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Autore: Mosa    25/02/2008    3 recensioni
"i comandamenti a noi imposti furono soltanto due..." - la giovane tirò un lungo sospiro - "Il primo era quello che mai avremmo dovuto interferire con le vite di coloro che erano appartenenti alla stirpe dei Lilim..." "E il secondo?" chiese la ragazza dai capelli rossi."il secondo..." rispose lei "...era che avremmo dovuto amarli più di qualsiasi altra cosa al mondo..." AGGIUNTI CAPITOLI 3 E 4
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Shinji Ikari, quattordici anni, nazionalità giapponese. Era lui. E non c’erano dubbi su questo

Eppure, sebbene questa descrizione sia tanto semplice e minimale, Shinji Ikari non si sentiva completamente realizzato.

Ricominciamo da capo.

Shinji Ikari, 14 anni, nazionalità giapponese. Non bastava… doveva provare ad aggiungere qualcosa di più.

Shinji Ikari, 14 anni, nazionalità giapponese. Di media statura.Occhi e capelli scuri. Discretamente attraente a discapito di quanto lui stesso potesse credere.

Ecco.Aveva fatto un passo avanti. La sua forma. La sua figura. Ciò che egli vedeva riflesso in uno specchio e ciò che gli altri vedevano e riconoscevano come Shinji Ikari.

Era questo lui? Non del tutto.Doveva provare ancora

Shinji Ikari, 14 anni, nazionalità giapponese….studente mediocre. Per svogliatezza, piuttosto che per poca intelligenza.Carente negli sport. Discretamente abile col violoncello. Incapace di nuotare

Ecco, già aveva aggiunto qualcosa in più. Il suo valore. Ciò che sapeva, o che non sapeva fare. Questo era lui? No, o almeno non del tutto.

Provò a fare un ulteriore sforzo.

Shinji Ikari, 14 anni, nazionalità giapponese. Figlio di Gendo Rokubungi e Yui Ikari. Un padre assente per il proprio lavoro. Una madre assente per aver smesso di vivere. Abbandonato.

Ecco, questo gli somigliava già molto di più. Shinji Ikari come figlio. Un figlio che odia il proprio padre. Un figlio che piange la propria madre .

Ma non aveva ancora concluso del tutto. Quello era lui. La sua prima forma, ottenuta col relazionarsi nella prima istituzione sociale a lui conosciuta. La famiglia. Ma Shinji Ikari non era solamente il figlio di Gendo Rokubungi e Yui Ikari. Era qualcosa di più

Shinji Ikari, 14 anni nazionalità giapponese. Incapace di relazionarsi completamente col prossimo. Pochi amici. Nessuna ragazza. Anche se a volte sentiva di essere particolarmente vicino a qualcuna di esse


Shinji Ikari, amico di Toji Suzuhara.

Shinji Ikari  amico di Kensuke Aida

Shinji Ikari attratto da Asuka Soryu

Shinji Ikari attratto da Misato Katsuragi

Shinji Ikari attratto da Rei Ayanami.

Quindi da un solo Shinji Ikari adesso si sono creati molteplici Shinji Ikari. Tutti ambivalentemente Shinji Ikari ma non esattamente Shinji Ikari

Veri e allo stesso momento verosimili.

Ma questo ancora non bastava a definirlo completamente

Allora cos’era davvero Shinji Ikari?

“Stupishinji” Come lo chiamava lei. Gli piaceva essere chiamato così, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Una sensazione di intimità e complicità

“Shinji kun” . Questo gli dava uno strano senso di sicurezza e di affezione. Gli piaceva anche questo

“Ikari”. Questo era freddo, ma solo in apparenza. E gli piaceva. Gli piaceva perché proveniva da una persona che era come lui. E in quel nome, sapeva di essere compreso e capito.

Si stava avvicinando. Avvicinando a quello che era realmente. Ma ancora mancava qualcosa

Chiuse gli occhi.

Un enorme volto mostruoso con un lungo corno sul viso, di colore viola, gli apparve quasi a voler imporre la sua imponente presenza nella sua memoria

Third Children

Sua altezza l’Invincibile Shinji

“Sei stato bravo…Shinji”

L’unicità. Il suo essere unico. Il suo essere necessario. Il suo essere in grado di fare qualcosa che altri non possono

Lodi. Quelle che gli avevano sempre negato per la sua mediocrità

Attenzioni. Che da sempre non gli erano rivolte per via delle sue insicurezze

Invidie. Che non aveva mai avuto il peso di sentire sulla propria pelle poichè mai si era realmente esposto nell’esprimere le sue potenzialità

Essere pilota di un Eva. Essere l’unico in grado di proteggere l’umanità dagli attacchi degli esseri che noi chiamiamo Angeli.

Nostri nemici. Esseri dai nomi celesti.

Bugia….Kaworu non era un nome celeste. Era un nome umano…

E lui lo aveva ucciso.

Shinji Ikari aveva ferito

Shinji Ikari avva tradito

Shinji Ikari aveva ucciso

Ucciso, ucciso, ucciso, ucciso, ucciso, ucciso, ucciso.

Eppure Kaworu era un angelo…meritava di morire…perché altrimenti saremmo stati noi tutti a morire al posto suo

Assassino

Eppure Kaworu gli aveva mentito…Aveva detto di volergli bene eppure gli aveva voltato le spalle. Meritava di morire

Assassino

Eppure Kaworu aveva chiesto di essere ucciso….e lui non aveva colpa…aveva solo esaudito quel suo desiderio

Assassino

Assassino, assassino, assassino, assassino, assassino, assassino.

Non importa quante scuse accampasse, quanti motivi cercasse.

Lui aveva ucciso

….e gli era piaciuto

Gli era piaciuto conficcare il prog knife nel nucleo pulsante di Shamshel

Gli era piaciuto perforare l’indistruttibile corazza di Ramiel

Gli era piaciuto scaricare ogni singolo colpo di fucile sul corpo di Matarael

Gli era piaciuto sventrare dall’interno la sferica figura di Leliel

Gli era piaciuto smembrare pezzo per pezzo la carcassa inerme di Bardiel

Gli era  piaciuto divorare ogni piccolo brandello di carne di Zeruel

E infine….gli era piaciuto stringere ….stringere fino a….

….Kaworu…

Si era sentito potente….potente come un Dio….

…Kaworu

La sua vita…nel palmo della sua mano…

…Kaworu…

Era Kaworu a dover sopravvivere. Perché era una persona molto migliore di lui

Ma presto avrebbe corretto quell’imperdonabile errore.

Era Kaworu a dover sopravvivere. E infatti sarebbe morto lui. Com’era giusto che sia

La spiaggia. Dove lo aveva conosciuto la prima volta. Ancora ricolma di ruderi, macerie, edifici crollati. Abbastanza alti da permettergli di compiere l’ultimo salto.

Kaworu Nagisa….Kaworu della Spiaggia…e su quella spiaggia sarebbe tornato da lui…Avrebbe ripagato il suo debito

“E con questo il mio debito è saldato”

Asuka?

No…lui non era stato in grado di aiutare Asuka….quindi non era giusto che il pensiero di lei lo potesse salvare

Avrebbe saltato. E sarebbe finito tutto

Cercò di arrampicarsi il più in alto possibile su una sporgenza rocciosa che si stagliava come un coltello conficcato nella superficie marina, una ferita sanguinante sul volto del suo piccolo mondo

Arrancò…non era mai stato granchè come atleta…avrebbe proseguito a piccoli passi. Prima una mano che si infila in una piccola crepa…poi il piede che dal basso concede con le sue poche forze un’ultima spinta

Gli sembrò in quella salita di scalare la montagna dei suoi infiniti peccati

Tap

Mediocrità

Tap

Abbandono

Tap

Solitudine

Tap

Derisione

Tap

Fallimento

Un purgatorio…ecco cosa stava realmente scalando. Ma in cima non vi era alcuna redenzione ad attenderlo, nessun paradiso.

Solo la morte…e sperava lui, il nulla

Ecco, ci sei quasi. Un ultimo sforzo third Children.

Eccoti arrivato alla cima

Solo un attimo per riprendere fiato….per ammirare la luce del tramonto un ultima volta

Il colore rosso….

I capelli di Asuka….

Gli occhi di Ayanami…

Coloro alle quali non era stato in grado di dire parole tanto semplici


“cioè ti voglio bene”

Ancora Kaworu

Oramai aveva deciso.

Si avvicinò al limitare del baratro che dava sul mare sottostante

Abbastanza alto da ucciderlo se si fosse lanciato di testa

E si sarebbe lanciato. Perché il coraggio , almeno quello, era riuscito un po’ a trovarlo in se stesso

Ripensò ancora una volta ad Asuka e ad Ayanami…e che avrebbe tanto voluto fare l’amore con loro. Amarle ed essere amato da loro.

Ripensò a Toji e Kensuke e che, in fondo, se aveva combattuto aveva combattuto per proteggerli…

Ripensò alla signorina Misato e la ringraziò per avergli dato un valore. Per averlo fatto sentire il primo in qualcosa. E per averlo trattato come un figlio che non era mai stato

Ripensò al signor Kaji…di come lo avesse spronato, di come lo avesse consigliato. Da una parte lo odiava. Per ciò che faceva con la signorina Misato…perché nella sua testa il sesso fatto dagli altri era “sporco” mentre se lo avesse fatto lui sarebbe stato “amore”. Lo odiava per ciò che aveva fatto ad Asuka. Per averla lasciata sola. E per le attenzioni che lei gli rivolgeva. Ma un’altra parte di lui lo ammirava. Perché forse era stato l’unico ad averlo trattato come un uomo, piuttosto che come un bambino.

Ripensò a suo padre…e che nonostante tutto era stato bello sentirsi lodato da lui

L’ultimo pensiero andò infine a sua madre…e una lunga lacrima gli scese sul volto.

Era pronto ormai. Aveva salutato tutti

Aprì le braccia, immaginandosi come un angelo che dispiega le sue grandi ali. Un angelo vero, non come quelli che aveva combattuto…non come Kaworu che era fin troppo umano

Un angelo dalle bianche piume e dal sorriso sul volto

Si sporse in avanti allora, quasi fino a perdere l’equilibrio….

“Ciao!”

Rapida, improvvisa, incisiva.Una voce. Qualcuno era li. Qualcuno lo stava chiamando

“Che fai quassù tutto da solo?”

Shinji Hikari si voltò di scatto

“Allora?”

Una ragazzina gli stava adesso di fronte e non riusciva a capacitarsi di come avesse potuto scivolargli alle spalle senza che lui se ne accorgesse. Avrà avuto più o meno la sua stessa età.

Capelli scuri del colore delle prugne d’estate, piccola ed esile, la cui figura ricordava in qualche modo quella di Ayanami.

Teneva gli occhi semichiusi, per via del sole che le illuminava il viso.

“io…insomma…..si io….” La bocca gli si impastò biascicando parole incomprensibili. Tutta l’apparente sicurezza di poco fa sembrava come svanita

“Come dici? Non riesco a sentirti”

La ragazza provò a farglisi più vicino

Fu allora che Shinji li notò.

Occhi. Occhi rossi.

Fece qualche passo indietro, quasi d’istinto. E sentì la terra mancare sotto i suoi piedi

Volò giù per qualche breve istante per poi cadere rovinosamente seduto col sedere per terra, facendosi schizzare tutta l’acqua salina su per la faccia e inzuppandosi tutti i vestiti.

Tossì rumorosamente per via della salsedine che gli si era infilata su per il naso mentre l’osso sacro gli faceva un male terribile per la caduta

Fece appena in tempo a riaprire gli occhi, irritati dal sale, per vedere quella strana ragazzina ridere di gusto a quel pietoso spettacolo

“Tutto bene?” disse lei trattenendosi a stento dal continuare a ridere

“Sì…credo di sì” rispose lui a voce forte

“Aspettami li allora, che scendo subito. Comunque non ti sembra un po’ troppo bassa l’acqua per fare un tuffo da quassù?”

Una vampata di rossore si impadronì di lui. Era un gesto estremo quello che stava per compiere. Troppo estremo per poter essere deriso

“IO NON STAVO…” ma quelle parole, così come la sua irritazione dovuta la fatto di essersi reso ridicolo anche in quella circostanza svanirono quasi all’istante. Solo ora Shinji poteva notare che di fianco la sporgenza su cui si era arrampicato con tanto fatica, i vari detriti aveva costituito come una specie di scala che permetteva di salire con relativa facilità

La ragazzina, muovendosi agilemente da blocco in blocco fu a terra nel giro di pochi secondi

Baldanzosa comincò a saltellare verso di lui, ancora con quel radioso sorriso sulle labbra. Appena gli fu abbastanza vicina gli porse la mano

Shinji guardò nuovamente i suoi occhi.

Non erano affatto rossi, anzi. Erano di un verde smeraldo, resi rossi dal riflesso del sole

“Comunque io sono Hikari Nokibo…molto piacere!”

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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