Mi alzai lentamente dal letto e mi diressi verso la cucina. Avevo la testa che pulsava per il mal di testa. Mentre frugavo flemmaticamente nella credenza, ripensai alla mattinata trascorsa a scuola. Le ore di lezione erano filate via senza troppi problemi, mentre, nel tragitto verso casa, Max Wilson mi aveva fradiciato sfecciandomi accanto con l’auto e facendomi praticamente ammalare. Presto, la mia mente già vagava tra desiderio di vendetta e disperazione il mio viso si contraeva a seconda dei pensieri che mi attraversavano.
Da una parte, Max mi intimoriva. Pensavo che, se avesse dato anche un solo sguardo a quello che mi passava per la mente, mi avrebbe rotto le ossa. Ma dall’altro era un insignificante sbruffone senza scrupoli; lui mi aveva rubato Gloria. Certamente non potevo biasimarla: lui era pieno di tatuaggi, era ricco e andava a scuola in auto, mentre con me era costretta ad andare sempre a piedi, spesso anche con la pioggia. Ma ero sicuro che lei non era così, no, non mi aveva mai detto di stare male con me, anzi. E lui nemmeno le voleva bene. Lui non la amava!
Ormai ero in preda alla rabbia. Non riuscivo più a frenare i miei pensieri, quasi non sapevo quello che stavo facendo. Avevo afferrato un foglio e una penna e avevo cominciato a scarabocchiare tutto quello che mi veniva in mente. Ad un tratto, mi fermai. Sudavo. Mi resi conto di quello che avevo fatto, così presi il foglio e lessi quello che avevo scritto.

“Lui può avere tutto quello che vuoi, ma non sarà mai innamorato veramente di te, lui non ti ama, prova a chiederglielo, ti risponderebbe di sì guardandoti dritta negli occhi? E sapresti con certezza che non sta mentendo? Poi ti consolerebbe quando sei triste? E’ con amore che ti bacia ogni volta? Mi pento solo di non averti fermato in tempo perché, se fossi al suo posto, io non mentirei. Lo vedresti. E ogni cosa sarà solo per l’amore che provo per te e temo non uscirai mai dai miei pensieri. Continuo a sognarti, a vedermi insieme a te. Mi sembra però di parlare a vuoto, mi sembra di star giocando qualcosa che sono già destinato a perdere. Scusa se non posso competere con lui, scusa se sei scappata e non ti ho trattenuto, scusa se ho permesso che te ne andassi. Penso che se ora lui leggesse questo, sarei morto dalle botte che mi darebbe. Ma morirei solo per dirti che sei prigioniera, e morirei ancora per aiutarti a uscirne.”

Lasciai cadere la testa sul tavolo. La risollevai dopo pochi secondi e con la mano tremante e le lacrime agli occhi, scrissi in fondo al foglio “Ti tratta come ti tratterei io? Ti ama COME TI AMO IO?”.


Quella sera, Louis passò da casa mia. Mi trovò sdraiato sul letto, con il braccio che mi copriva gli occhi e la mente troppo assorta per averlo sentito entrare.
- Solo tu puoi dannarti così per una ragazza. – esordì mio cugino, sedendosi accanto a me, con un’aria mista a compassione e rimprovero.
Tacqui. Non avevo voglia di parlarne. Dopo un paio di minuti, Louis mi disse:
- Ho trovato questo per le scale. – Mi porse il foglio che avevo scritto quel pomeriggio.
- Oh, Louis, non è niente. – cercai debolmente di giustificarmi – Era solo … uno sfogo.
- Allora spero non ti dispiaccia troppo se l’ho letto – riprese lui porgendomi il foglio. Io lo presi e lo fissai per qualche secondo.
-Sembra il testo di una canzone, Harry.