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Autore: Stateira    10/02/2008    19 recensioni
Le notti di Harry sono improvvisamente agitate da strani sogni. Ma qual è il loro significato? Chi è il misterioso personaggio in cerca di aiuto?
Genere: Romantico, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Premessa: questo capitolo contiene riferimenti yaoi/slash più espliciti che in precedenza

Premessa: questo capitolo contiene riferimenti yaoi/slash più espliciti che in precedenza. Non ho ritenuto di dover alzare il rating per essi, ma se lo reputate opportuno, segnalatemelo.

 

 

Harry si agitava fra le coperte mezze sfatte del suo letto. Per fortuna, Ron aveva il sonno abbastanza pesante da non lasciarsi disturbare da quisquilie come un amico alle prese con i suoi strani sogni. La stellata, fuori dalla finestra del dormitorio, era fulgida, come quelle senza tempo immortalate in poesie e dipinti da quegli uomini che erano riusciti a staccare lo sguardo dalla terra. Harry però, con gli occhi chiusi e la faccia soffocata sul cuscino, non poteva vederla.

 

- Non va bene. – si preoccupò Marzio. – Se questo Malfoy non accetta Derevan, lui è completamente impotente. Non può fare nulla per imporre la sua presenza, è la regola. –

Harry si strinse nelle spalle, sentendosi un po’ inutile. – Posso solo sperare che mi abbia ascoltato, quando gli ho detto che deve fidarsi. Ma Malfoy è un testone. –

- Non ci voleva. –

- Mi è sembrato spaventato. – si sentì in dovere di difenderlo Harry. – Non è difficile da capire, non credi anche tu? –

- Sì, sì, d’accordo. – asserì Marzio, un po’ duramente.

- Senti, Derevan è un tipo aggressivo? No, perché se è solo la metà di Malfoy… –

- Derevan è il ragazzo più dolce di questo mondo! – si infervorò il Romano. – Tu nemmeno immagini quanto sia gentile e buono, non farebbe male ad una mosca. –

- Oh. – ritrattò Harry, alle prese con l’immaginare un Malfoy ineditamente innocuo. – Beh, allora… che cosa succede, se Malfoy si ostina a cacciarlo? –

Marzio si oscurò. – Succede che Derevan sarà costretto ad andarsene dai suoi sogni, e mettersi a cercare qualcun altro. Potrebbero volerci altri secoli prima che riesca a trovare un’altra anima gemella, e per allora potrei non trovarla io, e così la spirale non avrebbe più fine. –

 

Harry si mordicchiò il labbro inferiore, ciondolando lentamente la testa in segno di assenso. C’era da immaginarselo, che le cose sarebbero potute andare così, ma in cuor suo non ne voleva sapere di gettare la spugna in quel modo, dopo aver conosciuto un po’ Marzio. Malfoy o non Malfoy, oramai il desiderio che quei due potessero ricongiungersi era diventato anche il suo.

 

- Ok, senti. Parlerò con Malfoy, e lo convincerò a collaborare con noi. Deve pur avere uno straccio di cuore da qualche parte, e mi rifiuto di credere che sia così gelido da restare indifferente alla vostra situazione. –

- Se così fosse? –

- Se così fosse, lo riempirò di pugni finché non gli tirerò Derevan fuori dalla testa, e te lo servirò su un piatto d’argento. –

 

Marzio arricciò il naso, impressionato. – Dì un po’, non ti piace proprio questo Malfoy, eh? –

- Nemmeno un po’. – confermò bruscamente Harry. – E’ che si crede chissà chi, e invece è un rompiscatole spocchioso e arrogante, e non è capace di combinare altro che guai. –

- E magari ti straccia con le pozioni. –

- Puoi dirlo forte, lui e quel suo sorrisetto da “sono il dio dei calderoni”. –

- Senti, come siamo messi a Ippogrifi? –

- Oh, lascia perdere, credo che quelle bestie siano allergiche a Draco peggio che un gatto all’acqua. Perché me lo chiedi? –

Marzio ridacchiò e fece spallucce, limitandosi ad un: - No, niente. – che sapeva tanto di bugia.

 

Harry, comunque, non ebbe modo di indagare oltre.

 

- Oh oh, mi sa che ci siamo. – ghignò il romano, appena l’atmosfera cominciò ad addensarsi e a sfocarsi.

 

I due furono sbalzati nel bel mezzo di un prato sterminato del tutto simile a quello che circondava il bosco in cui Harry incontrava Marzio. L’erba era più scura, però, per via del sole al tramonto, e aguzzando un po’ la vista Harry si accorse che proprio monotono non era, perché poco lontano da loro sorgeva una sorta di capanna di legno che assomigliava vagamente ad un magazzino per gli attrezzi; e a non più di un chilometro di distanza, verso ovest, ben visibile nell’aria tersa, sorgeva una cinta alta e nera, fatta di grossi tronchi ben scortecciati.

- Quella è Venta? È la stessa città che abbiamo visto tempo fa? – provò ad indovinare Harry.

 

Ma Marzio non lo stava ascoltando. Il suo ghigno si era volatilizzato immediatamente giunti in quel luogo, e tutta la sua attenzione adesso era concentrata sulla casupola di legno.

 

- Hey, va tutto bene? –

 

Il Romano si riscosse, e si affrettò ad annuire, per altro senza nessuna convinzione. Quando si incamminò verso il capanno Harry lo seguì, ma lui si fermò subito, e lo guardò in modo strano.

- Forse è meglio che tu… - disse con voce rotta, interrompendosi quasi subito e riprendendo a camminare, come se improvvisamente non gli fosse importato più di niente.

 

Harry gli si rimise alle calcagna, confuso dal suo strano comportamento, e anche un po’ spaventato. Giunti a pochi passi dalla piccola costruzione, Harry scorse qualcosa muoversi oltre l’angolo formato dalle assi di legno che ne formavano le deboli pareti.

Si affacciò, e ci mancò poco che finisse con il sedere per terra dallo stupore e dallo sgomento.

 

Legati ad un ceppo piantato frettolosamente nel terriccio morbido, c’erano due cavalli, I due cavalli, quelli apparsi più volte nei suoi sogni, interrompendoli sul più bello.

 

- Ma questi… -

 

Marzio lo seguì con lo sguardo assorto. – Oh, eccoli. – mormorò.

Si fece avanti pigramente, mentre le due cavalcature non si accorgevano né di lui né di Harry.

 

- Questo è di Derevan. – spiegò, con una punta di tenerezza, accennando con il capo all’ unicorno dal manto di uno scintillante colore cangiante che pasceva tranquillo. – E’ un animale magnifico. Si chiama Shay, nella lingua di derevan significa “dono”. –

- Non sapevo che gli unicorni si potessero addomesticare. –

- Derevan è l’unica persona che io abbia mai conosciuto, a montare un unicorno. E Shay non si lasciava toccare da nessun altro all’infuori di lui. Con lui era dolcissimo e premuroso, tra loro c’era un’alchimia speciale, e se tutto ciò che si dice sugli unicorni risponde a verità, allora Derevan era sul serio un’anima baciata dagli dèi. –

 

Harry annuì. Lui non sapeva troppe cose sugli unicorni, ma si ricordava bene tutti quelli che aveva visto, anche di quello morto del primo anno, perché quello spettacolo gli aveva straziato il cuore come poche altre cose.

 

- Quindi questo è il tuo? – domandò indicando l’altro cavallo, messo quasi esattamente di profilo rispetto a loro.

- Esatto. È il mio splendido stallone. – rispose Marzio con un certo orgoglio nella voce. – Fulgor, il lampo. Ah, quante corse a perdifiato, su e giù per le colline fuori Roma. –

 

Appena pronunciato il suo nome, l’animale sollevò il muso e diede una decisa scossa al crine nero, come se fosse riuscito a sentire la voce del suo padrone. Per un momento, Marzio sembrò sul punto di commuoversi.

 

- Senti. – disse sottovoce. – Io vado dentro. –

- Vengo anch’io. –

 

Sul viso squadrato di Marzio apparve un’ombra preoccupata, ma il Romano non disse niente, limitandosi ad incamminarsi lentamente vero il lato opposto della capanna, dov’era la porta.

 

Raggiunsero insieme l’entrata, e la varcarono. Senza nemmeno sapere perché, Harry lo fece in punta di piedi, in una sorta di silenzio rispettoso di chissà che cosa.

 

Si trovò davanti un’unica stanza, e immediatamente superato l’uscio, c’erano dei gradini di legno, costruiti grossolanamente con delle assi inchiodate e legate fra loro. Si scendeva di pochi scalini, poi si apriva una sorta di lungo ballatoio che correva lungo le altre tre pareti della casupola, e di nuovo giù, per un’altra manciata di passi. Mentre, tutt’attorno al ballatoio, stavano appesi alle pareti delle corde, pale, e altri strumenti da lavoro, sul pavimento formato da assi irregolari c’erano sacchi pieni di paglia, alcune coperte e alcune ciotole di legno e di argilla.

E c’erano Marzio, e Derevan.

 

Harry deglutì rumorosamente.

 

Marzio stava spogliando lentamente l’Iceno, con gesti misurati e infinitamente attenti.

 

- Pulcherrimus es tu. – Mormorò, vagando con occhi persi sulla sua pelle cerulea, e lasciandosi investire dal suo profumo che saliva tenue ed inebriante dalle sue spalle, dal petto e dalle braccia.

 

Derevan respirava a fatica, incapace di pronunciare anche solo una parola. Improvvisamente, si voltò verso di lui e chiese le sue labbra, sfiorandole con le dita fino ad attirarle contro le sue, in un bacio che ingoiava lacrime che nessuno dei due riusciva a versare.

Non c’era tempo, ora, non era il momento. Scesero sulle ginocchia, stretti e tremanti entrambi.

Derevan si morse l’interno della guancia, mentre schiudeva le gambe esitando, e sentiva i fianchi dell’amante farsi spazio fra esse.

 

- Io non… -

- Lo so. Farò piano.

- Ho paura. –

 

Marzio gli accarezzò teneramente un ciuffo di capelli che gli scendeva quasi fino al mento, rapito dall’innocenza della sua sincerità. - Shhh, va tutto bene. – lo rassicurò.

 

- Non sei tu a farmi paura. – insistette Derevan. – E’ tutto ciò che ci circonda. –

- Non devi pensarci.  In questo momento solo queste pareti spoglie conoscono il nostro segreto. –

 

Marzio parlava ad occhi chiusi, strusciando il suo viso su quello di Derevan; ondeggiava delicatamente sopra di lui, lambendo ogni volta le sue labbra e baciandole piano, con una devozione inesplicabile.

 

Gli posò un bacio sulla guancia, prima che la sua bocca si contraesse in un sospiro. Derevan trattenne solo in parte una smorfia di dolore, ma la dissimulò premendo il volto sul suo torace. Marzio lo allontanò, e non c’erano dubbi che volesse vederlo in viso e sapere ogni cosa delle sue sensazioni. I suoi occhi erano resi acquosi dal piacere che il suo corpo provava, ma anche dolci dall’apprensione per il suo amante.

 

Si sistemò delicatamente in modo da poter controllare ogni movimento e renderlo il più delicato possibile. Derevan lo lasciò fare, e lo implorò di continuare.

Gli strinse le mani sul petto, incurvò il bacino, fremette, lo guardò; sembrava che non gli importasse nulla del dolore, lui voleva essere suo, voleva solo poterlo amare come il suo cuore gli chiedeva di farlo, così totalmente da far sparire ogni altra cosa e lasciarli soli, lì, nel bel mezzo del nulla.

 

Harry indietreggiò verso la scala. Non sapeva nemmeno cosa provare, se orrore, o paura, o disperazione. C’era qualcosa che gli pizzicava lo stomaco, si sentiva l’addome informicolito e, soprattutto, la testa gli girava come una trottola impazzita.

 

- Ti dispiace se rimango qui. – soffiò Marzio, senza nemmeno voltarsi verso di lui. – Soltanto per un momento. –

 

Harry non gli rispose. Risalì le scale correndo, proprio mente Marzio cominciava ad ansimare un po’ più forte.

Quando si fu richiuso la porticina di legno, continuò a correre verso l’aperta prateria, finchè non ebbe più fiato.

 

I sospiri e i gemiti dei due amanti gli rombavano ancora nelle orecchie e nonostante se ne fosse allontanato, era come se non riuscisse a mettere fra di loro una distanza sufficiente.

 

Capiva Marzio, davvero, e non lo giudicava, però non avrebbe retto oltre a quello spettacolo surreale, e spaventosamente, spaventosamente giusto.

 

Aveva provato qualcosa, guardando quei due fare…

Qualcosa di cui non voleva sapere niente.

 

Si era sentito voyeur di un momento estremamente intimo che non avrebbe dovuto riguardarlo, ma una voce in lui gli aveva dato il diritto di vedere e di sapere, e anche di provare quel qualcosa che aveva guastato. Era di nuovo l’amore di Marzio che lo invadeva, anche se adesso Derevan aveva una faccia, una faccia sbagliatissima, e così inedita e dolce con lui.

 

Camminò ancora un po’, passeggiando in tondo nelle vicinanze della casupola, senza poter fare altro che aspettare che Marzio uscisse di lì. Si rese conto che il giorno dopo avrebbe dovuto affrontare Draco, parlare con lui. Rabbrividì, terrorizzato all’idea di non sapere che cosa gli avrebbe raccontato, con quelle immagini negli occhi.

 

Lui non era Marzio, e Malfoy non era Derevan, e ciò che era accaduto fra di loro non li riguardava. Però…

Però.

Dio, com’era diventato tutto complicato. Lui ci avrebbe anche provato, a dire a quel Romano che senti, le cose si stanno facendo decisamente troppo strane, ma si conosceva, non sarebbe mai riuscito a tirarsi indietro, dopo che lui gli aveva aperto tutto il suo mondo.

Però Malfoy aveva ragione, essere dei Grifondoro era più una grana che un vanto.

 

Girò attorno alla capanna per quella che doveva essere la quinta volta ormai, quando finalmente si decise a fermarsi sul retro, dove sostavano i due cavalli lasciati a pascolare nei dintorni. Si accorse di essersi sbagliato circa i paramenti dei due destrieri: quello di Marzio era legato, mentre l’unicorno di Derevan era libero. Non aveva sella né redini, e del resto c’era da chiedersi se un animale del genere avrebbe mai sopportato di essere imbrigliato e imbacuccato come un ronzino qualunque.

Il cavallo di Marzio, in confronto a Shay, era un vero gigante. Lui sì che era legato ad una corda, ma il nodo era talmente molle, e il palo piantato in modo così superficiale che sarebbe bastato uno strattone nemmeno troppo deciso per liberarsi.

Evidentemente, entrambi i cavalieri sapevano che le loro cavalcature non li avrebbero abbandonati. È sempre una bella cosa la fiducia, anche quando si tratta di cavalli.

 

Fulgor, o come diamine si chiamava, era un po’ più tranquillo del suo compagno. Shay di tanto in tanto batteva con forza lo zoccolo sul terreno, producendo un tonfo attutito contro il terriccio morbido. Fulgor lo guardava in modo straordinariamente vivido, come avrebbe fatto un essere umano. Era persino buffo il modo in cui sembrava volerlo rimproverare. Shay allora si innervosiva, piccato per quell’atteggiamento autoritario nei suoi confronti, e scalciava più forte, sbuffando per dispetto. Il cavallo si sollevava sulle zampe posteriori per far valere la sua stazza, e allora l’unicorno scuoteva pigramente la sua incredibile criniera, trapuntata di stelle anche in pieno giorno, e i due finivano con lo studiarsi ancora per un po’, per poi ignorarsi alcuni minuti, e ricominciare tutto daccapo.

 

Facevano un po’ ridere, in effetti.

 

- Harry. –

 

Per un momento, ebbe l’impressione che fosse stato l’unicorno a chiamarlo.

 

Marzio lo sorprese alle spalle. Aveva un aspetto piuttosto scosso, e se ne stava chiuso nel suo mantello rosso come se avesse avuto addosso tutto il freddo del mondo.

 

- Mi dispiace. – disse soltanto. Si stava scusando per tutto, per averlo lasciato entrare in quel posto in primis, e per essere rimasto dentro dopo, ritagliandosi qualche minuto di egoistica e disperata contemplazione della sua stessa memoria, dimentico di Harry per quel poco che poté.

- Non fa nulla. –

Marzio annuì fra sé, tenendo gli occhi bassi. – Mi sono comportato in modo infantile. – cercò di insistere, palesemente per tornare su un argomento che sapeva benissimo essere imbarazzante per Harry, ma di cui lui aveva bisogno di parlare, dopo secoli e secoli di silenzio. Anche per questo si era scusato, poco prima.

 

- Posso capirti. –

- Davvero? –

- Ma certo. Credo che mi comporterei così anche io, se potessi rivivere qualcosa di bello con chi amo, anche se… -

- Anche se è un’illusione. –

 

Harry reclinò la testa, osservando i due cavalli che si litigavano una zolla di terra che entrambi reputavano particolarmente appetitosa.

 

- Facevano sempre così? – indagò, giusto per cambiare discorso.

 

Marzio si strinse nelle spalle, con divertita rassegnazione. – Più o meno. Una volta, ricordo che Shay cercò di rubare delle mele a Fulgor, e Fulgor gli cacciò una musata che per poco non lo mandò a sbattere contro un albero. E quel piccolo demonio reagì caricandolo a testa bassa. Se Derevan non fosse intervenuto a separarli si sarebbero ammazzati di sicuro. –

- Derevan? –

- Già. Ha un ottimo ascendente sugli animali. Tranne che sugli Ippogrifi. –

- E perché? –

- Oh, non me lo chiedere. Non ho idea del perché, ma era terrorizzato dagli Ippogrifi. Se ne vedeva uno prendeva a strillare come un pazzo, e correva a nascondersi il più lontano possibile. –

- Ma non mi dire. – sghignazzò Harry.

 

In quel momento, Shay sollevò la testa, guardando dritto verso di loro. Harry arretrò di un passo, impressionato dalla forza dello sguardo dell’unicorno, e dalla sua limpidezza perfetta.

Fulgor lo imitò, un po’ meno convinto. Marzio si limitò a rimanersene lì fermo, consapevole più di Harry che i due destrieri potevano forse avvertirli nell’atmosfera, ma di certo non vederli.

 

- Shay è un animale molto intelligente. – aggiunse riprendendo il suo discorso. - Ma non è troppo gentile con chiunque non sia Derevan. E Fulgor è buono, ma è un tantino orgoglioso, e se perde la pazienza sono guai. Potrebbero essere buoni amici, e invece si fanno i dispetti come due monelli. –

- Tu e Derevan, invece? Non eravate diversi? –

 

Il Romano fece un gesto incomprensibile con la mano, come se avesse voluto scacciare via qualcosa. Si buttò a sedere sull’erba fresca con un tonfo, stiracchiandosi.

 

- Io e Derevan eravamo molto diversi. – spiegò a mezza voce. – Ma vedi, ci sono delle differenze che sono delle occasioni, e ti rendono più ricco. Derevan mi ha dato moltissimo proprio perché vedeva il mondo in una maniera completamente diversa da come lo vedevo io. –

- Ma questo non vi portava a scontrarvi? – volle sapere Harry, un po’ scettico.

- Qualche volta sì. – asserì Marzio. – Quando si trattava di orgoglio, nessuno dei due voleva mai cedere. Ma era bello così, io amavo vederlo infiammarsi per ciò in cui credeva, e darmi addosso perché secondo lui io non ero altro che un’aquila ottusa. –

 

Raccolse un filo d’erba verde brillante, e prese ad accarezzarne delicatamente lo stelo, sul recto e sul verso, facendoselo scorrere fra il pollice e l’indice.

 

- Comunque, Derevan era un ragazzo dolcissimo. Lui amava qualsiasi cosa abitasse questa terra, e non sapeva nemmeno che cosa significassero il tradimento, l’odio, e sentimenti del genere. Certe volte, quando potevamo dormire insieme, mi si rannicchiava fra le braccia e mi diceva che gli facevo paura, perché io conoscevo queste cose tremende. Diceva che per questo io ero più freddo, ma anche più saggio, perché un veleno lo si riconosce soltanto se lo si è assunto almeno una volta. –

- E tu? Ti sentivi più freddo, rispetto a lui? –

Marzio sorrise amaramente fino quasi a ridere, e fra accenni di singulti disse: - Io mi sentivo un mostro, rispetto a lui. Con le mie mani, avevo ucciso uomini, e fatto soffrire vedove e orfani condannandoli alla schiavitù. Lui, con le sue, curava le malattie e le ferite, e dava conforto a chiunque ne avesse avuto bisogno. Guarì anche me innumerevoli volte, e nonostante andassi a combattere la sua gente, mi aspettava con le lacrime agli occhi, e piangeva su ogni mia ferita come se fossero state sue. In quei momenti, lui metteva il suo cuore di cristallo fra le mie mani di fango, e io mi appellavo agli dèi perché purificassero il mio cuore e mi rendessero degno di lui. Non sono altro che un soldato, eppure lui mi ha dato tutto sé stesso, la sua anima di fanciullo e il suo corpo incantato, la sua pelle, e i suoi baci, e tante altre cose ancora. –

- Merlino, lo amavi come un… - Harry non seppe nemmeno come terminare la sua frase, tanto era difficile cercare una definizione adeguata.

- Come un pazzo, vero? – lo aiutò Marzio.

- Come un pazzo. –

- Già. –

 

Marzio si rimise in piedi di scatto, e quando Harry tentò di imitarlo, confuso, il paesaggio attorno a loro prese a vorticare.

 

- Harry, ho solo un modo per poterlo rivedere, uno soltanto. – disse, sovrastando a fatica uno strano vento irreale che mugghiava da ogni direzione verso di loro. – Ma mi occorre il tuo aiuto. –

 

 

 

 

 

 

ANGOLINO!

 

Uff, festeggiamo la fine della sessione di esami! Non ci crederete mai, ma l’ultimo l’ho passato discorrendo di fanfictions. Biblioteconomia, si parlava di plagio e copywrigth, e sapete come vanno queste cose, una frase tira l’altra…

Mi sono eroicamente astenuta dallo specificare al prof che scrivo storie yaoi. A un certo punto ci ho pure pensato, ma mi è sembrato più saggio evitare di dire qualcosa che avrebbe potuto usare contro di me al momento del voto.

 

Nota: Pulcherrimus es tu, significa “sei bellissimo” o “sei splendido”. Quel tu funziona un po’ come in italiano. Potrebbe essere omesso, e per questo la sua presenza rimarca la forza della frase. Tu, proprio tu, sei bellissimo.

 

Inoltre, ve ne siate accorti o meno, Marzio nei suoi discorsi salta continuamente dal tempo passato al presente. Non è un errore o una svista, è del tutto voluto, per cercare di sottolineare la confusione che lui stesso vive, fra ciò che era e ciò che è, fra il fatto che Derevan sia un ricordo, ma sia anche tangibile.

 

Dunque, oggi invece che rispondere a ciascuno ho deciso di dedicare questo spazio a delle delucidazioni generali su domande che sono ricorse. Spero che possa esservi utile!

 

Innanzitutto, la questione Draco/Derevan nel sogno. In realtà Derevan non gli mostra ciò che vuole, non può farlo. Come avrete avuto modo di capire, Marzio e Derevan “sentono” quando un ricordo sta per materializzarsi, ma nessuno dei due è in grado di prevedere quale sarà. Rileggendo il capitolo mi sono resa conto dell’ambiguità delle parole di Derevan. Non intendeva dire che se Draco vuole, lui gli mostrerà un ricordo preciso, ma che dipende dalla sua volontà il vedere un qualsiasi ricordo. Se Draco si chiude, come Marzio spiega in questo capitolo, Derevan non può fare nulla, incluso mostrargli i suoi ricordi. Tenete presente che più avanti, a queste considerazione si aggiungerà un altro tassello, che per ora non vi svelo.

 

Secondo, la benda insanguinata. Come mai viene data a Derevan per fasciare la ferita, ma poi compare nel sogno di Marzio? Non è perché lui l’abbia conservata, ma semplicemente perché un sogno è un sogno, un affastellarsi di ricordi e desideri, per cui la benda rappresenta Derevan, e il gesto premuroso che Marzio compì in quell’occasione. Inoltre, in questo modo si crea una rete di richiami fra i sogni di Draco e Harry. Prendete la storia degli Ippogrifi. Riguarda Derevan/Draco, ma solo Harry lo sa! È tutto un incastrarsi di elementi che, spiegati così, farebbero venire il mal di testa.

 

Poi, e qui vi volevo, però lo ha notato solo Dark: vi siete accorti che Draco, proprio l’arrogante Draco che discrimina chiunque non sia come lui, è rimasto allucinato per quel “barbaro” detto a Derevan? Per forza: Derevan è un po’ sé stesso, e si sa che chi discrimina non tollera di essere discriminato. Chissà che non gli serva di lezione…

 

Infine: il “mondo”, come ormai lo avete ribattezzato, dove Draco e Derevan, e Marzio e Harry si incontrano. È proprio come dice Synoa, è una sorta di terra franca nel sogno, dove Marzio e Derevan hanno alcuni poteri, come appunto quello di mostrare dei ricordi, ma dove Draco e Harry conservano la loro influenza, trattandosi pur sempre dei loro sogni. È un mondo ancora avvolto nel mistero, comunque, e tale rimarrà per un po’!

 

Ecco qui, spero di aver fatto un po’ di chiarezza su ciò che potevo chiarirvi. Grazie per tutte le vostre recensioni, e mi raccomando, se avete dubbi non esitate a chiedere. Se non ho risposto a qualcosa, naturalmente, è perché vi voglio male e desidero che continuiate a soffrire, perciò rassegnatevi! ^___^

  
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