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Autore: minteyer    08/08/2013    14 recensioni
Lei, Celeste Gatto, una ragazza come tante.
Lui, Davide Bello, e già solo il cognome dice tutto.
Loro, una volta amici d'infanzia, ora solo un ragazzo popolare e una ragazza che odiava quest'ultimo.
Lei odia lui, e lui il tormento personale di lei.
Eppure un tempo erano migliori amici, ma nella vita si sa, tutto cambia e si cresce.
Insieme, già... Si cresce insieme e poi?
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“Non ti ha punto, vero? Ora ci sono io qua..”
Sorrise guardandola cercando di dargli bene o male un po’ di sollievo.
Celeste guardò il ragazzino ancora impaurita, senza staccare le mani dalla sua maglietta di Dragonball, per poi scuotere la testa velocemente in risposta alla domanda di lui.
“La prossima volta che un’ape si avvicina, urla il mio nome, e io sarò subito qui e ti proteggerò sempre.. va bene?"
E a quelle parole la paura di Celeste svanì, perché da quel momento preciso, lei sapeva che se l’avrebbe chiamato lui davvero l’avrebbe protetta come un principe azzurro con la sua principessa.
“Ti voglio bene Davide..”
Sussurrò la bambina sorridendo felice, dando poi un enorme e sonoro bacio sulla guancia del biondo.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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                         Capitolo 1




“Questa volta non sfuggirai alla giustizia..”
Rise un bambino sui sette anni, con i capelli color dell’oro, mentre una bambina di non più di sei anni scappava, lontano da quella spada di plastica che le era stata puntata contro, facendo ondeggiare la gonnellina a fiori che indossava.
I capelli rossicci della bambina svolazzavano di qua e di là mentre questa continuava a correre, ridendo spensierata fin quando guardando davanti a sé, un qualcosa non le fece perdere l’equilibro e cadere a terra coprendosi la testa con le mani urlando.
“Celeste! Celeste!”
Il bambino corse subito dalla amica, preoccupato, gettando la spada giocattolo a terra e inginocchiandosi vicino a lei abbracciandola.
“Ti sei fatta male?”
Chiese guardando la bambina rannicchiata sulle punte e tremante.
Gli occhi verde pallido, ricolmi di lacrime, della bambina si alzarono sul biondo fissandolo spaventata.
“Un’ape! C’era un’ape!”
Strillò lei abbracciandolo forte, iniziando a singhiozzare.
Il bimbo cacciò un sospiro di sollievo, prendendo ad accarezzare i capelli rossicci di lei.
“Non ti ha punto, vero? Ora ci sono io qua..”
Sorrise guardandola cercando di dargli bene o male un po’ di sollievo.
Celeste guardò il ragazzino ancora impaurita, senza staccare le mani dalla sua maglietta di Dragonball, per poi scuotere la testa velocemente in risposta alla domanda di lui.
“La prossima volta che un’ape si avvicina, urla il mio nome, e io sarò subito qui e ti proteggerò sempre.. va bene?"
E a quelle parole la paura di Celeste svanì, perché da quel momento preciso, lei sapeva che se l’avrebbe chiamato lui davvero l’avrebbe protetta come un principe azzurro con la sua principessa.
“Ti voglio bene Davide..”
Sussurrò la bambina sorridendo felice, dando poi un enorme e sonoro bacio sulla guancia del biondo.
 
“Celeste, sveglia!”
“Altri cinque minuti, mamma..”
Sospirò la ragazza portandosi le coperte fin sopra la testa per ovattare la voce fastidiosa di sua madre.
“Non costringermi a salire!”
Urlò la donna sulla cinquantina alla base delle scale vicine alla cucina.
Celeste, scalciò via le lenzuola sbuffando sonoramente.
Perché diamine ci si doveva svegliare così presto la mattina, solo per andare a scuola, non l’aveva mai capito.
“Ok, mà, sono sveglia per una nuova emozionante giornata di carcere!”
Urlò a sua volta in risposta alla madre cacciando i piedi fuori dalle lenzuola aggrovigliate per poi sedersi e guardare a terra alla ricerca delle pantofole, che non trovò.
Chissà che fine avevano fatto.
Troppo stanca anche solo per ricordarsi che aveva sognato, poggiò i piedi a terra sentendo mille brividi salirle lungo la schiena.
Corse velocemente in bagno solo per appoggiare i piedi sul caldo tappetino vicino al lavandino e prese a lavarsi i denti per togliere quel fastidioso e poco gradevole gusto dalla bocca, dovuto all’alito post sonno, che come la pensava lei sapeva di topo morto.
Era sempre veloce la mattina, sia nel lavarsi la faccia che nel vestirsi o truccarsi, ed infatti 15 minuti dopo era già bella pronta e sulla soglia di casa mentre ascoltava le solite raccomandazioni sul fare la brava e stare attenta in classe da parte della madre.
Scoccò un bacio sulla guancia di quest’ultima prima di uscire e correre verso il liceo.
Era vero che si preparava in pochi minuti ma aveva quella malsana abitudine di svegliarsi alle otto in punto, quando le lezioni iniziavano solamente venti minuti dopo.
Arrivò con 10 minuti abbondanti di ritardo, leggermente sudata e col fiato corto per la corsa, tirò un sospiro di sollievo quando il bidello le sorrise avvicinandosi al pulsante per suonare l’ultima campanella, quella che segnava il vero inizio dell’ora.
Ringraziò l’uomo con lo sguardo per poi correre ancora verso la sua classe, quella in fondo al corridoio e di fronte la porta della palestra, quella che era stata messa lì perché la peggiore, dove anche i professori si rifiutavano di supplire.
Aprì la porta e sospirò andandosi a sedere.
“Celeste Gatto, mai possibile che arrivi sempre per il rotto della cuffia?”
Disse scocciata la professoressa per poi segnare l’ennesimo ritardo della ragazza sul suo registro, per poi iniziare una noiosissima lezione di due ore su Machiavelli e le sue opere.
 “Andiamo,  accompagnami alle macchinette..”
La supplicò in un sussurro Alessia, la sua compagna di banco nonché migliore amica.
Alessia era una ragazza bassina in confronto a Celeste, dai lunghi capelli castani che lei mensilmente tingeva di biondo, occhi marroni e labbra piccole ma talmente ben fatte da sembrare disegnate.
Mentre Celeste era alta, sul metro e settantacinque o forse settantaquattro, occhi verdi talmente pallidi da sembrare liquidi e lunghi capelli rossicci e mossi, labbra carnose e degli occhiali da vista blu notte fermi sul naso leggermente a patata.
La rossa sbuffò cedendo finalmente alle suppliche della sua amica, e dopo un attimo senza neanche accorgersene erano già sulle scale che portavano al primo piano, quello dove c’erano le macchinette contenenti snack e schifezze varie.
Sfortunatamente c’era un immensa fila di studenti, tutti intorno a quest’ultime, in attesa di accaparrarsi il meglio prima che fosse esaurito.
Celeste ripensò ai primi due anni di liceo, quando un ragazzo ogni giorno veniva a vendere pizzette e panini, dimezzando così il caos nei corridoi in quell’ora.
Ma si sa, cambia preside e cambia tutto, come quelle nuove regole che nessuno avrebbe mai accettato.
“Tu aspetta e fai la fila, ok Ale? Io non ho fame, vado a fumare.”
“Ok, aspettami che dopo vengo anche io”
Scrollò le spalle l’amica con un sorrisone stampato in faccia.
Lei era sempre stata così spensierata nonostante i problemi dopo la separazione dei suoi genitori.
Uscì sul piccolo pianerottolo delle scale antincendio, cacciando una sigaretta dal pacchetto per poi accendersela.
“Spostati, micio. Sei d’intralcio.”
Rise una voce dietro di lei, spingendola leggermente di lato.
Celeste guardò i due ragazzi che le avevano appena deriso il cognome, storpiandolo.
Entrambi alti, forse sul metro e ottantasei, entrambi belli, un anno più grandi di lei, ed entrambi estremamente stronzi.
“Oh avanti, non te la sarai presa?”
Disse il ragazzo con gli occhi castani e i capelli neri come le piume di un corvo, cacciando due sigarette un po’ spiegazzate di tasca poggiandola una tra le labbra e porgendo l’altra all’amico.
La ragazza storse il naso cercando di guardare solamente il moro, questo era un ragazzo snello e dai lineamenti un po’ affilati, con occhi incredibilmente profondi e labbra sottili.
“Se cerchi la tua ragazza viene fra poco, è alle macchinette”
Borbottò lei saltando direttamente la domanda retorica di lui.
Eh già, il ragazzo moro non era altro che Sacha, nome russo e un po’ strano per un ragazzo in italia, il ragazzo di Alessia, mentre l’altro troglodita che era con lui?
Bhe, quest’ultimo a contrario dell’amico non era propriamente snello, ma un fascio leggero e ben proporzionato di muscoli, muscoli che si notavano anche sotto la maglia nera che indossava in quel momento, dai capelli biondi e gli occhi azzurro ghiaccio.
Entrambi erano i ragazzi più popolari della scuola, anche se la maggior parte della popolazione femminile avrebbe donato l’anima solo per accaparrarsi il biondo.
“Amore!”
Cinguettò Alessia, facendo storcere nuovamente il naso a Celeste, andando ad abbracciare quello che era il suo ragazzo da più di dieci mesi e mezzo.
“Tigre, c’hai n’accendino?”
Chiese il biondo improvvisamente dopo essersi tastato le tasche invano.
“Il mio cognome è Gatto. Non micio, né micetto, né tigre. Gatto!”
Ringhiò inviperita la ragazza posando gli occhi verdi sul biondo, e passandogli l’accendino di malavoglia.
Il ragazzo sorrise divertito per poi accendersi la sigaretta facendo il primo tiro.
“Tigre ti si addice di più”
Sussurrò ridendo per poi facendo un altro tiro.
“Davide, lascia stare Celeste, o un giorno di questi ti graffia davvero”
Scoppiò a ridere Sacha scoccando un ennesimo bacio sulle labbra di Alessia prima che questa si staccasse da lui per prendere per un braccio Celeste, che pochi secondi prima aveva buttato la cicca giù dalla ringhiera delle scale.
“Andiamo su o quello di ginnastica ci dà per disperse”
Sorrise la bionda, trascinando via l’amica che prima che questa perdesse la pazienza e rispondesse nuovamente al biondo.
“Lo odio!”
Urlò la rossa appena entrata con l’amica negli spogliatoi femminili della palestra, facendo sgorgare una fragorosa risata dalle labbra della sua migliore amica.
“Lo so, Cel, lo ripeti sempre ogni volta che lo vedi”
“Mi prende in giro da sempre, dalla terza elementare è sempre così! Una volta per l’apparecchio, una volta per i capelli e poi quando alle medie mi misi il corpetto ortopedico non ti voglio proprio raccontare.. è un incubo vero  e proprio quel ragazzo”
Finì di mettersi il pantalone della tuta, raccontando disperata.
“Eppure una volta eravate amici, no?”
Chiese Alessia aprendo la porta degli spogliatoi per poi uscire con Celeste per andare in palestra.
Già, una volta erano amici, migliori amici e poi chissà perché, Davide iniziò a prenderla in giro, e a tormentarla continuamente in qualunque situazione, nonostante fosse un anno più grande, nonostante aveva giurato di esserci sempre per lei, un giorno così all’improvviso, le voltò le spalle iniziando a prenderla in giro per ogni cosa e a darle fastidio in ogni momento.
“Celeste, attenta!”
Urlò il professore di educazione fisica che chissà per quale assurdo motivo aveva a cuore quella classe chiamando tutti gli alunni per nome.
E poi un dolore acuto si spanse sul viso di Celeste, partendo dal naso che neanche sentiva più.
Aveva gli occhi che pungevano di lacrime e gli occhiali a terra con le lenti fortunatamente integre.
Alessia li prese e glieli porse mentre Celeste si teneva una mano premendo sul naso e con la vista appannata di lacrime di dolore.
“Ops, colpa mia.. Gatto”
Sussurrò mielosa una voce, e nonostante non ci vedesse granché a Celeste servì poco per capire a chi apparteneva.
Quella voce proveniva dalla gola famelica e profonda di una strega, mezza puttana e mezza oca, e per questo popolare e con una fila di ragazzi dietro, Cecilia, la ragazza di Davide.
“Fa nulla, sto bene..”
Rispose con voce nasale e un sorriso di circostanza la rossa, riprendendo gli occhiali e mettendoseli anche se non vedeva bene ancora per colpa degli occhi che pungevano di lacrime.
“Non direi, cara”
Enfatizzò la bionda Cecilia con un sorriso soddisfatto in viso.
Erano due anni che quest’insulsa gallina le andava contro e la odiava, per gelosia forse essendo che oltre a Cecilia, Celeste era l’unica ragazza con cui Davide rideva.
Non che ridessero insieme lui e Celeste, anzi, era solo il biondo a ridere mentre prendeva in giro Celeste.
“Cel, ti esce il sangue dal naso..”
Disse allora allarmata Alessia, facendo subito scattare le mani della rossa che si teneva stretto il naso e alzava lievemente la testa per non far scorrere sangue sulla t-shirt da ginnastica.
Anche Celeste odiava Cecilia, ma di certo non la importunava come faceva lei.
Diamine, pensò la rossa girando i tacchi e andando verso l’infermeria, cosa ardua essendo che questa chissà per quale assurdo motivo, era al secondo piano.
“Vengo anche io, aspetta”
Corse dietro di lei Alessia, con un fazzoletto di carta in una mano.
Celeste si fermò premendo il fazzoletto sul naso e fece cenno di no all’amica.
Le dispiaceva, dopotutto erano arrivate da poco e non avevano neanche iniziato a giocare, e sapeva quanto piacesse la pallavolo ad Alessia.
Non aspettò neanche una risposta da parte dell’amica che uscì di corsa fuori dalla palestra per poi salire le scale per il primo piano velocemente.
Ogni passo che faceva le sembrava un ago conficcato nel cervello.
Arrivò davanti l’infermeria barcollando, bussando lievemente e senza ricevere risposta alcuna entrò sicura di non trovarci nessuno.
Chiuse l’apporta e si mantenne al lavabo disposto lì vicino, si sentiva strana e senza forze, ma senza pensarci molto buttò il fazzoletto imbrattato di sangue nel cestino e si sciacquò i residui sulla pelle per poi infilare delle piccole palline di ovatta, trovata lì vicino, nelle narici.
Fu questione forse di un minuto o di pochi secondi,  che la porta si aprì di scatto facendo perdere l’equilibrio a Celeste per la sorpresa cadendo così a rovinosamente a terra.
Domandò  qualcosa divertito un ragazzo biondo, che Celeste non vide neanche, perché chissà come era svenuta contro la parete dell’infermeria.
 
“Ehi, Tigre, sono venti minuti buoni che dormi, sveglia”
Rise Davide, dando leggeri schiaffetti contro la guancia di Celeste, che non dava segno di svegliarsi neanche per sogno.
“Ancora cinque minuti, mamma..”
Bofonchiò la ragazza, portando un braccio a coprirsi gli occhi.
Il biondo rise ancora, per poi avvicinarsi al lavandino e aprire il rubinetto.
Di certo non con l’intento di riempire un bicchiere d’acqua per bere, no, perché in realtà stava riempiendo una bottiglietta di Estathé, che prima di entrare in infermeria con la banale scusa di un mal di testa finto aveva comprato alle macchinette.
“Ehi, Tigre, su sveglia!”
Rise ancora il ragazzo, che ricevendo solo un mugolio da parte di Celeste scosse la testa estremamente divertito, si avvicinò al lettino dove aveva posato la ragazza e senza pensarci su svuotò l’intera bottiglietta su Celeste, che si svegliò di soprassalto ritrovandosi completamente fradicia dalla testa fino al petto.
Ci vollero alcuni secondi prima che Celeste capisse cosa fosse successo, per poi girarsi con sguardo omicida verso il bel biondo che si trovava davanti e che sorrideva innocentemente, come un bambino che dopo uno scherzo voleva nascondersi dalla madre arrabbiata.
“TU SEI..”
Sussurrò la rossa con voce grave, stringendo i pugni fino quasi a sentire le unghie perforarle la pelle.
“Io?”
Chiese il biondo, sogghignando divertito.
“Oh, si lo so che sono bellissimo”
Continuò poi passandosi una mano nei biondi capelli ravvivandoseli all’indietro.
“Sei morto, stronzo narcisista e per di più cervo a primavera!”
“Cervo a primavera?”
Chiese ancora il biondo scoppiando a ridere come un matto piegandosi in due e tenendosi lo stomaco.
“Cornuto, si, lo sanno tutti che la tua ragazza ti fa le corna!”
Urlò Celeste scendendo dal lettino coprendosi il petto con le braccia per la maglia che era diventata ormai trasparente.
Voleva uscire dall’infermeria subito, voleva trovarsi lontano da quel ragazzo che odiava con tutto il cuore.
Aprì la porta prima che questa fosse chiusa da una sola spinta del ragazzo che continuava a ridere, mentre lei si sentiva come un coniglio intrappolato nel tronco scavato di un albero con di fronte una volpe famelica.
“Gelosa piccola Tigre?.. E comunque Cecilia non è altro che la mia preferita tra quelle con cui vado a letto”
Perfetto, pensò Celeste, non solo stronzo, narcisista e popolare, ma anche puttaniere.
“Non mi importa molto di cosa fa lei o le altre che mi scopo”
Per di più un ragazzo senza peli sulla lingua e con zero tatto.
“E’ libera di fare quello che vuole, è solo.. Come dire.. Mh, la prediletta tra le mie scopamicizie?”
Scoccò la lingua sensualmente, guardando la ragazza che lo guardava con occhi sgranati e increduli.
Sembrava così innocente quella ragazza, ed era così divertente quando si arrabbiava e gli urlava contro, anche se era molto più carina quando stava zitta o rideva con Alessia.
Ma ormai era troppo tardi, lei odiava lui, e questo lui lo sapeva bene dato che era stato lui stesso a portare la loro amicizia a sgretolarsi fino a quel punto.
La ricordava ancora ridere e giocare, nei suoi numerosi vestitini e i suoi indimenticabili capelli color rosso caramello racchiusi in due codine, quando era nient’altro che una bambina.
Maledisse quel ricordo dolce di lei mettendo entrambe le mani sulla porta ai lati del viso di Celeste, ricoperto di lievi lentiggini, e si avvicinò all’orecchio di lei soffiandoci lievemente sopra.
La ragazza avvertì un lungo brivido salirgli lungo la schiena e si immobilizzò non sapendo neanche per quale motivo, forse per paura? No, era da scartare quella soluzione.
Era solamente stordita, stordita da quelle parole che poco prima aveva sentito e stordita dal buon profumo che emanavano i capelli biondi di lui.
“Non metterti più un reggiseno così infantile, con queste ranocchiette colorate un ragazzo non lo troverai neanche fra tremila anni”
Sussurrò allora in biondo per poi allontanarsi e scoppiare a ridere nuovamente.
E fu un secondo, un solo misero secondo che la rabbia di Celeste esplose e un segno rosso, di cinque dita sottili e lunghe, fu stampato sulla guancia di Davide.
“Stronzo!”







  Angolo autrice

Salve, ecco la mia nuovissima e terza fanfiction, vi piace?
Spero proprio di si u.u
E se vi piace tanto, perchè non lasciare una bella recensione per dirmi cosa ne pensate, dico io?
Spero tanto di avere risultati positivi, così di postare prossimamente anche il secondo capitolo. :)
A presto, baci.
                                     Rossella

 

 

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