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Autore: kirlia    18/08/2013    4 recensioni
Nessuno si è mai chiesto come Franziska affrontò la morte di Manfred von Karma? 
E se avesse bisogno dell'aiuto di qualcuno per riprendersi dal dolore della perdita di un padre, anche se non è mai stato presente per lei? E se quel qualcuno fosse proprio herr Miles Edgeworth?
Dal capitolo 18: 
Sapevo che la presenza della nipotina avrebbe cambiato molte cose nella mia vita. Anzi, in effetti, stava già succedendo: mi sentivo meglio, quando ero con lei, non avvertivo il peso opprimente delle mie responsabilità e del mio cognome. Mi sentivo semplicemente me stessa. 
Spesso succedeva anche quando ero in presenza di lui, ma non volevo ammettere che mi tranquillizzasse. Lui mi destabilizzava.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Franziska von Karma, Miles Edgeworth
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Perfect for Me'
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Capitolo 19 – Eternal Flame


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{Miles Edgeworth}

Sospirai di sollievo quando finalmente rientrammo a casa.
Osservandolo sulla soglia, il salottino d’entrata sembrava buio e silenzioso, come se la nostra assenza fosse durata mesi, o anni, e la cosa mi rattristò. In fondo erano passati solo pochi giorni dalla nostra ultima uscita, anche se nel frattempo molte cose erano cambiate: il nostro “nucleo familiare” si era allargato, Frannie aveva ottenuto la sua libertà, ed io… beh, avevo passato qualche giorno in ospedale, e avevo riflettuto molto. Ma non avevo voglia di ripensare a tutto ciò che era successo, e mi concentrai sulla stanza.
La casa, come dicevo, sembrava vuota, priva di vita, ma subito questa mia impressione fu distrutta. I cani irruppero correndo in giro, annusando dappertutto, come per essere sicuri di essere di nuovo nel loro appartamento, e i guaiti felici cambiarono subito l’atmosfera.
Mi sfuggii un sorriso, pensando che probabilmente a casa di Larry – o dovunque li avesse tenuti per tutti quei giorni – dovevano aver pensato a lungo alle loro cucce e ai loro giocattoli. E, osservando lo sguardo entusiasta di Pess che scodinzolava, anche noi dovevamo essergli mancati. Il piccolo Phoenix in particolare, non faceva che gironzolare intorno ad Annika, uggiolando contento, e la piccola continuava a coccolarlo e carezzarlo con tenerezza.
Accesi le luci e mi avviai verso il sofà, sperando di riuscire ad avere un po’ di riposo. Già, dovevo ammettere che quel viaggio mi aveva sfiancato, e che avevo bisogno di sedermi per riprendermi: la ferita in sé non era niente di grave, ma ero ancora convalescente. E poi, forse – e sottolineo forse – mi piacevano le attenzioni che Franziska mi riservava da quando mi sentivo così, e forse non avevo voglia di stare improvvisamente meglio, per essere di nuovo frustato a morte come prima. Mi piaceva la Frannie premurosa che avevo visto in lei… Oh, ma che stavo pensando?!
Il mio sguardo cadde su di lei, che nel frattempo aveva chiuso la porta e mi dava le spalle. Ebbi appena un attimo per osservarla, prima che i suoi occhi color cielo incrociassero i miei e si socchiudessero a guardarmi con ostilità.
«Che cos’hai da guardare, sciocco? E smettila con quell’atteggiamento da “sono ferito e ho bisogno di cure”. Stai benissimo!» sbottò, in modo molto scontroso.
Sia io che Annika ci voltammo a guardarla con un’espressione tra il confuso e il preoccupato, mentre lei si allontanava in corridoio, e poi si infilava nella sua stanza. Sentimmo lo scatto delle chiavi nella serratura: si era chiusa dentro.
Non capivo cosa le stesse succedendo. I suoi movimenti erano stati rigidi, nervosi, come se quel giorno qualsiasi cosa avrebbe potuto farla scattare. I suoi atteggiamenti erano scostanti, molto diversi da quelli che aveva avuto in tutti questi giorni, gentili ed educati. I suoi occhi si rifiutavano di incontrare i miei, come se avesse paura che potessi leggerle dentro qual’era il problema che la affliggeva. E lei non voleva dimostrarsi debole.
Ma, molto di più, le sue parole: taglienti, cattive. Parole che, riferite ad altre persone, sarebbero state normali per lei. Ma non verso di me… quell’atteggiamento così aggressivo, non l’avevo mai visto nei miei confronti, o almeno non con tanta serietà. Cos’era successo di tanto terribile da renderla improvvisamente così? Che le avessi fatto un torto di cui non mi ero reso conto?
«Onkel Miles… Perché Tante Frannie è così arrabbiata?» mi chiese la bambina, avvicinandosi a me e guardandomi con la testa inclinata.
Per lei soprattutto, quel comportamento da parte della zia doveva essere una sorpresa. In sua presenza, infatti, la mia “sorellina” si era sempre comportata bene, era stata gentile e persino affettuosa, quindi adesso quel tono doveva sembrarle strano. Non aveva ancora conosciuto il lato peggiore della sua nuova tutrice, a quanto pare…
A proposito di questo, mi chiedevo se Franziska si fosse già occupata dell’adozione di sua nipote. Non me ne aveva parlato, ma probabilmente doveva aver già fatto domanda per il suo affidamento. Avrei voluto chiederle, ma proprio non mi sembrava il momento adatto per farlo. Non avrei certo voluto che mi assalisse accompagnata da molti “sciocco” e occhiatacce.
«Io… non lo so, Annie. Probabilmente qualcosa deve averla turbata.» dissi a bassa voce, per evitare che riuscisse a sentirmi dall’altra stanza, dove si era rifugiata.
La bambina fece il broncio, poi si avvicinò di più, e capii che voleva sussurrarmi qualcosa nell’orecchio. Oh, probabilmente avrei dovuto sgridarla, dicendole qualcosa come “non si parla nell’orecchio, è maleducazione”, ma in quel momento sua zia non c’era. E poi ero curioso di sentire cosa aveva da dire.
«Sei stato Frech [cattivo] con lei, Onkel Miles?» chiese in un soffio. Il suo tono non era esattamente d’accusa, ma il suo sguardo diceva che sarebbe stata molto delusa da me se le avrei confermato che era colpa mia.
I suoi occhi di ghiaccio mi fecero venire i brividi. Che quella bambina avesse il potere di farmi fare quello che voleva l’avevo già appurato, ma era anche capace di farmi sentire in colpa per ciò che non avevo fatto?
Scossi la testa lentamente, e per essere chiaro sulla questione le risposi nella sua lingua madre.
«Absolut nicht. Ich glaube, sie ist einfach müde… [Assolutamente no. Credo che sia solo stanca…]» sussurrai, non molto convinto delle mie stesse parole. Insomma, Franziska poteva pure essere stremata dalla permanenza in clinica, ma non era da lei comportarsi in quel modo. Era come se la sua maschera perfetta si fosse sbriciolata del tutto, come se non riuscisse a restare calma in qualsiasi situazione.
Sì, era decisamente strana. Forse avrei dovuto andare da lei e chiederle gentilmente cosa le stesse succedendo. D’altronde, a causa del processo di pochi giorni fa, il suo rapporto con me si era modificato in un modo che mai avrei pensato possibil…
«Ich habe eine Idee! [Ho un’idea!] Perché non prepariamo una tortèa per Tante Frannie? Si sentirà più glückliche! [felice]» mi interruppe ad alta voce melodiosa la bambina, improvvisamente estasiata dalla sua idea. Cominciò a saltellare per la stanza, inseguita dal piccolo Phoenix che le girava intorno scodinzolando.
Mi voltai verso Pess, quasi a chiedergli conferma. Era forse una buona idea quella di fare una torta per la mia “sorellina”? Il cane inclinò la testa, guardandomi con aria saggia e in silenzio.
Beh, mi dissi, una volta aveva funzionato, ed era stata la mia strategia per invitarla a restare a casa con me. Magari avrei potuto corromperla anche stavolta allo stesso modo. E se fosse stata Annika a consegnarle una fetta, non avrebbe potuto resistere al suo fascino. Giusto?
Mosso dall’idea di riuscire a far spuntare un sorriso sulle labbra della donna che se ne stava prepotentemente chiusa nella stanza in fondo al corridoio, mi alzai in piedi. Ignorando il dolore alla spalla, presi la bambina in braccio e dissi:«Davvero un’ottima idea, Annie. Prepareremo una torta per la zia.»

{Franziska von Karma}

Potevo farcela. Dovevo farcela.
Insomma, dopotutto ero o non ero una von Karma, una leggenda e un genio indiscusso?
Allora come mai non ero stata capace di archiviare la questione di quel sogno e tornare a comportarmi come prima?
Perché lo sapevo, me n’ero accorta. Avevo visto lo sguardo turbato negli occhi di Miles, avevo visto la tristezza in quelli di Annika, quando ero sbottata in quel modo in salotto. E loro si erano decisamente accorti che qualcosa non andava in me, che stavo nascondendo un problema e che cercavo in tutti i modi di non farlo notare, ma purtroppo ciò mi riusciva malamente.
Se c’erano delle persone che non volevo deludere, quelle erano certamente la mia nipotina e il mio… “fratellino”. Odiavo ammetterlo, ma erano gli unici che tenevano a me, e gli unici per cui provavo vero affetto. E anche se mi era vietato dal credo della mia famiglia, le loro attenzioni mi scaldavano il cuore, e non riuscivo a farne a meno. Anzi, non ero abbastanza forte da farne a meno.
Sospirai pesantemente, guardandomi nello specchio della stanza da letto.
I miei occhi erano circondati da ombre scure, ed era evidente che non dormissi bene da un pezzo. In effetti era così: il processo mi aveva tenuto in ansia, e dopo di esso erano stati gli incubi su mio padre a svegliarmi ogni notte, madida di sudore per lo spavento. Insomma, avevo tutti i motivi per essere scontrosa, in fondo.
Ma questo non mi giustificava. Dovevo dimenticarmi di ciò che era successo quella mattina e tornare ad essere più gentile, per non sembrare una tiranna agli occhi della mia bambina. Dovevo dimenticarmi degli strani pensieri che avevo avuto su Miles: era stato solo uno sciocco sogno, una situazione futura impossibile partorita dalla mia mente stressata ed esausta.
Sì, dovevo essere convinta di questo. Ciò che era successo in auto poche ore prima, quella scossa che avevo provato sfiorando la sua mano… non era stato nulla. Era solo stata una suggestione, ma non avevo sentito niente, vero? Era tutta colpa di quell’infermiera e del suo sciocco errore.
Mentre cercavo di convincermi che fosse così, un rumore di qualcosa che cadeva a terra, frantumandosi in pezzi, attirò la mia attenzione. Proveniva dalla stanza più lontana da me, cioè la cucina, e proprio mi chiedevo cosa stesse succedendo. Ma non mi sentivo ancora pronta a mostrarmi agli altri, quindi speravo che fosse tutto a posto.
Tornai ad osservarmi nello specchio, mettendo una ciocca di capelli celesti dietro l’orecchio e rassettando la camicetta, quando sentii ancora qualcosa.
«Ti sei fatta male, Annie?» chiedeva la voce maschile, appartenente chiaramente a Miles, con un tono vagamente preoccupato.
Bastò quel vagamente a farmi scattare. Se Annika si era fatta del male, anche solo leggermente, herr Miles Edgeworth ne avrebbe pagato le conseguenze finché fosse stato in vita! Era lui che si stava occupando della mia nipotina, e se l’aveva in qualche modo ferita l’avrei ucciso all’istante!
Aprii la porta della camera e quasi corsi lungo il corridoio, tastandomi il fianco alla ricerca della mia cara frusta, che però non si trovava al suo posto. Mi morsi il labbro inferiore nervosamente: dovevo riprendere la mia fidata amica, o dovevo trovare un’arma che la sostituisse al più presto. Non ne potevo più della sua assenza.
Entrai in cucina e mi fermai di colpo, rischiando per poco di perdere l’equilibrio e cadere rovinosamente.
La scena davanti a me era piuttosto surreale: la cucina era un caos, con stoviglie e cibo di diversi tipi ovunque. Una ciotola di farina si era rovesciata, e quegli sciocchi Hunde [cani] si rotolavano sul pavimento diventando bianchi e polverosi. Una bottiglia era caduta a terra e adesso frammenti di vetro galleggiavano in una pozza d’acqua al centro della stanza. Su tutto quel disastro si ergeva Annika, su uno sgabello molto alto, il vestitino blu coperto da un grembiule con la stampa di quel cartone animato che aveva visto da herr Wright – ma dove l’aveva preso? –, con una sacca da pasticcere in mano e il viso sporco di quella che sembrava panna, che mi fissava con un paio di occhi color mare sorpresi e leggermente colpevoli.
Aprii la bocca, ma non ne uscì alcun suono. Il mio cervello cercava di catalogare i danni e allo stesso tempo di trovare qualcosa da dire che non suonasse solo come un rimprovero verso la bambina. Cosa stava cercando di fare? E perché Miles non era lì ad assicurarsi che tutto andasse bene?
Proprio in quel momento, lui entrò in cucina, con quella che sembrava una frusta elettrica in mano. O forse si trattava di un frullatore? Non ero molto esperta in materia.
Rimase in silenzio, facendo passare lo sguardo grigio e nuvoloso da me alla bambina, alla cucina disastrosa e poi di nuovo a me. Strinse leggermente la presa sull’oggetto metallico che teneva in mano, forse indeciso su cosa dire per giustificare quella situazione. Si morse le labbra e mi resi conto che era nervoso, come se non sapesse cosa dirmi.
Lui non… non aveva paura di me, giusto?
«Cosa… cosa sta succedendo qui dentro?» dissi accigliata, incrociando le braccia. Che cosa stavano cercando di fare tutti, in mia assenza? Era possibile che appena distogliessi lo sguardo, cominciassero a comportarsi come degli sciocchi?
«Franziska… noi stavamo…» cominciò mio “fratello”, ma prima che potessi sentire la fine della frase successe una cosa che non avrei mai potuto prevedere.
Quello sciocchissimo cane di Miles si alzò, così ricoperto di farina da sembrare completamente bianco e non beige, e corse verso di me. Oh no, sapevo che quell’animale aveva qualcosa che non andava e che gli piaceva farmi impazzire con i suoi scherzetti – aveva una sorta di ossessione per me, forse perché sapeva quanto mi irritasse la sua presenza – ma non potevo pensare che…
Prevedendo la sua mossa, cercai di togliermi dalla sua traiettoria, ma così facendo aggravai solo la situazione. Quel mostro prese una gran ricorsa per poi saltarmi addosso, facendomi perdere l’equilibrio già precario sui tacchi e facendomi cadere a terra.
Beh, non esattamente a terra. Caddi su Miles, che cadde a sua volta, e ci ritrovammo entrambi sul pavimento, ricoperti da una nuvola di farina, ma soprattutto vicini. Troppo vicini: le sue braccia erano attorno a me, quasi a volermi proteggere dalla caduta, il suo profumo mi circondava, i suoi occhi comprensivi e bui mi fissavano un po’ turbati e un po’ sorpresi.
E io mi sentii per un attimo avvampare, come se la sensazione della sua mano sulla mia, che avevo provato già, si fosse moltiplicata all’infinito. E sapevo che lui probabilmente se ne sarebbe accorto.
«M-Miles…» sussurrai inconsciamente, la mente in totale subbuglio.
Volevo fuggire da quella situazione, eppure non riuscivo a muovermi, quasi come se i suoi occhi fossero stati capaci di immobilizzarmi. Ed erano così magnetici, così…
Come i cani mi avevano messo in quel problema, me ne tirarono fuori. In particolare fu il cucciolo di Annika a saltarmi in grembo, distruggendo le catene che tenevano il mio sguardo incatenato a quello di Miles, e facendomi starnutire per la farina che fu sollevata in aria da quel movimento.
Ed ecco che l’atmosfera di disagio che si era creata si spezzava, e io mi alzavo in piedi barcollando, con i vestiti tutti incrostati e guardavo con aria di rimprovero tutti in quella stanza, tutti eccetto la bambina, ovviamente.
Notai che ci osservava con gli occhi leggermente lucidi, come se si fosse emozionata o come se fosse successo qualcosa di estremamente affascinante. Che cosa le stava passando per la testa? Proprio non avrei saputo dirlo…
«Tante Frannie! Stiamo preparando una tortéa per te!» commentò lei, dando finalmente risposta alle mie domande, e alzando la sacca piena di panna che teneva in mano come un trofeo.
Oh, adesso era tutto chiaro! A quanto pareva volevano di nuovo usare il metodo della torta per addolcirmi. Miles sapeva che ero golosa di dolci e probabilmente pensava che mi avrebbe messa di buon umore. Era… un pensiero carino…
Sorrisi leggermente, come non avevo fatto per un’intera giornata, e mi misi le mani sui fianchi.
Un paio di occhi azzurri e un paio grigi si illuminarono, nel vedere finalmente le mie labbra aprirsi in un sorriso.

{Miles Edgeworth}

La cena si svolse in un’atmosfera di tranquillità.
Franziska sembrava essere tornata quella di prima: premurosa e ricca di quei sorrisi spontanei che erano così rari per lei, rivolti alla sua piccola nipotina. Mi stupiva ancora vedere quanto la adorasse.
Il suo atteggiamento con me invece era naturalmente scostante, ma in un modo non troppo aggressivo. Non ero più turbato, perché quella era la perfetta Franziska, quella che manteneva la sua maschera, e finché era capace di farlo potevo essere certo che qualsiasi fosse il problema che la tormentava, non doveva essere così grave. O comunque, lei credeva di poter essere capace di gestirlo.
In ogni caso, sembrava comportarsi come sempre. Aveva spiegato ad Annika quali forchette usare in tavola in base alla pietanza che veniva servita, come stare diritti sulla sedia e come comportarsi in maniera adeguata al suo cognome. Insomma, era di nuovo la solita Frannie.
Arrivò l’ora di andare a dormire, che per la bambina si aggirava intorno alle ventuno e trenta, almeno secondo le direttive della zia. Se solo avesse saputo l’orario in cui era andata a dormire soltanto pochi giorni fa, quando lei era al centro di detenzione…! Mi avrebbe di certo frustato. Ma speravo che quello potesse rimanere un piccolo segreto tra me e la mia “nipotina acquisita”, come avevo preso a considerarla.
Ad ogni modo, venne il momento di accompagnarla in camera da letto, e fu quello l’attimo in cui ci rendemmo conto che un letto solo non era abbastanza per il numero di persone che adesso abitava quella casa. E dire che, quando avevo comprato quell’appartamento, mi sembrava anche troppo grande per me e Pess. Adesso invece, osservando l’unico letto, tutti ci guardammo in dubbio, senza sapere chi dovesse prenderlo per quella sera. Io l’avrei volentieri ceduto ad Annika e Franziska, ma…
«Assolutamente no, Miles. Tu sei ancora ferito, e hai bisogno di riposare in un letto comodo.» aveva subito detto lei, anticipando la mia proposta, che doveva avermi letto negli occhi. Sì, io ero di certo ferito, ma non si potevano non notare le ombre scure sotto gli occhi color cielo di Frannie. Insomma, anche lei aveva bisogno di riposare. Aveva dormito su una poltroncina per giorni! Anche ad Annika toccava ovviamente il letto, non avrei mai permesso che la bambina dormisse male.
La conclusione era che non sapevamo proprio come organizzarci, finché la mia “sorellina” non prese la decisione per tutti. E quando lei decideva qualcosa era inutile discutere.
«Tu e Annika dormirete nel letto, io dormirò sul divano del salotto. E non insistere, herr Miles Edgeworth. Hai dormito su quel divano per giorni, da quando mi hai ospitato.» commentò, lasciando intendere che se avessi obiettato qualcosa avrei praticamente ammesso che un mobile di casa mia non era abbastanza pregiato da essere comodo. E questo per lei era una grave offesa, anche se secondo me non era poi così terribile dire che il sofà non era un buon letto.
A turno, tutti ci cambiammo indossando i relativi abiti da notte, e io scelsi di indossare un pigiama color borgogna. Misi da parte per quella sera quello del Samurai d’Acciaio, per non farmi deridere da qualcuno, ma presi nota mentale di farlo vedere presto ad Annie. Sapevo che si stava appassionando a quella serie di cartoni animati, ed ero piuttosto eccitato all’idea di poter finalmente avere qualcuno con cui condiv… Miles, datti un contegno!
Lasciando stare questo dettaglio, tornai in camera, trovando Annika già sotto le coperte, che con un sorriso infantile e spontaneo mi invitò a mettermi a letto accanto a lei. Era piuttosto graziosa quella sera: portava una camicia da notte con un fiocchetto rosa sul davanti, e una cuffietta sui capelli chiari e scompigliati. Wright doveva essere andato in albergo a recuperare le sue cose, mentre io ero ancora in clinica.
Franziska entrò a sua volta e io non riuscii a non fissarla, anche per un solo istante. Il suo corpo era fasciato da una vestaglia color glicine, che non riusciva tuttavia a nascondere le sue curve. I suoi capelli color cielo… No, non avrei dovuto guardarla in quel modo.
Fortunatamente, lei sembrò non accorgersi della mia occhiata, mentre si avvicinava alla piccola accanto a me, e le carezzava una guancia rosea con una mano delicata. Quei gesti così affettuosi spesso mi facevano dubitare di essere davanti alla stessa persona fredda e competitiva che era cresciuta insieme a me sotto il comando di von Karma. Ma a quanto pareva, la mia “sorellina” era capace anche di questo.
«Gute Nacht, piccola mia. Buonanotte…» le stava sussurrando, mentre faceva un passo indietro e si voltava per uscire dalla stanza. Ma la piccola la fermò.
«Tante Frannie? Potresti raccontarmi una Fabel [favola], prima di dormire?» chiese la bambina, alzandosi a sedere sul letto e indicando con una mano alla zia di avvicinarsi.
Quella piccola continuava a stupirmi: soprattutto, metteva in discussione tutto quello che conoscevo di Franziska, e non avevo idea di come si sarebbe comportata adesso. Era piuttosto interessante vedere come interagiva con una bambina, cercando di assecondarla, eppure rimanendo sempre se stessa.
Mi accomodai meglio tra i cuscini, ignorando una breve fitta alla spalla destra, e mi preparai a vedere la sua reazione. La donna davanti a me sembrava combattuta, il suo sguardo era indeciso come se non sapesse esattamente cosa dire.
«Nichte… Mi dispiace, non conosco alcuna Fabel» abbassò lo sguardo, dopo aver sussurrato quelle poche parole con una punta di imbarazzo. E io mi sentii subito triste per lei.
Frannie non era mai stata realmente una bambina, suo padre non l’aveva mai permesso: non l’avevo mai vista sfogliare un libro di favole illustrate, né giocare con una bambola. Non l’avevo mai vista davvero piccola. Eppure ero arrivato nella sua vita quando non poteva che avere due anni, e mi ricordo perfettamente com’era al tempo: un’infante che quasi sprofondava nei manuali di legge, per quanto fosse piccina, eppure ostinata a diventare il procuratore perfetto che Angelika non era stata.
Le avevo subito voluto bene: per quanto fosse ostinata, capricciosa e tremendamente convinta di essere l’erede perfetta, avevo sempre visto al di là di questo, e sapevo quanto aveva sofferto.
Riuscivo a vedere tuttora la sofferenza nei suoi occhi di cielo, mentre non sapeva cosa rispondere alla nipote che attendeva ansiosa.
«Nemmeno Schneewittchen [Biancaneve]? Non fa niente… Potresti cantare una canzone!» propose subito Annika, cercando di far ritrovare l’allegria alla zia. Probabilmente doveva aver pensato che fosse più facile che conoscesse una canzone, piuttosto che una storia.
Franziska alzò lo sguardo, indecisa. Stavolta, cosa avrebbe risposto alla nipote? L’avrebbe nuovamente delusa con un no o avrebbe cercato di accontentarla?
«Io non conosco alcuna…» la interruppi prima che completasse la frase, colto da un’idea improvvisa. Un sorriso divertito mi si disegnò sulle labbra, sapendo come avrebbe reagito a quello che stavo per dire.
«Perché non provi con la canzone che ti ho sentito cantare l’altro giorno in ospedale? Mi sembrava che te la cavassi piuttosto bene» commentai, come se stessi dicendo la cosa più innocente del mondo. In realtà sapevo quanto le mie parole l’avrebbero colpita, e me ne resi subito conto appena un’espressione dapprima stupita, e poi stupefatta le segnò il volto. Di certo non poteva immaginare che io l’avessi sentita, quella volta. Credeva che stessi dormendo a causa dei farmaci e quindi pensava di non avere testimoni.
Le sue guance si erano lievemente imporporate, e questo la faceva sembrare ancora più carina e… Miles! Che ti prende, non ti sei ancora dato una calmata? Doveva essere colpa dell’influenza di quel sogno, anzi di quel ricordo a cui avevo ripensato, sì. E doveva essere colpa di tutte quelle medicine che mi tenevano debole e stanco. Non c’erano dubbi.
«Oh si! Ti preeego, Tante Frannie. Canta per noi!» mi aiutò una super eccitata Annika, che adesso applaudiva e si alzava in piedi sul letto, saltellando sul materasso.
Franziska le fece cenno di sedersi di nuovo, facendole capire che avrebbe accettato soltanto se si fosse comportata bene. La bambina non se lo fece ripetere due volte e si rimise sotto le coperte, avvicinandosi a me e stringendomi il braccio sinistro, come se fosse emozionata. Mi guardò per un attimo con uno sguardo che non riuscii a decifrare bene, tra il compiaciuto e il furbo, e poi tornò a fissare le sue iridi in quelle dello stesso colore della zia.
Quest’ultima si sedette ai piedi del letto, e chiuse gli occhi per un attimo, ispirando. Doveva sentirsi a disagio per quello che l’avevamo costretta a fare, ma speravo che la cosa non distruggesse troppo il suo orgoglio. Anche perché era davvero intonata.
Cominciò, con voce inizialmente tremolante e bassa, poi lentamente alzò il tono prendendo sicurezza.

«Close your eyes 
Give me your hand, darlin' 
Do you feel my heart beating? 
Do you understand? 
Do you feel the same? 
Am I only dreaming 
Is this burning an eternal flame.
 »

I suoi occhi si aprirono, rivelando la loro intensa tonalità celeste, e si incatenarono ai miei, proprio mentre diceva quelle parole. E in quel momento io mi sentii avvolto da una fiamma eterna, proprio come quella che stava cantando la mia “sorellina” – e in quel momento mi sembrava tremendamente sbagliato darle quell’appellativo. In quell’istante io vidi solo la donna che lei era, la luce che sembrava irradiarsi da ogni parte intorno a lei, come se fosse una stella scesa in terra. Sentii il calore di quello sguardo formicolare sulla mia pelle, farsi strada dentro di me fino a raggiungere il mio cuore, inibire i miei sensi e allo stesso tempo amplificarli.
Cosa stava succedendo? Era come se la vedessi per la prima volta.

«Say my name 
Sun shines through the rain 
A whole life so lonely 
And then you come and ease the pain 
I don't want to lose this feeling, oh.
 »

Franziska concluse la melodia voltandosi di nuovo verso la sua nipotina, con uno sguardo improvvisamente glaciale. Il suo volto tradiva un’espressione stupefatta, come se all’improvviso si fosse accorta di un errore o di una verità che non aveva mai notato prima.
«I-io… devo andare adesso…» stava cercando di dire la zia, con voce spezzata da un’emozione che non riuscivo a definire, prima che Annika la bloccasse, prendendola dolcemente per un polso.
«Ti prego, Tante Frannie! Resta qui con me ancora un po’» la supplicò la bambina, con gli occhi che brillavano.
Sembrava l’unica tra noi per nulla turbata da ciò che era successo.
Io invece mi sentivo tremendamente confuso… Cosa ci era stato rivelato dal destino quella sera?

Angolo di Kir: 
Beh, non saprei, Miles. Cosa credi ti sia stato rivelato? 
Ragazze mie! Scusatemi per il leggero ritardo nell'aggiornare, ma sapete com'è... le vacanze, ferragosto... insomma, sono stata piuttosto impegnata! Ma sempre pronta qui a lasciarvi un bel capitolo :D
E finalmente viene anche rivelato il motivo per cui avevo intitolato questa fanfiction Eternal Flame! Ammettetelo, so di avervi stupito almeno un po' per aver sostituito il solito testo iniziale con un'immagine (bellissima, comunque u.u) Ma non potevo ripetere due volte la canzone, no? 
A proposito, eccola qui: 
http://www.youtube.com/watch?v=T1sdp_kbTQs Ho scelto la versione cantata da Candice Accola in The Vampire Diaries perché mi è sembrata la più adatta alla nostra dolce (?) Franziska. Spero che vi piaccia! 
Che altro...? 
Oh si! Innanzitutto, Frannie voleva rispondere alla domanda di Keily Neko: 

K: Franziska hai mai ricevuto avances esplicite da alcuni tuoi compagni di scuola? Se sì, immagino li avrai frustati per bene :3 e saranno come minimo morti XD

F: Certamente la mia perfetta bellezza si fa notare - sapessi che occhiate mi lanciano quegli sciocchi agenti durante le investigazioni! - ma, purtroppo, devo deluderti. Ho frequentato le elementari solo per pochi giorni, prima che tutti si rendessero conto che la mia perfetta intelligenza richiedeva lo studio a casa con degli insegnanti privati... Quindi no, non è capitato.
Ma ricordo che uno sciocco bambino aveva provato a regalarmi un lecca lecca mezzo masticato e l'ho frustato così tanto che... Oh. Forse è per questo che mio padre ha deciso di farmi studiare privatamente. Forse mi hanno espul... No! Franziska von Karma, il Genio, non può essere stata espulsa da una sciocca scuola! Io... *parte a blaterare sulla perfezione* 

Ho interrotto il discorso infinito di Frannie per salvaguardare la tua sanità mentale, Key <3

Seconda cosa importantissima! Volevo mostrare il bellissimo disegno che mi ha mandato la mia dolce Rurue: 

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Non smetterò mai di dire quanto è bello! Grazie tesoro, mi rende orgogliosa avere lettrici così! <3 

Bene! Adesso ho proprio finito, vi aspetto con i vostri fantastici commenti e vi saluto!
Un bacione a tutte! 
Kirlia <3


   
 
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