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Autore: annemeddows    06/08/2013    0 recensioni
La storia di due ragazze,Ginevra e Samantha, che s'innamorano fino a logorarsi la pelle, il cuore, l'anima. Questa è raccontata da Samantha, che dopo anni, ritrova il diario di Ginevra,in cui sono scritti il suo primo bacio, la sua prima volta, la sua lenta morte. Samantha deciderà di scrivere un libro, così da ricordare la sua Genevive per sempre.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Del giorno dopo il diario non parla, ma io mi ricordo perfettamente tutto.
Ci svegliammo con le onde che ci facevano da musica di sottofondo. Lei si era svegliata da un pezzo, con i capelli al vento e il sole che le incorniciava il viso  e ,quando si accorse che ero sveglia e che la stavo guardando, spezzò la dolce musica con un: ' ti devo parlare'.
 
Non c'è modo peggiore di potersi svegliare al mattino se non con quella frase.
 
'Dimmi'.
'Ho paura', sussurrò. Si avvicinò a me, mi guardò negli occhi e disse ' Sono importante per te?'.
Ero sollevata inizialmente. Poi pensai che ero solo una ragazza di appena diciassette anni che non voleva nulla di serio ma, non so perchè, io quando pensavo a lei, ci immaginavo fra una ventina d'anni con due cani e magari dei marmocchi, così le risposi:
'Si, non vedo nessun'altra al mio fianco se non te. Ti ho guardata dormire tutto il tempo, così avrei potuto ricordare questa notte per sempre e, ogni volta che ti guardavo con quell'aria quasi innocente dormire, ti sentivo mia. 
Si, sei importante.'
Scivolò dolcemente fra le mie braccia e restammo lì, fingendo di guardare il mare, quando cercavamo di incontrare i nostri sguardi.
 
 
Con la pagina successiva di quel diario rilegato in pelle, inizierà un nuovo capitolo della sua vita. 
Le pagine successive tratteranno dei suoi primi dolori che le consumarono le ossa fino a farla diventare polvere. 
 
"3 Marzo. 
Mi sono chiusa in stanza cercando un po' di pace, ma non basta chiudere una porta per estraniarsi dal mondo, a quanto pare. 
Sento oggetti frantumarsi a terra e mia madre urlare. Non so cosa stia succedendo, probabilmente un nuovo litigio fra i miei. 
Sento 'non ci sei mai per questa famiglia, esiste solo il lavoro' o anche ' sono stanca di vivere in questa sofferenza, vedere la vita felice degli altri e sperare che anche per me un giorno la felicità arrivi. Vedi persone rovinarci la vita e non tiri mai fuori le palle!'.
Nel frattempo Francesco, è uscito. Magari quando torna gli chiedo un abbraccio.."
 
Francesco era il fratello maggiore di Ginevra, aveva vent'anni e fin da piccoli sono sempre stati uniti.
Quando Ginevra stava male la prima persona con cui parlava era suo fratello.
Una volta mi raccontò che quando era piccola quasi tutti i San Valentino, lei entrava nella stanza di suo fratello e gli chiedeva ' Sono una bella ragazza?' 
Francesco le ripeteva che era bellissima e che i ragazzini della sua scuola non  capivano niente, e tutta la notte restavano abbracciati e tra una parola e un'altra lui riusciva a tirarle fuori un sorriso. 
Ginevra crescendo, iniziò a parlargli dei primi problemi e a chiedergli anche consigli. 
Non essendoci sempre i genitori a casa, l'unico con cui poteva parlare delle sue brutte e belle giornate era proprio Francesco.
Ginevra iniziò ad avere i suoi primi dubbi sul suo orientamento sessuale a quattordici anni. Ne parlò con suo fratello, ma lui disse che si stava sbagliando e che era solo una cosa momentanea. 
Quando poi gli raccontò di me, bhè, non seppe come affrontare la cosa. Inizialmente non volle crederci, poi pian piano capì che quello che provava era amore, e rispettò la sua scelta.
Ma lui ormai aveva vent'anni e della sorella non gli importava più di tanto, o almeno così Ginevra pensò alla notizia che le portò la sera stessa del litigio con i genitori. 
 
'Ho appena finito di parlare con Francesco. Mi ha detto che non lo vedrò per molto tempo, deve andare all'accademia militare.
Ha detto che devo essere forte anche senza di lui, che ora c'è samantha e sarà lei ad aiutarmi. 
Ma il problema è che mi sentirò terribilmente sola. I miei come ogni santissimo giorno tornano la sera tardi da lavoro e io tutta la giornata dovrò stare in una casa vuota, fredda. '
 
Il giorno che suo fratello partì non volle parlare con nessuno, stette tutta la giornata nella sua stanza ad ascoltare ad alto volume le canzoni dei My Chemical Romance e dei The Fray, sperando di non sentire il silenzio che la circondava. 
 
 
 
Non la sentii per due giorni interi, e la situazione mi parve strana. 
La chiamai più volte, ma con nessuna risposta. 
Così, decisi di andare a casa sua. Bussai e mi aprì la madre, notai che aveva gli occhi rossi e gonfi. 
Non capivo la situazione e corsi in camera di Ginevra, pensando le fosse successo qualcosa. 
Appena entrai, lei con un movimento velocissimo posò sotto al cuscino quel diario (fu la prima volta che lo vidi), mi avvicinai e l'abbracciai con un respiro di sollievo perchè stava bene.
Le mie braccia le circondavano la vita, ma lei era ferma, immobile. 
Mi allontanai per guardarla meglio, aveva lividi sul braccio e sapevo che il padre era un tipo violento.
'Cosa sono questi?!' , dissi arrabbiata indicando i lividi.
'Non lo so, forse ho sbattuto da qualche parte.', disse con uno sguardo spento e vuoto, sembrava disinteressata.
'Non mentirmi! Che sta succedendo, perchè non ti fai sentire?!' 
'Smettila. Non è nulla. Non mi sono fatta sentire perchè mio fratello è partito e sto avendo problemi con i miei, non avevo voglia di parlare con te e fingere di star bene per non darti altri problemi.', disse e non capivo se fosse arrabbiata o disperata a causa del tono della sua voce e delle lacrime che scorrevano lungo il viso.
'Noi stiamo insieme, lo capisci? Non puoi prima stare con me e poi non farti sentire per giorni. Se tu hai dei problemi io voglio sentirli e aiutarti perchè non riesco a sopportare l'idea che tu stia male. 
Io ti voglio vedere felice. E giuro che se quell'uomo ti tocca un'altra volta, io ti porto via con me. Da ora in poi sarò io a proteggerti, se tu lo vorrai. '.
'Io... io non so più che fare. Vorrei poter scappare, vorrei poter urlare, ma tutto ciò che faccio è annegare in ogni suo piccolo insulto, in ogni sberla, in ogni ricordo di lui che picchia e mi tormenta.', finì questa frase con un piccolo e lieve sospiro e si nascose il volto con le mani per nascondere il trucco sciolto, le lacrime, gli occhi gonfi di una notte passata a piangere. 
Così le diedi un bacio sulla fronte e la lasciai, per andare a parlare con la madre, l'unica persona oltre a Ginevra in tutta la casa.
Le dissi che avrei portato Ginevra con me a casa mia, con o senza il suo consenso, che vivere in quella casa l'avrebbe solo distrutta. 
La madre inizialmente mi implorò di non farlo, mi disse che il padre si sarebbe arrabbiato, che la situazione sarebbe degenerata. 
Poi si calmò e disse che era d'accordo e che presto anche lei se ne sarebbe andata , in un modo o nell'altro.
Ginevra non era convinta di tutto ciò, ma venne, sperando questa potesse essere una via d'uscita. 
  
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