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Autore: Lol_96    21/07/2013    1 recensioni
In un mondo dove ogni uomo è destinato ad ucciderne un' altro, come si può sopravvivere? E se qualcuno si ribellasse al vincolo di sangue imposto dalla società?
Sono io quel ragazzo. Sono io quello che rinuncia a tutto per combattere una società macchiata dal sangue dell'omicidio.
Io, un diciassettenne con la voglia di cambiare, un animo anticonformista pronto a combattere in quello in cui crede fino alla morte. E sarà cosi.
Finché qualcuno non metterà un punto a tutto questo odio io ci sarò, combatterò per i miei ideali.
Un ragazzo fuori posto il cui riflesso non piace a se stesso, figurarsi agli altri.
Un ragazzo un po' confuso da tutto quello che sta succedendo, che sta cercando il proprio posto.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Questa notte il cielo piange: il rumore dei tuoni copre i miei singhiozzi, la luce dei lampi mi abbaglia facendomi diventare cieco di dolore, il frinire dei grilli accompagna la mia malinconia occupando il vuoto della notte.
Senza neanche accorgermene mi sono seduto sotto ad un salice; il freddo vento mosso dalla pioggia mi invade ghiacciandomi i muscoli, ciò vuol dire che di qui non mi muoverò.
Inspiro a pieni polmoni l’odore di umido che il brutto tempo porta con se, chiudo gli occhi e ascolto il ticchettio sulla bara di Willow.
Annuso l’ aria, come è mia abitudine fare ormai da quando ho lasciato casa, differenziando ogni minima sfumatura di odore che percepisco: l’odore del sangue che ho sulle mani domina la scena, seguito a ruota dalla puzza di cenere e dal profumo del muschio.
 
Non ho ancora ben elaborato, pur essendo passati due giorni da quando è successo, la sua morte. Avvicino le ginocchia al petto e le circondo con le braccia rannicchiandomi in posizione fetale, così almeno mi sento un attimo più protetto rispetto a quello che sono. Questo movimento comporta l’allungamento di alcuni muscoli di cui non sapevo neanche l’esistenza: le mie braccia sembrano immobili ad ogni sforzo, la mia schiena duole.
Alcune ombre indiscrete mi attraversano gli occhi, ogni tanto mi portano qualche piccolo pesce da mangiare o un sorso d’acqua da bere, ma non me ne curo. Tutto scorre come un film a rilento, uno di quelli che si inceppa nel lettore DVD perché troppo strisciato: io sono il protagonista che dal nulla totale sale di livello grazie all’aiutante e, dopo che questo tragicamente muore, torno al livello zero.
Il livello zero mi piace: rimango invisibile agli occhi degli altri, posso stare tranquillo con i miei pensieri, piango fin che voglio senza paura che qualcuno mi veda ma soprattutto sono di nuovo solo. Una solitudine diversa dal solito; non quella che ti accompagna per tutta la vita, ma una che ti stringe a braccetto da un certo punto in poi aiutandoti a non inciampare.  
 
In realtà la mia solitudine è fasulla, qualcuno c’é.
Due … No, tre paia di occhi mi scrutano da tutto il tempo; solo che i conti non tornano. Shelena e fanno due, la ragazza di cui ancora non so niente e fanno quattro. Gli altri?
 
Questi girano a turno come una roulette russa seguendo le mie emozioni: se oggi, che mi sento stranamente meglio rispetto agli altri giorni, mi porta da bere Shelena, il giorno in cui è morta Willow, in cui ero terribilmente depresso, ci fu la ragazza nuova, ieri che ero rilassato e rigido allo stesso tempo un altro paio di fessure mi guardavano.
 
Di quando in quando, le sento discutere tra di loro come non fossero in uno stesso corpo, quasi potessero dividersi l’una dall’altra e vagare per conto loro.
Io rimango qui, imperterrito nel mio essere chiuso, focalizzandomi sulle piccole macchie di sangue che ho ancora sulle mani e che nessuno, nemmeno io, ha pensato di lavarmi via: quello di Willow, troppo importante per essere eliminato, troppo importante per lasciarlo sparire.
 
“Diana ti prego … Aiutalo!” La voce di Shelena pare preoccupata, ma nessuno risponde al suo appello.
Solo dopo un lungo silenzio la ragazza dalla voce roca, che ora si rivela con il nome di Diana, figlia della Luna Crescente, spezza l’attesa proferendo parola:
“Dovrebbe aiutarla Ecate, sappiamo entrambe che è lei quella sentimentale …” riconosco nelle sua parlata un pizzico di sarcasmo, ma anche una punta di realtà che la tradisce.
 
Il discorso mi confonde, non riesco a capacitarmi del fatto che in una persona ce ne possano essere altre due. Alzo appena lo sguardo cercando di mettere a fuoco la scena ma davanti allo sfondo boschivo in cui abbiamo seppellito Willow, trovo solo Shelena che gesticola visibilmente. Poi, facendoci più attenzione, aguzzando la vista e drizzando le orecchie, qualcosa di lei cambia ad ogni battuta: la sua voce e i suoi occhi, in base a chi sta parlando, mutano.
 
La più calma delle tre, quella che sembra chiamarsi Ecate, ha un paio di occhi color nocciola sbiadito, noto anche nella sua voce quella sensazione di vissuto di quando stai parlando con un anziano.
Comprendo che mi hanno visto alzare la testa perché i loro occhi girano in rapida successione in modo che tutte e tre possano vedere cosa sta succedendo.
Voglio andare più a fondo alla questione ed allora appoggio le mani nell’erba umida della sera e mi do una spinta per alzarmi. Avanzo barcollando verso di lei, o meglio di loro, un passo pesante dopo l’altro con le braccia morte lungo i fianchi.
 
Lei, avendo capito le mie intenzioni, scatta in avanti afferrandomi per le spalle. Una presa salda ed allo stesso tempo morbida mi afferra e so di essere al sicuro. Per un attimo chiudo gli occhi, dalle sue mani un piccolo bagliore argentato circonda le mie forme e avvicinando le sue labbra alla mia fronte imperlata di sudore mi stampa un bacio.
Capisco che lei è la più pudica delle tre dal semplice fatto che non si azzarda a profanare il mio petto, semplicemente ci appoggia una mano sopra accarezzandolo. Mi sento stranamente al sicuro così apro gli occhi.
 
Una piccola casetta di mattoni con un caminetto che fuma, governa la pianura che ci sta di fronte. Intorno, il grigio dell’imbrunire incupisce le ombre che si stanno allungando. Sullo sfondo una cornice di alberi si staglia nera come la pece facendomi rabbrividire. Un corvo da qualche parte urla.
Ci avviciniamo percorrendo la strada di ghiaino che collega la via principale alla casetta, facendo piccoli passi per non stancare troppo Ecate che ora risulta una donna anziana e minuta, una piccola treccia raccoglie i suoi capelli e un paio di occhiali squadrati le nascondono le borse sotto gli occhi causate dalla vecchiaia.
 
Mi prende per mano e una strana scossa di terrore si diffonde nel mio corpo, capisco che il posto non le piace ma che è lì per farmi un favore, così ricambio la stretta per infonderle sicurezza.
Con la mano libera afferra il batacchio sulla porta e lo fa sbattere due o tre volte rumorosamente. Una lugubre cantilena va allargandosi nell’area circostante e a quel suono la porta si apre.
 
Avanziamo cautamente attraversando il corridoio addobbato da mensole con una marea di libri di ogni genere e da piccole foto incorniciate sulle pareti. Mi fermo un momento per studiarne una che raffigura una giovane donna in bianco e nero che bacia dolcemente sulla guancia un uomo. Mi domando se troverò mai qualcuno che lo farà con me …
Stranamente so esattamente dove andare, così mi dirigo all’ultima porta in fondo a sinistra. Svolto bruscamente e rimango immobile davanti a ciò che sta succedendo. Un’ anziana donna, molto di più di quella che mi sta accanto, seduta su di una poltrona azzurra è indaffarata a lavorare a maglia. Sfila la lana dal suo rotolo con eccezionale maestria punto dopo punto intrecciando quella che sembra essere una copertina con ricamato sopra un “Benvenuto” in caratteri colore dell’acqua cristallina.
 
Faccio mente locale ripensando ai primi due ricordi che mi hanno mostrato Diana e Shelena e, comparandoli con quello che sto vivendo ora, non hanno nulla di simile. Non capisco perché Ecate abbia voluto mostrarmelo così interviene spiegandomelo. “Tieni gli occhi bene aperti, ragazzo mio…” alza l’indice della mano sinistra indicando la
 
 Porta d’entrata che si apre sbattendo violentemente ed un giro d’aria si diffonde per la casa facendo cadere la foto che ho guardato prima spezzando il vetro giusto a metà. Il nero più totale dell’ esterno entra in casa strisciando come serpi, si allunga sul pavimento fino ad arrivare alla porta del salotto dove la donna sta lavorando a maglia. Dall’ombra emerge una losca figura e , voltandosi per guardarlo dritto negli occhi, la nonna parla. “Dimmi, Messaggero della Notte, cattive notizie giusto?” la donna continua a filare la lana fissando l’uomo che, dopo aver alzato una mano ed averla portata alla bocca, ne sfila da questa le parole che vuole pronunciare. Queste, cadono morte a terra macchiando il tappeto.
 
Vanno a formare una piccola, semplice frase che si imprime a fuoco nel pavimento.
 

“Nessun “Benvenuto”, mia Signora”  

 
La donna spalanca gli occhi scossa dalla tragedia, stringe le mani attorno ad un ferro e, dopo aver sfilato i punti con una maestria e velocità innaturale, lo scaglia al petto del Messaggero che si dissolve nell’aria schizzando inchiostro ovunque.
Una piccola lacrima riga la guancia della nonna che impugnando l’unico ferro che le è rimasto in mano, se lo conficca nel cuore.
 
Noto che un cupo sorriso malinconico si è formato sul viso della donna che mi sta affianco ed una sensazione d’inadeguatezza si fa strada in me.
 
Cade a terra con un tonfo sordo, il batuffolo di lana rotola qualche metro più in la andando a sbattere contro il divano.
 
La sua bocca spalancata sul tappeto, gli occhi color nocciola sbarrati, e il piccolo rigagnolo di sangue che corre sul pavimento mi fa concentrare su un particolare che sembra collegare tutte le loro storie: Shelena, seppur scappata dal convento di sua spontanea volontà, è morta accidentalmente nel pieno della crescita;
Diana invece è stata fatta fuori dall’uomo sulla scogliera quando ancora era una bambina.
Per finire, Ecate ha provocato lei stessa la propria fine quando ormai la vita è arriva al termine.
 
Omicidio.
Morte accidentale.
Suicidio.
 
Infanzia.
Pubertà.
Vecchiaia.
 
Che ci sia un qualche strano piano dietro a tutto questo?
 
Tornando alla scena della morte della nonna, mi sorge un dubbio.
“Vecchia Ecate, come mai lei non è stata colpita dal raggio lunare?”
Di risposta alza una mano cambiando la scena. La Vecchia Ecate, non essendo ancora morta, non poteva essere salvata …
E proprio nel momento in cui mi accorgo che il suo cuore batte ancora sangue nel suo fragile corpo centenario, una mandria di ratti irrompe dalla porta nella stanza fiondandosi sulle carne.
Urla strazianti, seppur flebili, risuonano per tutta la pianura; ed è proprio nel momento in cui i piccoli incisivi dei roditori strappano la pelle e la graffiano, che la Luna fa il suo intervento.
 
I ratti scappano davanti alla potenza luminosa del raggio, la vecchia viene portata sul divano e qui, spogliata dei suoi vestiti, viene curata.
Le ferite scompaiono, i pezzi di carne ritornano incredibilmente al loro posto,gli occhi si spalancano.
 
Il cuore martella all’interno del mio petto e questo Ecate deve averlo percepito perché mi riporta alla realtà e tutto diventa confuso.
 
Il vociare delle tre donne si fa più fitto ed alla fine, come conclusione, Diana zittisce tutte.
“Domani ci sarà la Luna Piena. Sappiamo tutte cosa succederà, ed allora lui potrà vedere.”
Nel suo tono tutta la violenza è sparita, rimane solo un filo di pacata tensione.
 
Morfeo mi riprende tra le sue braccia mentre aspetto domani notte.








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Bene, dovete sapere che il signorino qui presente è stato RIMANDATO indipercuiche dovrà studiare per la bellezza di 25€ l'ora da una cicciona di medda.
Ecco spiegato il motivo per cui sono DI NUOVO IN RITARDO.
Mi scuso per il ritardo...ancora...
Beh, di questo capitolo amo la descrizione del paesaggio della casetta...Penso mi sia venuto bene no? NO??*cerca gente che fa si con la testa* COMMENTATE EH!!
Ci si sente,
-Matt che deve studiare Economia Aziendale e anche Matematica. Maledizione.


P.s. Chiedo scusa per le lacrime che vi ho fatto versare per la morte di Willow, perché SO CHE CE NE SONO STATE!*seeeeeeeee* Au revoir ;)
  
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