Anime & Manga > Capitan Harlock
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Autore: Lady Five    07/09/2013    3 recensioni
Mayu è cresciuta e, contravvenendo ai desideri di Tochiro, fa ad Harlock una richiesta a cui il capitano non riesce proprio a dire di no, perché, in fondo al cuore, anche lui ne è felice.
Ma lei non è più una bambina. E niente può più essere come prima.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harlock, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Come aveva promesso, dopo un paio di giorni il capitano diede disposizioni per organizzare una festa per Mayu. Doveva essere una specie di sorpresa, anche se non sarebbe stato facile. Soprattutto perché nessuno ne organizzava più da tempo, di feste così. Si sarebbe svolta sulla spiaggia, quindi bisognava portare la ragazza via di lì prima del tramonto, per dare il tempo di appendere gli addobbi, preparare la grigliata e allestire il palco per la musica.
Yuki convinse Mayu a seguirla nella sua stanza e lì le disse di farsi bella perché quella sera ci sarebbe stata una sorpresa per lei.
La ragazza sgranò gli occhi.
“Perché? E quanto bella?”
“MOLTO bella! Devi metterti un abito da sera o qualcosa del genere...”
“Addirittura! Ma... io non ho nessun vestito così… aspetta, ho un'idea! Mi devi consigliare, però, per favore!”
Salirono sull'Arcadia ed entrarono nella camera di Tochiro ed Esmeralda. Mayu ricordava di aver visto degli abiti molto eleganti nell'armadio di sua madre. Li esaminarono uno a uno con attenzione. Yuki era estasiata.
“Ma... sono meravigliosi! Tua madre aveva davvero un ottimo gusto, oltre a essere una splendida donna.”
Dopo innumerevoli prove, finalmente Mayu si decise e tornò in camera sua per prepararsi. Yuki sarebbe passata più tardi a prenderla e condurla al luogo della “sorpresa”.
Quando Mayu fece la sua comparsa sulla spiaggia, tutti restarono a bocca aperta. Indossava un abito di seta color rosso granato, lungo fino ai piedi, senza maniche e leggermente scollato, fermato in vita da una cintura. Aveva i capelli raccolti in uno chignon morbido e, contrariamente alle sue abitudini, era leggermente truccata. Il capitano notò che portava i gioielli che le aveva regalato. Gli applausi e le congratulazioni strillate da tutto l'equipaggio dell'Arcadia la fecero arrossire violentemente. Un po' imbarazzata, cercò con lo sguardo quello di Harlock, che le sorrise. Così la festa ebbe inizio e fu un grande successo. Mayu era commossa e più di una volta dovette ricacciare indietro le lacrime di felicità che le pungevano gli occhi. Dopo molto buon cibo e soprattutto molto vino, l'allegria era davvero sfrenata. Una piccola orchestra improvvisata cominciò a suonare. Harlock se ne stava seduto in disparte come al solito, in compagnia di un bicchiere di vino, osservando compiaciuto. Mayu bisbigliò qualcosa a uno dei musicisti, poi gli si avvicinò con un sorrisetto che - pensò lui - non prometteva niente di buono.
“Balla con me” gli sussurrò.
Lui la guardò letteralmente terrorizzato. Vide che tutti avevano gli occhi puntati su di loro, mentre l'orchestra aveva attaccato un pezzo piuttosto lento, per non dire romantico.
“Ma... io non ballo mai!”
“Stasera è la mia festa e farai un'eccezione!”
La ragazza continuava a sorridere, ma il tono non ammetteva repliche.
Il povero capitano non sapeva più a che cosa attaccarsi.
“Non sono capace... non ho mai ballato in vita mia...” quasi balbettò.
“Non ci credo! Comunque non è difficile. Ti faccio vedere io.”
Lo afferrò per una mano e lo trascinò sotto il palco, tra i fischi e gli ululati della ciurma, che non era abituata a simili spettacoli.
Questa me la pagherete cara! Domani vi farò pulire l'Arcadia da cima a fondo! Con la lingua!
Naturalmente non era vero che non aveva mai ballato. Anzi, alle feste del circolo ufficiali era piuttosto richiesto. Solo, erano passati decenni dall'ultima volta. Capì di non avere scampo e richiamò alla memoria come ci si doveva comportare: un braccio intorno alla vita della ballerina, senza stringere troppo, l'altro leggermente piegato, con la mano a reggere quella della partner... per il resto, si affidò alla musica, più o meno... Negli occhi di Mayu sembravano essere cadute tutte le stelle dell'universo. Quando lei a un certo punto gli posò la testa sulla spalla, una strana sensazione si irradiò in ogni fibra del suo essere. Si spaventò. Per fortuna la musica terminò abbastanza in fretta (forse gli orchestrali si erano impietositi?) e poté staccarsi da lei, evitando così di pensare a quello che aveva provato in modo così intenso, se pur per un breve istante. La mano di Mayu però trattenne la sua ancora per qualche secondo.
“E' stato così terribile?” chiese poi ridendo, essendosi forse resa conto del suo disagio.
“Sei una piccola strega!” ripose lui.
Ma per il capitano quella sera le prove non erano ancora finite.
Partirono i fuochi d'artificio, un'altra grande passione di Mayu da quando era piccola. Forse approfittando del fatto che tutti stavano guardando i ghirigori colorati nel cielo e non badavano a loro, la ragazza gli appoggiò il capo sul petto e le mani dietro il collo.
“Sono così felice di essere qui...”
Fu solo per pochi secondi, ma abbastanza da gettare Harlock nel panico più totale. Come doveva comportarsi? Che cosa avrebbe dovuto dire o fare? Così, rimase fermo e zitto, parendogli che qualunque gesto avesse fatto, qualunque parola avesse detto, sarebbero stati inopportuni. Ma, con suo sollievo, la ragazza lo liberò presto dal suo abbraccio e corse in riva al mare a vedere lo spettacolo pirotecnico insieme agli altri.
La festa proseguì quasi fino all'alba. Mayu volle ringraziare tutti uno a uno. Almeno, quelli che si reggevano ancora in piedi. Cercò ancora con lo sguardo il capitano, ma, non lo vide. Alzò allora gli occhi verso l'Arcadia, che dominava la baia con la sua imponenza. Dalla sua stanza proveniva un debole chiarore e le parve così di scorgere la sua sagoma ritta vicino alla grande finestra. Alzò la mano in segno di saluto, ma non riuscì a capire se lui l'avesse vista.

Quando fu in camera sua, si sciolse i capelli, si lasciò scivolare il vestito dalle spalle e si sedette sul letto con aria sconsolata.
Da quanto tempo era innamorata di lui?
Da sempre, avrebbe potuto dire, anche se naturalmente non era vero. Non ne aveva coscienza, per lo meno. Per tanti anni non aveva saputo dare un nome a quello che provava per lui. Nonostante ciò che pensavano tutti, nonostante ciò che avrebbe dovuto essere secondo il senso comune, lei non l'aveva mai considerato suo padre. Lei ce l'aveva un padre, anche se era morto.
Harlock era il suo eroe.
C'era sempre, era sempre con lei, anche se si trovava in un'altra galassia. Chissà, forse era proprio quel rapporto fatto di assenze, di attese, di quel continuo ritrovarsi e separarsi, che aveva alimentato il suo sentimento ... La lontananza è come il vento, aveva scritto o cantato qualcuno qualche secolo fa: spegne i fuochi piccoli e accende quelli grandi.* Se le cose stavano davvero così, lei era proprio messa male!
Insomma, qualunque fosse l'origine e il motivo, lei adesso era certa di amarlo, come una donna ama l'uomo della sua vita. Ballare con lui quella sera, stare tra le sue braccia, le aveva dato un'emozione indescrivibile... le sue braccia, il posto più sicuro dell'universo...
Ma lui? Lui era un'anima pura. Questo era il problema, pensava Mayu afflitta. Temeva che Harlock avrebbe continuato a vederla come una bambina, la piccola che i suoi amici gli avevano affidato, e non avrebbe mai provato altro per lei se non affetto e istinto di protezione. E, anche nella remota ipotesi che in lui potesse nascere un sentimento diverso, l'avrebbe messo a tacere, non gli avrebbe permesso di prendere il sopravvento. Lei desiderava che fosse lì, in quel momento, che glielo avesse tolto lui quel vestito, ma sapeva che invece non l'avrebbe sfiorata nemmeno con il pensiero, gli sarebbe sembrato di commettere un atto orribile... Quindi, lei era destinata a soffrire. Ancora. Come se non ne avesse avuto abbastanza.
Che cosa poteva fare? Quella sera si era accorta di averlo messo in imbarazzo, prima costringendolo a ballare, poi abbracciandolo durante i fuochi d'artificio. Ma questo non significava nulla, di per sé. O forse sì? In fondo lei non ne sapeva molto, di affari di cuore, non aveva esperienza, non conosceva il modo di ragionare degli uomini. Con chi avrebbe potuto confidarsi? Con le altre ragazze? E se si fossero scandalizzate? Se l'avessero considerata solo una stupida mocciosa romantica? Nulla, al momento non poteva fare nulla. Poteva solo aspettare, e sperare che il tempo le suggerisse come agire.

Harlock non si decideva ad andare a dormire. Era disorientato, confuso. Non sapeva come interpretare il comportamento di Mayu. Perché aveva voluto a tutti i costi ballare con lui? Perché poi lo aveva abbracciato, e in quel modo? Che cosa significava tutto ciò? Niente, probabilmente. Lei era sempre stata affettuosa nei suoi confronti. Aveva solo cambiato modalità, visto che non era più una bambina. Non lo era più da un pezzo, a dire il vero, anche se lui sembrava rendersene conto soltanto adesso. Doveva abituarsi, ecco. Doveva prendere dimestichezza con il suo nuovo modo di essere, doveva imparare a rapportarsi con lei come con un'adulta. Tutto qui.
Non riusciva ad accettare, però, il suo turbamento nel tenerla tra le braccia, le sensazioni che gli trasmetteva la vicinanza del suo corpo, il suo profumo... c'era qualcosa di profondamente sbagliato, di stonato, fuori posto. Non avrebbe dovuto provare nulla di tutto ciò. Cos'era, già la crisi della mezza età? D'accordo, era disposto ad affrontare anche quella. Ma non per lei. Lei era intoccabile.

Eppure non poteva fare a meno di osservarla, durante quella vacanza. La vedeva chiacchierare con Yuki e Mimeh, che la consideravano una sorella minore, scherzare con Tadashi, giocare perfino a pallone o a carte con i ragazzi dell'equipaggio... era a suo agio con tutti, per tutti aveva un sorriso, una battuta, una parola gentile. Tochiro ed Esmeralda sarebbero stati fieri di lei. Sembrava davvero felice. L'ombra di malinconia che velava il suo sguardo praticamente da sempre pareva scomparsa.
Però... non aveva più cenato con lei dalla sera della festa. E lui, come al solito, non partecipava molto alla vita sociale della ciurma. Preferiva trascorrere la maggior parte del tempo sull'Arcadia, da solo. Faceva qualche rara apparizione, e allora Mayu gli rivolgeva sempre uno dei suoi luminosi sorrisi, o lo salutava da lontano con la mano. Harlock qualche volta la avvicinava, ma si limitava a chiederle se stesse bene, se si stesse divertendo come voleva.
Si sentiva un po' stronzo. Perché doveva tenerla a distanza? Che cosa gli aveva fatto, in fondo? Il problema, come al solito, era lui, il suo pessimo carattere, la sua natura solitaria. In realtà, aveva solo paura. Paura di provare ancora quel turbamento che non avrebbe mai dovuto provare. Ma non si poteva andare avanti così, continuando a evitarla, era un comportamento infantile. E da vigliacco. Non degno di uno che aveva affrontato senza battere ciglio invasori extraterrestri, demoni furiosi e sbirri intergalattici!
Quindi si decise a superare i suoi improvvisi tabù e la invitò una sera a cena sull'Arcadia. Voleva approfittare dell'occasione anche per affrontare un argomento che gli stava a cuore. Con suo grande sollievo, Mayu non sembrava avercela con lui per come si era comportato negli ultimi giorni, era allegra e serena come al solito. E anche lui piano piano si rilassò, dandosi dello stupido per tutte le menate che si era fatto.
“Bene, Mayu, sono contento che vada tutto bene e per quanto mi riguarda possiamo stare qui finché vuoi. Ma volevo chiederti una cosa importante.”
La ragazza si fece seria.
“Ecco... volevo chiederti se hai pensato a che cosa vuoi fare, adesso che hai finito gli studi... se hai dei progetti per la tua vita, che professione desideri intraprendere... insomma, come ti immagini il tuo futuro.”
Mayu non ebbe esitazioni.
“Sì, certo che ci ho pensato. Vorrei tanto restare sull'Arcadia, se tu me lo permetterai. Voglio lavorare per te, insomma. In fondo, sono un ingegnere spaziale, posso esserti utile, no? Anche se non sono un genio come mio padre...”
Harlock restò di sasso. Stranamente, non aveva mai contemplato quella possibilità. Ecco perché si è portata tutto quel bagaglio! Ma era una follia. Doveva assolutamente dissuaderla. Non sapeva da dove iniziare.
“Non mi sembra una buona idea. Perché vuoi una cosa simile? Che carriera o che soddisfazioni professionali potresti avere qui? Se desideri farlo solo per riconoscenza o perché pensi di dovermi qualcosa, toglitelo dalla testa!”
Mayu sorrise.
“No, non voglio farlo per questo. Non sono interessata a nessuna carriera, come la intendi tu. Voglio finalmente stare con le persone a cui voglio bene e che mi vogliono bene. Sono stata sola per tutta la vita, Harlock, sono stanca.”
Sono stata sola per tutta la vita... Una coltellata al cuore.
“Tuo padre voleva che tu vivessi sulla Terra...”
“Questo valeva finché non potevo decidere da sola. Se fosse ancora vivo, nemmeno lui me lo potrebbe più imporre, e tu lo sai. E poi la Terra è molto cambiata, non è più il luogo idilliaco che ha conosciuto mio padre...”
Sapeva che sarebbe stata un osso duro.
“Ma che vita sarebbe, a vagare nello spazio senza meta...?”
“Era la vita dei miei genitori, in fondo. E tu e gli altri la fate da anni...”
“Appunto, ormai questa è la nostra vita, ma tu... non ci sei abituata. Non la vuoi un'esistenza normale, una casa, un lavoro, un marito... non desideri avere una famiglia tua?”
“Una famiglia? Non ci ho ancora pensato, sono troppo giovane. Siete voi, la mia famiglia.”
Harlock assunse un'aria ancora più grave.
“C'è un'altra cosa, Mayu. Se tu vivrai su questa nave, e quelli del Dipartimento per la preservazione della quiete spaziale lo verranno a sapere (e ti assicuro che prima o poi succederà), tu sarai considerata come noi: una fuorilegge, con una bella taglia sulla testa. E tu sai bene che cosa aspetta quelli come noi. Non posso permetterlo!”
Mayu scosse la testa, con un sorriso amaro.
“E' già così, Harlock. E' già così.”

 

 

 

 

 

 

* Sicuramente non c'è bisogno di specificarlo, ma per correttezza lo dico lo stesso: è una strofa della famosa canzone di Domenico Modugno “La lontananza” (1970).

  
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