Non
avevo nulla da temere.
Mi
fidavo ciecamente di
lui.
Edward
posò una mano
fredda sulla mia fronte, e quando la ritirò le punte delle
sue dita erano umide.
Sudavo.
Beh,
un po’ di ansia era
normale, no?
Stavo
per essere
trasformata in un essere non umano.
Mi
prese in braccio e in un secondo mi ritrovai distesa sul letto. Cercai
di
trovare una posizione comoda, ma in quel momento mi sembrava
impossibile, così
rinunciai al mio intento e attesi.
Lo
guardai negli occhi, e
lui ricambiò il mio sguardo.
Aprì la bocca per
parlare, ma lo zittii con un
gesto della mano «Sì,
sono tranquilla» dissi. Mi
sorrise dolcemente, ma riuscii comunque a notare le mascelle
impercettibilmente
contratte, un evidente segno di ansia. Si voltò verso
Carlisle, il quale annuì
lento alla sua domanda palese.
Era
giunto il momento.
Vidi
Alice torturarsi i
capelli in modo quasi isterico, tanto che era riuscita a strapparsene
un po’,
alcuni rimasti impigliati nella piccola mano, altri caduti sul
pavimento.
Ero
stata io a desiderare
la presenza di Alice in quel momento così importante per me,
benché lei mi
avesse detto chiaramente che avrebbe preferito di gran lunga non
assistere.
Aveva paura, forse più di me. Però si
avvicinò e strinse la mia mano nelle sue,
gelide, provocandomi un leggero brivido dietro la schiena.
«Alice,
io sto bene. Non guardarmi come se stessi per morire»
I
tre Cullen che si trovavano nella stanza mi rivolsero uno sguardo
indecifrabile. Evidentemente non avevano colto la sottile ironia nella
mia
frase.
Passarono
un paio di interminabili minuti, nei quali Edward e Carlisle condussero
una
fitta conversazione. Non riuscii a capire di cosa stessero parlando,
sia perché
il loro linguaggio era troppo veloce per essere compreso dalla mia
mente
–ancora per poco- umana, ma anche perché Alice non
la smetteva più di
lamentarsi.
«Bella…
Ti prego, sei ancora in tempo per ripensarci…»
La
guardai torva «Ma come, Alice, non eri tu che saltavi di
gioia al solo pensiero
di avermi sempre con te?»
Alice
si fece ancora più cupa.
«Si,
ma… Non avevo pensato bene a quanto potesse essere
pericoloso»
«Andrà
tutto bene, vedrai»
Che
strano. Non avrebbe dovuto essere lei, a consolarmi?
I
due vampiri terminarono il loro dialogo per dedicarsi, finalmente, a me.
«Prima
di iniziare, un’ultima cosa, Bella» disse Carlisle
«Non serve a molto, ma ti
chiederei il permesso di anestetizzarti. Allevia di poco il dolore,
pochissimo,
ma è per il tuo bene, credimi.»
Dalla
sua espressione, notai che già immaginava quale fosse la mia
risposta.
«Ti
ringrazio, Carlisle, ma preferisco essere sveglia»
Alla
mia risposta, Carlisle chiuse gli occhi e sorrise. Era impressionante
la calma
che riusciva a mantenere anche in situazioni come questa.
La
lentezza dei tre passi che fece Edward per raggiungere il letto fu
estenuante e
carica di tutta l’ansia che aveva addosso. Quando mi
raggiunse, mi guardò
intensamente, incastonando le sue iridi dorate nelle mie. E per
l’ennesima
volta venni completamente invasa da tutto l’amore che provava
per me.
Uno
sguardo, il nostro, che nessun’altro poteva capire.
Un’intesa di cui solo noi
due eravamo i complici. Una colpa struggente, che perfora
l’anima di gioia.
Vidi
le sue labbra fredde posarsi sulle mie, e velocemente sottrarsi. Quel
bacio era
intriso d’amore, sì, ma al tempo stesso di paura.
Paura
folle.
Di
perdermi.
«Non
mi perderai» gli dissi, e con tutto il coraggio che trovai in
quel momento,
sorrisi.
Il
suo viso diede vita per un piccolissimo istante
all’espressione più dolorosa
che ebbi mai visto, ma subito si riprese, e si decise a realizzare il
mio
desiderio più grande.
Di
quel momento solo tre cose ricordo con chiarezza.
I
volti marmorei di Carlisle e Alice deformati dal terrore.
Tutto
il mio sangue scivolare dentro Edward.
E,
per ultimo, il ghigno disumano del vampiro che amavo.