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Autore: Niallsmileishot    24/07/2013    8 recensioni
la mia è una storia che comincia con una quindicenne appena trasferitasi a Doncaster per gli studi: lì incontrerà l'estroverso Louis Tomlinson a 15 anni, quattro anni prima che andasse ad X-Factor. finiranno entrambi per diventare famosi, una come attrice e l'altro come cantante; il loro amore verrà messo molto alla prova, da ragazze inventate, migliori amici e uno strano losco figuro che... ha ucciso sia i miei nonni, sia i miei genitori, come in una specie di vendetta su più generazioni.
tratto dal capitolo 3:
“certo” dissi prendendo la borsa.
Mentre stavamo uscendo iniziò a piovere: Louis indossava una felpa di cotone. Se la tolse e mi coprì dalla pioggia.
“Louis, dai rimettitela… sei a maniche corte, ti prenderai un raffreddore” dissi preoccupata.
“se lo prendo verrai a trovarmi.” Disse lui. Era fradicio e secondo me, anche congelato. Così io mi feci piccola piccola e lo abbracciai, così che potesse stare sotto anche lui. Di colpo arrossì e io lo strinsi più forte, pensando che fosse il freddo a coloragli le guance.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
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CAPITOLO 1°

Che cosa strana la vita: un attimo prima sei a casa tua a giocare con l’acqua e un attimo dopo ti ritrovi in un altro stato, sola, ma con un grande sogno.
Mi presento: mi chiamo Francesca, 15 anni, razza caucasica, italiana.
In questo momento mi trovo in uno dei piccoli parchi di Doncaster, Inghilterra, a leggere un romanzo in completa solitudine. Perché vi chiederete. Mi spiego subito, ma per farlo devo tornare indietro nel tempo, alla giovane età di 5 anni.
Una mattina di febbraio, i miei genitori decisero di portarmi ad Amsterdam, a visitare il famosissimo museo di Van Gogh. Io osservavo i quadri ammaliata; li trovavo stupendi! Così stupendi da voler provare a riprodurre quei capolavori. Fu allora che mi misi a gambe incrociate davanti alla “notte stellata” e, presi i miei pastelli della Giotto,  iniziai a colorare il foglio. Mia madre proseguì la visita con mia sorella, mentre mio padre stette nella mia stessa galleria a tenermi compagnia. Io disegnavo spensierata, fin che una vecchia rugosa mi si avvicinò e iniziò a commentare il mio scarabocchio, definendolo fantastico, identico al quadro, dicendomi che avevo un talento innato. Mio padre alla vista della socializzazione con la signora si preoccupò e si avvicinò chiedendo spiegazioni. Scoprì dunque che quella signora “lavata e ripiegata male”, come la chiamai io la prima volta, era la proprietaria del museo e di una scuola d’arte. Ora Millicent è una grande e cara amica di famiglia; fu lei ha farmi intraprende la mia prima scuola d’arte.
4 anni dopo, finita la scuola che considerai le elementari, dovetti andare alle medie. Non volendo sprecare il mio talento, i miei mi iscrissero in conservatorio. Chiariamoci… io non sapevo e non so tutt’ora cantare, li seguii corsi di disegno e recitazione. Fu così che a 9 anni scoprì l’altro mio grande talento: la recitazione. Lo scoprì per caso, ero sempre stata una bambina molto timida. Un giorno mentre dipingevo i fondali e la scenografia per la recita annuale della mia scuola, la mia insegnate mi chiese di sostituire la protagonista alle prove, ringrazio ancora il gradino che la fece cadere.
A 14 ero una “piccola pentola d’oro”, così mi definiva la mia preside: ricordo ancora l’orgoglio che provava lei nei miei confronti, soprattutto quando, quell’anno, mi diplomai con la lode. Vi starete chiedendo “come?! 14 diplomata?!”. Si, ho fatto 5 anni di studio in uno… non è stato semplice, ma ce la feci.
Così chiesi ai miei di mandarmi al college d’arte e recitazione più prestigioso d’Europa, l’Angelic PetÌ: purtroppo i commissari dissero che di certo mi avrebbero presa, ma tra qualche anno. Ritenevano che fossi troppo giovane. Ed eccomi qui, a Doncaster, ad un college diverso, ma altrettanto prestigioso.
Ritornando al presente, ritorniamo al febbraio del 2006: mi trovo ancora sulla panchina del parco, ancora con in mano il mio libro fin che un bel ragazzo, dai grandi occhi azzurri, dalla faccia un po’ infantile ma molto carina mi si avvicinò: “ehi, ciao! Sei nuova di queste parti?”
Io annuì timidamente. Nonostante la mia abilità nel recitare, rimanevo la timidezza in persona. Lui invece sembrava il contrario, aveva l’aria di essere un ragazzo rumoroso, che adora chiacchierare con il mondo intero: “ma cosa leggi?” mi chiese gentilmente, per andarsi poi a sedersi affianco a me.
Io prendendo coraggio gli risposi: “non penso che tu lo conosca… è uno scrittore mezzo matto, piuttosto macabro, ma che adoro leggere. Si chiama Edgar…”
“Alan-Poe! Certo che lo conosco! Adoro il suo romanzo incompiuto e il gatto nero! Purtroppo il romanzo era della biblioteca di dove abitavo da piccolo… non lo trovo più in giro…” mi disse sovreccitato e poi leggermente sconsolato.
Io sorrisi e gli mostrai il titolo del libro nelle mie mani: era appunto, il romanzo incompiuto.
“se vuoi posso prestartelo!” dissi.
“oh, saresti gentilissima!” disse e mi fece un sorrisetto meraviglioso.
“allora… quanti anni hai?” mi chiese.
“ne faccio 15 il mese prossimo e tu?” chiesi.
“ne ho 15 anche io! Allora ci vedremo a scuola? Dove vai?” disse.
“beh… non penso… io vado al college d’arte e recitazione…” dissi. Lui mi guardò perplesso.
“ma come hai solo 15 anni e già vai al college? WOW devi essere strabiliante!” mi disse.
“beh… in tutta modestia, lo sono un po’… diciamo che ho avuto molte borse di studio per come dipingo e perché  ho fatto 5 anni di liceo in uno, ma vorrei fare l’attrice in realtà” dissi.
“wow… sei un genio! Sono proprio curioso di vederti all’opera.” Disse.
Io prontamente tirai fuori il mio album e una matita e in un paio di minuti gli feci un ritratto.
lui lo sollevò, lo guardò e mi disse:
“ok… togli lo specchio, vorrei vedere il disegno”. Entrambi scoppiammo a ridere.
“ma tu come ti chiami?” chiesi.
“Louis, Louis Tomlinson, piacere!” mi disse porgendomi la mano.
“piacere, Francesca Canestra!” gli dissi.
“ma di dove sei?” chiese incuriosito.
“io ho sempre abitato a Milano… Italia.”
“ah, ecco, mi sembrava che avessi un accento strano!” disse sempre sorridendo.
“Italia… ma che figata! Vorrei proprio andarci un giorno di questi… eppure non ti avrei definita italiana…” continuò.
“perché?” chiesi curiosamente.
“beh, sai… si dice che gli italiani gesticolino molto, che siano violenti e che urlino.”
“si dice anche che sappiano cucinare bene… eppure io hai fornelli dò solo lavoro ai pompieri!”
Lui rise.
“e poi… se vogliamo stereotipare tutto, pensavo che gli inglesi avessero la puzza sotto il naso… ma non mi sembri il tipo… spero… sai, sei il primo ragazzo inglese con cui parlo…”
“ahahah no, non sono snob!” disse. “e non mi piace il tè caldo!”
“tu dove abiti?” chiesi.
“lì” ed indicò una casetta in fondo alla via.
“oh io abito a pochi metri!” ed indicai un condominio difronte, un po’ più a destra.
“comunque… senti… domani ho una mostra, sono anche un po’ nervosa… ti va di accompagnarmi?” gli chiesi.
“e perché sei nervosa? Comunque, sarei felicissimo di venire!” disse.
“beh… perché è la mia mostra!”
“Francesca sei una ragazza veramente strana! Mi piaci!”
 
 *commento dell'autrice: ciao, sono sempre io, l'autrice della "sesta one direction"... spero vi piaccia...
   
 
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