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Autore: fallintooblivion    25/07/2013    6 recensioni
MOMENTANEAMENTE SOSPESA.
«Ti hanno scaricata?» mi chiese una voce roca all’improvviso. Sussultai e mi girai, ritrovandomi faccia a faccia con due occhi verdi che mi scrutavano senza battere ciglio.
«Pessimo modo per rimorchiare una ragazza» sbadigliai, e sul suo viso si formò un ghigno compiaciuto.
Si avvicinò a me. «Come ti chiami?» mi sussurrò all’orecchio.
Rimasi come ipnotizzata dal suo sguardo, e la sua vicinanza mi mise in soggezione. «Mi chiamo Ellie.»
«Io sono Harry.»
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Chapter three: Coincidences

 

Sobbalzai nel sentire quella voce, ed Harry si allontanò di scatto da me.
Guardai il mio amico in piedi che mi fissava disgustato.
Sul momento non capii: Harry e Louis si conoscevano?
«Allora eri qui… ti ho cercato per tutto il tempo.» In quel momento temetti di aver capito.
«Beh, mi hai trovato» rispose il riccio, mettendosi le mani in tasca.
Il mio amico mi guardò di sbieco, poi fece per andarsene. «Ci vediamo.»
«Aspetta, Louis, non…» Il suo sguardo duro mi fece capire che non voleva sentire una sola parola, e aveva ragione. Dio se aveva ragione.
Se ne andò quasi correndo, ed Harry si girò verso di me e mi sorrise.
«Sei tu quello che è andato a studiare canto al nord, non è vero? Sei quell’ Harry?» gli chiesi d’impulso senza riflettere.
«Oh, non credevo di essere già così famoso!»
«Come immaginavo.» Raccolsi la maschera da terra e feci per andarmene.
«Ehi, che ti prende? Ci stavamo divertendo!» mi disse corrucciando la fronte.
«Trovati qualcun’altra» risposi irritata, per poi uscire dalla stanza.
Mi aspettavo che Harry mi seguisse, ma non lo fece: forse aveva già trovato un’altra compagnia.
Riuscii a raggiungere Louis prima che lasciasse il locale.
«Lou, io non lo sapevo… non sapevo chi fosse.» Gli rivolsi uno sguardo sincero. «Te lo giuro.»
Lui mi ignorò, si accese una sigaretta ed entrò in macchina.

Mi avvicinai allo sportello opposto e feci per aprirlo, quando l’auto sfrecciò proprio davanti ai miei occhi.
«Ehi!» urlai d’impulso. Sbattei il piede per terra e, inevitabilmente, lo immersi in una pozzanghera.
«Merda» imprecai guardandomi le scarpe: mi si era rotto un tacco.
Mandai Louis a fanculo mentalmente, e mi misi a sedere proprio all’entrata del locale.
Digitai rapitamente un messaggio sul mio cellulare e lo inviai.

A: Mamma
È successo un casino. Mi vieni a prendere?

«Ti serve una mano?» quella voce calda tornò a solleticarmi l’orecchio.
«Non c’è bisogno di starmi così vicino.» sbottai poco dolcemente, senza voltarmi a guardarlo.
Lui rise. «Guarda come sei conciata.»
«Non serve che me lo dica tu, lo so benissimo da sola» risposi infastidita.
«Come tornerai a casa?» mi chiese divertito.
«Mia madre sta venendo a prendermi.»
«Okay» disse soltanto, per poi sedersi accanto a me, con lo sguardo fisso su un punto davanti a sé.
Aspettai qualche secondo, ma vidi che non si muoveva da lì.
«Che stai facendo?» gli domandai irritata.
«Aspetto tua madre insieme a te» mi disse con nonchalance.
«E lo fai perché…?»
«Non posso lasciarti da sola.»
«Non sono una bambina» sussurrai talmente piano che non sono sicura che lui mi sentì, ma non feci né dissi niente per farlo andar via.
Trascorse un buon quarto d’ora senza dirci assolutamente nulla, neanche una parola.
A rompere il silenzio fu la suoneria del mio cellulare.
«Pronto?»
«Tesoro, mi hanno chiamata a lavoro, è un caso urgente » mi spiegò mia madre preoccupata.
«Stai scherzando, vero?» le chiesi, cercando di non agitarmi.
«No, purtroppo. Mi dispiace, ma per stasera dovrai prendere un taxi. Ti voglio bene.»
«Un taxi? Ehi, ci sei ancora? Pronto?! Dannazione!» urlai, per poi lanciare letteralmente il cellulare dentro la borsa.
«Qualche problema?» mi domandò Harry con un sorriso sfrontato.
Sospirai e mi alzai cercando di rimanere in equilibrio. «Uno è proprio qui di fronte» dissi guardandolo negli occhi.
«È un complimento?» fece imitandomi, per poi tornare a sorridere.
«Vaffanculo» gli sussurrai senza guardarlo.
Lui si alzò. «Ti sei appena giocata la possibilità di tornare a casa insieme a me.» Indicò la sua Audi nera proprio davanti a noi.
«Non ci sarei venuta comunque» sbottai fredda.
«Ehi.» Mi fermò prendendomi per un braccio, senza però stringerlo. «Perché fai così, piccola?» Mi guardò dritto negli occhi, e me li incatenò ai suoi, impedendomi di distogliere lo sguardo.
Rimasi a fissarlo in silenzio, fino a quando lui non scoppiò a ridere.
«Già» sbuffai io, maledicendomi mentalmente per aver pensato anche solo per un secondo che fosse serio.
«Scusami» disse tra le risate. «Ma avevi una faccia così buffa.»
Gli rivolsi un’occhiataccia, e feci per avvicinarmi alla sua auto. Lui mi guardò compiaciuto. «Forse potrei ripensarci per il passaggio, se proprio ci tieni» mi disse spavaldo.
Io guardai lui, poi l’auto, e iniziai a dare calci allo sportello.
«Ehi, fermati, sei impazzita?!» corse verso di me e mi fermò bloccandomi le braccia dietro la schiena.
«È colpa tua! È solo per colpa tua se io e Louis abbiamo litigato!» urlai in lacrime, accasciandomi per terra.
Harry rimase lì, fermo. Non cominciò a gridare anche lui come mi aspettavo, ma restò in silenzio. Aspettò che mi calmassi per porgermi la mano. «Lascia che ti accompagni a casa, per favore» mi sussurrò.

 

__________

 

Arrivammo abbastanza in fretta nel mio quartiere, dato che Harry guidava in modo spericolato, nonostante i miei continui “rallenta, o giuro che ti ammazzo!”.
«Eccoci.» Si fermò proprio davanti casa mia sotto mia indicazione.
Lo guardai e lo ringraziai con un cenno del capo, poi uscii frettolosamente dall’auto.
«Non mi fai entrare?» Quel ghigno ricomparve sul suo volto più marcato che mai.
«Smettila» sbuffai io, cercando le chiavi nella borsa.
«Come vuoi» rise lui. «Buonanotte.»
Aprii la porta ed entrai in casa, e prima di richiuderla sussurrai impercettibilmente un “buonanotte”.
Sentii il rumore dell’auto rimettersi in moto e partire.

Il giorno seguente la prima cosa che feci fu andare a trovare Min. Non ero al massimo della forma: avevo due occhiaie enormi e dei capelli che quella mattina non volevano sentirne di mettersi a posto. Per questo motivo la mia amica mi salutò con un “Che diavolo è successo?!”, e aveva ragione.
«Ciao Min, anch’io sono contenta di vederti.» Mi sedetti accanto a lei con un sorriso sarcastico stampato in faccia.
«Sul serio, sembri mia madre quando torna dal lavoro… e fidati, non è un bello spettacolo» fece lei sistemandosi meglio sul lettino.
«Beh, ci sono due o tre cosette che forse dovresti sapere…» esitai mordendomi il labbro inferiore.
«Racconta» mi disse con uno sguardo che quasi mi imbarazzava.
Ero andata da lei anche per sfogarmi, quindi non me lo feci ripetere due volte, che le spiattellai tutte cose, dal bacio alla litigata.
«Mi sento uno schifo.» Conclusi il mio racconto e sospirai frustrata. «E la cosa peggiore è che non riesco a pensare ad altro. Penso che… mi è piaciuto. Dio se mi è piaciuto. E mi sento una merda ancora di più.» Mi portai una mano ai capelli in preda all’esasperazione.
«Sei una stronza» esordì lei, come sempre totalmente priva di tatto. «Ma è vero, non potevi saperlo. Non è colpa tua… cerca soltanto di non pensarci. Provaci» mi suggerì come se fosse facile. Peccato che non lo sia per niente.
Sospirai di nuovo e la guardai seria. «Quando ti dimettono?»
«Presto» mi sorrise lei. «Domani o dopodomani.»
«E Louis è venuto a trovarti oggi?»
«Non ancora» mi disse in un sussurro.
«Allora, forse… forse è meglio che vada. Non vorrei incontrarlo qui. Non adesso.» Mi alzai e le lasciai un bacio sulla fronte. «Ci vediamo domani.» Le sorrisi e uscii da quel luogo deprimente senza nemmeno andare a salutare Wren. Ma non avevo voglia di parlarne con lui, sapevo che mi avrebbe preso in giro e basta.
E adesso dove potevo andare? A casa non c’era nessuno, Louis non mi voleva parlare e Min era in ospedale. Ero rimasta sola.
Decisi di andare in un bar, e cercare in qualche modo di dare un senso a quella giornata. Magari avrei conosciuto qualcuno. O forse avrei passato tutto il giorno a rimuginare, come sempre.
Vidi un posto carino, non lontano dall’ospedale. C’erano dei tavolini fuori, con un design moderno, riparati dal sole da un tendone azzurro pastello. Non l’avevo mai visto, forse perché quella non era una zona che frequentavo spesso.
Mi sedetti ad un tavolo, e presi il cellulare dalla tasca, cercando di distrarmi mentre aspettavo il cameriere.
Finalmente qualcuno mi si avvicinò. «Vuole ordinare?»
Alzai la testa e impallidii.

 



 





 

larrysfeels

Finalmente aggiorno!
Lo so, è passato un mese, ma non odiatemi! Non sono stata a casa e, quando ci stavo, facevo altro, lo ammetto.
Comunque sia, sono riuscita a postare anche questo capitolo, anche se non ne sono pienamente soddisfatta.
Ditemi che ne pensate, sono curiosa. 

 

Baci, Lauren.

   
 
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