- Svegliati! -
- Cinque minuti, mamma! -
- Muoviti, sei in ritardo Altea! -
- Mamma, sono in ritardo tutte le mattine. Dovresti smetterla di stressarmi. -
- Stressarti? Carl, dì qualcosa a tua figlia per cortesia. Non permetterai che mi parli così, vero? -
- Dai retta a tua madre, cara. - la voce di mio padre è sempre calma e pacata, anche quando tenta di sgridarmi.
- Papà, smettila di darle ragione. -
- Tuo padre mi dà ragione perché io ho ragione. Quindi ora sistema la tua stanza, vestiti e vieni a fare colazione insieme a noi. -
Tutte le mattine è sempre la stessa storia: mia madre che urla e mio padre che l'appoggia qualunque cosa lei dica.
A diciassette anni vengo ancora trattata come una bambina, non sopporto più questa situazione.
Mi lavo in fretta, mi vesto, e poi impiego circa mezz'ora soltanto per sistemarmi i capelli. Scendo le scale di corsa per raggiungere i miei genitori in cucina.
- Dai, fai colazione amore. -
- No mamma, grazie. Bevo solo un po' di succo, sto facendo tardissimo. -
- E io cosa ti avevo detto? Tu non mi ascolti mai! -
Mentre esco di casa sento ancora mia madre lamentarsi del fatto che dovrei cominciare a comportarmi come si deve; ma non ho tempo per litigare, rischierei di perdere l'autobus.
Quando sono alla fermata, con la musica nelle orecchie, sono tranquilla.
Il pullman stamattina è stranamente puntuale.
E come sempre, mi siedo vicino all'autista. Non mi piacciono i posti in fondo, in genere ci si siede in gruppo lì, e io sono sola. Io sono quasi sempre sola.