovo, Zanira si tirò su definitivamente e stropicciò gli occhi con le mani mentre emise un respiro profondo, "Ho fatto un incubo, mi dispiace di avervi fatto preoccupare, è da un po' che faccio sogni strani però adesso sto bene!" rispose lei sforzandosi di sorridere ma sapeva di non essere convincente né per se stessa e né per gli altri, "Forse è meglio che chiami il dottore e ti faccia visitare, Thomas.." Limor venne interrotto dalla mano della ragazza che si strinse sul suo braccio, "no vi prego, non ce n'è bisogno sto bene; il fumo mi avrà un po' stordita, vedrete che dopo essermi sciacquata la faccia tornerà tutto normale. Non scomodate il dottore per una sciocchezza simile" lo guardava con occhi imploranti, non che avesse paura dei dottori ma nutriva poca fiducia in loro e nelle loro maniere di visitare e di intervenire, Limor la guardava preoccupato "ne sei sicura?" chiese guardandola profondamente "si, stai tranquillo. -si alzò continuando a parlare- vi prometto che se avrò di questi malesseri o disturbi andrò a farmi visitare!" L'uomo tenne l'espressione seria  e cercò per una manciata di minuti di farla ragionare ma sapeva che c'era poco da fare con la testa dura di Zanira, si limitò quindi a sospirare e ad invitarla a rimanere fuori per evitare di sentirsi nuovamente male all'interno del negozio. "Limor, non avevi qualcosa da mostrarmi?" chiese ad un certo punto la mezzelfo e l'uomo si ricordò subito, "Certo hai ragione, il tuo malore me ne ha fatto completamente dimenticare. Vado a prenderlo!" Zanira rimase ad aspettare l'artigiano mentre Thomas le teneva compagnia stando seduto accanto a lei a torturarsi di continuo le mani visibilmente sudate, particolare che fece rabbrividire la mezzelfo quando se ne accorse. "Questo fine settimana c'è la festa del grano, tu ci verrai?" chiese ad un certo punto il ragazzo, Zanira aveva tutta l'intenzione di mentirgli ma sapeva che era del tutto impossibile, viste le dimensioni del villaggio non avrebbe avuto il modo di potersi nascondere e far finta che non avesse partecipato, "si, come al solito verrò insieme a mio padre e a mia sorella." si limitò a rispondere e Thomas come preso da un lampo di coraggio incalzò con un'altra domanda, "e hai qualcuno con cui ballerai tutta la sera?" aveva gli occhi che gli brillavano come gemme, Zanira sfuggiva il suo sguardo e questa volta la menzogna fu inevitabile, "si, si ce l'ho" il sorriso scomparve dal viso del ragazzo e gli occhi si spensero come quando si getta acqua ad un incendio, "davvero?" chiese deluso dalla risposta e per fortuna di Zanira in quel momento Limor uscì dal negozio con uno strano oggetto, pretesto più che buono per terminare l'imbarazzante conversazione. L'uomo nel frattempo non mascherava la soddisfazione per l'oggetto che stava per mostrare alla giovane mezzelfo. "Guardalo attentamente e dimmi che ne pensi" esclamò tendendole una specie di tubo di legno color caramello decorato da numerose incisioni che davano un effetto straordinario, esso possedeva ad un lato un laccio con cui era possibile indossare a tracolla quello strano oggetto di cui Zanira non comprese l'utilità. "E' interessante, ma non capisco cosa sia" esclamò stralunata e il sorriso di Limor si allargò come se sperasse in quella risposta, riprese fra le mani lo strano oggetto e se lo rigirò tra le mani fin quando non si soffermò su un punto ben definito. " questa è un'arma mia cara, inventata dal sottoscritto che può passare inosservata ed essere utilizzata al momento del bisogno. Se schiacci in questo punto, ehm devo chiederti di spostarti perchè non vorrei farti male -la ragazza ubbidì senza replicare- esso si trasforma in un arco" mentre faceva la sua descrizione, l'uomo premette sul punto che aveva indicato e si attivò nello strano oggetto un meccanismo, il tubo si aprì alle due estremità e ne uscirono due strati di legno, l'uno più sottile del precedente mentre il laccio per trasportare l'oggetto a tracolla si trasformò nella corda da tiro per le frecce; a quella visione Zanira rimase esterrefatta e incredula "Limor, è stupefacente ma come hai fatto a ideare una cosa simile? Quale congegno c'è che lo fa funzionare?" chiese curiosa prendendo dalle mani dell'artigiano lo strumento e studiandolo attentamente rigirandoselo nelle mani "Segreto del mestiere mia cara, sai credo che non lo metterò in vendita, è il mio capolavoro in assoluto e non voglio che esca dal mio negozio se non fosse strettamente necessario e soltanto se si troverà nelle mani di una persona in grado veramente di poterlo portare con se!" Zanira gli e lo restituì con aria solenne e affascinata, "custodiscilo gelosamente allora" gli disse quando egli riprese fra le mani il prezioso oggetto e quasi si commosse ma non volle sciogliersi in piagnistei di commozione, tirò su col naso e cambiò argomento, "Comunque fra una cosa e l'altra non ti ho chiesto il motivo della visita. Hai bisogno di qualcosa?" solo in quel momento la mezzelfo tornò con i piedi per terra e si ricordò perché fosse arrivata fino a Leonar: "si, mio padre ha bisogno di una falce nuova per tagliare il grano, l'ultima è diventata ormai inutilizzabile!" Limor scoppiò in una grassa risata e scosse la testa non riuscendo a fermarsi, tanto che coinvolse anche Zanira che rimase in bilico tra il divertimento e lo sconcerto, "Oh vecchio Nemor, gran testone! L'ultima volta che l'ho visto ho cercato con tutto me stesso di convincerlo a cambiare quell'arnese ma è indomabile e impossibile da far ragionare tanto quanto te, avete un carattere così simile!" Zanira cominciò a ridere con più convinzione alle ultime parole dell'uomo, "lo considero un complimento?" chiese divertita, "certo tuo padre possiede tante virtù: è un uomo forte, è coraggioso, un gran lavoratore che ama la sua famiglia e gli amici; soprattutto dopo la scomparsa di tua madre non si è buttato giù nemmeno un attimo ma ha fatto di tutto per reagire al meglio, per far in modo che tu e tua sorella non mancaste di tutto quello di cui avevate bisogno.. e il risultato ce l'abbiamo davanti ai nostri occhi: due splendide fanciulle piene di vita, coraggiose, generose. Infine pensa sempre che la tua testardaggine si trasforma in determinatezza ed è questo che ti permetterà di diventare qualcuno!" la risata della mezzelfo si trasformò in un sorriso pieno di dolcezza "rischi di farmi commuovere, ti avverto!" esclamò ironicamente, "va bene basta, bando alle ciance e alle commozioni, vado a prenderti quello di cui hai bisogno" esclamò avviandosi verso l'ingresso del negozio e Zanira per evitare di rimanere nuovamente da sola con Thomas decise di seguirlo ma venne ostacolata dall'artigiano, "dove credi di andare? Aspettami qui fuori, non vorrei che ti sentissi nuovamente male come prima!" la fanciulla non oppose resistenza e obbedì a malincuore tentando di non volgere mai lo sguardo verso il ragazzo che tentò tuttavia di riprendere la conversazione abbandonata in precedenza senza avere tuttavia l'attenzione adeguata dalla fanciulla; poco dopo Limor uscì nuovamente dal negozio con un fagotto fra le mani di carta legato con dello spago, "e quella sarebbe la falce?" chiese divertita Zanira da come l'uomo l'aveva imbacuccata "l'ho chiusa in modo che non potesse farti male durante il viaggio di ritorno a casa, non è un giocattolo e basta sfiorare appena la lama per provocarsi dolorosi e profondi tagli!", Zanira scoppiò a ridere " Ok, ok basta ho recepito il messaggio! Quanto ti devo?" chiese portando la mano nella tasca dell'abito che indossava, "stà tranquilla, dì a tuo padre che può pagarmi questo fine settimana quando ci vedremo alla festa del grano, adesso torna a casa tranquilla!" La mezzelfo prese il fagotto fra le mani, abbracciò calorosamente Limor e salutò Thomas normalmente, "ci vediamo presto" disse e raggiunse Amoret che la stava aspettando ancora legato e impaziente di rivederla. Sciolse il nodo, salì in groppa e si diresse verso l'uscita dal villaggio per far ritorno a casa.
  
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