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Autore: ErikJake    22/07/2013    0 recensioni
DAL TESTO: "La mano posta sulla faccia di lui creò una potente luce che carbonizzò in pieno il corpo di Corpus, solo i suoi vestiti si salvarono. Terras e Spiritus colpirono i loro boia dandosi occasione per scappare. Terras trasportata dal vento correva per salvarsi la vita, Brigax scoccò una freccia che la anestetizzò facendola cadere a terra privi di sensi. Spiritus, mentre correva, cercava nel suo libro una pagina e quando la trovò la strappò dal libro. Fu colpito alle gambe da Nuemel e da Xenus. Esseri mistici tanto potenti messi in ginocchio da un pugno di uomini e dei"
"Il destino è stato cambiato. Una promessa ha spalancato la via ai cavalieri. Ma un barlume è ancora acceso, da quelli che erano gli dei terreni che con magnanimità e fermezza hanno governato il mondo. La promessa col sangue versato darà nuovi risvolti a ciò che si vuole"
"Mani, quattordici mani mi presero con loro e mi tirarono fuori da quel mare di anime…"
"Questo sono io e questa è la mia redenzione".
Questo è il sequel di "Alba" (potete trovarlo sulla mia pagina qui sopra) spero vi piaccia. Recensite per favore C:!!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Non sapevo che nella mia città ci fosse qualcosa del genere…
Charmeal Dean House, o meglio conosciuto come la casa di cura. Si, questo è un manicomio, ed io ci sono finito dentro. Forse qualcuno già mi conosce… sono Erik.
Il perché di come sono finito qui? Bhè era iniziato tutto in quella buia notte…
Stavo sognando, ma non so cosa, vedo solo immagini veloci come dei flashback. Io aprii gli occhi sbarrandoli. Emisi gemiti e piccole urla di dolore non riuscendo a proferire parola, nella mia mente chiamavo aiuto. Fortunatamente mia madre si svegliò e quando era sulla soglia della mia stanza mi vide con uno squarcio su tutto il mio torace ed il sangue che ne fuoriusciva, impallidì dalla paura. Con la sua mano si tenne aggrappata alla maniglia della porta ma fu inevitabile la sua caduta. Mio padre, che si era anche lui svegliato sentendo il tonfo della caduta di mia madre, corse subito da me e da lei. Lui cercò di non svenire, la sua reazione fu semplice ma forte allo stesso tempo. Mi vide, impallidì e indietreggiò di poco, ma riprese subito il controllo di se.
-Silvia! Riprenditi chiama subito un’ ambulanza!! Presto!!-
Mia madre si alzò a fatica da terra, ma con la sua sola forza di volontà riuscì a prendere il telefono in mano e chiamare aiuto. Io a volte chiudevo gli occhi o oppure li avevo socchiusi… e nelle poche immagini che posso ricordare e che ho potuto vedere c’era mio padre che mi avvolgeva nelle coperte per cercare di fermare l’emorragia. Mi diceva con voce impaurita e flebile
-Erik ti prego non morire. Ti prego!! C’è ancora tanto da vivere. Ti prego!-
Forse vidi qualche sua lacrima cadere sul mio volto poi svenni per l’eccessiva perdita di sangue. Ricordo anche vagamente tre figure, mi sembravano avvolte da delle vesti e dei veli; si vedevano a mal appena i lineamenti del volto. Uno era tutto di bianco, un’ altro tutto di nero e l’ultimo era di colore grigio. Poco dopo, quando riaprii leggermente gli occhi, ero circondato da medici e mi dicevano
-Presto, presto è ancora vivo! Preparate la sala operatoria! Preparate le trasfusioni-
Ogni tanto mi davano qualche colpetto in faccia per tenermi un po’ cosciente.
Quando riaprii gl’ occhi ero in un letto bianco, in una stanza bianca, pieno di tubi e flebo. Quando vidi l’ enorme ferita che mi ricopriva il torace impazzii, volevo togliere tutti quei tubi e aghi che avevo in corpo, per scappare via lontano, ma un’ infermiera venne e mi aumentò i sedativi facendomi riaddormentare. Non so quante altre volte io mi sono svegliato ma ricordo abbastanza bene l’ ultima volta che accadde. Ero sempre in quella stanza e in quel letto, le flebo erano diminuite a una sola, avevo una mascherina sul volto per respirare e nessun ago che mi penetrava la pelle. Mi sentivo strano in quel momento, mi sentivo come se mi mancasse qualcosa di importante, qualcosa che è nato e cresciuto con me, qualcosa che mi ha cresciuto. C’ era un’ uomo e una donna, a lei si vedevano quasi i solchi delle lacrime, lui aveva gli occhi rossi. Si tenevano per braccio e lei teneva stretta tra la sua mano una croce. C’ era un’ uomo davanti a me, ma lui non mi ispirava una certa gioia, volevo tendergli la mia mano per posarla sul suo volto e capire lui chi era, ma il mio corpo non obbediva a quello che io gli comandavo. Sembravo una statua. Fermo e immobile sul letto. Solo i miei occhi si muovevano. Quell’ uomo davanti a me puntò una luce e io dovevo seguirla con gl’ occhi. Lo feci benissimo dando segni di lucidità, e lui disse.
-Signori voglio essere franco, vostro figlio ha riportato un serio trauma emotivo causato dal grande stress e dallo shock… non so se potrà essere di nuovo come prima. Ma se volete potete riportarlo a casa vostra-
Quel signore in piedi scappò via dalla stanza, non voleva far vedere le lacrime che scendevano dal suo viso. Quella signora si avvicinò a me e accarezzò il mio volto. Il medico che era davanti a me poggiò la sua mano sui miei occhi ed io mi riaddormentai.
Mi risvegliai in una cucina, sembravo che la riconoscevo ma era come se la vedevo per la prima volta. La storia di quella notte mi fu raccontata da quelle due persone, molto probabilmente erano i miei genitori… ma io non avevo ricordi e sentimenti verso di loro. Dopo mesi riacquistai il movimento della mia testa, ma non riuscivo a muovere altro né tanto meno di parlare. Le mie giornate erano sempre uguali, mi svegliavo per primo aspettavo che arrivava qualcuno per portarmi al bagno e se arrivava tardi, bagnavo il letto. Mi facevano fare colazione, mi mettevano sul divano o fuori al balcone, ma io li sentivo. Erano nell’ altra stanza o anche delle poche volte che erano davanti a me litigare. Le litigate erano sempre più frequenti, ed io non riuscivo a fare niente da solo. Un giorno quella donna che era mia madre mi venne vicino e disse.
-Noi ti amiamo ancora ma non siamo in grado di aiutarti. Perdonaci-
L’uomo che chiamavano mio padre si avvicinò con una sedia a rotelle dove venni posizionato e portato fuori casa. C’erano due uomini vestiti di bianco che presero la mia sedia a rotelle e mi portarono verso una macchina nera, mi girai indietro e vidi i miei genitori che si tenevano stretti tra le loro braccia. Quando ero davanti l’auto mi rigirai e non vidi più nessuno. Mi caricarono in auto gettarono la mia sedia a rotelle e guidarono per tanto fino ad arrivare qui a Charmeal Dean House. Fui spogliato di tutto, lavato con una pompa, quando cadevo dal forte getto loro ridevano. Mi vestirono con quell’ abito bianco che vedevo solo nei film, destinato solo ai malati di mente e gli incapaci. Ma io mi sentivo in perfetta forma! Ma c’ era qualcosa che teneva bloccato il mio corpo. Mi trascinarono per il lungo corridoio, costellato dalle varie porte delle varie celle. Ma era strano non si sentiva un lamento o un piccolo respiro e pensavo che qui erano bravi a far guarire le persone o c’era qualcosa che non andava. Alla fine del lungo corridoio c’era una porta, e su di essa una grande insegna e si leggeva benissimo il mio nome: Erik. L’aprirono e mi ci gettarono dentro con forza, richiusero la porta e se ne andarono. In quel pomeriggio piansi tanto…. Mi sentivo vuoto, i volti di quelle due persone che avevo abbandonato non poco di un’ ora fa erano diventati sfocati e man mano che il tempo passava sparirono dalla mia mente. Ogni giorno un’ infermiere veniva per darmi due magri pasti e per farmi prendere una piccola pillola. Le prime volte io la presi ignaro di quello che mi poteva procurare. Me ne accorsi quando la pillola mi cadde da bocca ed un piccolo topolino corse verso di lei per prenderla e mangiarla, l’ infermiere credete che io l’ avevo presa e se ne andò. Qualche minuto dopo il topo ritornò, era fra le mie dita dei piedi ed io gli sorridevo, d’ un tratto si fermò e cadde a terra, era morto. Da quel giorno capii che quella pillola mi faceva solo del male. Nelle settimane che seguirono cercavo ogni modo per non ingerirla e pian piano riacquistai il controllo di un braccio, poi l’altro, poi le gambe, le mani, i piedi ed il fine il mio torace. Nelle notti vedevo veloci flash di guerre e di persone, vedevo anche che io ero in grado di usare tecniche magiche, ma sono solo sogni. Non mi disperai meditai ogni giorno, mi allenai ogni giorno, fino a risvegliare i miei poteri. Naturalmente interpretavo la parte del malato per non far capire a nessuno che io ero di nuovo me stesso. Quando riuscii a padroneggiare la magia mi sorpresi e mi dissi.
-Che cosa io sono? Perché sono in grado di sognare quelle cose e in grado di usare queste arti magiche-
Per me era normale e strano allo stesso tempo, avevo paura. Ma non battevo ciglio e non me ne curavo molto di quello che ero. Ora ero capace di scappare. Mi alzai strappai la mia camicia di forza, poggiai la mia mano sulla porta e pensai.
-Esplodi! Esplodi!-
Tra il mio palmo e la porta sentivo un fortissimo strato di calore che si concentrava nel mezzo del mio palmo. Si creò una piccola sfera di energia rossa, piegò la porta fino a farla scardinare e fu lanciata via. Corsi verso le altre celle per soccorrere altri come me, se ce ne erano altri come me. Riuscii a creare di nuovo quella sfera ruppi una porta e la cella era vuota, vuota come tutte le altre. Arrivai alla fine del corridoio, dovevo solo percorrere le scale e arrivare al piano terra quando alla fine delle scale c’ era uno degl’ infermieri
-Hahaha, sapevamo che un giorno o l’altro saresti stato in grado di scappare dalla tua cella!-
-Spostati dalle scale per favore, lasciami andare-
-Non posso farlo mi dispiace-
Corse verso di me, mancavano pochi scalini prima che lui potesse raggiungermi. Pensai d’ istinto e mi gettai dal parapetto delle scale, precipitai per qualche piano e stavo pensando
-Ecco, ecco sto per morire-
Chiusi gli occhi per aspettare lo schianto, quando un paio di ali sbucarono dalle mie spalle lacerandomi la pelle. Arrivai sano e salvo al piano terra. Riaprii gl’ occhi e le vidi erano lì e non sapevo neanche il perché ed il come le avevo, ma la mia reazione non era quella di una sorpresa era più di indifferenza e normalità. Creai una sfera d’ energia e distrussi il portone principale. Ero nel cortile, dove erano ad aspettarmi un altro infermiere ed il signore che vidi davanti a me all’ ospedale. Non potevo credere che stavo fluttuando sul terreno.
-Oh, ma vedo che ti sei perfettamente ripreso e hai anche riacquistato dei poteri-
-Ti prego lasciami passare!-
-Non me lo perdonerebbero mai! Kurt raggiungici!!-
Dal quarto piano, dove ero io all’inizio, si gettò dalla finestra il primo infermiere che cercò di fermarmi. Precipitò con tutta la sua forza, fino a cadere su di me, tenendomi ben saldo a terra.
-Dobbiamo riportare il ragazzo dentro o loro ci uccideranno!! Presto assumete le vostre vere forme e fermatelo!-
Quello su di me si trasformò in un gorilla grigio con tre occhi, l’ altro si trasformò in
una specie di blob e veniva verso di me. Io mi riuscii a girare ed ebbi il gorilla faccia a
faccia e pensavo a quello che potevo fare
-Ho le braccia bloccate ed anche le ali… Devo scappare, devo scappare!!!-
I miei occhi si illuminarono e folgorarono gl’ occhi del gorilla per quel tanto che bastò per far si che io potei scappare. Mi alzai in volo ed il blob cercò di afferrarmi, ma io lo schivai e lo colpii con una sfera d’ energia. Unii le mani creai una piccola sfera tra di loro poi separai le mie mani e la sfera crebbe almeno di cinque volte, la lanciai a terra creando un grande polverone ed io riuscii a scappare.
-Kurt, Jant riprendete le vostre stupide forme umane e cercatelo!!-
-Si maestro-
-E preghiate che loro non lo vengono a sapere-
Ero appena riuscito a scappare non avevo idea di dove andare e di come io potevo sopravvivere. Volai fino al tramonto, ero sfinito. Arrivai ad cantiere abbandonato di un piccolo paesino. Lì trovai un riparo. Mi accovacciai a terra, con dell’ acqua sporca tracciavo linee, non c’ era scopo in quelle azioni stavo solo distraendomi da quello che mi era capitato. Alla fine pur non pensando a niente e a non creare un disegno preciso, riuscii a disegnare un cerchio, tre onde che forse simboleggiavano l’ elemento dell’ acqua o del vento e poi una piccola casetta e pensai.
-Se solo questo disegno potesse diventare una casa vera… in fondo questo è un cantiere-
Giocai con un piccolo chiodo un po’ arrugginito, lo presi male e mi feci una piccolissima ferita, quelle pochissime gocce di sangue andarono a finire sul disegno che subito si illuminò. Mi alzai spaventato
-E ora cosa accade!?!-
La luce sprigionata fu molto abbagliante, mi coprii il volto con le mie ali. Quando le rispiegai, attorno a me c’era un’enorme cucina.
-Oh, no adesso stiamo quasi esagerando ora sono anche in grado di creare una casa!? E dire che fino a qualche mese fa ero solo una stupida statua di carne e ossa. Vediamo se funziona… Ali rientrate!-
Le ali sparirono
-Hahaha. Riproviamo. Ali!-
Le ali ricomparirono
-Bene ora so come usare le mie ali. Ali sparite! Voglio riposare, sono stanchissimo-
Era sera e stavo per sdraiarmi sul mio nuovissimo, grandissimo, bellissimo divano del mio nuovo soggiorno quando dalla finestra vidi che il cielo si stava annuvolando, ogni tanto si vedevano dei flash
-Ecco ora sta per piovere…-
D’ un tratto una possente saetta andò a colpire il mio nuovo giardinetto. Aprii la porta di casa ed uscii a controllare cos’ era successo. Dove il fulmine era caduto aveva lasciato una macchia nera e odore di erba bruciata. Alzai il naso al cielo per vedere cosa stesse succedendo. Un flash e subito dopo un’ altro fulmine cadde al suolo, era vicinissimo a me
-Ora ci si mettono anche i fulmini… ma non doveva essere che i fulmini non cadevano mai nello stesso punto!?-
Pensai che fossero solo quei due, ma mi sbagliai. Caddero come una leggera pioggia. Quando un tuono largo forse quanto due persone cadde a pochi passi da me, ma era diverso come se era fissato da un’estremità al cielo e da un’ altra al terreno. Scorsi un’ombra. Mi preparai e creai delle sfere d’energia
-Chi c’è lì!?-
Una voce proveniente da quella colonna di tuono rise e mi parlò
-Hahaha. Erik, Erik amico mio …. Quanto tempo è passato!-
Uscì lentamente dal tuono un ragazzo forse di poco più grande di me. Era vestito di nero e di blu scuro. Capelli nero pece, occhi azzurri e pieni di sofferenza; quel ragazzo era lì davanti a me. Non so se era una maglia di pelle nera quella che si scorgeva da una specie di lungo impermeabile nero, legato in vita da una cintura blu con fibbia argentata e con pantaloni neri e stivaletti di pelle nera. Nella sua mano destra c’era una katana, la sua lama era appoggiata alla sua spalla.
-Allora Erik, non si salutano più i vecchi amici? Il ragazzo del tempo è arrivato! Tutti noi abbiamo un inizio. Questo è l’inizio di tutti noi!-
  
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