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Autore: Doineann Liath    31/07/2013    0 recensioni
Era metà Giugno, ma faceva freddo. Ero l'unica vestita con un abbigliamento quasi autunnale, con il solito chiodo nero, che stava sopra una maglia bianca con un corvo morto: In Flames. I jeans strappati dal colore che oscillava tra il blu scuro e il grigio. Gli stivali neri sporchi di fango. Il berretto di lana nero che portavo sempre in inverno, con il ciuffo ribelle che mi riparava l'occhio sinistro, pieno di dolore. Solitudine. Cosa stava succedendo? Pioveva leggermente.
Genere: Dark, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Era tutto così strano. Sembrava che nessuno mi riconoscesse. Mi sentivo quasi un'intrusa, nel bel mezzo della strada, le macchine non mi colpivano, si spostavano di poco, giusto per farmi sentire lo spostamento d'aria per farmi capire che mi dovevo levare di mezzo, ma per qualche strana ragione non lo feci, ero incantata. Era metà Giugno, ma faceva freddo. Ero l'unica vestita con un abbigliamento quasi autunnale, con il solito chiodo nero, che stava sopra una maglia bianca con un corvo morto: In Flames. I jeans strappati dal colore che oscillava tra il blu scuro e il grigio. Gli stivali neri sporchi di fango. Il berretto di lana nero che portavo sempre in inverno, con il ciuffo ribelle che mi riparava l'occhio sinistro, pieno di dolore. Solitudine. Cosa stava succedendo? Pioveva leggermente. Perché nessuno si rendeva conto di me? Mi avvicinai a due ragazze che ricordavo come ricordavo il mio nome. No, aspetta. Non ricordavo nemmeno quello. Mi avvicinai a loro, se ne stavano all'angolo di una pasticceria. Mangiavano meringhe e paste appena sfornate. Le fissavo con gli occhi vuoti. ".. Che hai da guardare?" mi chiese secca la ragazza con il ciuffo rosso. "Non hai di meglio da fare?" la ragazza con i capelli ricci e neri. Uscii. Camminai con le mani in tasca verso una meta che non conoscevo, ma volevo allontanarmi, scoprire. ... Scomparire. Tutti gli occhi erano su di me. Sentii un fastidio al polso sinistro, alzai la manica della giacca di pelle. Un braccialetto in acciaio, che cercava di coprire qualche vecchia cicatrice. Vi era un'incisione sopra, magari era il mio nome. Slania.

Quella città aveva un che di strano. La gente camminava svogliatamente, con un'espressione in volto che non riuscivo a decifrare. Mi sembrava morta, loro mi sembravano morti. Sfiancati dalla solitudine e dalla depressione, cercavano conforto nel camminare in quella città in cui l'aria traboccava di smog. Ma magari era solo una mia malata impressione, ne ho avute tante. Il mio sguardo si fermò su una madre e sua figlia. Erano in gelateria e la figlia stava mangiando un cono allegramente. La madre la guardava sorridente, mentre beveva un caffè. Non sapevo se quella scena mi desse il voltastomaco o semplicemente mi faceva tenerezza, sapevo solamente che guardarla mi stava facendo del male. La madre baciò la figlia sulla fronte. Mi venne una fitta al cuore. Ah no aspetta. Ma io non ho un cuore. Ripresi a camminare, inghiottendo lo smog, mordendomi le labbra. Era il mio vizio. Vidi un lento, semplice giovane in una strada trafficata con un piattino per la carità nella sua mano tremante. Provò a sorridere ma soffre infinitamente. Nessuno lo nota. Io sì, ma vado via. Poi, ne vidi un'altro, era un vecchio, steso male, a dormire. C'era un cane a tenergli compagnia. Anch'esso dormiva. Notai una bottiglia di Whiskey mezza piena o mezza vuota accanto a lui. Gliela rubai e bevvi. Mi sentivo in colpa, in colpa per tutto. In colpa per non aver risposto a quelle due ragazze, in colpa per non aver offerto nemmeno un nichelino a quel ragazzo, in colpa per aver rubato dell'alcol a chi ne aveva più bisogno di me. Bevvi e bevvi ancora, senza nessun rimpianto. Non riuscivo ad andare avanti senza quel goccio che mi bruciava la gola.
  
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