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Autore: Shark Attack    15/07/2013    5 recensioni
Prendete una classica storia fantasy e buttatela via: il protagonista cade dalle nuvole e si ritrova a dover salvare il mondo come dice una profezia sbucata da chissà dove, giusto? No, non qui.
Lei è Savannah, lui è Nehroi: sono fratelli senza fissa dimora, senza passato, senza futuro ma con un presente che vogliono vivere a cavallo tra il loro mondo e il nostro seguendo solamente quattro regole: non ci si abbandona, si restituiscono i favori, non si prendono ordini e non si dimentica.
Sfidano antiche leggende, rubano amuleti e armi magiche di ogni genere per il solo fine di diventare più forti e usano i poteri per vivere da nababbi a NewYork. Il resto non conta. (... o almeno, così credono!)
[Grazie anticipate a chiunque vorrà essere così gentile da leggere e lasciare due parole di commento! ^-^]
Genere: Dark, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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38
Marmo Incrinato



«Savannah Krajal», tuonò la voce imperiosa del Capo di Norreth.
Passò in rassegna i presenti al tavolo delle riunioni con uno sguardo inflessibile, privo di espressioni. Attendevano tutti da lui il verdetto, ancora non sapevano cosa fosse successo in quel deserto, tranne Decra. Silar Gerit trattenne il respiro più degli altri, ma anche Mief Chawia sembrava in tensione.
Il silenzio intenso si protrasse per molti istanti. «È morta», sentenziò infine.
Nessuno parlò per diversi secondi, come se tutti si fossero dimenticati come si facesse. Poi sopraggiunse la voce roca di Hartis.
«Ah», disse, come un assetato che dopo aver bevuto posa a terra il bicchiere per dare sfogo al fiato che aveva trattenuto nel bere. «Finalmente.»
I pensieri dei presenti esplosero subito dopo e in contemporanea, quasi all'unisono, inondando la sala silenziosa con parole e voci confuse che si sovrapponevano.
«Non dovevano solo catturarla...?»
«E il ragazzo?»
«Non erano questi i piani!»
Heim alzò una mano ed arginò quella valanga di commenti con la sola marzialità del suo gesto.
«Davvero è morta?», domandò comunque Olus, con incredulità sincera. La gola gli si seccò all'improvviso quando il vecchio Capo di Norreth annuì grave.
«Un soldato non ha rispettato gli ordini e ha colpito senza lasciarle scampo», informò Heim con voce grave. Il suo sguardo non era più sollevato sul viso degli altri Capi, fissava la penna di fronte a lui, seguendola con gli occhi mentre riportava ogni loro parola e cenno sulle pagine da poco non più immacolate del registro, grattando la carta tanto velocemente da sembrare aggressiva.
«Non ha rispettato gli ordini...», ripeté Olus incredulo e dubbioso, «O ne ha seguiti altri. Ordini non approvati tra queste mura!», esclamò poi battendo una mano sul tavolo con indignazione. Il suo sguardo acceso saettò verso Nekkis e perforò il capo delle guardie con ferocia. L'uomo, però, non si lasciò intimidire né sconvolgere particolarmente.
«Ha già ricevuto la sua punizione», si limitò a dire.
«Non sempre una divisa o uno stemma rivelano per chi lavori», sentenziò Hartis con voce roca.
Per quanto sagge e probabilmente veritiere fossero le sue parole, tutti i Capi ruotarono la testa verso di lei come girasoli e i loro occhi erano sospettosi o arrabbiati. «Che c'è?», sputò la vecchia con malignità.
«Era ai tuoi ordini?», domandò Gerit ostentando tranquillità e diplomazia dietro un viso tirato.
Il silenzio che seguì non venne interrotto da nessun altro Capo e confermò al giovane di Kyureth di aver interpretato bene i loro stati d'animo.
La vecchia Hartis soffiò innervosita e ridacchiò spavalda. «Ben le sta!», abbaiò quasi divertita, illuminandosi per un secondo. «Avrei fatto bene! … ma non sono stata io», aggiunse in fretta quando gli sguardi dei colleghi regnanti si fecero troppo astiosi per i suoi gusti. La penna segnò anche quell'ammissione riempiendo l'aria di graffi.
Chawia sospirò, esalando stanchezza e una certa indisposizione che non sfuggì agli altri Capi.
«Ti stiamo annoiando?», sputò Olus con voce tagliente.
La principessa alzò a malapena lo sguardo verso di lui. «Punta pure il dito contro di me, se ti fa sentire meglio», sentenziò sufficiente. «Non sono la responsabile.»
Olus strinse i pugni fino a farli vibrare per la tensione. Sul suo viso era dipinto il nervosismo tra le rughe sulla fronte contratta. Aprì la bocca per dar fiato a tutta l'ira che gli stava salendo lungo la gola ma Heim lo interruppe ancor prima che pronunciasse un suono.
«C'è di più», disse con la sua voce imponente e ferma. Si prese una piccola pausa, come se stesse ponderando se divulgare quell'informazione oppure tenerla segreta, poi si inumidì le labbra e proseguì. «Nekkis ha dato il via ad un'indagine... vuoi parlarne tu, Aner?»
Il capo delle guardie si alzò dalla sua poltroncina rossa, aggiunta tra quelle di Heim e Hartis, e si schiarì la voce con un colpetto di tosse. La sua divisa quel giorno era completamente nera e i suoi occhi spiccavano sulla pelle abbronzata come gemme chiare.
«Confermo, ho avviato un'indagine interna ai miei uomini, per scoprire chi fosse esattamente Lefaus Jok, l'arciere che ha rotto le fila dello squadrone e che ha scoccato la freccia fatale. Ho letto vari rapporti da parte dei soldati presenti all'arresto, tutti concordano che Savannah non era particolarmente ferita né in punto di morte prima di quel colpo. Le azioni di Jok sono state punite sul posto e anche il mio sottoposto che ha fatto... “giustizia” in quel modo ha ricevuto la sua punizione. Scopriremo la verità e faremo luce sulla faccenda, è una promessa.»
Rimase in piedi ancora per qualche istante, come se aspettasse che uno dei Capi gli facesse qualche domanda in merito, ma non si levò neanche un fiato e Nekkis si sedette poco dopo con un movimento secco e pulito, senza trascinare la poltroncina.
«Grazie Aner, siamo sicuri che riuscirai a risolvere il caso», disse Heim con un breve cenno della mano. Si rivolse verso gli altri Capi, scrutandoli ad uno ad uno. C'era Algia con il suo pancione e il viso rabbuiato, Goon completamente assente, Chawia e la sua solita espressione annoiata, Olus irritato, Hartis che sorrideva vagamente soddisfatta e Gerit che fissava fuori dalla finestra immerso nei suoi pensieri.
«Decra», chiamò Heim con gentilezza, scuotendo il Capo di Feinreth dal suo umore spento. «Hai ricevuto qualche rapporto in merito all'episodio? Qualcosa che ancora non sappiamo?»
La donna spostò a fatica lo sguardo dal tavolo di legno scuro al Capo di Norreth, risalendo lungo quel panciotto pieno e i bottoni dorati con fatica. Incontrò gli occhietti vispi e piccoli, sotto le folte sopracciglia che gli conferivano sempre un'aria seria, e annuì un poco, quasi distrattamente.
«Sì», aggiunse per essere sicura di aver risposto, «Uno. Ho... ho ricevuto un rapporto, sul rito funebre.»
Gerit fece saettare il suo sguardo e la sua mente di nuovo nella stanza non appena captò quelle parole. La donna le aveva pronunciate quasi con dolore e quel tono l'aveva incuriosito.
«Il fuoco ha fatto danni?», domandò Heim per incalzare Decra, che sembrava essersi richiusa in sé stessa come un fiore al tramonto.
Le sue mani scivolarono lungo il pancione, lisciando il vestito color panna che lo rivestiva. «Nessuna cerimonia di fuoco, l'hanno sepolta. Una bara e tutto il resto.»
Hartis increspò la fronte e si sporse in avanti in uno scricchiolio di ossa. «Ci sarà uno squilibrio», sentenziò la vecchia con la voce imponente della conoscenza. «Uno squilibrio magico, non si può seppellire una jiin viola.»
«La magia deve rientrare in circolo», annuì Chawia con convinzione, guardando insistentemente Decra. Trovava irritante e patetico il suo coinvolgimento sentimentale nella vicenda e non riusciva a sopportare quell'atteggiamento da madre ferita che continuava ad avere da settimane. «Devi fare qualcosa», le ordinò dura.
Decra la guardò confusa e spaesata. «Cosa potrei fare?», domandò in un fiato.
Fu Olus a lanciarsi in sua difesa, chinandosi verso il Capo di Eastreth e distogliendola dalle occhiatacce che lanciava a Decra. «Non puoi chiederle di dare l'ordine di bruciare una tomba», protestò. «Ogni creatura ha diritto al suo riposo, Chawia.»
La principessa sbuffò nervosamente e indirizzò a lui gli sguardi furenti. Aveva dipinta sul volto la presunzione di chi sa già come dovrebbero andare le cose e trova assurdo che altri non lo capiscano. «Sono forse l'unica a ricordarsi delle leggi della pace magica, della purificazione tra le fiamme e degli og? O a nessuno importa più l'equilibrio di Ataklur?»
Heim sospirò rumorosamente e catturò la sua attenzione. «Avete ragione entrambi, sono tutte motivazioni valide», asserì convinto. Si sdraiò sullo schienale della poltroncina e guardo i due Capi di fronte a sé come se stesse valutando le loro posizioni semplicemente guardandoli in faccia. Erano anni che aveva tacitamente assunto il ruolo di giudice durante i dibattiti che nascevano puntualmente in ogni riunione e non c'era volta in cui riusciva ad evitare il peso che gli gravava sulle spalle come un macigno. Quella volta, però, sembrava ancora più soffocante. «Ad ogni modo possiamo dire che Savannah ha già ricevuto la sua punizione e che sarebbe eccessivo forzare il rituale funebre. Se suo fratello ha deciso di salutarla così, noi rispetteremo la sua volontà come quella di ogni abitante delle Regioni. Questo è un diritto che non possiamo togliere neanche ai fuorilegge.»
Il viso di Chawia riprese colore e le sue labbra si schiusero per replicare con fervore, ma il Capo di Norreth proseguì e non le lasciò spazio per parlare.
«Avremmo dovuto arrestarla e invece è morta. Abbiamo influito abbastanza sulla sua vita, non trovi?»
«La magia deve tornare nel ciclo vitale del mondo, non può essere chiusa in una bara!», protestò ancora Chawia, stupendo tutti i presenti per la foga con cui difendeva la sua posizione, ben diversa dalla normale apatia che manifestava sempre.
«Ataklur non cadrà perché non ha ricevuto il tributo di una ragazzina.»
«Gli og, allora! Pensate agli og, alla leggenda che...»
La sua voce si affievolì non appena sentì Gerit ridacchiare tra i denti, come se avesse detto una battuta spiritosa. Anche Heim ridacchiò e Hartis li seguì poco dopo.
«Gli og», sottolineò la vecchia con sufficienza. «Adesso tiriamo in ballo le favole per bambini? Mia cara, se dovessimo votare preferirei la tua idea di bruciare quella jiin insolente che può ancora essere pericolosa, ma sono sicura che sai arrampicarti sugli specchi molto meglio di così...»
Gli occhi verdi di Chawia si spalancarono di rabbia e vergogna, ma non aprì più la bocca. Lanciò uno sguardo verso Olus, alla sua sinistra, e la sua espressione desolata le diede tanto sui nervi da farla scattare in piedi e uscire dalla stanza in pochi istanti, sbattendo la porta alle sue spalle con solennità.
«Og», brontolò ancora Heim scuotendo la testa grigia. «Ci mancano solo loro.»
L'uscita di scena del Capo di Eastreth gettò qualche manciata di secondi di assoluto silenzio nella sala, facendo precipitare tutti i presenti nei loro pensieri.
Fu Silar ad interrompere quell'atmosfera pesante ed irrespirabile. Si passò una mano sul volto con stanchezza e puntò i piedi sul pavimento per spostare indietro rumorosamente la sua poltroncina. Si alzò a sua volta e, come la principessa, uscì dalla sala senza una parola.
«Troppo potere in persone troppo giovani», sentenziò Hartis con voce rauca. I suoi occhietti saettavano nella stanza come mosche irrequiete e si posavano indistintamente sui volti di chi era ancora presente.

Quel giorno erano previste due riunioni straordinarie del consiglio dei Capi Reggenti, una di mattina per discutere del caso Krajal e una nel pomeriggio per confrontare le informazioni che ognuno aveva raccolto su una nuova potenziale minaccia per il regno.
Tra le due riunioni erano previste due ore di pausa, per allentare la pressione e per permettere lo spegnimento di tutti i bollenti spiriti che spesso si accendono nei dibattiti.
Heim avvicinò Goon nel giardino degli alberi variopinti, dai colori meno intensi rispetto ad un paio di mesi prima, quando tutto era iniziato.
Il Capo di Haffireth era seduto su una panchina di legno chiaro, decorata con intarsi fini ed eleganti che narravano la favola di una fata, una di quelle che fanno sognare le bambine di ogni regione. Deiry le adorava.
«Posso?», domandò il Capo di Norreth indicando il posto libero accanto a Goon.
L'uomo annuì e si spostò un po' di lato per lasciargli altro spazio. «Prego», aggiunse cortese.
La vista che si godeva da quella posizione non era né speciale né particolarmente mozzafiato: quella era l'unica panchina che non dava sul Palazzo ma solamente sul giardino e sulla foresta in lontananza, la macchia verde che risaliva le montagne della barriera.
Heim tamburellò le dita sulle gambe con breve frenesia e poi si voltò verso Goon col volto carico di domande.
Il Capo lo guardò obliquo ed inarcò un sopracciglio bianco. «Cosa c'è?», domandò sospettoso.
L'altro fece spallucce. «Mi stavo solamente chiedendo come stessi. Alla luce di quel che è successo, sai...»
«Mi stai interrogando?»
Heim scosse la testa con decisione, ma qualcosa nel suo sguardo si addolcì. «Nekkis era convinto che tu potessi essere il sospettato principale, ma gli ho spiegato che non sei quel tipo di persona. Quindi... parliamone tra amici, sei d'accordo? Ormai ci conosciamo da parecchi anni, voglio solo sapere come stai.»
«Sinceramente?», domandò Goon con un tono smorzato. Scosse la testa in un gesto carico di desolazione. «Non lo so. Non so come reagire a questa notizia.»
«Potresti... gioire?»
Goon strozzò un suono sordo e amaro, mentre un ghigno triste gli si dipingeva sul viso stanco. «Gioire per la morte di una ragazzina? Che buon Capo, che bell'esempio sarei...»
«Ma ha ucciso tua figlia», gli ricordò Heim.
Goon si prese la testa tra le mani e mormorò qualcosa di inudibile. «Non ho mai pensato di vendicarmi», ripeté dopo un po' a voce più alta. «Mai.»
«Nessuno ti avrebbe biasimato. L'ha uccisa...»
«No», disse piano. «Non l'ha uccisa.»
Heim ci mise molto a scegliere le parole adatte a replicare, un po' perché sapeva che avrebbe potuto dire qualcosa di irrimediabilmente sbagliato e un po' perché voleva riuscire a comprendere cosa stesse passando per la testa di quell'uomo abbattuto, distrutto, disperato ma comunque misericordioso. Perché si stava comportando così?
«Ne ha causato la morte», disse infine, soddisfatto per la sua scelta. «Non è lo stesso?»
Gli occhi di Goon si levarono su di lui e, per un attimo, Heim credette di aver capito il suo punto di vista.
«No, non è lo stesso», si limitò a dire Goon con antica stanchezza. «Avrebbe potuto farlo, non l'ha fatto. Il resto è conseguenza.»
Heim si accigliò e batté le mani sulle ginocchia con rabbia, stropicciando l'elegante pantalone. «Stai difendendo un'assassina!», lo accusò feroce. «Offendi la sua memoria! Tua figlia! Ciò che rimaneva della tua famiglia!»
Anche Goon si inalberò risentito e gli rivolse un'occhiata cupa, potente e minacciosa. «Io sono il Capo», tuonò adirato, raddrizzandosi sullo schienale. «Haffireth è la mia famiglia, mia figlia si è offesa da sola in vita e questi non sono affari che ti riguardano!»
Non una mosca volò nei minuti che seguirono silenziosamente quello scambio acceso, solo occhiate bollenti, dardi di una guerra di sguardi che si spense con la resa di Goon.
Si lasciò scivolare nuovamente sulla panchina con un sospiro stanco. L'intarsio della fata gli premeva contro la schiena in maniera fastidiosa.
«Dovrei dimettermi», disse abbattuto.
Heim rimase immobile e lo fissò freddamente. «Dovresti, sì.»
La voce di Goon si piegò e il Capo si strofinò le mani sul viso cicciotto e provato. «Non c'è nessun altro, però, che possa prendere il mio posto. Haffireth non brilla certo per i suoi jiin potenti...»
«Anche per questo dovresti essere arrabbiato con Savannah Krajal e contento per la sua morte», commentò aspro il Capo di Norreth. «Ti ha portato via l'unica jiin adatta.»
Quando Goon alzò il viso verso Heim, però, la sua freddezza e determinazione vennero meno. Era invecchiato all'improvviso e forse era un effetto del tramonto nascente che gli colpiva il viso, ma i suoi occhi apparivano vuoti.
«La vendetta contro una giovane», disse con voce lenta e spenta, «Non mi toglierà le cicatrici, e non riporterà indietro nessuno.»
Heim si chiese di quali cicatrici stesse parlando e corrugò la fronte vagamente confuso; poi si rese conto di aver già udito quelle parole in passato e passò qualche istante a ripescarle dalla memoria. Quando realizzò e ricordò, abbassò il capo e guardò altrove. «Capisco», fu il suo solo commento.
Nekkis comparve alle loro spalle poco dopo, trovando i due Capi immersi nella contemplazione di quel ristretto e scuro panorama che avevano di fronte. Erano assolutamente in silenzio, come se stessero pregando alle stelle della notte.
«È ora?», domandò Heim ancor prima che Nekkis avesse aperto bocca.
Il capo delle guardie inclinò la testa su un lato ed annuì alle loro schiene. «Gli altri stanno già prendendo posto», comunicò. «Qui com'è andata?»
Goon si erse con la possanza di un'antica statua e si voltò verso la guardia con severità. Fissò Nekkis negli occhi con un'intensità che raramente mostrava di possedere, poi lo superò con passi decisi e rientrò nel Palazzo senza dire nulla.
«E questo cosa significa?», domandò la guardia al Capo di Norreth.
«Rivolgi altrove i suoi sospetti», gli disse solamente.
La riunione iniziò con quasi venti minuti di ritardo sull'orario previsto a causa di un imprevisto.
Chawia ritardò a presentarsi nella sala, senza avvisare nessuno e senza inviare messaggeri a comunicarlo, e mostrò il suo visto tranquillo e sereno agli altri Capi quando parte di loro era nel corridoio a sgranchirsi le gambe nell'attesa. Le lunghe candele di cera gialla che troneggiavano al centro dell'enorme tavolo delle riunioni erano già parzialmente sciolte e la luce che emanavano riscaldava l'atmosfera gelida che la principessa stava portando.
«Adesso iniziamo ad avere anche queste manie di protagonismo?», domandò pungente Silar non appena la scorse sulle scale.
La donna però non sembrò averlo neanche sentito e proseguì la sua camminata verso la sala delle riunioni col naso nel libro antico che reggeva a due mani.
«Certo che quella ha proprio un carattere d'oro», commentò Olus sottovoce al collega di Kyureth facendo il verso alla donna.
Silar tirò un angolo della bocca all'insù. «Già, e poi con tutti quei sorrisi le faranno male le guance.»
Heim scoccò loro un'occhiata torva e non servirono altre parole o battute per far iniziare finalmente la riunione. Il grande libro del registro era già aperto di fronte a lui e la penna incantata svettava sulle pagine immacolate come una bandiera, pronta ad articolare fiumi di inchiostro ad ogni parola che veniva pronunciata.
«Possiamo iniziare la seconda riunione straordinaria», disse il Capo di Norreth, e la penna intestò la prima pagina.
La principessa Chawia si sdraiò stancamente sul suo schienale e si osservò i guanti bianchi esaminandoli centimetro per centimetro, come se vi stesse cercando una macchia. «I'shea?», ipotizzò con finta tranquillità.
Quelle due sillabe ebbero il potere di agitare tutti i presenti, accendendo gli sguardi e facendoli guizzare tra loro. «Anche tu ne sei al corrente?», domandò Gerit tradendo la sua diplomazia.
«L'avete saputo anche voi!», esclamò Heim con stupore. «Tutti? Tutti quanti abbiamo ricevuto un rapporto su questo...»
Tutti i Capi confermarono con cenni e gesti inequivocabili: I'shea era un nome ormai familiare per tutti.
«I rilevatori delle guardie hanno scoperto uno jiin nero nella mia città», disse Hartis con una smorfia. «Sbucato dal nulla!»
Goon levò lo sguardo verso di lei ed annuì, contemporaneamente a Olus e Gerit.
Decra li osservò stupita e poi guardò Heim, annuendo a sua volta. «Abbiamo ricevuto tutti lo stesso rapporto?», domandò ostentando un miscuglio di confusione e allarmismo.
«Può darsi», bofonchiò Heim mentre si portava una mano sulla barba ispida, grattandola sovrappensiero. «Oppure c'è uno jiin nero in ogni città.»
Olus si alzò in piedi spostando indietro la sua poltroncina e si appoggiò al tavolo con entrambe le mani. La sua chioma fluente gli nascose il viso per un istante, poi lo sguardo chiaro e preoccupato tornò in campo. «Uno jiin nero in ogni città?», sottolineò con finta ironia. «Sette jiin neri... no, è impossibile. E poi perché si chiamano tutti “I'shea”? Sono tutti Demoni?», rimuginò ad alta voce, interpretando il pensiero di tutti i presenti.
Si allontanò dal tavolo e si avvicinò verso la finestra, una composizione di pannelli di vetro che davano sulle ultime macerie di Tolakireth, ferita per fortuna non più sanguinante. In due mesi erano tanti i progressi che erano stati fatti per rimettere in sesto il Palazzo, ma del passaggio dei Fein Anis c'erano ancora molte tracce in giro e alcune così profonde che si era deciso di lasciarle, a memoria futura.
Anche Gerit si alzò in piedi, sentendosi improvvisamente stretto nella poltroncina rossa. «Sette Demoni o uno solo, che in qualche modo si sposta ovunque», ipotizzò con opaca convinzione alzando una mano. «Non posso pensare che ne esistano così tanti... già solo uno è al limite dell'impossibile, come avrebbe fatto a sfuggire per così tanto tempo alla società? Sono secoli che non esiste una creatura così potente!»
«E se i rilevatori avessero sbagliato?», propose Decra con un pigolio. «Nessuno può averne costruito uno in grado di scoprire un livello nero con precisione, servirebbe un artigiano di livello pari o superiore...»
«Sette rilevatori sbagliati?», commentò amaro Nekkis, smettendo il suo isolamento silenzioso. «E tutti in prossimità del luogo indicato come residenza di un I'shea? Non prendermi per uno scettico, Decra, ma credo che questi “sbagli” somiglino troppo a coincidenze che inchiodano.»
Il Capo di Feinreth gli lanciò uno sguardo obliquo e poi incrociò con fastidio le braccia al petto, appoggiandole sul pancione ormai enorme. «Sì ma ci sarebbe troppo squilibrio magico», borbottò piccata. «Se esistessero sette jiin neri, Ataklur ne risentirebbe. È scritto, ci sarebbero conseguenze.»
«Come ad ogni morte importante», Chawia proseguì il discorso per lei, rubandole la parola. «Quello che cercavo di farti capire prima.»
Heim batté una mano sul tavolo e fece svolazzare un foglio tra loro. Anche le pagine dell'enorme registro che aveva di fronte si mossero per un attimo.
«Non è più questo l'ordine della riunione, Chawia!», tuonò. «Adesso stiamo discutendo degli I'shea, quella questione è chiusa.»
La principessa strinse i pugni di seta delicata e le labbra rosse con forza, trattenendosi dall'esprimere verbalmente il suo disappunto. Quando riuscì a contare abbastanza a lungo da far passare la furia, un foglio ed una penna dorata volarono di fronte al suo naso dal centro dell'enorme tavolo. La penna iniziò a prende nota di tutti i suoi pensieri come se la donna glieli stesse dettando in silenzio mentre attorno a lei la riunione riprendeva.
«Ad ogni modo rimangono dli I'shea. Cosa dobbiamo fare? Che misure prendiamo?», domandò Olus tornando seduto. Si passò una mano tra i capelli per scostarli dal viso ma non ebbe grandi risultati.
Hartis ridacchiò appena e poi soffiò annoiata. «Per ora non abbiamo altro che sette rilevatori impazziti, che cosa vuoi fare? Prendere l'artigiano responsabile?», propose ironica. «Oppure andiamo tutti assieme a bussare ad una di queste case in cui si dice che abitino gli I'shea, portiamo dei dolcetti di benvenuto e scambiamo quattro chiacchiere, sì. Di solito funziona.»
La penna dorata di Chawia smise di correre sul foglio di carta e per qualche istante non ci fu alcun suono tra loro.
«Ricordami perché sei ancora un Capo», chiese la principessa con voce tagliente. «Hai sempre delle idee così geniali...»
«Disse quella che ha tirato in ballo gli og», ribatté la vecchia increspando le rughe del volto.
Chawia indicò con decisione il libro con cui era entrata nella sala e catalizzò l'attenzione di tutti i presenti su quella copertina marrone e logora. «Questa è la copia del libro che i Fein Anis hanno rubato prima di distruggere Tolakireth», riferì lentamente, certa di avere i Capi pendenti dalle sue labbra. «Non vi interessa sapere cosa li aveva incuriositi tanto da irrompere nella biblioteca magica?»
«Ovviamente», disse Heim con la sua tipica diplomazia. «Ma non è l'oggetto della questione attuale. Ora stavamo discutendo di...»
Lo sguardo smeraldino di Chawia non lo degnò neanche di un'occhiata, fisso com'era sulla pagina del libro che le si era appena aperto davanti. «Qui», spiegò indicando una riga con il suo esile dito ricoperto di seta bianca, «Si parla di Mjoklur. È un libro che guida al Regno dei Morti.»
Heim alzò gli occhi al cielo e sbuffò. «Intuisco che tu non abbia alcuna voglia di parlare degli I'shea nelle nostre città», commentò con spenta allegria. Scorse di sfuggita Silar e Decra, entrambi con un'espressione corrucciata e cupa sul viso, e corrugò la fronte.
«Vedo che qualcuno ha già intuito la correlazione tra i dati», disse invece Chawia con soddisfazione non appena si accorse di quelle reazioni. «Silar, per cortesia, vuoi illuminare tu il Capo di Norreth?» Silar inspirò e si passò due dita sulle tempie, massaggiandole. Era strano ritrovarsi lì a quel tavolo a parlare di certe pratiche oscure e innaturali, ma Chawia aveva ragione: improvvisamente era tutto più chiaro. Schiuse le labbra e sperò di riuscire a dire ciò che aveva in mente con un senso logico adeguato.
«Probabilmente stanno cercando di riportare in vita i loro genitori. Stavano, cioè. Dubito che Nehroi da solo possa...»
«Decra», lo interruppe la principessa spostando lo sguardo tra loro come una professoressa durante l'interrogazione. «Tu hai intuito qualcos'altro?», domandò con un sorriso malizioso e pericoloso.
La donna incinta annuì debolmente. «Forse Nehroi l'ha fatta seppellire per riportarla in vita», tentò incerta. Era un'ipotesi troppo azzardata, Silar aveva ragione a dire che da solo non avrebbe mai potuto farcela. Ma la parte di lei che li conosceva e che li aveva capiti sentiva che non era un'ipotesi tanto azzardata.
«Bene, e adesso l'ultima correlazione», proseguì Chawia con certezza crescente. Passò in rassegna tutti i Capi beandosi delle loro espressioni così tanto eloquenti: sembravano esser stati messi con le spalle completamente al muro, senza via d'uscita. Finalmente stavano capendo il suo ragionamento. La principessa lasciò l'attesa aumentare ancora un po' mentre si sistemava la stoffa del guanto sul palmo destro.
«Gli og mangiano i morti», disse Olus mentre lo faceva, rubandole la scena.
Le labbra di Chawia si strinsero per il disappunto ma la soddisfazione per averlo condotto fuori dai binari delle sue precedenti convinzioni fu più grande. «Precisamente», commentò con un vago sorriso. «Savannah può ancora essere un pericolo.»
«Perché?», chiese Decra, e il modo in cui si bloccò fece capire come sapesse che quella era una cosa che non avrebbe dovuto domandare. Abbassò rapidamente lo sguardo, sperando di non essere stata udita.
La principessa si beò della sua espressione smarrita e confusa. Le labbra scarlatte si piegarono all'insù. «Mangiano solo quelli che non sono stati privati della loro magia tramite le fiamme, mia cara Decra. È solo una leggenda per spaventare i bambini, lo so, ma in ogni storia c'è sempre un fondo di verità, no? E dal momento che Savannah potrebbe finire nelle loro mani... o meglio, zampe, la sua magia creerà davvero uno squilibrio magico perché non rientrerà mai ad Ataklur come dovrebbe. I primi segnali di questo imminente disastro sono gli I'shea, notoriamente creature magiche anormali come gli og che si impossessano del...»
«Adesso basta!», sbottò Hartis arrivata ormai al limite, picchiando i fragili pugni sul tavolo. «Sono stufa di sentire queste baggianate, gli og non esistono e questi I'shea non sono altro che un equivoco! Quanto alla ragazzina, l'ha detto Heim ore fa: Ataklur non crollerà se non riceverà il suo tributo!»
Si guardò attorno muovendo con decisione gli occhietti vispi in cerca di sostegno. Trovò concordi solamente Heim, Gerit e forse Goon; Olus e Decra sembravano fin troppo pensierosi per i suoi gusti.
«Bene, ah!», terminò la vecchia con ritrovata energia. Scoccò un'occhiata saccente e vittoriosa alla principessa ma la donna non le diede soddisfazione e la sua espressione tornò glaciale come era solita fare. «Siamo in maggioranza, direi. Adesso possiamo riprendere a ragionare come persone sane di mente, accantonando queste teorie fantasiose finché non troverai prove concrete. Perché non parti alla ricerca di una mistica Ogklur? Sono sicura che i tuoi amati og si radunino in una terra segreta oltre l'arcobaleno...»
«Hartis, per cortesia», la richiamò serio Heim mentre la principessa si alzava dalla poltroncina rossa. Il lungo vestito scivolò lungo le sue gambe srotolandosi come una tenda ed oscillò ritmicamente ad ogni suo passo.
«Siamo ad Ataklur, vecchia strega, non te ne rendi conto?», disse acida mentre attraversava rapida la sala delle riunioni, come aveva fatto anche poche ore prima. La sua sagoma illuminata dalla luna e dalle candele si rifletteva sui dipinti che si affollavano sulle pareti, donando ad ogni luogo ed antenato una nuova forma e nuovi colori. «Tutto può accadere in una terra ricca di magia.»
«Scappi di nuovo?», le domandò Silar non appena la donna sfiorò la maniglia della porta.
«Ho altri progetti per la serata», ribatté Chawia un istante prima di chiuderla sonoramente.

Un panettiere dell'area est di Bastreth aprì la porta di casa, quella mattina, ed intravide nella flebile luce dell'alba un piccolo rotolo di Carta Chiacchiera.
«Posta», disse alla moglie assonnata che versava il caffè nella tazzina in cucina.
«Da parte di chi?», chiese lei incuriosita, e lo stesso fece la moglie del sarto, il figlio dell'ortolana, la sorella della dottoressa, il padre dell'artigiano magico. In ogni regione, in ogni città, ad ogni porta di ogni casa era comparso lo stesso rotolo di Carta, recante lo stesso messaggio.
Anche a Tolakireth ne era giunto uno, quella mattina, di fronte al portone principale, e il domestico che lo trovò lo recapitò subito ai Capi Reggenti, chiedendo perdono per il disturbo durante la colazione.
Gerit alzò una mano e il domestico gli porse il rotolo con un movimento rapido ed accurato, prima di sparire nelle cucine chinando la testa umilmente.
«Cos'è?», bofonchiò Hartis sbriciolandosi addosso la fetta di pane che stava masticando.
Il Capo di Kyureth scorse rapidamente il testo, sbiancando man mano che le parole si incastonavano nella sua mente come chiodi.

Popolo di Ataklur,
amici delle regioni vicine e lontane.
I tempi sono cambiati.
Siete ormai guidati da Capi che non sono più in grado di decidere saggiamente per la popolazione, troppo chiusi nelle sale marmoree per poter vedere oltre le loro presunzioni.
Un nuovo pericolo si sta avvicinando alle vostre case e loro non hanno intenzione di fare nulla finché non sarà molto probabilmente troppo tardi.
Io ho deciso di dire no al loro sistema, no alle ingiustizie, no ai Grandi Tornei che ci portano al potere solamente palloni gonfiati. L'era dei Capi è giunta al termine, è giunta l'ora che una persona sola ponga fine ai problemi e alle spaccature che ne provocano sette con decisioni deboli e sbagliate.
Io sono Mief Chawia, Capo e principessa di Eastreth, e vi garantisco soluzioni rapide e decise contro ogni minaccia che affligge le nostre magnifiche e magiche terre!

Le dita di Gerit tremarono mentre porgeva il rotolo anche agli altri Capi.
Deglutì. «È una dichiarazione di guerra.»



*-*-*-*



Shark cattiva vi lascia così in sospeso? SI!
Lettori inquietati ripensano alla richiesta di postare un ultimo capitolo prima della partenza...
Cmq l'avrei scritto identico anche a settembre, tranquille ^^
Se questa storia dovesse mai diventare un libro vero sarebbe diviso in due-tre volumi (mi è stata suggerita l'idea della trilogia ma ormai la fanno tutti xD) e questo sarebbe il finale del primo! Ora capite perché ho corso tanto durante l'anno pubblicando capitoli settimanalmente? Cercavo di terminare questa storia in maniera corretta prima che partissi xD Ho messo abbastanza pedine sul terreno? Cliffhanger? Aspettative?
Grazie infinitamente per avermi sostenuta e seguita fin qui, davvero!!
Adesso io parto e torno a settembre, con i prossimi capitoli già belli pronti da mesi e mesi (esattamente dallo stesso giorno in cui ho scritto gli ultimi disgraziati due u.u) quindi preparatevi a sincronizzarvi su EFP perché Sorcerers' Dreaming will be back! =D
Grazie di nuovo a tutte le anime pie che hanno resistito e letto sempre, nel bene e nel male: Killuale, KiraraMiranda, martnyny, KarenX, Silvar Tales! Vi abbraccio virtualmente tutte! <3
Alla prossima, ciao!

Shark
   
 
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