Non
ho aspettato che
Sonounmuffin betasse questo capitolo per due motivi: primo, il mio
computer fa
cilecca e non so nemmeno se abbia ricevuto la mail. In secondo luogo,
volevo
dedicarlo a una persona speciale. E si proprio oggi, sì.
Era, diciamo,
urgente.
Ringrazio tutti coloro che ancora seguono questa psicopatica. Questo
probabilmente è il terzultimo capitolo, a conti fatti.
Ditemi ciò che ne
pensate.
Per Sonounmuffin, mi dispiace. Ti chiedo di essere la mia beta e poi
nemmeno aspetto una tua risposta. Mi dispiace. Spero che il capitolo ti
piaccia.
A mia nonna.
Spero che lassù ti piaccia e che tu abbia già
trovato un’amica da assillare con le tue dolci chiacchiere.
Mi manchi di già.
Dedicarti questo capitolo è solo un piccolo gesto per dirti
grazie. Grazie di
avermi sempre sostenuto. Sei stata la prima a dirmi che avevo
“le mani d’oro”
come ti piaceva chiamarle, e che sarei potuta diventare una grande
scrittrice. Se
solo avessi abbandonato il fantasy, ovviamente. Mi dispiace, se mai
diventerò
qualcuno, sarà grazie a questo meraviglioso genere. Ti
voglio bene, nonna.
Capitolo 21
Ritorno
dall’oltretomba – prior
incantatio
Scorpius non aveva mai affrontato
veramente l’idea della
morte. Ok, sua madre era morta, aveva affrontato la vista di un campo
di
battaglia in piena regola, ma l’idea di morire in prima
persona, non l’aveva
mai nemmeno sfiorato.
Si era sentito morire delle volte,
certo. Quando aveva
ricevuto la sua lettera per Hogwarts, e aveva capito che quello era il
suo pass
per l’inferno. Quando aveva litigato con Rose, al quarto
anno, e non si erano
parlati per settimane. E quando Diana aveva pronunciato quelle poche,
semplici
parole: “hanno preso Rose, l’hanno
rapita”.
Quelle poche parole
l’avevano fatto agire d’impulso, come un
qualsiasi stupidissimo Grifondoro, invece di pensare a un buon piano. E
ora si
ritrovava nella merda fino al collo.
Doveva salvare Rose, ovviamente.
Anche a costo della vita.
Ma avrebbe dovuto infiltrarsi furtivamente nell’accampamento,
invece di sfidare
apertamente e inconsciamente la cricca di Demoni.
E questo lo riportava al problema
iniziale. Magari si
sarebbe ritrovato in un paradiso bianco, insieme a sua madre, libero
finalmente
da i giudizi degli altri. Oppure avrebbe sentito il suo corpo
spegnersi, fino a
che anche la voce che governava i suoi pensieri non si fosse zittita
per
sempre.
Fatto sta, che era pronto. Quella
sera prese dalla borsa di
Rose la rosa che le aveva regalato cinque anni prima, la
rimpicciolì e se la
mise in tasca. Come portafortuna.
Non gli portò molta
fortuna, visto che Albus e Diana lo
videro allontanarsi dall’accampamento furtivamente, e
decisero di seguirlo,
coperti da un incanto di Disillusione.
-Dove credi che stia andando?
– chiese Diana, mentre sgusciavano
silenziosi dietro a Scorpius. Albus alzò gli occhi al cielo.
-Da Rose, ovviamente. Scorpius di
solito non è una persona
impulsiva, ma se si tratta di Rose non esiterebbe un attimo a buttarsi
nel
burrone più vicino per lei – spiegò con
un sussurro, mentre assisteva a una
bruttissima scena.
Scorpius si avvicinò alla
barriera dei Demoni, che alla luce
della luna emetteva strani bagliori rossastri, indeciso su cosa fare.
Alla
fine, come se fosse la cosa più ovvia da fare,
bussò goffamente alla barriera.
Uno strano rumore risuonò
nell’aria scura nella notte
nascente, non appena la nocche del biondo batterono sulla barriera
magica. Come
di campane scosse dopo tanto tempo. Un rumore affascinante…
da far venire i
brividi. Diana rabbrividì alla sola vista di Scorpius che si
consegnava, ma
Albus la trattenne per un braccio.
Alcuni Demoni sbucarono dalle tende
più vicine al confine e
ghignarono alla vista di Scorpius. Con un gesto, il più
grosso fece svanire
parte della barriera, in uno spazio abbastanza largo per consentire a
Scorpius
di entrare. Questo fece un gran sospiro ed entrò lentamente.
Albus bloccò Diana
e si lanciò nel varco, poco prima che questo si richiudesse.
Diana però non
aveva intenzione di restare indietro a fare la dolce donzella.
Balzò in avanti
ed entrò anche lei nell’accampamento dei Demoni.
Prima di proseguire,
attirò a sé Albus per un braccio e lo
rimproverò aspramente con lo sguardo.
-Prova ancora a fare l’eroe
e comincerò a darti dello
stronzo Grifondoro – Albus assottigliò lo sguardo
e gli fece cenno di stare
zitta. Dietro di lei, un Demone stava ghignando e annusando
l’aria in modo
sospetto.
-Chi va là? –
chiese. Albus si pietrificò dal terrore di
avere un Demone così vicino. Quest’ultimo era
più basso degli altri che aveva
già visto, con la coda di serpente e le corna caprine, che
non stonavano più di
tanto sul corpo mostruoso e rossastro dell’uomo.
Diana invece agì
prontamente. Si portò silenziosamente alle
spalle del mostro e gli conficcò il suo fidato pugnale nelle
scapole. Quello
sussultò, ma si portò le mani alla schiena come
se avesse solo un fastidioso
prurito in un qualche punto.
L’Angelo fece un segno ad
Albus, della serie “Attacca!”. Il
moro rimase pietrificato ancora un attimo, prima di evocare le sue
micidiali
saette nere come la pece e di colpire il Demone dritto in volto, sulle
orbite.
Il mostro
indietreggiò, tenendosi gli occhi e mugugnando dal dolore.
Diana evocò una
delle sue sfere e lo colpì in piena nuca. Albus fece un
Incantesimo Silenziante
e quello urlò a vuoto, mentre si accasciava a terra.
-È morto? –
chiese Albus, avvicinandosi piano al corpo steso
e immobile del Demone. Diana scosse la testa, estraendo il pugnale
d’argento
dalla schiena del mostro con un colpo secco.
-No, solo svenuto. Ci vuole ben altro
per farlo fuori.
Muoviamoci – rinfoderò il pugnale ancora sporco di
sangue nero e corse verso la
tenda al centro dell’accampamento, molto più
grande delle altre, dove avevano
condotto poco prima Scorpius.
I due entrarono cercando di fare il
minimo rumore possibile,
ma la scena che si propose ai loro occhi li fece impietrire.
Si trovavano in una gigantesca sala
delle cerimonie. Le
pareti, a differenza dell’esterno, erano nere come la pece,
sembravano fatte di
pietra. Sei Demoni erano disposti al centro della stanza, intorno a un
rettangolare tavolo di pietra bianca, dove stava stesa Rose, senza
maglietta ma
con il reggiseno, con un grande taglio sulla pancia da cui fuoriusciva
lentamente sangue che andava a scolare in una grande tinozza di marmo
rosso ai
piedi del tavolo.
Scorpius, in mezzo a due Demoni,
guardava impietrito la
scena. Non riusciva a muoversi, ma dalle sue dita fuoriuscivano
scintille
elettriche, segno evidente che la sua rabbia stava per essere sfogata.
Ma Diana
non era affatto sicura che Scorpius ce l’avrebbe potuta fare,
contro sei
Demoni. Due sì, massimo tre. Ma sei…
Pregò
che se ne
stesse buono, almeno per ora, e studiò la situazione.
Conosceva quel rito, Fen gliene aveva
parlato, ma non
riusciva a ricordare. Il sangue di Demone non è puro,
è sporco e contaminato
dall’odio e dal rancore che la creatura provava dal momento
della nascita verso
il resto del mondo, esclusi i propri simili. Ma per evocare o liberare
un
Demone da un sigillo o una prigionia ci vuole il sangue puro di una
donna
vergine. Se questa ha sangue magico, ancora meglio. Se poi era legata
in
qualche modo a un Angelo, era perfetta.
Bastava una sola tinozza e avrebbero
potuto riportare in
vita qualsiasi Demone, magari anche il più potente della
storia. E ce ne era
uno in particolare che poteva essere un vero flagello, imbattibile
anche per
lei, Albus, Scorpius e Rose messi insieme.
Il Principe dei Demoni. Il mostro
più temibile conosciuto
dalla storia. Perseus ed Eltanin si impegnarono al massimo per
sconfiggerlo e
ci riuscirono quasi per miracolo, imprigionandolo nella terra grazie a
un
sigillo potentissimo.
Volevano riportare in vita il
Principe con il sangue di
Rose. E se ci fossero riusciti… Diana non voleva nemmeno
pensarci.
Scorpius assistì alla
scena impietrito. La sua Rose. Quella
non poteva essere la sua Rose. La stessa ragazza che lo rimproverava
ogni volta
che non sorrideva per una giornata, ridendo spensieratamente. La stessa
ragazza
che correva come una matta quando erano in ritardo per la lezione. La
stessa
ragazza che ogni volta che Grifondoro vinceva una partita di Quidditch
urlava
fino a perdere la voce.
Non poteva essere lei, no. Non poteva
essere la stessa
ragazza che in quel momento, davanti a lui, stava morendo lentamente,
dissanguata.
Avrebbe voluto mettersi a urlare. No.
No, quella non era la
sua salvezza. Quella non era la sua piccola rosa bianca di luce. No.
No. No.
Non riusciva a muoversi, stretto tra
la morsa di ferro dei
due Demoni. Avrebbe anche potuto liberarsi usando la sua magia, ma non
ci
riusciva. La sola vista di Rose in quello stato gli aveva fatto perdere
qualunque forza, come se la sua magia fosse scomparsa del tutto.
Ma qualcun altro, quasi del tutto
inconsciamente, stava già
facendo qualcosa per salvare la piccola Rose.
Albus non si era quasi accorto della
cugina in fin di vita.
Il suo sguardo era stato catturato da un piccolo smeraldo incastonato
in un
anello d’oro al dito di uno dei Demoni. Era…
affascinante.
Mentre lo guardava, e i suoi occhi di
smeraldo si facevano sempre
più grandi e ammaliati, sentiva una voce proveniente dalla
pietra che lo
invitava ad avvicinarsi. Precisamente, proveniva dal giglio inciso
sulla
pietra. Il Demone con l’anello si allontanò dal
cerchio, avvertendo una strana
sensazione alla mano.
Albus gli si avvicinò
silenziosamente, quasi in trance.
Evocò una decina di saette nere come la pece e gliele
scagliò contro. Il Demone
svenì e Albus gli rubò l’anello,
mettendoselo al dito.
“Grazie Albus. Mi dispiace
tanto di prenderti il corpo, ma
devo rivedere Diana. Salverò sia tua cugina che il giovane
Scorpius, non
preoccuparti. Tu semplicemente dormi, in seguito condurrò
Diana da te.” Una
voce gli parlò nella mente. Una voce calda, profonda, che
gli fece venire un
po’ di sonnolenza.
E dopo un attimo, Albus si
ritrovò steso in una calda tomba,
in un corpo che non gli apparteneva, ma che trovava così
immensamente caldo… si
addormentò, inconscio di quello che aveva combinato
semplicemente infilandosi
un anello al dito.
Albus non era più lui. I
suoi occhi erano trasfigurati in
due pozze di bianco lucente. Si voltò lentamente verso i
cinque Demoni rimasti,
evocando lame di un nero incandescente e colpendo i Demoni che tenevano
Scorpius, che si voltò verso Albus incredulo.
-Al… ma che
diavolo… - mormorò, con gli occhi sbarrati.
Diana lo affiancò, tornando visibile. Riconobbe subito
le lame nere e
disse solamente:
-Luis.