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Autore: hale    18/08/2013    16 recensioni
“Voglio morire.” Sbuffai con un senso di stanchezza salendo una volta per tutte sul tetto.
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“Voglio essere quel che davvero sono, e non l’immagine che la gente ha costruito su di me.” Disse una voce poco distante da me.
“Esatto.” Commentai per poi sobbalzare. Mi voltai stordito, con il battito cardiaco accelerato. Nessuno poteva avermi sentito, nessuno poteva. Dovevo avere delle spaventose allucinazioni.
Mi alzai e analizzai il luogo da dove proveniva quella voce.
Trovai una ragazza nascosta in una parte del tetto, rannicchiata nel suo angolo. Mi si illuminò la vista nel vederla e mi si sciolse il cuore, era lei.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6.

The past.
 

 
 
 


Julie.

Harry Styles era un ragazzo particolare. Egli viveva in una grande, moderna villa californiana, situata sulla costa, a pochi metri dall’oceano pacifico, un paesaggio che tutta la famiglia Styles aveva sempre ammirato. Crescendo, non gli era mai mancano nulla. Tutto ciò che necessitava lo aveva sempre ottenuto, non se ne era mai lamentato. Entrambi i suoi genitori erano sempre stati lì presenti per lui, non si era mai sentito solo. Non gli mancava nulla, aveva un aspetto meraviglioso, corporatura perfetta e un sorriso da farti mancare il respiro. Era un figlio perfetto, tutti non facevano altro che parlare bene di lui. Ha chi lo ama, una ragazza splendida la quale pare vivere per lui. Harry Styles era un ragazzo fortunato e davvero felice, non voleva cambiare assolutamente nulla della sua vita. Eppure era particolare, perché tutto ciò che lui stava sembrando agli di occhi di tutti, per me non era soltanto che una maschera consumata. Leggevo nei suoi occhi un’altra vita, un’altra anima la quale non si era mai azzardata ad uscire fuori. Intravedevo che il suo verde non era più così acceso e vispo, anzi. Era grigiastro, triste. Notavo l’oscurità nel suo viso così candito e spudoratamente forzato, sereno. Traspariva un carattere suo, colmo di difetti, forse un po’ sbagliato a suo parere, però vero. Sentivo dietro un suo lieve sussurro, un grido, un urlo disperato che, col tempo, aveva smesso di farsi sentire. Non aveva più voce, non aveva più forze. Capivo che quel ragazzo non era forte, aveva le mani tremanti e le gambe pronte a cedere, così come il suo lui nascosto. Quando guardavo Harry Styles, non vedevo il ragazzo modello dal sorriso presente. Quando guardavo Harry Styles, vedevo il dolore, il tormento, l’angoscia, la disperazione. Vedevo la richiesta, sentivo il bisogno di aiuto.
Quando ammiravo Harry Styles, vedevo me stessa. Vedevo tutto ciò che nascondevo, che divoravo. Tutto ciò che era morto dentro di me. E lui me le faceva rivivere con uno sguardo, sentendo afflizione e l’amaro in bocca.
Eppure non capivo, non trovavo il collegamento tra quelle due realtà.
Michael e Susanne Styles sembravano dei genitori fantastici, cordiali e gentili. Ma lui voleva scappare da loro, non voleva sentirli, li vedeva lontani anni luce da lui. Caroline Stewart era una ragazza da una bellezza invidiabile, dal carattere dolce e amorevole, era follemente innamorata di lui. Però lui non combaciava con lei, non riusciva, sembrava contrario a tutto.
Perché ai miei occhi sembrava così innocentemente bugiardo? Si adattava a quel che li si veniva dato, viveva in un mondo realizzato da altri, morendo nel mondo che non lo aveva mai accolto.
Harry Styles era un ragazzo particolare, perché mentre io vedevo che bene non stava, tutto ciò che girava intorno a lui continuava a farlo soffocare in quella realtà mai voluta e desiderata.
Era metà agosto, il caldo insisteva sulla giornata e il sole brillava nel cielo, accompagnato da qualche nuvola, ed io ero sdraiata sul dondolo presa dai pensieri. Oramai Harry ed io non avevamo alcun legame e conversazione, lui evitava di avvicinarsi mentre io mi sentivo completamente attratta dal suo strano modo di fare. Ricordai quando venne da me per farmi compagnia, la mattina in quella casa. Mentre adesso faceva di tutto per mantenersi alla larga, come se fossi materiale pericoloso. E, non so per quale motivo, a me quella situazione mi dispiaceva.
Guardai sul display del mio cellulare quali ore fossero, quel pomeriggio avrei dovuto incontrare Niall, nascondeva un passato e avevo bisogno di conoscerlo, datosi che con i suoi acerbi ricordi aveva rischiato di distruggere il mio presente.
Ho sempre voluto il male per me stessa e l’insensata, se non falsa, relazione con Niall, sentivo che non mi avrebbe portato nulla di buono. Però, se ci pensavo meglio, mi rendevo conto che avrei rischiato di avvicinarmi troppo, mostrando il dolore e il disgusto che bolliva dentro me. Ed io non volevo, così come non volevo ricadere nel mio incubo, oppure stavo cambiando idea?
Volevo davvero di nuovo il male, ricadere nel mio buio e isolarmi da questa delusione chiamata normalità, chiamata vita.
Scossi la testa e mi alzai dal dondolo per poi uscire di casa. Erano giorni che mi sentivo dannatamente confusa, non facevo altro che pensare ed io desideravo liberarmi di tutto. Con lui, con Harry.
Mi recai al solito posto, alla spiaggia vicina, era lì che incontravo solitamente Niall, il quale era già lì ad attendermi. Non appena mi vide, si alzò dallo scoglio e sorrise.
“Ehi.” Si avvicinò, tentò di baciarmi mentre io girai il volto.
“Ciao.” Risposi sorridendo, leggermente turbata.
Lui mi afferrò il polso, serio.
“Sei la mia ragazza, lascia che ti baci.” Insistette, per poi posare le sue labbra sulle mie. Erano così disconnesse, non era un bacio legato, desiderato e provato. La relazione con lui si stava spingendo oltre ed era troppo tardi per tirarmene fuori. Per lui, non era una cosa finta, ma ufficiale. Ero sua e non me ne potevo andare da nessuna parte, altrimenti sarebbe riaccaduto.
Tutto l’incubo sarebbe tornato a galla.
Ma io non volevo sottomettermi.
Scegli Julie, o passato o presente.
Di nuovo udii la voce nella mia mente frastornarmi. Ricevere il male, vivere il male e tornare nel mondo passato, nel tunnel infinito e buio, questa era una fine. Oppure potevo insistere, difendermi e rimanere impassibile anche con colui che poteva distruggermi.
“Niall, che è successo fra te e Harry?” Gli chiesi, sedendomi sulla riva senza rivolgergli alcun gesto o sguardo. Lui rimase in piedi, come se solamente toccare l’argomento potesse fargli salire i nervi alle stesse. Ma non mi interessava ferirlo, provocarlo, innervosirlo, non mi interessava la sua reazione.
Mi importava sapere.
Ecco il male, ecco Julie.
Ignorai.
“E’ una cosa nostra.” Rispose freddo.
“Non riesci a parlarne?” Ribattei. Lui deglutii, stava cedendo.
“Sì che riesco, posso parlarne anche adesso.” Disse spazientito scrutandomi. Allora lo incitai a continuare e lui, senza neanche accorgersene, si lasciò andare abbassando il suo scudo.
“Caroline mi lasciò per lui.” Ammise secco. “E lui non la rifiutò neanche.” Terminò.
Lo riguardai impietrita, non capivo.
Lui continuò a parlare, senza freni, come se non ci fosse nessuno lì ad ascoltarlo. Erano innamorati, o almeno, lui amava lei con tutto il cuore. Aveva detto di non aver mai amato nessun’altra in tale modo. Era stata l’unica alla quale aveva dato tutto ciò che ella poteva ricevere. Avevano organizzato un futuro insieme, credevano che sarebbe durato per sempre, non era mai stato così tanto felice in tutta la sua vita. Fin a quando tutto questo non ebbe una fine, da quel momento in poi aveva smesso di credere in tutto. Nell’amore, nell’amicizia, nella fedeltà, nelle persone. E qualsiasi persona si sarebbe avvicinata ad Harry, Niall l’avrebbe portata via, così come stava facendo con me, in modo da fargli provare quanto sia doloroso perché tutto ciò che consideri la propria vita, l’amore della tua vita.
E, guardandolo, sentii il dispiacere dentro me. Harry e lui erano migliori amici, davvero aveva compiuto un gesto simile? Non riuscivo a capire, a realizzare.
Ero persa, intanto notai delle lacrime scivolare sul volto di Niall.
“Non piangere.” Gli sussurrai, invitandolo tra le mie braccia. Si sedette al mio fianco ed io lo strinsi a me. Fu una sensazione strana, era così strano per me consolarlo. Era normale, eppure così stupidamente nuovo.
Lui singhiozzava e, forse, mi stavo sentendo leggermente in colpa per aver sputato fuori quell’ argomento talmente delicato in quel modo così brusco.
E, per la prima volta, era Niall Horan il debole.
“Scusa.” Disse tra un singhiozzo e l’altro. “Scusa se sfogo la mia rabbia con te, che sei così buona.” Finì.
Io ero buona? Diceva così, forse, perché mi ero sempre mostrata pari ai suoi modi duri di fare, senza reagire mai, ma neppure cedendogli.
“Ti capisco.” Gli dissi. Lo tranquillizzai per poi asciugargli delle lacrime. “Tu non tieni nessun rancore dentro te.” Puntualizzai. In fin dei conti, io e lui avevo un ricordo mai raccontato. Lui lo teneva fuori, mentre io dentro.
Mi abbracciò forte, io sorrisi.
“Deve morire.” Sputò tirando su col naso. Sentii come un nodo alla gola e un pugno dello stomaco.
Deve morire, aveva detto.

Era tardi, categoricamente tardi. Il vento si abbatteva contro le foglie del pesco di fronte casa. Il freddo gelava ogni cellula del mio stanco corpo. La porta venne sbattuta con violenza,era finalmente tornato. Scesi le scale saltellando, ero allegra. Era il mio decimo compleanno,  non vedevo l’ora di ricevere gli auguri dal mio papà. Subito fui frenata da mia madre, la quale mi ordinò di corrermene in camera mia, come ogni sera facevo. Era pericoloso avvicinarsi a lui, ma quella era una notte speciale. Lo vidi, barcollava. Disse cose volgari e spinse via mia madre. Cercai di abbracciarlo, mi era mancato, ma con un fermo gesto del braccio, mi gettò a terra contro il muro. Era sempre cattivo, ma aveva promesso che come regalo non lo sarebbe più stato. Invece era ancora strano, nervoso, arrabbiato. Lo seguii in cucina. Lui buttò violentemente una sedia a terra, accompagnando il tonfo con un spaventoso verso. Sentii mia madre afferrarmi da dietro.
“Papà, papà! E’ il mio compleanno.” Urlai. Lui urlò, dovevo starmene zitta, disse. Lei si avvicinò a lui, per calmarlo, lui la spinse contro il mobile.
“Papà!” Urlai, di nuovo.
“Zitta, vuoi che ti faccia male?” Esclamò, era sempre più fuori di sé.
Perché era stato cattivo anche quella notte? Aveva promesso che non lo sarebbe stato più.
“Devi morire.” Dissi, cominciando a piangere. “Devi morire papà.”


“Julie.” Sentii Niall scuotermi per la spalla. “Julie, ci sei?” Mi chiese guardandomi preoccupato, con il volto ancora umido e gli occhi lievemente arrossati. Scossi la testa e abbassai lo sguardo, quelle due parole mi trafissero come una lama, sentivo le lacrime ribollirmi dentro, così come il dolore di quel passato così remoto ai miei occhi.
Ricordai quei lunghi momenti in pochi istanti, fu come un abbaglio, un flashback. E fu orribile.
Niall mi riabbracciò, sembrava un piccolo bambino impaurito nel vedere la propria mamma triste. Ma ancora non ero lì, affianco a lui. Ero ancora in quella vita, in quella paura, immersa dai sensi di colpa e di nausea.
Steven Martin era un uomo fragile, impotente e delicato, non avevamo mai avuto nulla in comune. Era un padre assente, anzi, non era mai stato un vero padre. I ricordi che mi legano a lui sono ben pochi e, la maggior parte, evito di pensarli. Aveva sposato mia madre quando aveva solamente ventidue anni e non se ne era mai pentito, però l’idea di costruire una famiglia lo aveva sempre un po’ impaurito. Lavorava in una fabbrica, parecchie ore al giorno, non guadagnava molto. Perse la testa quando arrivai io, la mia nascita diede inizio a quella serie di problemi che lo fecero cambiare. Quando scoprì il mondo del casinò, si butto con tutto se stesso nel gioco d’azzardo, perdendo ogni sua fortuna. Le cose non fecero che peggiorare, diventò dipendente dall’alcool, soffriva di depressione, una forte depressione. In più, cominciò ad essere una persona violenta. Mia madre fece di tutto per proteggere entrambi, sia lui da quella routine e sia me dalle sue crisi. Ma io non capivo. Volevo solo un papà da abbracciare, un papà con cui andare a prendere un gelato ogni tanto, un papà che venisse a prendermi da scuola non appena ne avesse avuto il tempo.
Non capivo, ero una stupida bambina, priva d’infanzia. Mi sentivo anormale, ero isolata da tutti i gruppi che si creavano a scuola, ero una stranezza ambulante ed io ricordavo quanto male stavo. Mi vergognavo, perché vedevo tante famiglie perfette attorno a me, mentre io vivevo in una casa piena di pericoli, con l’abitudine di chiudere sempre la porta a chiave prima di dormire.
“Stai bene?” Mi sussurrò Niall. Prese la mia mano e la strinse con la sua.
Ero inciampata, ero caduta. E quella volta non mi sarei più potuta aggrappare a nulla.

Ero contenta quel fresco pomeriggio di mezza estate. Ero andata al mercatino con mia madre, avevo comprato un vestitino azzurro e delle caramelle al gusto di frutta. Stavamo tornando a casa, dovevo finire i compiti di matematica. Non vedevo l’ora di far vedere il vestito al mio papà. Corsi per le scale raggiungendo il nostro piccolo appartamento. Aspettai che mia madre aprisse la porta di casa, per poi precipitarmi  nella camera matrimoniale. Lui stava dormendo, eppure il letto non era disfatto. C’erano palline bianche sparse per il pavimento, erano delle pasticche, pensavo. Forse si era sentito un po’ male.
“Papà, papà svegliati!” Lo scossi per il braccio. Non si muoveva. Arrivò mia madre, la quale si sbianchì del tutto non appena vide la scena.
Lei piangeva.
Venne l’ambulanza.
Lui non si svegliò, se ne andò via.
Papà non risvegliò più quella volta.


Sentii il volto andarmi in fiamme, le lacrime solcarlo e il cuore morirmi dentro. Sentii il male della mia anima venire fuori, affacciandosi sulla realtà. La voce dentro me si era impossessata di ogni ragione e controllo. E fu così che, ancora una volta, mi sentii il male in carne ed ossa. Avevo desiderato così tanto la morte di una persona, per poi ottenerla. Lui, doveva morire e morto era diventato. Questo perché ero stata io a chiederglielo, ad urlarglielo. E, senza saperlo, lo avevo rovinato ancora di più. Perché io non capivo, pensavo solamente a me e alla normale felicità che mi aspettavo di vivere.
Tu lo hai ucciso, Julie, tu lo hai portato a questo.
Rividi quel corpo freddo, pallido, senz’anima. Tentai di asciugarmi il viso, affogato da un’irrefrenabile pianto. Ero stata completamente inghiottita da quel che si poteva considerare un incubo, quando invece era una pura e sofferente realtà.
Niall mi guardava, pietrificato. Mi accarezzò la schiena, mi parlava, ma io non lo sentivo.
Vidi il sangue di mia madre, il corpo di mio padre, i medicinali, la barella.
Mi alzai di scatto per poi fare pochi passi e rimettere, vomitai cose se volessi eliminare via ogni traccia del mio passato. Volevo liberarmene di quel gesto, che mi portò via mio padre. Volevo dimenticare i dodici anni privi di una vera infanzia. Volevo liberarmene degli anni a venire, dove cambiai, dove anche tutto il resto ebbe una fine. Quando Julie Martin cessò di vivere.
Vidi la grande distesa di verde, gli alberi alti e scuri, la gente in nero e la bara. E poi vidi il viso di mia madre. E di nuovo lui, Steven.
Vomitai nuovamente. Niall si precipitò su di me, lo sentii appena. Mi tenne i capelli e posò una mano sulla mia schiena, reggendomi a lui. Era praticamente sconvolto, di sicuro.
Mi ero ripromessa che mai avrei ceduto così, di fronte a nessuno.
Però sapevo che Niall Horan era un rischio, ed io ho rischiato fin troppo.
“Julie, che ti è successo?” Balbettò lui, pallido in viso.
“Portami a casa.” Fu tutto ciò che riuscii a dire.
Non mi lasciò, il suo braccio circondò il mio fianco, mi portò a casa senza dire nulla.
Quando arrivammo a quell’enorme cancello, però, mi guardò dritto negli occhi.
“Se hai bisogno di me, scrivimi.” Mi disse, era preoccupato per me. Ma odiavo quello sguardo, gli facevo pena. Oppure era semplicemente ansioso, non voleva che stessi male. Si era affezionato a me?
Io annuii, ricordandomi di avere il suo numero, per poi salutarlo e rientrarmene in casa.
Varcai la porta, non mi reggevo in piedi, avevo gli occhi gonfi e le immagini erano ancora chiare nella mia mente.
“Julie, la cena è pronta.” La voce di Harry mi venne addosso come un brusco tornado, stava scendendo le scale. Non lo guardai.
“Non mi sento bene, dì ai tuoi che mi metterò a letto.” Gli risposi posando una mano sul mio stomaco, avvicinandomi alla ringhiera d’acciaio, rigorosamente rifinita e dettagliata.
Lui si fermò e mi scrutò stranito.
“Che succede, Julie?” Abbassò il capo per tentare di guardare i miei occhi. Erano rossi, si vedeva. Il volto era a pezzi, si vedeva. Lui non doveva vedere.
“Non sto bene, Harry.” Ribattei ferma per poi scappare da lui, prima di cedere anche davanti alla sua persona.
Non mi guardai indietro, non volli. Avrei indietreggiato e sarei morta tra le sue braccia.
Ma ci pensavo. Pensavo al fatto che, un momento insieme ad Harry, avrebbe cambiato le cose. Una sera assieme a lui, a quella risata, a quella voce. Insieme a quei suoi improvvisi tocchi, in grado di farti venire la pelle d’oca. Una sera passata a vedere film, stretta tra le sue braccia.
Ma il legame tra noi non si era creato, forse è stato il destino a decidere.
Ricordati che tu sei il male Julie, non puoi trascinare nessuno via con te.
Mi chiusi in camera mia.
A chiave.
Mi feci una doccia e mi buttai sul letto.
Rimani lì, è il tuo posto. Sola e perfida.
Volevo stare con lui, volevo stare bene.
Non te lo meriti, non ti meriti lui, non ti meriti il bene.
Avevo bisogno di Harry, stavo tornavo a riva. Stavo allontanando quella voce? La mia compagnia, il mio essere marcio.
Feci per alzarmi ma fu il bussare alla porta a precedermi. Mi recai per aprire, piuttosto confusa.
E fu così che lo vidi, finalmente, di fronte a me.
“So che te ne vorrai stare sola ma eri parecchio strana prima ed io..” Lo abbracciai, frenando ogni sua parola. Mai lo avevo fatto, difatti ne rimase sorpreso. Lo strinsi e lui ricambiò.
Strano, ero nel dubbio se raggiungerlo o meno, e fu proprio a lui a cercarmi per primo.
Mi cercò, Harry era stato così adorabile, pensai.
Lo feci entrare. Mi ristesi sul letto, lui si sedette accanto ai miei piedi, a gambe incrociate.
“Perché sei qui?” Dissi guardandomi i piedi.
Lui abbassò lo sguardo e cominciò a giocherellare con il suo braccialetto.
“Ero in ansia per te, tutto qui.” Rispose. Aprirsi, non voleva aprirsi troppo, ecco come si comportava.
Ecco come mi comportavo.
Ecco come ci comportavamo.
Ecco perché, forse, ci siamo allontanati senza mai avvicinarsi.
Sorrisi, posai le mie gambe sopra le sue.
Sorrise, cominciò a solleticarmi i piedi.
Incominciai a ridere piegandomi in due, soffrivo esageratamente il solletico. Lui seguì la mia risata per poi tapparmi la bocca con il palmo della sua mano.
“Svegli tutti.” Mi zittì continuando a ridere. La sua mano era grande, calda. Volevo stringerla con la mia, intrecciare le nostre dita per poi formare una cosa sola.
E così feci. Presi la sua mano posava sulle mie labbra, la quale aveva lentamente allentato la presa. Feci scorrere il mio palmo contro il suo per poi allargare lo spazio delle dita, il quale lo completai con le sue. Mi strinse la mano, sembravano fatte per essere unite.
Posò il suo sguardo sul mio, annegai nel suoi occhi, non volevo lasciarli. I nostri lenti respiri si fusero.
Sorrise arrossendo, ricambiai.
Era così perfetto, eravamo solamente lui ed io.
“Posso chiederti una cosa?” Ruppi quel magico silenzio, tenendo però stretta la sua mano.
Lui annuii.
Gli chiesi di Niall, perché le cose non tornavano. Lui sbuffò e distolse lo sguardo.
“E’ una storia lunga.” Rispose. “E complicata.” Aggiunse.
Mi voltai per guardare l’ora segnata sull’orologio poggiato sul comodino.
“Sono solamente le nove e mezza, hai tempo per raccontarmi.” Gli dissi.
Fece un sospiro e mi spiegò.
Niall era il suo unico vero amico, perché lui non aveva amici. E lo aveva perso, ma non ne sapeva il perché.
Caroline era l’unica che frequentava, ma non la amava. E no, non stava insieme a lei per suo volere.
Tutto ciò non aveva senso per me finché lui non si confidò, mi stupii. Mi sorpresi nel vederlo aprirsi con me. Mi sorprese sentire quella vita soffocata che sopportava da sempre. Mi sorprese, ma capii finalmente perché Harry Styles era così particolare, così falsamente felice, così forte senza rendersene conto. Lo stavo conoscendo ed io ero così dannatamente felice.
Mai giudicare il libro dalla copertina, avevo fatto bene a ricordarmelo. I signori Styles non li avrei mai immaginati così opprimenti. Non avrei mai immaginato Harry così sofferente.
E lì, mi sparii il sorriso.
Gli accarezzai la guancia, aveva qualcosa dentro che avrebbe potuto rivelato prima o poi. Ma era troppo presto per sapere il vero perché del suo dolore. Lo capivo, capivo che mostrarsi già così era dura. Si era ricoperto di corazze, di orgoglio, di facce false. Ed io mi rispecchiavo così tanto.
Sbuffò ancora, per poi stendersi sul mio letto. Lo seguii, appoggiai la testa sul suo petto e lo abbracciai. Sentii il suo braccio circondarmi, seguito da un uragano nel mio stomaco. Stavo impazzendo.
“Anche io sto male.” Sussurrai. “E non mi è mai capitato di capire talmente tanto una persona.” Continuai.
“So che stai male.” Sussurrò. “E non mi è mai capitato di vedere me stesso in un altro corpo.” Concluse.
Chiusi gli occhi e sorrisi. Lui spense la luce.
“Posso dormire con te?” Mi chiese, mormorandomi all’orecchio.
Sentii dei brividi pizzicarmi ogni parte del mio corpo. Annuii perché a rispondere non riuscivo.
Incominciò ad accarezzarmi lentamente la schiena fino ad arrivare al mio fianco sinistro. Alzai il mio viso, sentii le sue morbide labbra posarsi sulla mia fronte, mi lasciò un piccolo e caldo bacio. Mi morsi il labbro inferiore, mi ritrovai a sfiorare il mio naso con il suo, lui me lo strofinò contro ed io ricambiai. Odorai il suo profumo, così lieve e delicato da attirarmi. Gli accarezzai il collo, affondai la mia mano nella sua chioma riccia. Lui strinse la presa su di me e mi avvicinò ancor di più a lui. Sentii ancora quelle labbra, quella volta si posarono sulla mia guancia. Una, due, tre volte. Le sentii sull’angolo delle mie labbra e lì il mio cuore perse un battito. I nostri sorrisi si scontrarono ed io poggiai la mia mano sul suo petto, il suo battito era accelerato. Era come essere cullate, mi proteggeva.
Sarei rimasta nelle sue braccia per sempre.
Mi addormentai con il suo respiro sul mio viso e con il battito del suo cuore sul mio petto.

 




Salve cari lettori.
Sono praticamente le 02:29 del mattino, non avevo intenzione di andare a dormire senza pubblicare finalmente il sesto capitolo. Mi scuso per averci impiegato una intera settimana, ero completata priva di idee su come incominciare questo capitolo. Il passato di Julie è venuto finalmente a galla e s riesce (spero) a capire il perché si consideri il male. C'è stata anche una scena con il pazzo Niall, anche lì si è scoperta una verità. Non so voi, ma Carolino non la sopporto proprio. Ringraziate il cielo, il capitolo si stava terminando solamente con la scena del ritorno a casa, però veniva troppo corto, perciò ho aggiunto un'altra scena. Finalmente, non triste, e si, con il carissimo Harry. Vi giuro che stavo morendo nel scriverla, ci ho messo l'anima in questo capitolo. Se interessa a qualcuno, il mio umore sta migliorando, mi sto sfogando molto sullo scrivere e voi che seguite la storia non fate altro che regalarmi mille soddisfazioni, perciò vi ringrazio per le recensioni, vi amo.
Concludo col dirvi che ho fatto una specie di trailer per questa ff, questo è il link: 
http://www.youtube.com/watch?v=da_531NnBVw
Io li amo troppo.

Un bacio, hale. xx
twitter - @pianorauhl

  
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