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Autore: LadyVoldemort    10/02/2008    1 recensioni
Voldemort è il mio passato, il mio presente e il mio futuro. Ma a volte è anche la mia maledizione più grande...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Harry Potter, Tom Riddle/Voldermort
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti

Ciao a tutti! Per prima cosa vorrei scusarmi per averci messo quasi due anni a scrivere l'ultimo capitolo. Mi getto in ginocchio ai vostri piedi implorando pietà! Spero comunque che possiate gradirlo.

 

Capitolo 6

IO SO AMARE

 

Neville e Seamus mi aiutano a raggiungere il mio letto e a sedermi.

Dean cerca di togliermi di mano la bacchetta, ma io non la lascio andare. Non mi sento sicuro senza.

Alla fine me la strappa dalle mani e al suo posto mi fa prendere un bicchiere d’acqua.

Io non ho le forze per bere. Il bicchiere mi cade e l’acqua si versa sulla coperta.

I miei amici mi guardano preoccupati.

A me non importa. Non mi importa più niente.

Senza Tom la mia non è vita, è solo esistenza.

Ma Tom non c’è più. Anzi, a dire il vero non c’è mai stato.

Inganno!

È stato tutto un maledettissimo imbroglio!

Sdraiato sul letto comincio a piangere. Non mi interessa cosa possono pensare di me i miei compagni di stanza.

Sento delle voci, ma non riesco a capire a chi appartengono. Vedo della gente intorno a me, ma improvvisamene non capisco più di chi si tratta.

Non capisco più niente.

 

«Harry!» gridarono tutti insieme i ragazzi presenti. Ma il loro amico non poteva sentirli.

«È svenuto…» commentò Neville guardando preoccupato i suoi compagni.

«Ma che bravo, da solo non ci sarei mai arrivato!» rispose sarcastico Seamus.

«Smettetela! Dobbiamo fare qualcosa per aiutare Harry! È sotto shock per l’intrusione di Voi-Sapete-Chi nel nostro dormitorio, e ha bisogno di tutto l’appoggio dei suoi compagni…» puntualizzò Dean. Sembrava fosse l’unico a non essersi fatto prendere dal panico.

All’improvviso la porta si spalancò, e due figure entrarono a passo di corsa.

«Harry! Ho fatto più in fretta che ho potuto, ti ho portato il preside!» disse tutto d’un fiato Ron prima di lasciarsi cadere sul proprio letto, distrutto dalla fatica di quella corsa disperata in piena notte.

«Non credo che in questo momento il nostro Harry sia in grado di sentirti…» commentò Silente con una tranquillità addirittura fuori luogo.

Il vecchio preside osservò i volti dei suoi studenti, uno ad uno, per cercare di leggere attraverso i loro occhi ciò che passava nelle loro menti. Voleva capire cos’era accaduto, ma voleva che fosse Harry a dirglielo.

«Signori Weasley, Paciock, Finnigan e Thomas, potreste essere così cortesi da accomodarvi fuori da questa stanza? Ho bisogno di restare da solo con il signor Potter. Voi potete terminare il vostro sonno nella Sala Comune.» furono le parole di Silente.

I quattro ragazzi lo guardarono allibiti.

Che cosa dovevano fare? Dormire in Sala Comune? Non se ne parlava proprio! Piuttosto sarebbero rimasti svegli tutta la notte!

«Su ragazzi, non fate quelle facce! Troverete che nella stanza sono apparsi quattro comodi letti nascosti da un paravento. Sarà come se vi trovaste ancora nella vostra camera.» li esortò ancora il preside.

Sconsolati i quattro si incamminarono verso la porta. Tanto non avrebbero dormito comunque! Invece, non appena ebbero toccato quei morbidi letti, crollarono in un sonno quasi incantato, tanto che sembrava ci fosse sotto lo zampino di Silente.

Intanto, appena la porta fu chiusa alle spalle dei quattro compagni Grifondoro del sesto anno, Silente fece sparire dalle proprie labbra il solito cordiale sorriso che riservava sempre a tutti. Divenne improvvisamente serio, come nessuno dei suoi studenti lo aveva mai visto.

Fissò lo sguardo su Harry. Cominciava a pensare che quel povero ragazzo stesse sopportando troppe cose, e che tutto da solo non sarebbe mai riuscito a farcela.

Ma quello non era il momento giusto per la malinconia.

«Innerva!» recitò, la bacchetta puntata al petto di Harry.

 

Apro gli occhi.

Non vedo niente.

Provo a mettere a fuoco. Dopo alcuni minuti, mi rendo finalmente conto di dove mi trovo.

Sono nel mio dormitorio, sopra al mio letto.

Fuori sembra notte. Ma dove sono i miei compagni?

«Li ho pregati di passare la notte altrove.» sono le parole che arrivano in risposta ai miei pensieri.

Chi è in grado di scrutare la mia mente senza trovare ostacoli?

Voldemort!

Salto subito a sedere e afferro la bacchetta.

Ho un giramento di testa dovuto al movimento troppo rapido, e rischio di cadere. Delle mani forti mi afferrano.

«Resta giù.» mi ordina con gentilezza una voce che conosco bene.

Sì, so chi si trova con me in questa stanza.

È Silente!

Meno male…

«Professore, per fortuna è arrivato…» riesco appena a dire.

Mi rendo conto che non ho fiato in gola. Non credo che parteciperò ancora molto alla conversazione. E la cosa è preoccupante, perché Silente pretenderà che sia io a parlare.

«Harry… Innanzitutto come ti senti?» mi chiede.

Io lo fisso. I miei occhi diventano lucidi. La testa continua a girare.

«Potrei stare meglio.» cerco di sorridere mentre lo dico.

Anche Silente accenna vagamente ad un sorriso, ma poi torna immediatamente serio.

Ora che ci faccio caso, non l’avevo mai visto così. La sua solita aria gioviale è sparita, lasciando il posto ad un’espressione quasi accigliata. Guardandolo così sembra veramente il mago più potente del mondo.

Ora comprendo per quale motivo perfino Voldemort lo teme.

Voldemort…

Accidenti! Non dovevo pensare a lui!

Una lacrima scende silenziosa e solitaria sul mio viso.

«Qualcosa non va, Harry?» si informa il preside.

Qualcosa non va?

Tutto non va!

Voldemort mi ha ingannato!

Il ragazzo che amo in realtà non esiste, è solo frutto di una mente diabolica.

Io sono solo, solo come mai in vita mia.

Più solo di quando Voldemort ha ucciso i miei genitori.

Più solo di quando quella notte al Ministero mi ha portato via Sirius.

Più solo di chiunque su questa terra, perché stavolta Voldemort ha fatto la cosa peggiore che potesse fare.

Ha ucciso il mio cuore, e con lui tutte le mie speranze.

Ha ucciso la mia felicità, la mia gioia di vivere.

Sono bastate poche parole perché riuscisse a distruggermi dentro l’anima.

«Tutto a posto, professore.» mento abbozzando un sorriso.

Nessuno deve sapere che cosa ho passato, meno di tutti Silente.

Devo ammettere che mi sono comportato come un idiota.

Ho messo in pericolo me stesso e tutto il mondo fidandomi ciecamente di Tom Riddle. In fondo potevo immaginarlo che si trattava di Voldemort in persona.

Eppure io mi fidavo…

«Non credevo che potesse essere così meschino!» l’ultima frase mi esce gridata, mentre il mio cuscino vola a terra a causa di un pugno troppo potente al letto.

Accidenti!

Sento lo sguardo di Silente farsi più pesante addosso a me. È una sensazione orribile.

Che fare?

Preferisco rimanere in silenzio, la testa chinata.

Improvvisamente mi rendo conto di quanto possa essere interessante un filo tirato della mia coperta.

«Meschino, dici?» comincia a dire Silente «Beh, negli anni sono state molte le persone a definirlo meschino. Ma io sono sempre riuscito a provare ad ognuno di loro che non era così.»

Alzo lo sguardo e lo punto su Silente, allibito.

Lo difende?

Ma che diavolo gli salta in mente?

Non è possibile, Silente non può essere posseduto da Voldemort!

«Non mi guardare così Harry, non sto affatto cercando di difenderlo!» si giustifica.

Tiro un sospiro di sollievo, ma sembra che il preside voglia aggiungere altro.

«Vedi Harry, Voldemort è malvagio, egoista, sadico e molto altro ancora. Gli si possono attribuire moltissimi aggettivi negativi, uno più orrendo dell’altro, ma non gli si può dire che è meschino.» continua.

Non capisco.

Voldemort è la “cosa” (perché un uomo di certo non è) più disgustosa che si sia mai vista sulla faccia della terra.

È viscido, approfittatore e senza cuore. Perché mai non può essere meschino?

Guardo ancora Silente con aria interrogativa. Il mio sguardo richiede più spiegazioni.

«Cerca di entrare nella sua mentalità, Harry. Lui è l’erede di Serpeverde, ed è convinto che nulla sia più importante che poter dire di essere il discendente del grande Salazar, fondatore di quella che per lui è la più gloriosa delle Case. Voldemort è fiero delle sue origini e della nobiltà della sua stirpe, e di conseguenza tutte le sue azioni sono volte ad esaltare il suo grande orgoglio Serpeverde. È per questo che lui stesso non agirebbe mai in maniera meschina.» conclude sorridendo.

Sono sempre più perplesso.

Eppure qualcosa non torna. Secondo me quel ragionamento non è corretto.

«Non è vero. Tutti i Serpeverde sono meschini. Guardi i Malfoy, per esempio.» ribatto.

«Harry, c’è una differenza enorme tra servi e padrone! Quasi tutti i seguaci di Voldemort sono meschini, ma questo non vuol dire che lo sia anche lui. Il suo smisurato ego e il suo spropositato orgoglio non glielo permettono!» stavolta ha concluso sul serio.

A pensarci bene, forse non ha tutti i torti. Sì, in effetti è vero che è troppo orgoglioso per essere meschino.

Per ottenere ciò che vuole è pronto a ricorrere a qualsiasi trucco o scorrettezza, dal più impensato al più crudele, come ha fatto al Ministero lo scorso giugno, ma non è mai stato meschino.

Voldemort ha ingannato molte volte i suoi nemici, ma mai in maniera meschina.

Ma se tutto questo è vero, allora come si può classificare ciò che ha fatto a me?

«So che qualcosa ti turba Harry, e credo sarebbe opportuno che tu me ne parlassi. Non temere se è un segreto, non sono un tipo che andrebbe a raccontarlo in giro…» ricomincia a parlare Silente abbozzando un sorriso.

Lo osservo.

«Ho paura.» dico solo queste parole.

Con lo sguardo mi chiede di proseguire.

«Non è paura di Voldemort, della battaglia che prima o poi sarà inevitabile, e nemmeno della morte.» sinceramente mi chiedo perché gli sto dicendo queste cose «Più che altro è paura di quello che sento, dei sentimenti che inevitabilmente riesco a provare.»

Idiota.

Sono semplicemente un idiota.

Silente sorride compiaciuto.

Devo aver detto esattamente ciò che lui si aspettava. Ma come poteva aspettarsi tutto questo?

«Harry, vuoi dirmi che cosa è accaduto qui questa notte?» la domanda mi lascia spiazzato.

Ecco, io questo proprio non me l’aspettavo…

E ora?

Perso com’ero nei miei pensieri non ho avuto tempo per inventare una bugia da raccontare al momento dell’inevitabile domanda.

Potrei dirgli che Voldemort è apparso all’improvviso e ha cercato di uccidermi, ma non reggerebbe: quello è un comportamento scorretto, non meschino!

Potrei dirgli che ha preso possesso del mio corpo, ma neanche questo reggerebbe: si tratta di un comportamento molto antipatico, ma non meschino! E poi questa cosa l’ha già fatta nella realtà…

Oh, accidenti!

Quanto sono stato stupido!

Ma perché non sono riuscito a controllarmi? Se non me ne fossi uscito con quella frase sulla meschinità, adesso avrei potuto usare una scusa qualsiasi!

«Non sprecare inutilmente il tuo tempo a cercare di inventare fantasiose versioni dei fatti. Sono già a conoscenza della verità, anche se avrei preferito sentirla uscire direttamente dalla tua bocca.» dichiara Silente.

Per poco non svengo di nuovo.

Cerco di reggermi saldamente all’asse più vicina del baldacchino, per evitare di finire giù dal letto, e finalmente trovo il giusto equilibrio per rimanere seduto.

Adesso però mi viene da piangere.

Cosa vuol dire che Silente sa la verità?

«Questo non è possibile! Lei non può sapere la verità! Ormai sono un bravo Occlumante, è difficile che qualcuno riesca a penetrare nella mia mente senza che io me ne accorga. E la Legilimanzia è l’unico modo possibile per sapere cosa mi sta succedendo.» commento.

«Sei più abile di quanto pensassi, Harry. Hai sventato il mio piano per estorcerti che cosa è realmente accaduto qui stanotte. Adesso sarò costretto a fidarmi di qualsiasi cosa tu decida di raccontarmi.» ridacchia fiducioso mentre queste parole escono dalla sua bocca.

Che abbia un altro piano?

No, non credo…

Eppure è Albus Silente, il più grande mago vivente, e non ha di certo ottenuto questa reputazione facendosi ingannare dal primo sedicenne che incontra!

Non so che fare.

Glielo dico o non glielo dico?

Quello sguardo penetrante… Silente mi guarda come se stesse cercando di spogliare la mia anima!

No, non parlerò!

«Allora? Non ti viene in mente nulla da dirmi?» Silente sorride incoraggiante.

Accidenti… È come se mi avesse stregato!

Sento improvvisamente il bisogno di parlare.

Non voglio farlo, ma non posso farne a meno…

Sembra quasi la Maledizione Imperius! Ma non può essere… Silente non può assolutamente usare magie di questo genere su uno studente!

…Vero?

 

Silente aveva usato la magia antica. Era riuscito ad incantare Harry perché sentisse il bisogno di raccontargli tutto.

E così fece.

Harry raccontò ogni cosa, senza riuscire a fermarsi, senza riuscire a mentire. Disse degli incubi, e di Tom, e di come si era innamorato di lui. E poi disse di come Tom si era rivelato per ciò che era, e di come Voldemort gli aveva detto di amarlo.

Silente ascoltò in silenzio, annuendo di tanto in tanto.

Al termine del racconto, Harry si mise le mani davanti alla bocca. Non riusciva a capacitarsi del perché avesse detto tutte quelle cose a Silente.

 

Ma perché?

Perché ho parlato?

Perché non sono riuscito a tenere questa boccaccia chiusa?

Abbasso lo sguardo, non voglio guardare Silente negli occhi. Mi vergogno troppo.

Cosa penserà ora di me?

Non vorrà più neanche guardarmi, ora che sa che sono stato così stupido da innamorarmi di Voldemort…

Alzo lo sguardo, vedo che mi sta fissando. Mi sorride.

«Professore…» comincio a dire, ma lui mi interrompe alzando una mano.

«Non ce l’ho affatto con te.» mi dice.

Ecco, sembra di nuovo che mi abbia letto nel pensiero. O forse i miei pensieri ora sono così evidenti?

«Lui ti ha aiutato, ti ha confortato, ti è stato vicino. È normale che tu ti sia innamorato di lui, chiunque al tuo posto avrebbe reagito allo stesso modo.» dice con dolcezza.

«Ma lui è Voldemort!» dico convinto.

Non so perchè l’ho detto. Come se Silente non lo sapesse che ci stiamo riferendo a Voldemort…

Dentro di me sento diversi sentimenti che litigano per uscire.

Rabbia, disperazione, odio.

Mi sento solo e insignificante.

Vorrei tanto che adesso arrivasse Tom e mi abbracciasse, dicendomi che questo è solo un incubo e che finirà presto. Ma so che non accadrà.

Questo non è un incubo, e Tom non esiste.

Esiste solo Voldemort, il modo in cui mi ha ingannato. Mi sento tradito.

«Harry, tu non ne avevi idea…» mi dice Silente.

Sì, come se questa potesse essere una giustificazione.

Avrei dovuto intuirlo che era lui. Non so come, avrei dovuto e basta.

Sospiro sconsolato, non posso farne a meno.

«Vedi Harry, l’animo umano è quanto di più irrazionale ci sia al mondo. La capacità di amare incondizionatamente è allo stesso tempo il più grande pregio e il più grande difetto dell’essere umano. Nessuno riesce a spiegarsi come si faccia ad innamorarsi. Semplicemente accade. E tu non devi assolutamente farti una colpa per non essere riuscito a capire chi era la persona a cui hai donato il tuo cuore.» spiega ancora il Preside.

Non sopporto quel suo modo di dire le cose. Così misterioso, così strano.

Non riesco mai a capire se dietro alle sue parole c’è un messaggio nascosto oppure no, sia che faccia affermazioni profonde, sia che dica cose apparentemente senza senso.

Ma adesso non voglio proprio sforzarmi di pensare al significato delle sue parole.

Non me ne importa un bel niente.

Vorrei soltanto restare da solo con il mio dolore…

«Beh, ora riposa. Domani sei esonerato dal frequentare le lezioni, parlerò io con i tuoi insegnanti.» dice Silente alzandosi dal mio letto.

Ancora una volta mi domando se mi abbia letto nel pensiero senza che me ne accorgessi. Oppure io per lui sono un libro aperto a tal punto che gli basta una sguardo per capire cosa provo?

Comunque gli sono grato per aver deciso di andarsene e avermi permesso di non andare a lezione domani.

Vedere gente è proprio l’ultima cosa che voglio.

Non so cosa dire per ringraziare e salutare Silente.

Provo a sorridere, ma ci riesco a fatica.

A lui quel cenno sembra bastare, perché mi fa uno dei suoi più enigmatici sorrisi e poi sparisce oltre la porta.

Sospiro e mi lascio andare.

Ricado sdraiato sul letto, la testa affonda nel cuscino.

Ma perché sempre tutto a me?

Una lacrima scende a rigarmi le guance, seguita da tante altre.

 

È tutto così confuso…

Sbatto le palpebre.

Dove sono?

Ah, ora riconosco la stanza. È la mia camera da letto.

Mi sono rintanato qui dopo essere fuggito da Hogwarts. Fuggito come un codardo.

Ma non potevo fare altrimenti, Harry non poteva uccidermi, io devo vivere!

Devo vivere per… No, non ce la faccio nemmeno ad ammetterlo a me stesso.

Eppure a te l’ho detto, Harry.

E tu ovviamente non mi hai creduto.

Però è la verità, spero solo che tu lo capisca.

Improvvisamente la mia vista si fa appannata.

Che mi sta succedendo? Perché vedo a fatica?

Mi siedo sul letto e chiudo gli occhi. Quando li riapro mi sento le guance bagnate.

Non starò… Non starò piangendo?

Sento che in questo momento anche tu stai piangendo, lo sento nel cuore.

E il mio enorme dolore si mischia al tuo.

E sono pervaso da un dolore insostenibile. Dolore al cuore.

E mi sembra quasi di morire, eppure non sto morendo.

E piango ancora, mentre mi rendo conto che è il mio cuore che è morto.

 

Si dice che piangere sia uno sfogo. Che aiuti a sentirsi meglio.

Sarà vero?

Se è realmente così, allora con me non funziona.

Ogni lacrima che verso sto sempre peggio, ma non posso smettere.

Ogni lacrima che verso ne richiama altre cento, e non riesco a smettere.

Non ho mai provato tanto dolore in vita mia.

La mia sofferenza sembra attingere intensità anche da un’altra fonte, per poi riversarsi su di me come un fiume in piena.

Che cosa significa?

Perché?

Questo dolore è semplicemente troppo da sopportare.

Mi rannicchio e abbraccio il cuscino, affondandovi il volto.

Lo sento, il mio cuore sta per esplodere.

Sto malissimo.

 

Toc toc

Qualcuno bussa alla mia porta.

Idioti, lasciatemi stare!

Ignoro il rumore, ma questo continua.

Chi dei miei Mangiamorte tiene così poco alla vita da decidere di importunarmi in un momento come questo?

Voglio che se ne vada.

Sto già soffrendo abbastanza.

Clank

La serratura scatta. La porta si apre.

 

Non ce la faccio più!

Per quanto tempo andrà ancora avanti questo dolore?

E come se non bastasse, anche la cicatrice comincia a farmi male.

Prima pizzica appena, poi brucia da impazzire.

Che diavolo gli prende a Voldemort?

Sembra rabbia. E dolore.

Vorrei chiudere la mente, ma non ce la faccio. Non ho abbastanza forze per riuscirci.

E come tante volte in passato, i suoi occhi diventano i miei occhi.

 

Codaliscia spalancò la porta della stanza, precipitandosi all’interno.

«Padrone! Non mi rispondevate, temevo vi fosse successo qualcosa!» urlò il Mangiamorte.

All’orecchio del suo padrone, quelle parole risultarono solo fastidiose. Come osava? Come si era permesso di entrare in quella stanza?

La rabbia montò sempre più prepotente nel corpo del Signore Oscuro, e Harry la sentì come se fosse nel proprio. Voldemort si voltò verso il suo servitore, per dirgli di sparire, ma le sue parole furono precedute da quelle di Codaliscia.

«Padrone…» sussurrò Minus guardando in faccia il suo Signore «State piangendo?»

Che domanda stupida.

Lord Voldemort balzò in piedi ed estrasse la bacchetta.

«Avada Kedavra!»

Un lampo di luce verde, poi il cadavere del servo cadde ai piedi del padrone. Se l’era cercata, aveva ottenuto esattamente ciò che si meritava per aver osato entrare nella camera da letto del Signore Oscuro senza permesso.

Harry non riuscì a liberarsi di quella visione. Come ogni volta che entrava nella mente di Voldemort, si sentiva carico di tutte le sensazioni dell’altro. Sentiva il dolore che gli feriva l’animo, ma non riusciva a comprenderlo.

Voldemort sentì la sofferenza di Harry entrargli ancora più a fondo nel cuore. La sua disperazione faceva ancora più male in quel momento. Si rese conto che una simile sensazione poteva voler dire una sola cosa: oltre che con il cuore, Potter gli era accanto anche con la mente. Eppure sapeva che Harry non avrebbe mai voluto essere lì, con lui.

Con un rapido gesto della bacchetta sbatté fuori dalla porta il cadavere di Codaliscia e si barricò nella stanza. La porta venne ricoperta da uno scudo di luce nera.

«Vediamo se riuscite a disturbarmi adesso!» esclamò malignamente, eppure la sua voce ebbe un tremito.

E riprese a piangere, mentre il collegamento con Harry scemava.

 

E così una settimana passò. Harry continuava a soffrire quasi fino al punto di desiderare la morte, e Silente aveva avuto pietà di lui a tal punto da proibirgli fermamente di uscire dal suo dormitorio nella Torre dei Grifondoro. Per tutta la settimana non vide nessuno, nemmeno una persona. I suoi compagni di stanza erano stati temporaneamente trasferiti, per lasciargli tranquillità, e i pasti venivano spediti direttamente dalla cucina alla camera da letto.

Durante la sua solitudine, Harry aveva avuto abbondantemente modo di riflettere. Aveva dedicato interamente le sue giornate a pensare a Voldemort, a ciò che c’era stato tra loro. C’erano ancora moltissime cose, però, che non riusciva a spiegarsi. Prima di tutto quel dolore estraneo e allo stesso tempo così simile al suo, che ogni tanto gli gonfiava il cuore di disperazione travolgendolo e lo faceva soffrire atrocemente per ore. Pensava che quel dolore appartenesse a Voldemort, era convinto che fosse l’unica spiegazione razionale. Ma tutto sommato continuava ad avere dubbi a riguardo, perché continuava a vedere Voldemort come un mostro che non aveva fatto altro che ingannarlo, e che stava continuando ad ingannarlo ancora.

Un’altra cosa che Harry non riusciva proprio a capire era quanto accaduto quando era entrato involontariamente in collegamento con la mente di Voldemort. Tramite la cicatrice, aveva visto dagli occhi del Signore Oscuro e provato le sue sensazioni, come gli succedeva ogni volta che l’assassino dei suoi genitori provava delle emozioni molto intense. Aveva sempre saputo riconoscere quelle sensazioni, distinguerle l’una dall’altra, ma stavolta non era lo stesso. Aveva percepito la disperazione di Voldemort, e le lacrime che rigavano il suo viso, prima di sentir esplodere la più familiare sensazione di rabbia. Ciò che non riusciva a comprendere era se quella visione mostrava il vero oppure no, perché poteva tranquillamente essere il semplice frutto della fantasia di un assassino che cercava di riavvicinare a sé la vittima successiva.

Mai come in quei giorni Harry si era sentito lontano dal capire che cosa stesse succedendo a se stesso, al suo nemico, al mondo magico.

 

È mattina.

Ma poi, cosa cambia? Tanto non uscirò da questo letto nemmeno oggi.

Guardo l’ora. La colazione dovrebbe arrivare a momenti insieme al Profeta del mattino.

Ed infatti è così.

Mordo distrattamente un toast mentre apro il giornale.

In prima pagina si parla di Voldemort.

Leggo l’articolo.

No, impossibile…

È la seconda volta questa settimana che rischia di essere catturato.

Ancora una volta è svanito nel nulla dopo che il Ministero gli ha messo le mani addosso.

Mai era successa una cosa del genere in anni e anni.

E allora perché? Perché adesso di punto in bianco non capisce più quello che fa?

Sospiro.

Forse è vero quello che mi sembra di vedere nel suo cuore.

Forse anche lui prova veramente lo stesso dolore che provo io.

Altrimenti perché piangerebbe?

Non sarebbe normale.

Bevo un sorso di caffé e chiudo gli occhi.

C’è silenzio qui senza Ron e gli altri. Si sta veramente benissimo.

Sento il rumore del mio cuore che batte.

In mente rivedo flash di tutto ciò che ho condiviso con Tom.

Con lui ero felice.

Mi appoggio una mano sul petto; il mio cuore batte più forte.

Batte come quando stavo in compagnia di Tom.

Credevo che la disperazione dovuta a tutte quelle bugie mi spezzasse il cuore.

Eppure non l’ha fatto.

Sotto al dolore, sento ancora il mio cuore che batte.

E batte per Tom.

Per quel Tom Riddle che non esiste.

Il mio povero cuore innamorato batte per Voldemort.

Voglio andare da lui, ma poi non saprei che fare.

Una parte di me non desidera altro che ucciderlo, vendicarsi.

Una parte di me non desidera altro che stringersi a lui, e piangere.

Perché? Perché? Perché?

Perché non riesco a odiarlo del tutto?

Se lo merita, si merita tutto il mio odio.

Soprattutto dopo quello che mi ha fatto.

Insomma, prima lo odiavo, perché non ne sono più capace?

 

Mi sveglio urlando.

Un altro incubo.

Maledizione, come sono diventato debole!

Non mi riconosco più!

Anche ieri sono stato quasi catturato dal Ministero.

E perché?

Perché ero distratto!

Pensavo ad altro e non ho sentito arrivare otto Auror.

Otto Auror!

Non uno, otto!

Pensavo a Harry.

Chissà se ha sentito parlare dei miei ultimi colossali fiaschi.

Posso solo immaginarlo mentre si chiede come abbia fatto il Ministero ad arrivare così vicino alla mia cattura per ben due volte nel giro di una settimana.

Ma non posso sapere se ci sta pensando davvero.

Non ho il coraggio di entrare nella sua mente.

Non ho il coraggio di vedere ciò che fa, di sentire ciò che dice.

Ho paura di sapere quanto mi detesta.

Ora che sa la verità, come potrebbe non odiarmi?

Tom, la persona che amava, non c’è mai stato.

Lui sta soffrendo perché gli ho mentito.

Anche se non vedo i suoi pensieri, sento ugualmente il suo dolore.

So per certo che continua a stare male.

Ed io non posso fare a meno di soffrire.

Come potrei non essere pervaso dal dolore pensando alla sua agonia?

«Scusa, Harry. Scusa.» dico a bassa voce.

Non so se può sentirmi, ma io almeno ci ho provato.

 

Sento una voce nella mia testa.

Una voce che mi parla.

È molto simile ad un sibilo, è inconfondibile.

Voldemort.

“Scusa, Harry. Scusa.”

Ecco cosa dice la voce di Voldemort.

Il mio cuore comincia a battere più forte.

Sarà veramente lui o me lo sono immaginato?

Mi sistemo meglio nel letto e mi giro su un fianco.

«Vai al diavolo!» esclamo a voce media.

Chissà se può sentirmi.

Io lo spero.

Vai al diavolo.

Esprime esattamente ciò che maggiormente gli auguro.

 

Lo sento.

Mi ha sentito e mi ha risposto.

“Vai al diavolo!”

Sospiro rassegnato, tanto lo sapevo che non mi avrebbe risposto a parole gentili.

Però se mi sente posso continuare a parlargli.

Da questa distanza non può lanciarmi incantesimi, quindi posso provare a convincerlo a starmi a sentire!

«Harry, ti prego. Lasciami almeno spiegare!» dico ancora a mezza voce.

So che mi ha sentito.

Ne sono sicuro.

Eppure stavolta non risponde.

Ci provo e ci riprovo.

Continuo a insistere.

Nulla.

Ma come posso fargli capire che lo amo se lui fa finta di non sentirmi?

Poi sento nel cuore la sua reazione.

La sua tristezza è talmente grande da invadere anche me.

 

Intanto passarono altri tre giorni senza che Harry uscisse mai dalla sua stanza. Tutti a Hogwarts erano preoccupati per le sue condizioni, senza contare che nemmeno i suoi migliori amici erano a conoscenza del perché si fosse barricato all’interno del dormitorio. Soltanto Silente sapeva, ma per la privacy di Harry fingeva anche con Ron e Hermione di essere all’oscuro di tutto.

Di Voldemort si erano perse nuovamente le tracce. Niente attentati, niente di niente. Tuttavia una notizia iniziava a diffondersi all’interno della scuola. Grazie ad un gufo anonimo, il Ministero della Magia era riuscito a mettere le mani su parecchi dei più rilevanti Mangiamorte.

Silente non poté fare a meno di interrogarsi giorno e notte, per capire a che gioco stesse giocando Voldemort: era logico che la soffiata l’avesse fatta lui stesso, perché conteneva delle informazioni di cui nessun altro poteva essere a conoscenza, ma perché mai doveva consegnare i suoi seguaci più fedeli nelle mani del Ministero? Perché lasciarli marcire ad Azkaban senza nessun motivo? Senza contare che, prima di quel curioso avvenimento, Voldemort aveva rischiato per ben due volte di essere catturato! Silente non riusciva minimamente a capacitarsene, quei ragionamenti erano fuori dalla sua portata. Era impossibile anche per lui prevedere le mosse di un Signore Oscuro disperato. Perché Silente l’aveva capito fin da quando aveva parlato con Harry che Voldemort non era più completamente in sé.

 

Apro gli occhi e guardo l’ora.

Le quattro del pomeriggio. Ci voleva proprio questo sonnellino…

Sento immediatamente la voce di Voldemort nella mia testa.

Ormai è una presenza fissa, la ignoro senza problemi.

Sono giorni che mi parla, che cerca di farmi capire.

E io non so veramente più che fare.

Arrendermi a lui e credergli? Oppure continuare a soffrire e non uscire mai più dalla mia stanza?

Non lo so proprio. Entrambe le possibilità hanno i loro pro e i loro contro.

Chiudo gli occhi, cercando di ascoltare la voce del mio cuore.

So perfettamente cosa dice.

Dice che non ha mai smesso di amare, nonostante la menzogna.

Curioso.

Sorrido appena, immaginando quanto mi sentirei strano con Voldemort vicino senza desiderare ucciderlo.

È davvero questo che voglio?

Voglio davvero credergli e donargli di nuovo tutto me stesso?

Prendo il Profeta di oggi e guardo distrattamente la prima pagina.

Il titolo dice che è stato catturato Lucius Malfoy.

Strano.

Decisamente strano.

Nell’articolo c’è scritto che l’informatore anonimo ha dato indicazioni precise su come raggiungere il luogo in cui i Malfoy si erano rifugiati dopo la cattura degli altri Mangiamorte.

Ma chi diavolo è questo informatore per sapere tutte queste cose?

Non potrebbe essere…?

No, ma che idiozia.

No! Decisamente non può essere lui.

Eppure…

Ragionando, lui è l’unico che sa dove si nascondono.

Ma perché avrebbe dovuto consegnarli? È forse diventato pazzo?

«Voglio la verità!» urlo senza rendermene conto.

Improvvisamente la cicatrice, che negli ultimi giorni non ha mai smesso di prudermi sgradevolmente, smette completamente di darmi fastidio.

Ma si può sapere che diavolo vuol dire?

 

Basta, ho deciso di lasciar stare.

Tanto è tutto inutile.

Con i poteri della mia mente applico l’Occlumanzia verso Harry.

Ora la comunicazione è del tutto interrotta.

Solo io posso ristabilirla, ma non lo farò.

Chiamo a me i Mangiamorte, ma non viene nessuno.

Li hanno presi tutti.

Bene.

Ora non mi resta che un’ultima cosa da fare.

Apro un cassetto e ne estraggo una lettera sigillata. È indirizzata al Ministero della Magia.

Già mi immagino i titoloni sui giornali.

Catturato Colui-che-non-deve-essere-nominato!

Devo solo ricordarmi di fare la faccia sorpresa quando verranno a prendermi.

Bene. Adesso mi basta aspettare che torni il gufo, e poi la potrò spedire.

Nel frattempo la poso sul comodino.

Aspetto un’ora, due, tre. Che noia!

Inevitabilmente mi addormento.

 

Fisso il soffitto del mio letto a baldacchino.

Sono ore che non sento più niente.

Voldemort ha smesso di parlarmi.

Dopo giorni, questo improvviso vuoto nella mia testa pesa.

Sento il silenzio che mi cade addosso come un macigno che cerca di schiacciarmi.

Che cosa devo fare?

Ascolto la voce del mio cuore. Dice che nonostante quello che è successo lo amo ancora.

È vero.

Lo amo nonostante le bugie.

Lo amo nonostante abbia ucciso i miei genitori.

Lo amo nonostante mi abbia portato via ogni brandello di felicità.

Lo amo nonostante la profezia mi dica di odiarlo.

Lo amo nonostante tutto.

Lo amo e basta.

Ma così non posso andare avanti.

Devo vederlo, parlargli.

Ho bisogno di chiarire le cose una volta per tutte. Ma come posso fare ora che mi ha escluso dalla sua mente?

Forse se penso intensamente a lui posso Materializzarmi al suo fianco.

Ci provo.

Voldemort, Voldemort. Devo andare da Voldemort!

Niente da fare, non funziona.

Adesso mi sento uno stupido a non avergli mai chiesto come facesse a Materializzarsi dentro Hogwarts quando nessun altro può farlo. Ora quell’informazione potrebbe tornarmi utile…

Ma a chi posso chiedere?

A Silente?

No, vorrei lasciarlo come ultima risorsa. Va bene che sa tutto, ma mi sentirei un idiota a chiedergli come posso fare a raggiungere Voldemort.

Pensa Harry, pensa!

Chi altro si Materializza dentro la scuola senza problemi?

Dobby!

Ma certo, è così semplice… Forse lui mi può aiutare!

«Dobby!» chiamo a voce alta, sperando che mi senta.

Con il tipico pop appare l’elfo.

«Dobby è felice di vedere che Harry Potter sta bene!» esclama saltellando di gioia.

Mi viene da sorridere a guardarlo.

Forse lui è uno dei pochi che in questi giorni si è veramente preoccupato per me. Chissà che cosa ha detto Silente a tutti quanti per giustificare la mia assenza…

Ma adesso devo pensare al mio obiettivo.

«Dobby, tu puoi Materializzarti dove vuoi anche da dentro Hogwarts?» chiedo.

Un po’ d’ansia traspare nella mia voce.

«Certamente, Harry Potter, signore.» risponde lui sorridendo.

Penso che dopo la sua affermazione il mio volto si sia illuminato, perché l’elfo sembra ancora più felice.

«E potresti portarmi con te?» chiedo ancora, sempre più desideroso di ottenere una risposta.

La sua risposta è affermativa.

Vorrei mettermi a urlare, ma non posso.

Devo prima fargli la domanda più importante in assoluto.

«Per andare in un posto, devi per forza sapere dove si trova o ti basta pensare alla persona che c’è dentro?»

Trattengo il fiato e aspetto.

Ti prego, Dobby, ti prego!

«Se Dobby conosce la persona, basta pensare alla persona.» risponde.

Sì!

Non mi trattengo più. Salto giù dal letto e atterro accanto a lui. Metto le mani sulle sue spalle ossute e mi avvicino di più.

«Puoi portarmi da Voldemort?» chiedo quasi urlando.

Ecco, forse era meglio se mi trattenevo almeno un pochino.

Dobby è terrorizzato. Urla, si contorce, trema. Si divincola dalla mia presa e si allontana da me di qualche passo.

«Harry Potter non deve andare!» grida con le lacrime agli occhi.

Sospiro.

Adesso devo calmarlo, dirgli che non vado lì per morire, ma come posso spiegargli? Mi prenderebbe per pazzo se gli dicessi che voglio dichiarare il mio amore al Signore Oscuro!

Lentamente mi avvicino a lui, che intanto si è accucciato per terra.

«Tranquillo Dobby, non sono in pericolo. Lui non mi farà niente.» dico.

Cerco di sembrare rassicurante. Non pronuncio nemmeno il suo nome, per evitare di spaventare di nuovo l’unica creatura che mi può aiutare.

Ci vuole un bel po’ ma alla fine lo convinco.

È fatta!

Mi tolgo il pigiama e mi vesto coi miei abiti migliori.

«Ok, sono pronto. Andiamo.» dichiaro.

Mi tengo forte al braccio di Dobby e con un pop lasciamo Hogwarts.

 

Sento un rumore.

Cerco di svegliarmi, ma non ci riesco.

Non riesco ad allontanarmi dalla scena che da ore si ripropone ininterrottamente davanti ai miei occhi.

 

Pop!

Siamo arrivati.

Il mio cuore inizia a battere sempre più forte.

È qui, finalmente posso parlargli e chiarire ogni cosa.

«Grazie per il tuo aiuto, ora puoi andare.» sussurro a Dobby.

«Buona fortuna, Harry Potter, signore.» dice l’elfo con una vocina lamentosa.

«Non preoccuparti, starò bene.» cerco di rassicurarlo.

Pop

Ora so che se n’è andato.

Mi guardo intorno, per mettere a fuoco dove mi trovo.

La stanza è fiocamente illuminata, ma capisco che è una camera da letto.

Mi avvicino all’enorme letto a baldacchino.

«Lumos» sussurro per accendere la mia bacchetta.

Ora vedo chiaramente un comodino accanto al letto, con sopra una lettera indirizzata al Ministero della Magia.

Voldemort che scrive al Ministero?

La cosa mi sembra assurda…

Prendo la lettera e la apro.

No, impossibile.

Voldemort che si consegna al Ministero?

Allora è stato lui a consegnare i Mangiamorte!

È veramente cambiato.

Non è più il mostro che ha ucciso i miei genitori.

È forse per me che ha lasciato tutto?

È forse per me che ha deciso di smettere di essere il Signore Oscuro?

Rimetto la lettera sul comodino e mi giro verso il letto.

Alzo la bacchetta e alla luce lo vedo.

Dorme.

Però il suo sonno è agitato, sta certamente avendo un incubo.

Sento una stretta al cuore nel vederlo così.

Vorrei poter fare qualcosa per lui.

Mi sdraio sul letto accanto a lui per guardarlo più da vicino.

Il suo volto serpentino è bagnato di lacrime.

Un’altra stretta al cuore.

Devo assolutamente fare qualcosa!

Ed ecco un’altra cosa che rimpiango di non avergli chiesto: come faceva ad entrare nei miei sogni?

Perché se sapessi come si fa, per una volta potrei essere io ad entrare nel suo incubo e aiutarlo.

Potrei fare per lui quello che ha sempre fatto per me.

Si agita al mio fianco, ed io istintivamente gli prendo una mano per cercare di calmarlo.

Che posso fare?

Gli passo una mano sulla fronte; è bagnata di sudore.

Che diavolo posso fare?

Mi viene voglia di urlare.

Lui è lì, a pochi centimetri da me, soffre, ed io non posso farci nulla.

Non è giusto!

Appoggio la fonte sulla sua guancia.

Sento la cicatrice pizzicare mentre entra in contatto con le sue lacrime.

Ho capito!

Ho capito come entrare nel suo incubo!

La mia cicatrice è la chiave di tutto!

Pian piano la cicatrice inizia a bruciare sempre di più, e poi diventa come fuoco.

Devo resistere.

Perdo la sensibilità del corpo. Mi sembra quasi di uscirne mentre mi addormento.

Ce l’ho fatta!

 

Di nuovo la scena, ancora una volta.

Sto seduto a terra, intorno a me è tutto nero.

Lo scenario rispecchia perfettamente i miei attuali sentimenti.

Tristezza, desolazione.

A pochi metri da me, invece, c’è un albero solitario in una radura, come me e Harry seduti insieme.

Non voglio guardare ancora, tanto so già come va a finire.

Io riprenderò il mio corpo, e lui mi urlerà contro.

Che bisogno c’è di sognare questa scena a ripetizione?

Voglio svegliarmi, ma non ci riesco.

Voglio distogliere lo sguardo dal momento più brutto della mia vita, ma non ci riesco.

Ma poi qualcosa mi impedisce di guardare ancora.

Alzo lo sguardo e vedo un cavallo bianco.

Il suo cavaliere, avvolto completamente in un mantello bianco il cui cappuccio gli copre il volto, scende e mi raggiunge.

«Vieni via con me, non c’è bisogno che guardi cosa succede.» mi dice dolcemente.

Io conosco quella voce.

Non lo vedo in faccia, ma so chi è!

Eppure è impossibile, come può essere lui?

«T-tu… Tu s-sei…» balbetto.

«Io sono il Cavaliere della Luce.» dice semplicemente.

Il Cavaliere della Luce.

Ricorda me quando mi trasformavo nel Cavaliere delle Tenebre.

Non ho più dubbi.

So esattamente chi è il Cavaliere della Luce.

Mi alzò in piedi e lo guardo accennando un sorriso.

«Harry, sei tu…» sussurro.

Lui si toglie il cappuccio e mi sorride.

In quel momento sembra più bello di quanto sia mai stato.

«Sono qui per te.» mi dice con una dolcezza incredibile.

Sento il cuore pieno di gioia, e so che lui può sentire la mia felicità.

Mi abbraccia di slancio, e io lo stringo a me.

Non servono le parole.

Ciò che ci lega in questo momento è più forte di tutto.

Qualche metro più in là il mio incubo procede, ma ormai non ha più nessuno da far stare male.

Con Harry al mio fianco, nulla può più ferirmi.

 

Passarono i minuti, e lentamente i due si staccarono. I loro cuori battevano forte, come fossero impazziti. E poi venne il momento delle spiegazioni.

«C’è ancora una cosa che non capisco: perché io? Con tutta la gente che c’è al mondo, perché proprio il tuo nemico?» chiese Harry.

Al diavolo le conferme, al diavolo i dubbi. Ormai aveva la certezza che Voldemort non gli aveva mentito. E tutto ciò che voleva sapere era come mai fosse toccata a lui la fortuna di essere al centro dei pensieri del Signore Oscuro.

Voldemort sorrise.

«Harry, non si comanda all’amore!» rispose semplicemente.

«Amore?» chiese il ragazzo, scettico «Credevo che tu non sapessi amare!»

«Un tempo era così. Ma adesso io so amare. Ed amerò soltanto te per sempre.»

Voldemort si avvicinò ancora ad Harry, e le sue parole si persero in un sussurro sulle labbra del ragazzo. E si avvicinò ancora, fino ad annullare del tutto quella distanza.

I due suggellarono il loro amore eterno con un bacio lungo e saturo di sentimenti. Ne erano certi: niente al mondo li avrebbe più divisi. Nemmeno la morte.

 

 

E con questo capitolo dichiaro conclusa la fanfiction. Spero abbiate apprezzato la storia e la sua conclusione. Ringrazio tutti coloro che hanno seguito questa fanfiction, e che mi sono stati vicini con i loro commenti. Spero vivamente che quest'ultimo capitolo non vi abbia delusi! Io a dire il vero volevo far finire male la storia d'amore, e poi inserire questo capitolo come finale alternativo, ma poi ho pensato che in fondo il lieto fine ci voleva! ^^

Un bacio a tutti i lettori! ^^ Ciauuuuuuuuu!!

  
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