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Autore: Vagabonde    11/03/2008    6 recensioni
Un guerriero senza riposo. Un tris di vagabonde, destinato solo a espandersi. Un mondo senza frontiere, un cielo pieno di stelle, treni, aerei, navi, e ancora treni e aerei alla ricerca dell’isola che non c’è.
Desideri in standby, pensieri sconnessi, poeti e criminali.
Un materasso di parole scritto apposta per lui.
Un diario di bordo senza precedenti per quel viaggio chiamato vita.
E lui, Orlando, lo zahir. Quel desiderio potente che smuove mari e continenti.
E allora, le vagabonde vi sfidano a credere. Voltate pagina.
*Authors: Strowberry, Aredhel, Summer. more to come*
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sountrack: Ho messo via, Luciano Ligabue.

Vagabonda: Emily

“Life was just what happened while we were busy making plans.”

 

 

Perché a me va.

Una vigilia, un’epifania, forse l’inizio di una corsa, la porta su un mondo fantastico.

Strade parallele, come disse una volta il Commodoro Norrington.

“I nostri destini si sono intrecciati, Elizabeth, ma mai uniti”.

Uno strano diktat, qualcosa che nella vita succede, e succedendo, cambia le carte in tavola.

Un’enorme scacchiera, noi pedine, il destino una mano imparziale che ci mescola e rimescola fin quando non nascono delle strane combinazioni, magari per caso, magari senza intenzione.

Una maionese mai uguale di episodi ed emozioni, che sommati uno all’altro fanno una vita.

Una vita vissuta ai limiti.

Over the edge, over again.

Over and over again, finchè reggerà questo corpo, questo cuore.

Ma quale amore? Questa è verità.

E’ qualcosa di tangibile, che non si scrive.

A volte, si racconta.

Ma io sono una cantastorie. E’ mio dovere trascinare le persone nel mio mondo, aprire gli occhi facendoli chiudere per vedere, per sognare, cullati da una ninna nanna e da un materasso di parole scritto apposta per te.

Come diceva De Andrè, grazie a te ho una barca da scrivere, ho un treno da perdere.

Un aereo da prendere, ancora una volta, diretta all’ignoto, all’inconscio.

Nord, sud, oves, est, starò cercando lui o forse me.

Questa canzone. Una costante nella mia vita, che sbuca fuori dalle porte aperte dei bar, dagli altoparlanti di un ristorante, dallo stereo di un’auto, e mentre sto per mollare, mentre mio padre mi dice che quello che faccio non ha senso né futuro, capita che passi su radio 105 e mi faccia sobbalzare, e che io alzi il volume, e che lui cominci a dire:< Amore? Quale amore? Questo è un amore che non ha futuro>, e capita di essere in macchina per strade sconosciute, e capita che io apra la portiera di scatto mentre l’auto cammina e costringa mio padre a inchiodare, perché i miei occhi sono stati catturati da una scritta su un cartello.

60b.

Nel bel mezzo dell’Italia, tra i monti del salento, c’è la 60b.

Ricapitolo.

Amore senza futuro.

Nord Sud Ovest Est degli 883 nella radio.

60b.

Nemmeno mio padre può pretendere la ragione dal destino.

A volte nel mio mondo sembra di stare a una riunione degli alcolisti anonimi.

Pacche sulle spalle, anche virtuali, silenzi e abbracci, e < Non preoccuparti, non siamo matte. Solo diverse.>.

Perché anche noi abbiamo bisogno di una dimensione in cui stare, anche noi vagabonde, si, anche noi fan. Capita che un giorno ci svegliamo in una vita che sembra senza direzione, che guardiamo negli occhi di un poster di plastica e troviamo immediatamente una ragione per alzarci dal letto e tirare avanti, pensando che forse domani.

Forse domani salterà fuori da un angolo, forse domani ci sbatterò addosso, forse domani potrò guardarlo negli occhi e dirgli < Ehi, è una vita che ti aspetto.>.

Questo è un mestiere infame.

Chi non sogna non fa sognare, è meglio che questo mondo se lo metta in testa.

È meglio che tu te lo metta in testa, dovunque sei.

Anche tu un tempo sei stato un sognatore.

Ora guardo le tue foto e vedo l’ombra di un uomo che somiglia a te, e prego di arrivare in tempo.

Tu hai paura di noi.

Anche noi abbiamo paura di noi, qualche volta.

Ma siamo una cosa troppo diversa, troppo assurda per essere compresa.

La gente non si fida di quello che non può spiegare.

Ci fissa, e vede ore perse nel gelo, anni spesi a rincorrere un pezzo di cartone.

Ci guarda, e ci vede senza direzione.

Non è vero, Orlando.

Noi abbiamo sempre una direzione. Siamo sempre su un treno, col cuore o col corpo, su un aereo, in un porto di mare.

Le nostre direzioni spesso coincidono con le tue, ma qui nessuno ti ha scelto.

Ci sei capitato, come in una pesca miracolosa.

Sai, la gente è matta. E’ strana.

E chiama matte e strane noi per esorcizzare i suoi demoni.

E chi non ci reputa mentecatte, ci imita, credendo che quello basti.

Ma ci vogliono le unghie e i denti, e ci vogliono le palle.

Ci vogliono le palle per alzarsi e partire, a cercare la propria isola che non c’è in mezzo al insensatezza di questa vita immobile.

Anche Wendy chiamava Peter. Chiamava Peter tutte le sere come noi chiamiamo te. Ti cerchiamo per trovare una ragione, una ragione che vada bene per tutti noi che abitiamo in questo piccolo mondo, quello che se ne sta sotto terra, che fa girare questa palla fatta di acqua e terreno e sogni e veleno.

La facciamo girare con le mani come si fa con un mappamondo.

Raramente ci perdiamo in congetture, in paure inutili.

Sai, io credo a Shakespeare. Credo davvero che i nostri dubbi siano traditori, perché ci fanno perdere il bene che potremmo ottenere per la paura di tentare.

Noi ruotiamo intorno a te come dei satelliti, tutte le nostre energie sono convogliate verso il centro del tuo cuore, pregando per trasmetterti la nostra forza.

Ne ho conosciute di donne forti, di donne con le palle.

Ne ho conosciute su treni, su aerei, in mondi sempre uguali eppure sempre diversi.

Sono poche quelle che mi hanno colpito l’anima, ma moltissime quelle che mi hanno colpito il cuore.

Mille giorni di te e di me.

Un po’ più di mille, ormai.

Lo sai, che siamo matte?

Oh si. Forse si.

Qui in mezzo c’è un drappello che ti ritroveresti davanti, e non per scegliere chi sposare, no. Per darti forza, darti una mano, portarti a ballare la lambada quando non vuoi pensare, farti piangere stretto al cuore quando ne hai bisogno, coccolarti quando ti senti solo, farti cantare quando vorresti urlare.

Non sprecarlo, Orlando.

Noi eravamo sole, tu non lo sei, hai noi.

Noi eravamo abbandonate, ci siamo dovute rimboccare le maniche per trovarci qualcosa che ci salvasse la vita.

È così che scriviamo, cantiamo a squarciagola fuori al balcone, corriamo sotto la pioggia.

Ieri era un giorno di temporale.

Mi sono alzata, ho guardato fuori, ho infilato gli stivali antipioggia e ho corso.

Ho corso fino a te, dovunque tu fossi.

Poi, tornata a casa, mia madre mi ha fatto ridere e mi ha fatto piangere.

Conosci quella sensazione? Ridere nel pianto.

Per la prima volta le ho parlato per ore. Le ho parlato di Jools, di Cecil, di quello che scrivevamo. Le ho parlato anche di Michi, di Sara, di Narja, di tutte le amazzoni che Orlando ha tra le sue fila.

Le ho parlato dei miei progetti.

Le ho detto < Mamma, vado via.> e mamma non ha risposto.

Si è fermata a leggere “Smile Without a Reason Why” e “To our beloved ones”. E mi ha guardato, mi ha sorriso, e mi ha detto: < Sembrate la squadra dell’Actimel. Elle, Casei e Immunitas. Forza, andate a rinforzare le difese di Orlando.>

Ho riso, e poi via a cantare.

Dove sarai anima mia, non lo vedi che io vivo di te.

No, non lo vedi.

E intanto tu resti la musa che ispira i miei testi, i miei discorsi in versi, ora e per sempre, cielo aperto e il tuo ricordo viaggia in me.

Un cielo spettacolare oggi, sembra quello di Windows 95.

Un sole che asciuga la pioggia e le lacrime.

Questa è la prima pagina di una storia della nostra stravagante vita da vagabonde, con Peter alla finestra.

Elle, Casei e Immunitas.

Lo Stregato per discutere del senso della vita.

Il cappellaio matto per prendere un tè a metà pomeriggio, festeggiando tutti i non compleanni del mondo.

Le fiabe di Wendy e la mia polvere fatata per volare a pelo d’acqua sopra il laghetto dei Kengsinton Gardens.

Un messaggio scritto su un foglietto ai piedi della statua di Peter Pan, un messaggio per Londra, casa nostra, la casa d’angolo situata, ironia della sorte, nel quartiere di Bloomsbury.

Uncino per fare pratica di sfide.

Una spruzzata di mistico per pregare insieme a Pocahontas al centro della madre terra.

Le principesse che salvano i principi.

Tutte le nostre fiabe al contrario, tutti i nostri mondi segreti, aperti una volta e per tutte.

Mushu per darci qualche consiglio, cosicché non cada il disonore su di noi e le rispettive mucche.

Il mio taccuino CriCri, lo stesso Moleskine che aveva Hemingway, come diario di bordo.

La mia Sony H9 per fermare i momenti.

Parole mai stanche scritte solo per te da molti cuori.

Le cronache di guerriere vagabonde di un altro mondo.

Un viaggio alla ricerca di un lieto fine a cavallo di una lanterna, come Mulan.

Storie di partenze senza destinazione, senza andate né ritorni.

Vite vissute con le vene piene di ciò che siamo.

Fate sopra altalene che tu spingi, facendoci arrivare così in alto da accarezzare i confini del cielo.

Cosa vuoi farci, come dice Jovanotti, se pesassero il mio cuore al chilo scoprirebbero che pesa esattamente come te.

Come scrisse Vivian, passando dalla strada degli occhi e del cuore mi sei entrato dentro, e ora lo abiti. Abiti il mio cuore come si abita una casa.

E il mio cuore ha porte su altri luoghi pieni di libertà, finestre spalancate per farti respirare aria pura, scivoli per farti giocare e un letto soffice per farti riposare. Sui muri ci sono scritte tutte le storie nate per te.

Just to make you feel good.

To make you feel safe.

E allora avanti, la porta è aperta.

Volta pagina, e vieni a scoprire questi famosi materassi di parole scritti per farti tirare un sospiro, da queste vagabonde che se ne vanno raminghe per il mondo a fotografare la vita e farla passare dalle penne su fogli di carta, perché un giorno tu legga, e ti senta amato.

Va tutto bene, sei al sicuro ora, guerriero senza riposo.

Al sicuro e amato.

Tutto quello che nella vita si può cercare. Sicurezza e amore.

Un’acqua cheta.

Saremo noi, la tua acqua cheta, il tuo angolo di infinito, il tuo letto ai confini della Terra.

Lascia che sia. E sarà.

E se ti chiederai perché, apri un libro di James Matthew Barry. La risposta è proprio là, in mezzo alle pagine.

Because we belive. We do. We do.
  
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