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Autore: Flower of Eternity    01/02/2008    1 recensioni
In una squallida, sporca strada di periferia, Neera, nostra giovane ed ingenua protagonista, incontra una creatura oscura, abbandonata. Un essere in fuga.
E lo aiuta.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO SESTO




«Se continui a fare questa faccia, persino il bidello vorrà chiederti che accidenti di problema hai.» Robert le rivolse quella distratta predica nei giardini della loro scuola, senza nemmeno guardarla in faccia; fumando con fare ozioso una sigaretta dall’aria ritorta, il moro manteneva l’attenzione dei suoi vigili occhi verdi su Katrine Parsom, fanciulla all’ultimo anno che il rubacuori non aveva certo intenzione di lasciarsi sfuggire.
Neera cercò di scacciare dalla propria mente idee poco carine, quali fare lo scalpo a Katrine Parsom, annegare Katrine Parsom e, ultimo ma non ultimo, strappare la sigaretta dalle dita di lui, ficcargliela su per il naso e urlare nel contempo: “Allora, ti piace Katrine Parsom, vero?!”
Brutta cosa, ritrovarsi cotte e stracotte del proprio migliore amico. E’ davvero peggio dell’essere innamorati di, per esempio, il proprio vicino di casa fascinoso e carismatico. Perché se non altro il vicino di casa fascinoso e carismatico ha il buon gusto di evitare nei confronti della sua adoratrice confidenze riguardanti la propria vita privata.
Neera era consapevole della necessità di togliersi dalla testa il sentimento che la spingeva verso quel pazzo, irrequieto, incontenibile ragazzo. Solo che non ne era in grado.
E così, nonostante al momento fosse a scuola impegnata nel passare i dieci minuti della ricreazione parlando con il suo migliore amico del pazzo sconosciuto pieno di placche metalliche nascosto nella sua cantina, Neera non poteva impedire alla sua attenzione di catalizzarsi su Katrine Parsom, e sugli sguardi che Boe continuava a lanciarle, gli occhi socchiusi per le volute di fumo che salivano dalla sua sigaretta perdendosi nella gelida aria mattutina.
«Quale faccia?» domandò infine, acciuffando una ciocca dei propri lunghi capelli neri, e prendendo ad attorcigliarsela attorno ad un dito. Erano solitamente due le occasioni che richiedevano tale pratica antistress: un compito in classe di matematica particolarmente ostico, o Boe e le sue occhiate sensuali lanciate a tutte le ragazze della scuola, tranne che a lei.
Il suo migliore amico aggrottò le sopracciglia, lasciando cadere la sigaretta e spegnendola con un gesto preciso del piede, mentre l’ultimo sbuffo di fumo fuoriusciva dalle sue labbra. «La faccia» spiegò infine, paziente. «Di chi sta partecipando al funerale della vecchia zia, dopo aver assistito ad un buffo incidente che ha condannato a morte il cane, le due tartarughe ed i sette gatti di casa.»
Sempre poetico, Boe.
Neera si ritrovò a sorridere suo malgrado. «Sono solo preoccupata. L’ho lasciato a casa da solo.»
«Beh, i tuoi genitori lavorano fino al tardo pomeriggio, no?» commentò il ragazzo, facendo pacatamente spallucce. Lanciò un’ultima occhiata alla dannata Parsom, ed ella finalmente volse lo sguardo nella sua direzione; s’incrociarono per un attimo – verde nell’azzurro, lui gatto estroso e lei gatta morta – quindi la potenziale vittima del seduttore interruppe quel contatto, dando divertita di gomito alla propria migliore amica. Ancora una volta, il pensiero di Adam abbandonato tutto solo soletto fu cacciato in un angolo della mente di Neera, e prontamente sostituito da un piano per rendere calva Katrine. «Quindi non hai di che preoccuparti. Oh, certo, se dimentichiamo il fatto che è mentalmente instabile, che non sappiamo cosa sia né da dove venga, e che non abbiamo la certezza di ritrovare la tua casa intera, o magari in preda alle fiamme per un suo improvviso attacco di piromania»
«Scommetto che questa voleva essere una… rassicurazione?» azzardò la fanciulla dai capelli neri, scuotendo il capo mentre un’altra risata sfuggiva alle sue labbra. «Ho solo paura che… si senta solo. O che abbia fame. Non gli ho nemmeno comprato delle pere.»
«Ma non gli piacevano le mele?» interloquì lui, osservando Katrine che finalmente decideva di rientrare all’interno dell’edificio scolastico.
«Un po’ tutta la frutta in generale» raccontò Neera, i cui occhi azzurri si rifiutarono di osservare ancora la Parsom. «Mangia solo quella perché la televisione gli ha assicurato che fa bene.»
«Oh.» dato che la questione gli era nuova, finalmente lui si decise a riportare le proprie iridi verde smeraldo sull’amica, e ad osservarla a metà tra il perplesso e lo sconcertato.
«Ma in realtà pare non abbia necessità di nutrirsi, o così mi ha detto» proseguì lei.
«Quindi le mangia per gusto?» domandò ancora il ragazzo, cercando di raccapezzarsi in quel rigiro mentale che poteva addirittura fare a gara con certe follie ideate da lui stesso.
«No. Perché fanno bene! Capito?» spiegò ancora Neera.
«Sai cosa?» se ne uscì Boe, mentre la campanella che annunciava la fine della ricreazione prendeva pigramente a suonare. «Da ieri ad oggi i nostri discorsi hanno pesantemente perso punti nel campo della logica.»
«Ed anche le nostre vite» commentò la giovane, seguendolo poi verso le cinque scale in pietra che conducevano al vecchio e malridotto ingresso della loro scuola. «Ci vediamo all’uscita? Magari… vieni a casa mia, e vediamo un po’ cosa fare con lui…?»
«Volentieri. Ma non intendo spendere soldi in pere, banane, angurie, melograni, o altre cose salutiste raccomandate dal televisore.»
«Lo terrò presente.» e sorridendogli, lei gli diede le spalle. Una ragazzina semplice ed esile, così timida da non riuscire neppure a sussurrargli da quanto tempo era ormai innamorata di lui. Una fanciulla come tante altre, eppure per lui diversa.
Vedendola allontanarsi, Boe non poté certo immaginare che l’avrebbe rivista solo molte ore dopo, prigioniera di un pazzo.

Sì, d’accordo. Lei gli aveva detto di restare confinato nella cantina. Ma gli aveva anche detto che i suoi genitori non sarebbero rientrati per molte ore, dunque se lui si fosse concesso un po’ di televisione non sarebbe morto nessuno, no?
« Pink Princess! Ho un regalo per te!»
La fanciulla nello schermo sorrise. Pink Princess: lunghi e fluenti capelli rosa, una splendida boccuccia rosa, occhi azzurri adornati con un elegante ombretto rosa, ed un vagone e mezzo di vestiti le cui tinte andavano dal rosa pesca al rosa caramella.
«Anche io ho un regalo per te: ti sto sorridendo.»
A gambe incrociate sull’elegante divano del salotto, Adam sorrise come un deficiente fatto e finito. Forse perché aveva capito la battuta, o forse perché la migliore amica di Pink Princess, quella ragazzina dai capelli neri e dal fisico esile, quella così simile a Neera, era scoppiata allegramente a ridere.
«Ti ho comprato una maglia, sciocca!»
Pink Princess accettò un pacchetto dalla sua migliore amica. Lo scartò con un sorriso emozionato, salvo poi restare a dir poco disgustata a causa del contenuto. «Oh… ma… ma è nera
«Beh, sì…»
«Sweety! Sai benissimo che io non potrei mai indossare qualcosa di nero!»
«Oh, Pink Princess! Quanto hai ragione! Quanto mi dispiace!»
Pink Princess rivolse un sorriso carico di dolcezza alla sua compagna un po’ tontolona e di certo cromaticamente ignorante. «Non importa. I veri amici accettano anche i regali più brutti. Anche quelli orribilmente neri
Adam, colpito da quella grande verità, in un moto di coscienza abbassò lo sguardo sui propri pantaloni.
Erano innegabilmente, tremendamente, dannatamente neri.

«Boe! Sei un grandissimo figlio di puttana!»
«Oddio, non esageriamo. E’ solo una cantante leggermente alcolizzata.»
A quella risposta pronta e pungente, Melly Sasco ridusse gli occhi neri come la pece a due sottili e pericolosissime fessure. Boe sapeva che quello era, nel novantanove percento dei casi, il momento che precedeva un sonoro ceffone, quindi badò bene ad abbassarsi prontamente quando la sottile e scura mano di lei volò in direzione della sua guancia destra. Lo mancò, e ciò le strappò un verso a metà tra il ruggito di un orso e lo strillo di un’arpia.
Melly Sasco, sua terzultima fiamma. Lo sapevano tutti da almeno due settimane che tra loro era finita; tutti, ovviamente, tranne la diretta interessata. Che, a notare dal respiro degno d’un toro pronto all’assalto, doveva essere stata informata da non molto della questione e sembrava non aver preso troppo bene la notizia, tanto che aveva inchiodato il suo maledetto ex ragazzo nel cortile che precedeva il cancello esterno della scuola.
«Mi hai tradito per Susy Bluepell?» abbaiò ancora, preparando un altro schiaffone da Guinnes dei primati. Boe decise che sarebbe stato meglio fissare quello, che i neri ed ammalianti occhi di lei. Nel farlo, casualmente, il suo sguardo cadde sulla massa di alunni diretta oltre il cancello della scuola; tra di essi, spiccava un uomo grassoccio e basso, intento ad accompagnare…
Oh, Dio.
Perché quello sconosciuto stava scortando Neera? E perché la sua mano destra restava ostentatamente premuta sulla schiena della fanciulla, mentre la destra le schiacciava una spalla? Se fossero stati in un telefilm, il moro non avrebbe esitato a definire tale situazione un possibile rapimento…
«E’ una vile menzogna» decretò infine, senza nemmeno prestare attenzione alla mano che la sua ex ragazza ancora teneva pronta a colpire. «Non ho mai baciato Susy. Se vogliamo dirla tutta, ti ho tradita con Margareth e con Lucinda.» detto ciò, evitò nuovamente il suo colpo, e si slanciò all’inseguimento della sua migliore amica nella massa di studenti che avanzavano con allegria verso l’uscita della scuola.
Ma Neera ed il suo misterioso accompagnatore erano troppo, troppo avanti rispetto a lui. E la folla non gli permetteva grandi movimenti; così, con la morte nel cuore, Boe non poté fare altro, se non osservare la giovane dai capelli neri venire sospinta all’interno di una sgangherata macchinina bianca.
Il suo proprietario si guardò attorno per un attimo. Nascose qualcosa nella manica del cappotto, un qualcosa di argentato che riflesse la luce morente del sole pomeridiano, quindi salì a sua volta sul mezzo. E partì, mentre Neera, quasi con disperazione, volgeva gli occhi azzurri su quella folla indifferente.
Boe fissò quello sguardo da bambina spaurita con fare vagamente confuso, come se appena colpito da un pugno dritto al naso. Non poteva essere successo davvero. Non sul serio.
Neera. Rapita. L’avevano rapita sotto il suo naso!
«E un’altra cosa, maledetto bastardo…» avendolo quasi raggiunto, Melly pensò bene di riaprire il suo forno, e di vomitare qualche altra idiozia circa la fedeltà e l’onestà. Ma non ottenne la benché minima attenzione da lui.
Come una furia, Boe spintonò tutti gli allievi che gli capitarono a tiro, e corse fuori dal cancello della scuola. Raggiunse il parcheggio delle moto, e balzò agilmente della sua, senza nemmeno pensare al casco.
Quando partì, con quegli occhi verdi degni d’un cacciatore solitario, e quell’espressione corrucciata sul viso, parve quasi un guerriero disposto a tutto, pronto anche ad abbattere le mura di una città, pur di recuperare la sua bella.
Ma dato che quel corpo fascinoso conteneva in primo luogo un cervello attento ed analitico, Boe neppure tentò di seguire le introvabili tracce di quell’auto ormai sperduta nel traffico.
Era un ragazzo attento ai particolari, Boe. E sapeva benissimo che avrebbe trovato modo di salvare Neera solo rivolgendosi ad una qual certa persona, al momento residente nella cantina della sua migliore amica.








Dunque, rispondo brevemente alla recensione di Glaucopide (perdonami se sbaglio il nick). Sì, il tuo consiglio è giusto, ma purtroppo per il punto cui sono arrivata, sono certa che o la storia la concludo ora, o non lo farò mai più. Quindi, cerco di dare tutta me stessa, sperando che piaccia ugualmente.
  
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