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Autore: JustAWallflower    28/07/2013    4 recensioni
Ci guardiamo senza trovare il coraggio di parlare.
E’ il gioco del silenzio.
Una sola parola e tutto andrà a farsi fottere.
Rimaniamo lì impalati, uno di fronte all’altro.
Io non oso aprir bocca, perché so che inizierei ad urlare.
E’ Niall a cedere per primo.
-Dio mio Hope, che cazzo hai fatto?- mi chiede.
E’ scioccato, ha la bocca spalancata e nei suoi occhi color tempesta vedo una fievole luce di emozione, forse la prima da quasi due anni.
Ma davvero non se n’è accorto per tutto questo tempo?
Davvero non ha notato che stavo crollando pezzo per pezzo?
Davvero non è riuscito a captare i segnali che il mio stesso corpo mandava ogni singolo giorno?
No, non ci credo. Lui mi conosce troppo bene.
E questo mi fa arrabbiare ancora di più.
Abbasso la manica fin quasi alla punta delle dita, come se così facendo io possa cancellare quei tre segni sul mio braccio.
Trapasso i suoi occhi con i miei.
-Credo che la domanda giusta sia: che cazzo mi hai fatto tu.-
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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12. I wanna be there for you.




“Dovremmo imparare a dire quello che sentiamo subito,
 e non aspettare in continuazione.
Che a volte aspettare e non dire niente è peggio
che dire qualcosa e beccarsi una mazzata.
Che a furia di aspettare e non dire niente,
uno le mazzate rischia di darsele da sè.
E fanno pure più male.”

Alessandra Recchimurzo
 

 
40.
 
Quando riemergo dallo stato di incoscienza, sento un brusio intorno a me. Il suono di tante voci accavallate mi trapana le tempie, e io riesco a cogliere solo una parola.
Ambulanza.
Sento il sangue affluire più velocemente nelle vene e mi sollevo d’istinto.
-No, niente ambulanza…- biascico, con la bocca secca e impastata.
Una mano si poggia delicatamente sulla mia spalla.
-Sta tranquilla, ho detto al professor Schmidt che non ce n’era bisogno.- mi rassicura la voce gentile dell’infermiera scolastica.
Mi volto verso di lei, osservando il viso tondo e il sorriso materno della donna dai capelli rosso fuoco, mentre i suoi occhi marroni ricambiano a loro volta con curiosità.
-Per quando tempo…?-
-Sei stata priva di coscienza?- intuisce la mia domanda –Neanche due minuti, ti hanno appena portata qui in infermeria. Il professore voleva chiamare un’ambulanza, ma ho detto che non ce ne sarebbe stato bisogno.- ripete -E’ un leggero calo di pressione, in questo periodo molte ragazze della tua età ne sono soggette, non c’è niente di cui preoccuparsi.- mi sorride dolcemente prima di passarmi un succo di frutta e una barretta al cioccolato presi dal distributore.
Io li prendo, accennando un ringraziamento, mentre lei mi informa che devo prendere delle pastiglie di ferro per evitare altre brutte cadute come queste, quindi inizia a scrivermi un appunto su un foglietto.
Quando se ne va, mi stendo di nuovo, la testa che mi gira leggermente. Mi basta un’occhiata veloce per notare che non siamo nell’infermeria della scuola -al secondo piano- bensì in quello della palestra, che è piccola e gremita di oggetti scolastici vecchi e inutilizzati: una lavagna, due sedie rotte, cartine geografiche più antiche di mia nonna e un armadio con all’interno altrettanta cianfrusaglia. L’unico indizio che fa trapelare l’idea di un’infermeria è il lettino su cui sono stesa.
Sospiro, chiudendo gli occhi e rilassandomi nel silenzio della stanza.
Questa volta l’ho fatta grossa. Avrei dovuto cenare ieri sera, invece che accontentarmi del misero panino che avevo messo sotto i denti per pranzo. Devo stare più attenta a queste cose d’ora in avanti, perché se accade di nuovo di svenire davanti a tutti, mia madre si insospettirà. Penserà che c’è qualcosa che non va, mi farebbe visitare e sicuramente si presenterà qualche risultato che insospettirà il dottore. Non che io sia magra e si possa pensare all’anoressia, ma se una persona passa le giornate a digiunare o a mangiare quantità ridicolamente ridotte di cibo, credo che il corpo abbia da ribellarsi.
Beh, un giorno mi ringrazierà. Penso, stizzita.
Mi sento veramente stanca: potrei addormentarmi qui, se volessi, ma non credo che sia il caso. Immagino che grasse risate si sta facendo David su di me in questo momento.
Mi rimetto di nuovo seduta, svuotando il succo in pochi sorsi e rimanendo con la barretta in mano, esitante.
Dovrei mangiarla. Devo mangiarla.
Ma non posso. Non ora, dopo tutti i sacrifici che ho fatto.
Non ora, che sono quasi arrivata al traguardo.
Soppeso il contenuto di quella carta colorata e la stingo tra le dita. Mi alzo in piedi, sentendomi stordita e con le membra pesanti, quindi esco fuori e butto la barretta nel cestino di fianco alla porta.
Alzo lo sguardo dal coperchio azzurro per dirigermi nello spogliatoio e prendere la mia roba, ma sorprendo altro azzurro a fissarmi.
Gli occhi di Niall.
 
 
41.
 
Niall mi fissa, confuso e accigliato. –Avresti dovuto mangiarlo, se hai un calo di zuccheri.- dice –Perché l’hai buttata?-
Io, nel panico, trovo la scusa più stupida e inverosimile che potessi mai trovare.
–Non mi piace il cioccolato.- e per essere almeno più convincente arriccio il naso.
Lui, ovviamente, non se la beve neanche per un secondo. Mi guarda, scettico.
-Ah no? E da quando?- Mi conosce da troppi anni, sa che è una balla grossa quanto una casa.
Io amo il cioccolato. Da piccola ho mangiato un’intera torta al cioccolato ricoperta di panna e zuccherini rosa. Da sola. E volevo vivere in un castello fatto con la cioccolata kinder.
Io amo amavo il cioccolato.
Cerco prontamente di evitare la domanda. –Per quanto tempo sono rimasta svenuta?- chiedo, anche se so già la risposta.
Lui mi studia, indagatore. –Pochi minuti. Ti ho portata subito qui.-
Lo guardo sorpresa. –Sei stato tu?- La mia espressione deve essere ridicola.  Mi hai presa in braccio?!
-Si.- dice, rispondendo a entrambe le domande –Mi sei svenuta praticamente addosso.-
Avverto il sangue affluirmi sulle guance. –S-scusa.- balbetto.
Lui mi sorride, affettuoso. –Non devi scusarti. Però mi hai fatto prendere un colpo! Stavi parlando e poi, d’un tratto…- il suo volto si scurisce.
Ripenso a cosa stavo dicendo prima di cadere e fare la figura del clown e divento paonazza.
Gli ho detto dei miei genitori. Non ci credo.
Non ci credo! A cosa cavolo stavo pensando?!
Dall’espressione di Niall, so che sta per dire qualcosa, qualcosa per consolarmi, magari. –Senti…-
-Scusa Niall, devo andare.- mi affretto a interromperlo e gli sguscio di fianco.
I suoi polpastrelli mi sfiorano il polso e io mi volto subito verso di lui.
Riabbassa la mano, lentamente. –Lo sai che prima o poi ne dovremmo parlare, vero?- il suo tono di voce è basso e grave.
-Non è necessario.- replico, dura.
-Si invece.- ribatte prontamente lui. –So che vuoi far vedere che non te ne frega niente ma che in realtà ci stai male e so che vorresti qualcuno con cui parlare.-
Spalanca leggermente le braccia, come per invitare qualcuno a tuffarcisi dentro. –Io sono qui.- mormora.
Ingoio il nodo che mi blocca la gola, mentre cerco allo stesso tempo di non urlargli conto che si sbaglia.
Ed è strano come  -quando a malapena mi guardava- avrei voluto dirgli tutto, i miei pensieri, i miei tormenti, la mia poca autostima, la voglia che avevo di stare con lui ma la dolorosa consapevolezza che lui non voleva altrettanto.
Ma poi sono arrivati i tagli e i digiuni, e gli appuntamenti settimanali con la bilancia e i sensi di colpa dopo mangiato e dopo non aver mangiato e i sentimenti verso Niall che diventavano sempre più forti.
Sento tutto questo come una debolezza, un tallone d’Achille messo in piena mostra e non voglio aprirmi, perché se inizio finirà male  e lui mi guarderà come si guarda una pazza.
Vorrei tanto dirgli tuttoNon devo dirgli niente.
Esito un attimo, poi mormoro un “grazie” e mi rintano nello spogliatoio femminile completamente deserto.
 
 
42.
 
L’ora di letteratura è una delle mie preferite, in cui non ostento indifferenza come gli altri ragazzi, anzi, sono una delle poche che ascolta la lezione con molto interesse, anche se non intervengo mai.
Oggi però mi sento stanca e il tentativo di Niall di convincermi ad aprirmi con lui come facevo una volta mi ha turbata.
Perché adesso ho capito che non è più come prima.
Adesso ho troppo da nascondere, anche a lui.
E Niall, nonostante tutto, ho come la sensazione che mi nasconda qualcosa o, quantomeno, non mi dica tutto quello che gli passa per la testa.
Non lo biasimo per questo, sarebbe come il bue che dice cornuto all’asino.
Ma questa è la prova che, per quanto ci sforziamo di comportarci come se questi due anni non siano mai trascorsi, la realtà è ben diversa e questi due anni separati si sentono eccome.
Oh, perché non possiamo tornare bambini?
Un biglietto “plana” sul mio banco. Alzo lo sguardo e vedo Cassie, seduta nel banco davanti al mio, che mi sorride al di sopra della spalla.
Apro il biglietto, una pagina a righe strappata da un quaderno:
 

 Volevo venire da te in infermeria, ma Herr Schmidt ha iniziato a sbraitare dicendo di tornare ad allenarci e minacciando altri trenta giri :(
Come stai? 

 
Cassie che si preoccupa per me? E’ il primo pensiero scettico che mi frulla nella testa.
Mi pento subito di averlo pensato, perché dopotutto noi siamo amiche e, nonostante il suo perenne egocentrismo, ci tiene a me. Scribacchio la risposta senza farmi vedere dalla prof, intenta a spiegare una strofa de “La tragica storia del Dottor Faust”.
 
Un po’ fiacca, ma sto bene ;) Era solo un calo di pressione.
 
Le passo il biglietto con noncuranza, lei lo apre, legge la risposta e mi fa l’occhiolino.
Mentre la guardo, mino con le labbra “Tu stai bene?”.
Lei abbassa lo sguardo, improvvisamente triste, e scuote la testa.
Oh Cassie, perché continui a farti del male in questo modo?
 
 
43.

Oggi, di ritorno da scuola, mamma ci ha dato la notizia.
Tra due settimane papà se ne andrà di casa.
 
 
44.
 
Dopo cena mi butto sul divano, il pigiama addosso e il telecomando stretto in mano.
Shila si stende al mio fianco e trova la posizione giusta per dormire.
Mentre faccio zapping tra i canali, mio fratello entra e si siede, poggiando il gomito sul bracciolo. Ha il labbro inferiore sporgente, come tutte le volte che è imbronciato per qualcosa, e fissa distrattamente il cellulare.
-Che hai?- chiedo, spinta dalla curiosità e dalla rarità della situazione.
Lui scuote la testa, un cenno per dire “non ne voglio parlare” e inizia ad accarezzare Shila, senza però badare a quello che fa.
Non insisto, volendo rispettare la sua privacy, ma fremo dalla voglia di sapere che cosa gli prende. Quello sguardo si ha solo quando si è tristi oppure arrabbiati per colpa di qualcuno. Come quando…
 Una lucina si accende nei meandri della mia mente.
Una ragazza.
Sento il suo cellulare vibrare e allo stesso tempo Nick sobbalzare dal divano.
Lo tira fuori velocemente e legge il messaggio. In un secondo si illumina.
Ostentando indifferenza, si alza per cercare le scarpe e, venti secondi dopo, è già sulla porta.
-Io esco! Dì alla mamma che torno prima delle undici.- si affretta a dirmi, mentre si infila la giacca.
-Va bene, buona fortuna con la tua amorosa.- sghignazzo, cambiando canale.
Non replica nulla mentre si chiude la porta, ma sono sicura che sia arrossito.
Non riesco a trattenere un sorriso affettuoso al ricordo del suo sguardo mutato così in fretta alla vista del messaggio.
E’ lo stesso che ho io ogni volta che penso a Niall?

 
45.
 
-Alt! Cos’è questo?- chiedo, non appena mi avvicino al tavolo del fast food, indicando il piatto strabordante di hamburger e patatine fritte.
Niall, sorridendomi, ingoia lentamente. –Ti ho ordinato da mangiare, non ti da fastidio vero?-
Io scuoto la testa in segno di diniego. –Ho già mangiato. Ma lo posso portare a casa, sempre se non lo vuoi tu.- mi affretto a  dire notando la sua espressione severa.
Nervosa, prendo posto davanti a lui. Il locale non è eccessivamente pieno, i tavoli intorno a noi sono vuoti e la maggior parte dei clienti preferisce sedersi vicino alla vetrina.
Iniziamo a parlare di cose leggere, come la scuola o i programmi per il resto del fine settimana. Cerco di ignorare lo sguardo che mi manda Niall, quello sguardo che sembra dire
“so che c’è qualcosa che non va”, poi assume un tono serio e inflessibile e il tentativo di mostrare indifferenza crolla miserabilmente .
-Dobbiamo parlare, lo sai?- Mi fissa, silenzioso, mentre finisce il suo panino; io intanto giocherello con il sale e il pepe, nervosa, perché so di cosa vuole parlare.
Sono quattro giorni che tento di evitarlo, o almeno di evitare il discorso, ma lui è talmente cocciuto che vuole tornarci ad ogni costo.
 -Dobbiamo proprio?- chiedo, esasperata.
-Hope.- comincia e il suo tono preoccupato mi raggiunge al cuore. –Dopo che tuo padre se ne andrà di casa, cambierà tutto. La separazione non è una cosa da prendere alla leggera…-
-Infatti io non l’ho presa alla leggera, sto dicendo che non mi va di parlarne, anche perché non c’è assolutamente niente da dire!- ribatto, controvoglia.
Niall ha colto il mio umore, ma non vuole mollare. –Immagino che veder crollare la propria famiglia sia doloroso e so che vuoi difenderti da questa esperienza, ma non c’è niente di male a chiedere aiuto.-
-Sai che esperienza dolorosa! Questo non è niente in confronto al resto…- borbotto, spostando lo sguardo sul soffitto.
-Al resto cosa?- chiede lui, fattosi attento. I suoi occhi si sono fatti preoccupati, mi studiano attenti.
Mi rendo conto di quello che stavo per dire e cerco di rimediare al danno che stavo per commettere, ai segreti che avevo rischiato di spiattellare. –Ehm, insomma…c’è di peggio che una donna e un uomo alcolizzato che si separano, no? Senti…- faccio un gesto, come per liquidare la questione. –Io. Sto. Bene. Sul serio. Credo che sarà la cosa migliore per me, per Nick, per mia madre. Staremo meglio solo noi tre.- O almeno lo spero.
Il mio tono  ha un che di definitivo, quindi Niall, dopo avermi guardato per qualche secondo per cogliere una possibile menzogna, annuisce e finisce di mangiare, in silenzio.
 
 
Dopo aver lasciato il fast food ce ne torniamo a casa, non sapendo cosa fare.
Questa è stata una delle settimane più calde di marzo e, mentre camminiamo sul marciapiede, ci facciamo superare da due ragazzi che stanno approfittando del bel tempo facendo jogging.
Se fossi meno ossessionata da quello che pensano le persone su di me, lo farei anch’io, penso distrattamente.
Davanti casa non c’è nessuna macchina, segno che i miei sono fuori. Invito Niall ad entrare e, mentre Shila gli fa le feste, chiamo mio fratello dalle scale. Nessuna risposta.
Ultimamente a nessuno della mia famiglia piace stare qui, preferiscono uscire e pensare ad altro per qualche ora prima di tornare e affrontarsi l’un l’altro.
Per di più, ultimamente Nick è sempre arrabbiato e suscettibile. Le cose devono andargli male anche con la ragazza.
Vado in bagno per prendere un elastico abbandonato sulla mensola, quindi mi sistemo i capelli in una coda alta, lasciando libero un unico boccolo.
Mentre gli altri mi solleticano la schiena, mi osservo allo specchio. Gli occhi scuri sono truccati solo con del mascara e mi restituiscono un’occhiata scettica e insieme preoccupata e, noto con orrore, la mia pelle è eccessivamente bianca in contrasto con la chioma scura.
Manca soltanto che inizi a uscire soltanto di notte e tua madre inizierà a sospettare di aver cresciuto un vampiropenso, sarcastica.
Quando rientro in salotto, Niall è seduto sul divano e tiene Shila davanti a sé, con le mani ben distese per allontanarla dalla sua faccia.
-Non puoi mangiare l’hamburger, chiaro?- le sta dicendo -Ti fa male e inoltre ti andrebbe sui fianchi, vuoi essere una cagnolina obesa? Non guardarmi così, gli occhioni dolci non servono a niente, non puoi e basta…-
Shila, scuotendo la coda, tenta di leccarlo.
-Questa tecnica è vecchia, cara. Filtrare con me non ti darà quell’hamburger.-
Io entro nella stanza, ridacchiando. –Ehi, non credevo di dovermi preoccupare anche di Shila!- dico, mettendomi le mani sui fianchi.
Niall si volta verso di me e libera il cane dalla sua presa. –Che vuoi farci, anche i cani non riescono a resistermi.-
Io rido, buttando indietro la testa. –Stai facendo una stage di cuori anche a scuola, questo è vero.-
-Macchè, è solo una tua impressione…a malapena si accorgono di me.- minimizza lui, diventando rosso alla base delle orecchie.
  Io lo guardo, incredula della sua ingenuità. –Niall, ogni ragazza della nostra scuola vorrebbe averti vicina. Ma non ti rendi conto di quanto tu sia diventato figo?!-
Alle mie parole lui alza gi occhi su di me, incredulo, mentre io cerco mentalmente di darmi una calmata. Prendo la busta del fast food che Niall ha poggiato sul tavolo in soggiorno e la porto in cucina.
 Mi siedo sul divano al suo fianco, più vicino e più rilassata di quanto non fossi il giorno del mio compleanno alla casa sul lago.
-Vieni qui.- mi dice, il tono più basso di quanto non fosse un secondo fa, invitandomi ad accoccolarmi vicino a lui.
Rimaniamo un attimo così, Niall seduto e io semidistesa al suo fianco, la testa sulla sua spalla. Sembriamo una coppia, è la prima cosa che penso prima di liquidare quell’assurdità.
-Sai, quando ero piccolo i miei stavano per lasciarsi.- mi dice tutto d’un fiato, così velocemente che all’inizio credo di aver capito male.
E invece non era una distorsione del suono, ma la verità. Una verità scomoda, che mi lascia spiazzata.
Sollevo la testa per guardarlo negli occhi. –Cosa?- mormoro.
Lui ricambia, ma non sembra turbato, esattamente come non lo ero io mezz’ora fa. –In realtà non me lo ricordo, ero troppo piccolo quando è successo. Me l’ha detto mia madre quando ho saputo dei tuoi e…ho iniziato a pensare che, se fosse successo, io ci sarei stato malissimo. E soprattutto ti avrei voluta al mio fianco a confortarmi.- mi dice, un po’ nervoso.
-Tu ci sei sempre stata e, malgrado tutto, ci sei anche adesso. Io invece non ci sono stato per te quando i tuoi genitori litigavano nella camera a pochi passi dalla tua e non ci sono stato quando gli altri ti prendevano in giro.- mi dice, piegando le labbra in un’espressione amara.
-Niall, non devi…- inizio, ma lui mi blocca.
-No Hope, è la verità. Non smetterò mai di sentirmi in colpa.- si tira su e mi guarda dritto negli occhi. –Adesso voglio esserci per te, sempre. Voglio esserci quando ti sentirai triste, quando prenderai un brutto voto a scuola, o anche solo per parlare; e voglio esserci anche nei momenti felici, infondo chi cazzo l’ha detto che le persone devono venirti incontro solo nei momenti di difficoltà?! E se ce ne sarà bisogno, se dovrò farlo per riscattarmi e dimostrarti che a te ci tengo sul serio, sono disposto anche a portarti una tazza di latte la sera prima di andare a dormire, mentre leggi il tuo libro preferito.- Il suo viso, che si era avvicinato tanto al mio, si allontana.
Niall fa un sospiro di sollievo e mi guarda soddisfatto.
-Bene, adesso che ho fatto la figura dell’idiota, vado a seppellirmi fino al diploma…- fa per alzarsi. Io ridacchio e lo afferro per la manica.
-Niall, questa è la cosa più dolce e più sincera che tu mi abbia detto da quando ci conosciamo.- Lui è troppo imbarazzato per guardarmi negli occhi, allora con una mano lo costringo a voltarsi. –Ma, insomma, perché mi dici queste cose? –
Niall mi guarda, per poi distogliere lo sguardo. Apre la bocca per parlare, per poi richiuderla. E’ nervoso e i suoi occhi vagano per la stanza, indecisi su dove guardare.
Esita.
-Perché…- sussurra, la voce è talmente bassa che anche se dicesse qualcosa non me ne accorgerei.
-Perché…- lo incito, in attesa.
Sento i suoi respiri farsi più veloci, mentre Niall si avvicina, si avvicina sempre di più al mio viso. Una mano si sofferma sul mio collo, mentre con il pollice mi sfiora dolcemente il mento e la mandibola.
E io rimango lì, immobile, perché quello che sta per succedere è assurdo e non può essere vero perché io sono quella ragazza a cui non capitano cose così belle.
Eppure, è me che Niall Horan sta baciando e, si, le sue labbra sono proprio sulle mie.
 
 
-Devo andare.- si scusa Niall, stampandomi un altro bacio e mostrandomi il telefono. Siamo sulla soglia, davanti alla porta, ma lui non ha fretta di uscire. Mentre mi afferra i fianchi, mi stuzzica il collo con una scia di piccoli baci.
-Per la cronaca, io bevo sempre il tè prima di andare a dormire.- gli dico scherzando, come promemoria.
Lui sorride, ricordando le parole dette da lui poco fa. –Okay, me ne ricorderò.- dice, avvicinandosi di nuovo verso le mie labbra.
Mi scosto leggermente. -Devi andare.- gli ricordo, allungando una mano e aprendo leggermente la porta. Sorride.
-Vero.- afferra la maniglia e fa per girarsi, ma poi cambia idea e mi guarda.
-Sai, dovresti legarti i capelli più spesso, non solo quando sei a casa. Ti scopre il viso e sembri…-
-Sembro cosa?-
Alza le spalle. –Diversa, più solare.- e mi fa l’occhiolino, mentre io lo guardo allontanarsi verso la strada.
Se non sono morta adesso, niente potrà farmi fuori.

  




-HERONICA IS REAL, BITCHES!!!
*And we danced all night to the best song ever we knew every line now I can't remember how it goes but I know that I won't forget her, cause we danced all night to the best song ever.  
I think it went oh, oh, oh
I think it went yeah, yeah, yeah
I think it goes..*


Hiiiiiii piccoli bocciuoli :D

No, non state sognando...sono tornata! HO AGGIORNATO! Incredibile, non è vero?
L'ultima volta avevo detto che avrei aggiornato più spesso...eheh, facciamo finta che non ho detto nulla, va bene?^-^"
Mi chiedo, ma come fate a soportarmi ancora? Perchè non avete tolto questa storia dal vostro account?!
Sono una baldracca che aggiorna quando le è più comodo, eppure voi siete ancora qui a recensire, VI AMO <3.
Adesso, passando al capitolo...credo sia uno di più lunghi che abbia mai scritto, se non IL più lungo! In effetti ho paura che qualcuna vedendo la lunghezza non abbia voglia di leggerlo (vi prego fate un piccolo sforzooo *occhi da cucciolo*).
E...che ne dite del finale?!*-* Alzi la mano chi non si aspettava assolutamente il bacio! Eheheh, in effetti ho deciso di metterlo all'ultimo minuto xD
Comunque non credete che tutto quello che ho scritto prima del bacio sia stato solo per allungare il brodo u.u nel prossimo capitolo verrete a conoscenza di molte cose (o quasi tutte, dipende dal livello di suspence che vuole lasciare la sottoscritta)...quindi PREPARATEVI!
Ringrazio di nuovo tutte voi che occupate alcuni minuti del vostro tempo per questa storia :'') 
Un bacio Directioners =*

  
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