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Autore: nephylim88    14/07/2013    1 recensioni
Giorgia Casiraghi non può essere definita fortunata. a diciassette anni è stata rapita e stuprata. Quindici anni dopo, dopo tutti gli sforzi fatti per lasciarsi tutto alle spalle, si ritrova con sua figlia in ospedale, malmenata e stuprata anche lei...
ogni riferimento a fatti e persone esistenti è puramente casuale.
Spero che la storia vi piaccia! Come ho promesso ne "la cacciatrice di anime", la storia qui presente è già completa. Pubblicherò in capitoli ogni due o tre giorni al massimo! Buona lettura!
Genere: Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Il ritorno a casa fu tranquillo. Una tranquillità che aveva del miracoloso. Non incontrai nessuno. Non posso giurare che nessuno mi avesse visto, ma quanto a quello non potevo farci niente. Non intendevo minimamente costituirmi, ma ero disposta ad andare in carcere. L'importante era che Leto fosse morto. A mia figlia, se fosse stato necessario, avrei spiegato quello che avevo fatto, e perché. Lei sapeva che era nata da uno stupro. Non era stato semplice dirglielo, ma lo trovavo necessario. Doveva sapere perché era senza un padre. Ero stata fortunata, ad ogni modo. L'aveva presa bene, e aveva accettato di farsi seguire da Loredana, per un po'. Ma, a meno che non fosse stato necessario (leggasi: a meno che non mi avessero scoperta e arrestata), non le avrei mai detto che il bastardo che le aveva fatto del male era il suo stesso padre. Certo, in caso mi avessero arrestata, avrei sempre potuto stare zitta e non infliggerle altro dolore, ma la stampa avrebbe scoperto della paternità di Greta. E scoprirlo così l'avrebbe distrutta. No, ero io che dovevo dirglielo. Ma solo se mi avessero scoperto!

“Oh, ragazza, su! Non hanno ancora scoperto il cadavere di Leto e già ti fai questi viaggi mentali?” la sacca che avevo mollato nell'ingresso mi fece sussultare. Le sorrisi.

“Meglio essere pronti a qualsiasi evenienza!” risposi.

Ripulii tutto e misi la roba al suo posto. Misi i vestiti in ammollo nell'acqua fredda per togliere il sangue di Leto. Una parte di me era tentata di buttare via tutto, ma sarebbe stata un'ammissione di colpa troppo evidente.

Mi lavai. Poi mi concessi un paio di drink belli forti, prima di tornare in ospedale, anche se mancava ancora un bel po' allo scadere del mio turno di riposo. Erano le 3 del mattino, dopotutto. Ma avevo trascurato mia figlia già troppo. Fu a quel punto che il mio telefono squillò. Corsi a rispondere.

“Mamma?”

“Giorgia, tesoro, si è svegliata! Si è appena risvegliata!”

Interruppi la chiamata, mi vestii con i primi indumenti che trovai nell'armadio e corsi all'ospedale.


Due mesi dopo


Greta sembra stare meglio, fisicamente. Psicologicamente, dubito che si riprenderà mai del tutto. Ma Loredana è ottimista, dice sempre che, con una mamma come la sua, Greta supererà tutto splendidamente. Mi piacerebbe poter dire lo stesso, ma da una cosa così non ci si riprende mai del tutto. Con quello che ho fatto, ne sono diventata la prova vivente.

Hanno scoperto il cadavere di Leto una settimana dopo il risveglio. A dire la verità, ero una dei sospettati principali. Avevo il movente e non avevo l'alibi. Mi hanno interrogata per ore e ore. Non avevano comunque prove certe, i vestiti che avevo utilizzato, scarpe comprese, le avevo donate in beneficenza insieme a parecchia altra roba che davo via periodicamente, quindi non potevano arrestarmi. Ma Brandi sosteneva di sapere che ero stata io, e l'avrei pagata cara. Ho passato giorni piuttosto difficili, comunque, combattuta tra l'esigenza di assumermi le mie responsabilità e il bisogno di mia figlia di avere la mamma accanto. Propendevo più per il restare accanto a mia figlia, che ormai aveva il terrore di uscire di casa da sola. Anzi, addirittura, tante notti le passava dormendo con me, e se doveva andare al bagno o prendere un bicchiere d'acqua, mi svegliava perché la accompagnassi. Come potevo farmi arrestare in un momento simile? D'altra parte, avevo ucciso un uomo. Non ero pentita del mio gesto, anzi, tornando indietro l'avrei rifatto, magari aggiungendo una buona dose di crudeltà alle torture che avevo inflitto a Leto, ma davanti alla legge ero colpevole, e ho sempre ritenuto giusto che la legge venisse applicata.

Era un bel problema. Sennonché, Dio, il Destino, la Provvidenza, chiamatelo come volete, mi venne in aiuto in due modi diversi. Mi fecero una perizia psichiatrica, in cui venne fuori che difficilmente sarei risultata colpevole. Risultavo troppo furiosa con Leto per torturarlo in quel modo, troppo premeditato. In preda alla furia della vendetta avrei sicuramente lasciato qualche impronta, qualche traccia del mio passaggio. Trovai la cosa ridicola, visto che comunque ero stata io. Subito dopo la perizia, una vicina venne a testimoniare che era impossibile che fossi colpevole, visto che giurava e spergiurava di avermi visto in un bar a bere, giusto all'ora in cui, in teoria, io sarei dovuta essere in casa. La ragazza che avevano visto doveva assomigliarmi parecchio, visto che anche il barista confermò la versione della vicina. Quanto a me, mi inventai qualche storiella strappalacrime sul fatto che mi vergognavo profondamente di aver ceduto ad un impulso così autodistruttivo, per questo avevo mentito sul luogo dove mi trovavo. L'esame del capello confermò che effettivamente avevo bevuto, grossomodo in quel periodo. Dio benedica quei due drink forti! Mi fecero una ramanzina sul rischio di ritrovarmi in carcere solo per non passare per ubriacona, poi mi lasciarono andare. Non trovarono mai il colpevole, e la misteriosa ragazza non si fece mai viva per confutare la storia del barista e della vicina. Suppongo che in realtà non sia mai esistita, visto la faccia strana che hanno fatto il barista e la mia vicina quando sono andata a ringraziarli. Comunque sia, l'ho fatta franca.

Gli oggetti non mi hanno più parlato. È un bel sollievo.

  
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