Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: annies    19/08/2013    3 recensioni
Nicole Fox, americana, ventiquattro anni, testa calda di natura.
Harry Styles, inglese, ventisei anni, ex star di fama mondiale ma testa di cazzo da sempre.
--
«L'hai vista?» domandò una voce stanca, dall'altro capo del telefono.
«L'ho vista.» rispose il riccio, con voce altrettanto stanca, uscendo di fretta dal locale.
«E quindi?»
«Ma cosa, Niall? Che cazzo vuoi sapere?» sbottò, arrabbiato.
«E' cambiata, Harry?» sospirò l'amico.
«No, cazzo, no, fratello. E' sempre più bella.»
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

s


I knew you were trouble when you walked in,
so shame on me now


Nikki non odiava prendere la metropolitana. Nikki detestava prendere la metropolitana. Ed era anche un odio profondo il suo: ogni volta che usciva dall’Università però, era costretta a doversi inoltrare nella stazione oscura e putrida e strusciarsi contro milioni di corpi ognuno diverso dall’altro. Si, Nikki odiava decisamente la metropolitana di Londra.
«E stia un po’ più attento, la prossima volta!» esclamò infastidita verso un mezzo punk che le aveva pestato il piede – oltretutto fasciato da un paio di prezioso Louboutin – e riprese a camminare verso il binario a ridosso del quale il treno che l’avrebbe portata a casa si sarebbe fermato. Faceva sempre la stessa strada da un paio di anni ormai, non si rendeva neanche più conto di quello che faceva: usciva dall’Università, camminava con mille appunti e quaderni ad anelli stretti al petto e faticosamente riusciva a salire sulla metropolitana. Rocio poi, le avrebbe fatto trovare una scarna cena sul tavolo – di solito consisteva sempre in un kebab – preso da Aladdin, il turco strambo che aveva un baracchino sotto casa loro – un po’ troppo pieno di cipolla e con troppa salsa piccante e si sarebbe messa a letto con il sangue al cervello e con un alito non proprio invitante. Questa era la loro routine, non facevano altro che questo, giorno per giorno.
Mentre pensava alla sua vita movimentata, una folata di vento le fece quasi crollare per terra tutti gli appunti che aveva preziosamente raccolto: dopo sei minuti d’attesa, adesso aveva il treno e mille persone agitate – sia da fuori che da dentro – davanti.
Sospirò, afferrò saldamente la presa della sua mano sulla borsa e si diresse in modo deciso verso l’interno del treno, una volta aperte le porte.
«Ormai la metropolitana è diventata un inferno! Troppi idioti!» disse una voce – probabilmente appartenente a quel ragazzo un po’ troppo alto e coperto da un cappotto scuro appena sceso dal treno – che lì per lì, la ragazza non riconobbe neanche. Si voltò infastidita, sebbene fosse già dentro e quindi lontana dal soggetto e per poco non ebbe un collasso.
Harry, il suo Harry era in piedi di fronte a lei e la guardava interdetto, facendosi spintonare dalla miriade di persone affrettate che erano appena scese. Solo il vetro della metro lo separava da Nikki ma lui l’avrebbe spaccato con un solo colpo pur di abbracciarla per un solo momento.
Harry era così, probabilmente neanche lui era pienamente consapevole dei sentimenti che ancora provava per Nicole, e adesso che il treno stava prendendo sempre più velocità per partire, gli faceva un male maledetto il cuore. Neanche quando l’aveva vista qualche sera prima in quella specie di night club aveva avuto una reazione simile.
Nikki lo guardò sparire velocemente attraverso il finestrino opaco e si sentì morire: era bello come se lo ricordava, i tratti del viso dolci ma nascosti da una durezza nuova, che probabilmente aveva acquisito con il tempo ma che lo rendeva più maturo e qualche tatuaggio in più sulle braccia che era riuscita ad intravedere. In realtà provava un rancore indicibile nei suoi confronti, ma nonostante tutto non riuscita ad odiarlo.
«Non dirmi che ti sei scordata di comprare gli assorbenti perché…» la voce agitata e tremendamente solare di Rocio l’assordò dopo il primo squillo, tanto che Nicole fu costretta ad allontanare il telefono per qualche secondo.
«Ho visto Harry.» disse seria la rossa, prima di sospirare e lasciarsi cadere con una stanchezza inesorabile sul primo posto libero.
Rocio fece silenzio – e questo era un segno buono, voleva dire che stava sul serio pensando a quello che la sua coinquilina le aveva detto – e Nikki prese a guardare un punto indefinito di fronte a sé.
«Ma è assolutamente impossibile. Ho letto che è a Pechino con una ragazza alta quasi quattro metri e con un nome più simile a quello di una pornostar che a quello di una persona normale e…» il nanosecondo in cui Rocio aveva pensato era durato davvero poco, ma Nikki era assolutamente abituata a quel fiume di idee e pensieri strambi che la sua amica aveva in testa.
«Era Harry.» la stoppò, non riuscendo a sorridere seppur la situazione lo prevedesse. Nessuno riusciva a stare serio con Rocio.
«Harry Potter?» domandò ingenuamente la spagnola, e Nikki avrebbe potuto giurare di poterla vedere con la sua tutina rosa shocking e un pesetto nella mano destra, intenta a trovare una soluzione alla sua situazione.
«Rocio…»
«Harry Clayton! Il tuo professore di diritto internazionale!» ipotizzò, ancora.
«Ti dico che…»
«Forse Harry Buxton…»
Nikki sussultò «Ma, Rocio! Harry Buxton è quell’idiota ultra ottantenne del supermarket sotto casa, come puoi pensare che io sia così sconvolta per quel vegetale!».
«Però non è male…» mormorò la mora, trattenendo un risolino divertito.
«Ma stai zitta! Io ti dico che ho visto Harry – e tu sai perfettamente di chi io stia parlando –, sono sconvolta e l’unica cosa di cui tu mi sai parlare è di quando appeal abbia l’ottantenne che dirige uno stramaledetto supermercato!» le guance di Nikki si erano tinte di un rosso violento, rosso come la furia che Rocio – come al solito – le aveva messo addosso.
«Gli assorbenti li hai comprati?» domandò, ovviamente ironica, Rocio.
Rocio non era una cattiva persona, era una di quelle ragazze che tu incontri, ci esci una, magari due volte e poi ne hai abbastanza. Dopo il primo caffè insieme ti racconterà subito di come abbia attraversato l’Oceano Atlantico con il peschereccio di suo padre, e se gli stai abbastanza simpatico può anche darsi che ti faccia vedere pure la foto. Rocio era una solare, una tipa che però dimentichi facilmente, ma che con la sua simpatia ti riempie le giornate.
«Rocio, io credo di odiarti» disse Nikki, accorgendosi solo dopo cinque minuti buoni di dover scendere. Sarebbe volentieri arrivata fino all’aeroporto per prendere il primo volo per Los Angeles ma purtroppo doveva tornare a casa, farsi una doccia e fiondarsi di nuovo sui libri.
«Il tuo buonissimo kebab feccioso di aspetta, non fare tardi e compra gli assorbenti, lo so che li hai dimenticati.» disse la sua amica, chiudendole il telefono in faccia e lasciandola di stucco, come al solito.
 
La notorietà, le false luci del successo e milioni di ragazzine urlanti avevano creato ad Harry un velo di protezione che nessuno era mai stato in grado di restituirgli; era come se in quel periodo avesse vissuto in una bolla, lontano dalle fogne di Londra, dal lezzo dei fastfood scadenti e dei barboni coi calli ai piedi che gli chiedevano l’elemosina. Pur vivendo in un bellissimo quartiere al centro della città, Harry si accorgeva soltanto ora di quanta miseria ci fosse in giro, soltanto camminandoci in mezzo, odorando e guardando con occhi sgranati lo scempio della quotidianità.
Pigiò il tasto pausa del suo iPod grigio e improvvisamente la voce calda di Bon Jovi lasciò il posto a miliardi di clacson frenetici e nervosi: era già sotto casa ma avrebbe volentieri camminato fino al suo piccolo paese nel Cheshire per trovare serenità e riposo per la sua mente stanca.
Dicevano tutti – persino i giornali e i notiziari indiscreti – che si era rovinato, che adesso era più simile ad un bisbetico vecchietto che ad una star mondiale ma a lui non importava più di tanto. Non sorrideva più, non si preoccupava neanche di cercare i suoi amici – erano quasi sempre loro che venivano da lui, lo conoscevano meglio di chiunque altro – e si rovinava l’esistenza pensando a Nikki e a tutto quello che aveva distrutto.
«Signor Styles, sta bene?» domandò Renée Michelle, la portiera cinquantenne del suo palazzo. Era una signora francese, venuta da Parigi in cerca di un lavoro, per poi trovare un misero posto come portiera e donna di servizio di un palazzo pieno di ricchi miserabili. Niente di più invidiabile.
«Si» borbottò con tono infastidito il riccio, scuotendo la testa e facendo un cenno impercettibile, in segno di saluto. Renée non l’afferrò e si incupì, intristita come ogni sera dal fare scorbutico di quel ragazzo.
Prese l’ascensore fino al quinto piano, afferrò le chiavi d’acciaio nascoste nelle tasche del cappotto e aprì la porta del suo loft: bianco, spazioso, vuoto.
Sospirò ed entrò, scaraventando – letteralmente – le chiavi sulla mensola d’ingresso e guardando oltre le grandi portefinestre dalle quali si aveva una vista mozzafiato su tutta la città. Pensò che a Nikki sarebbe piaciuta da morire: gli ripeteva in continuazione di come desiderasse un loft spazioso a Londra con una vista come quelle, era uno dei suoi più grandi sogni e adesso Harry si ritrovava a condividerlo da solo e con dei tremendi rimorsi che delle volte gli bloccavano il fiato.
I suoi pensieri furono bruscamente interrotti dallo squillo del telefono di casa e «ciao, mamma».
«Come fai a sapere che sono io? – disse Anne, trattenendo un sospiro. Harry poteva già immaginarla sorridente con il telefono incastrato tra la spalla e l’orecchio – Ciao, tesoro.»
«Sei l’unica persona che mi chiama, ormai» spiegò, aprendo il frigo e prendendo una busta di un surgelato random da infilare nel microonde.
«Come stai, amore?» chiese la donna, ignorando coscientemente le parole del figlio che le facevano male al cuore per quanto vere. Harry era lontano da tanto tempo ormai, ma mai come adesso lo aveva sentito così distante. Da quando aveva rotto con quella ragazza dai capelli rossi – le pareva si chiamasse Nicole, o qualcosa del genere – suo figlio era diventato scostante e con lo sguardo perso di chi non sa più cosa sia la vita.
«Come sempre, mamma, è sempre il solito» rispose il riccio, buttandosi sul divano di pelle nero e accendendosi una Camel blu senza preoccuparsi di sua madre al telefono. Lo sapeva già da tempo, e lui era anche già abbastanza grande per decidere della sua vita autonomamente.
«L’hai sentita quella Nicole?» domandò, di punto in bianco.
«Nikki, si chiama Nikki» la corresse Harry, indurendo la mascella e di conseguenza l’espressione, già arrabbiata.
«Quella. L’hai più sentita?» ripeté Anne ed Harry aveva già cominciato a battere il piede nervosamente sulla superficie liscia del parquet scuro. Non gli piaceva parlare con altre persone di Nikki. Nikki era un argomento sacro, intoccabile e gente come Niall e Zayn lo sapevano benissimo. Sua madre no, ma non poteva fargliene una colpa. Non a lei.
«Possiamo cambiare argomento, mamma?» domandò, respirando sempre più in fretta, come se avesse il fiatone, come se stesse correndo e non parlando tranquillamente con la persona che gli voleva più bene al mondo.
«Era così carina e gentile…» insisté la donna.
Harry stava cominciando a sudare, il pensiero crudele di Nikki, della sua pelle candida e liscia e dei suoi capelli così deliziosamente rossi si stava insinuando con morbidezza e con una lentezza inesorabile di nuovo nel suo cuore e nel suo cervello. Sudava freddo.
Odiava pensare al disastro che aveva combinato, a tutto quello che aveva rotto con la sua schifosa presunzione. Nikki se n’era andata perché lui l’aveva chiesto, lui l’aveva ordinato.
«Harry?» lo chiamò Anne, con un tono di preoccupazione nella voce.
«Amore, stai bene?» chiese ancora, allarmata.
I respiri di Harry erano nervosi, come se stesse piangendo o se stesse facendo un grosso sforzo. Anne cominciava a preoccuparsi davvero per lui, sembrava davvero depresso da un paio di mesi a quella parte.
«Smettetela di chiedermelo, io sto benissimo» Harry chiuse la telefonata.
Sua madre avrebbe capito. Avrebbe capito come al solito. Tutti capivano quando Harry stava male, tutto sapevano che ultimamente il suo cervello era andato.
Gli occhi gli pungevano: era come se mille spilli aguzzi gli perforassero la cornea. Non poteva piangere. Un vero uomo non piange. Un vero uomo non impazzisce. Un vero uomo non alza le mani alla sua donna. Una vero uomo non ordina all’unico essere che ama al mondo di andarsene via dalla sua vita.
Prima Harry era un vero uomo, ora non si vedeva neanche più l’ombra della persona che era prima.


 


Eccomi dopo un po' di giorni di attesa :) sono a Berlino e non so ancora come io abbia fatto a postare (o anche solo a pensare di farlo) un capitolo. Forse è solo che io a questa storia ci tengo davvero tanto. L'altro giorno pensavo alla scaletta, e purtroppo mi sto rendendo conto che dopo un certo numero di capitoli non ho idea di cosa scrivere AHAH ma non temete, troverò una soluzione. Questo è un po' un capitolo di passaggio, ma spero abbiate capito un po' del rapporto che Nicole e Harry hanno avuto quando i One Direction erano famosi. Tra un po' si scoprirà tutto.
Vi mando un bacio,
Ari

 

d

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: annies