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Autore: JessL_    08/09/2013    4 recensioni
Questa fanfiction è una specie di continuo di Overwhelms me - Travolgimi, non si può leggere senza aver letto l'altra storia.
Alessia e Gigi. Gigi e Alessia. Dopo otto anni di relazione, finalmente fanno un piccolo grande cambiamento... sarà tutto rose e fiori? Arriveranno a fare altri passi avanti? Sì, d'altronde a piccoli passi si può fare tutto.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Travolgimi'
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Oh, è domenica! È il Bettega day!! Emozionati? Io, sinceramente, un pochino. Ma poco, eh!
Prima di perdermi in duemila parole, vorrei solo ringraziarvi per aver accolto bene questi due pazzi.
Davvero, grazie di cuore :) spero solo di non traumatizzarvi man mano che andremo avanti.

 
Rammento che questa storia deve essere letta dopo Travolgimi, se no determinate cose non si riuscirebbero a capire.
 
Buona lettura... e grazie di cuore a tutti.

 
 
 
 
<< Mia madre ci ha invitati a cena, domenica. >> Allontano lo sguardo dal manga che stavo leggendo, e lo alzo puntandolo su Alessia che sta cucinando.
<< Perché? >> Chiedo, ricevendo subito dopo un’occhiataccia.
Premetto: in otto anni che sto con Ale, ho sì e no visto i suoi genitori – con tanto di compagni al seguito – giusto una decina di volte.
Su questo sono molto diverso da Alex, che passava più tempo in famiglia che con gli amici. Soprattutto all’inizio che si è messo con Elise.
Non ho niente contro la famiglia di Alessia solo... non lo so, ogni volta mi sembra di essere sotto pressione, nonostante siano simpatici e carini nei miei riguardi.
Anche quando le nostre famiglie si sono ritrovate attorno allo stesso tavolo, è stato strano. Strano nel senso bello, eh, solo che... non lo so... è ancora tutt’ora strano.
<< Perché per una volta non puoi semplicemente dire “ok”, come farebbe ogni bravo ragazzo che ha una suocera che lo adora?! >> Mi chiede spazientita, facendomi deglutire e abbandonare la mia lettura per avvicinarmi a lei.
<< Lo sai che non ho niente contro i tuoi genitori ma... non mi sento mai a mio agio. Sì, anche dopo sei anni che mi conoscono e che hanno capito che non sono uno che ti porti solo a letto. Sono strano... lo sai. >> Alessia arriccia le labbra, parendo più adorabile ai miei occhi, ma so che la cosa non le sta bene. D’altronde da una parte la capisco... se lei non apprezzasse la mia famiglia, anch’io mi lamenterei. Solo che non è vero che io non li adori, semplicemente... meno li vedo meglio sto psicologicamente.
La prima volta che ho incontrato il padre di Alessia è stato piuttosto buffo. Volevo comprare un’auto e Alessia, senza dirmi niente – circa un anno e mezzo dopo che stavamo assieme – mi ha portato in una concessionaria, che ho capito essere del padre solo una volta che siamo entrati e lei si è stretta a stile koala all’uomo alto e longilineo con un po’ di barba e gli occhi chiari. Mi sono sentito fregato, quasi messo in trappola, ma non per l’imboscata... più che altro perché non mi ritenevo pronto.
Penso che per un momento il padre di Alessia abbia pensato che fossi un tizio piuttosto... lento di comprendonio. In realtà stavo cercando di capire come comportarmi. Di certo non potevo avvicinarmi, stringergli la mano e ringraziarlo per aver messo al mondo quel diavolo tentatore che ha come figlia, no?
Con la madre è stato un po’ diverso, ha saputo di me praticamente dopo un mesetto che io e Ale ci sentivamo. In quel periodo ero confuso e avevo fatto una cazzata allontanandola, quando mi sono reso conto di aver sbagliato, lei non ha voluto saperne... quindi mi sono presentato a casa sua. E lì... beh ho visto sua madre per la prima volta. Penso che le vere e proprie presentazioni siano arrivate più o meno nello stesso periodo che ho conosciuto il padre. Lei, Renata, mi ha trattato con garbo, quasi fossi un’ospite d’onore e la cosa mi aveva messo veramente tanta ansia addosso.
Ero pur sempre il primo ragazzo che entrava in quella casa come fidanzato della figlia, e ancora peggio, era anche per me la prima volta che conoscevo dei genitori che non fossero dei miei amici.
<< Tu non sei strano. >> Mormora abbassando la fiamma del fornello e voltandosi verso di me, strappandomi dai miei pensieri. << Sei solo... un pazzo furioso! >> Esclama facendomi arretrare. << Sentimi bene, bel faccino, domenica faremo contenta mia madre. Risponderemo a tutte le sue domande insopportabili sugli studi, i lavori e soprattutto della casa e della nostra vita assieme. Lo so che queste cose non ti piacciono perché sei dell’idea che la storia è nostra e che agli altri non debba interessare, ma si tratta della mia famiglia. Io per vedere la tua non faccio tutte queste storie. >> Prende fiato e torna a cucinare, però dal cipiglio che ha sul volto, capisco che è inferocita e quindi non apro bocca e non gli faccio notare che solitamente vediamo la mia famiglia una volta al mese – se tutto va bene – e che non mangiamo praticamente mai con loro perché non voglio che anche lei si senta come mi sento io in presenza dei suoi genitori.
Sospirando, mi ritiro e vado a mettermi in salotto, cercando di non riprendere il discorso e di farla sbollire da sola.
 
<< Qui dov’eravate? >> Chiede Lorenzo, osservando l’ennesima foto che ha trovato in uno dei duemila album di Elise. Purtroppo il piccolo è affascinato quanto la madre per la fotografia, e a quanto pare gli piace assai fare domande e guardare immagini di quando lui nemmeno c’era ed era previsto.
<< Eravamo in Toscana... era un ferragosto, vero? >> Mi chiede Alex, divertito, voltandosi verso di me. Allungo il collo per vedere la foto e scoppio a ridere annuendo.
<< Sì, era ferragosto. Però questa foto non l’ha fatta Elise. Nemmeno c’era se non sbaglio. >> Non ne sono sicuro...
<< Già... Eli? Come mai questa foto si trova in quest’album? >> Chiede Alex, attirando l’attenzione di sua moglie e della mia compagna che spettegolavano vicino al lavandino della cucina dopo aver fatto la caffettiera.
Elise si avvicina, e osserva la foto in questione facendo un sorriso.
<< Me l’ha data tua madre qualche anno fa. Mi ha detto che sicuramente sarebbe stato divertente farmi raccontare la storia e che era giusto che ce l’avessimo noi. >> Accarezza i capelli a suo figlio e si allontana nuovamente, lasciandomi divertito, ripensando a quel benedetto giorno.
<< Storia? Questa foto ha una storia? >> Chiede incuriosito il piccolo, facendo un po’ imbarazzare Alex. Da una parte lo capisco, non è mai bello quando devi raccontare qualcosa di altamente imbarazzante – o almeno qualcosa che ti faccia sembrare un cretino – agli occhio del piccolo che hai messo al mondo.
<< Ogni foto ha una storia. Dietro alcune, tua madre, ha anche segnato luogo e giorno. >> Per caso si è dimenticato che suo figlio non sa leggere? Dubito.
<< E la storia di questa, qual è? >> Chiede tenendo tra le mani sempre la stessa foto che rappresenta me e Alex, sporchi di fango, con i capelli per aria e le bocche sporche di viola a causa di tutto il vino che avevamo bevuto.
<< Ehm... è stata scattata l’anno prima che io e la mamma ci conoscessimo. In quel periodo io e zio Gigi... beh ci divertivamo facendo casini, mettendoci nei guai e... bevendo tanto. Quel giorno penso che abbiamo superato noi stessi. >> Annuisco assorto nei miei pensieri e aspetto che Lorenzo metabolizzi il tutto. D’altronde è troppo piccolo per capire veramente quello che suo padre gli ha detto.
<< Siete tutti sporchi... avete giocato col fango? >> Ridacchio e annuisco quando i suoi piccoli occhi si posano su di me. Penso non sia saggio dirgli che eravamo talmente tanto ubriachi che ci eravamo messi a giocare a Wrestling con tanto di pubblico che c’incitava. No, penso che potrei raccontarglielo quando sarà più grande.
 
<< Vostro figlio vi odierà. >> Esordisco, facendo sparire i sorrisi dalla coppietta d’oro. Povera Elise, si è appena seduta dopo aver messo a letto i piccoli, e io me ne esco con una bomba del genere... come fa a non odiarmi?
<< Mi spiego meglio... >> Dico appoggiando le braccia al tavolo e sporgendomi verso di loro con aria divertita. << Questa sera ha fatto un sacco di domande sul vostro passato, su tutte le foto e i posti che avete visto. Inizierà a pensare che è a causa sua se avete smesso di fare i viaggi on the road! >> Allargo le braccia e scrollo le spalle, facendo comparire un cipiglio omicida sul bel viso della mia cara amica.
<< Mi hai fatto prendere un infarto! E comunque non è vero che abbiamo smesso di viaggiare da quando è nato... li abbiamo solo... dimezzati. Con tutte le spese che comporta avere dei figli, le responsabilità... >>
<< Lo so, lo so. >> La fermo appoggiando una mano sulla sua.
<< Non vi sto sgridando, avere dei figli comporta tanti sacrifici, e spese extra... contando quanto diavolo costa mantenerli, però... tuo figlio è uguale a te, Elise. Guardava le foto assorto, come se quello che avesse davanti agli occhi fosse lo spettacolo più bello di sempre. >> Lei mi sorride con gli occhi lucidi e imbarazzato abbasso il mio sguardo per poi incontrare quello di Alessia, che da quando abbiamo iniziato questo discorso non ha fiatato.
<< Quando diventerà un ometto sarà difficile trattenerlo. >> Dico divertito, facendo scemare la tensione; Alex si passa una mano tra i capelli.
<< Crescono così in fretta... non farmici pensare! >> Scoppio a ridere, meritandomi uno spintono – e cadendo quasi dalla sedia.
 
<< Ti ho visto stasera... mentre parlavi di Lorenzo. >> Aggrotto la fronte e mi tolgo la maglia, buttandola sulla sedia vicino al comò.
La camera è quasi del tutto messa a punto. Ci siamo quasi riusciti, per lo meno. E la cosa mi fa tirare un respiro di sollievo, almeno finché non ripenso al casino che regna sovrano in salotto.
Osservo Ale slacciarsi lentamente la camicetta, e tutt’un tratto non ricordo più di che cosa stava blaterando.
Sì, il mio cervello funziona solo con le parti basse, e allora?
<< Lo adoro, lo sai. >> Spero di aver detto qualcosa di sensato, ma Alessia ridacchia, probabilmente capendo perché sono così disattento alle sue parole ma non ai suoi gesti.
<< Non dirmi che vuoi diventare padre? >> Sgrano gli occhi e li porto nei suoi, divertiti e tentatrici come al solito. Sbuffo e salgo in ginocchio sul letto, avvicinandomi e sfilandole dalle braccia la camicia.
<< Ale... sarà già un miracolo quando mi permetterai di sposarti... secondo te vado a complicarmi anche a pensarti ingravidata? Suvvia! >> Alessia scoppia a ridere e mi accarezza il viso.
<< Lo so... però... come parlavi di Lorenzo... gli occhi che avevi... >> Mi posa un bacio sulle labbra e le mie mani si ancorano ai suoi fianchi perfetti. Diamine, sono degli appigli naturali!
<< Mi sono eccitata, sai? >> Alzo le palpebre e sorrido.
<< Sei così pervertita? >> Scoppio a ridere mentre lei afferra un cuscino e me lo spiaccica in faccia.
<< Ecco, hai rovinato l’atmosfera! >> Rido ancora di più e mi sdraio sul letto a pancia in su.
<< Dai, Ale! >> Urlo tra le risa, quando la vedo andare in bagno. So che non è veramente offesa, e ne ho la conferma quando se ne esce completamente nuda dal bagno.
Mettendomi sull’attenti, mi metto seduto con la bocca aperta.
<< Dio mio... se questa è la tua punizione... direi che sono stato veramente cattivo e che lo farò molto spesso. >> Alessia sorride scuotendo il capo e in breve me la trovo addosso.
 
Vino? Vino dove sei? Perché hanno tolto il vino dal tavolo?! Ne ho bevuto solo un bicchiere! Mi serve per stendere i nervi.
Sospiro e mi volto verso la mia adorabile fidanzata, che mi ha costretto a vestirmi elegante per andare a mangiare con i suoi genitori.
Oddio, genitori... direi con l’intera squadra di calcio visto che oltre a chi l’ha messo al mondo ci sono i rispettivi compagni con tanto di figlio brutto e antipatico della nostra età – del compagno della madre – e la figlia di oramai dieci anni che il padre ha avuto con la seconda moglie.
Vino? Mi manchi! Torna da me!
<< Allora, Gigi, come sta venendo la casa? >> Mi chiede Renata, con un sorriso affabile mentre sorseggia il vino che ha ancora nel bicchiere.
Anch’io lo voglio!
<< Ehm... sta venendo bene, abbiamo quasi finito. Anche se devo ammettere che devo ancora abituarmi a vedere una vera e propria impronta femminile in quell’appartamento. >> I commensali ridono alla mia battuta e Ale mi accarezza una mano. Anche se non so se lo faccia per ringraziarmi o tranquillizzarmi.
La cena va avanti spedita e tranquilla, ma io non riesco mai a rilassarmi veramente del tutto. Sarà sempre così? Mi mancano Gigio e Gigia! Loro riescono a farmi sentire addirittura uno di casa, nonostante sia solo il fidanzato di una cara amica della loro figlia.
 
<< Gigi, posso parlarti? >> Mi volto, incontrando lo sguardo sereno del padre della mia fidanzata e annuisco, così, invece che dirigermi al tavolo dopo essere uscito dal bagno, mi ritrovo fuori, con lui. Mi porge una sigaretta ma la rifiuto ringraziandolo.
Non parla subito, e io mi sto per cagare nelle mutande.
<< Non abbiamo mai parlato molto, noi due... ma vedo come vi guardate e me lo sono sempre fatto bastare. Ma ora... ora vivi con la mia piccola. >> Deglutisco a disagio.
<< Che sia chiaro... pensate ai figli solo una volta sposati. Non voglio diventare nonno troppo giovane, contando che la mia secondogenita deve ancora finire le elementari! >> Ridacchio fin troppo imbarazzato e lui se ne accorge. Mi appoggia una mano sulla spalla e cerco di non irrigidirmi.
Diamine, non sono abituato a questo tipo di discorsi.
<< Lo so che con noi non ti senti a tuo agio, che lo fai per Alessia. Lo sappiamo tutti e lo apprezziamo. Anche perché... siamo una famiglia un po’ strana ma a noi basta sapere che lei sta bene. E poi vederti qualche volta per farci quattro risate prendendoti benevolmente in giro. >> Espiro fin troppa aria e lo guardo a bocca aperta.
<< Quindi... >> Non finisco che lui annuisce.
<< Bene, sono uno zimbello! >> Esclamo stupito, facendolo ridere.
<< Sì, ma non ti preoccupare. Ti reputiamo comunque parte integrante della famiglia. >>
 
Mi appoggio allo stipite della porta del bagno e la osservo mentre con indosso solo una maglietta e le sue mutande, si lava i denti. È una visione per gli occhi.
Sì, ecco che è ritornata la mia parte fottutamente romantica.
<< Ti amo, lo sai? >> Le dico, non muovendomi. Ale mi guarda un secondo, infine si sciacqua la bocca e una volta che si è asciugata prende a guardarmi a braccia conserte appoggiandosi al lavello.
<< Sì, effettivamente lo so. Come mai stai facendo nuovamente uscire la tua parte fottutamente romantica? Che cosa vuoi? >> Mi chiede, infine, istigandomi e facendomi sorridere. Lentamente mi avvicino senza allontanare i nostri sguardi.
<< Te. Voglio solo te. >> La vedo trattenere il respiro, le accarezzo una coscia, molto lentamente e lei riprende finalmente fiato.
<< Gigi, amore... ne abbiamo parlato solo una settimana fa... non dirmi che... tu ora... >> Aggrotto la fronte e quando capisco, il mio sorriso si amplifica.
<< No, batuffolo di neve, non ti sto per chiedere in moglie... volevo solo che lo sapessi. Pensavo che a voi donne piacesse sentirvelo dire. >> Alessia si rilassa e porta le sue braccia dietro al mio collo.
<< Ci piace. Ma a me piaci tu. >> Mi lascia un bacio a stampo e il mio cuore perde un battito.
<< Adesso, in generale o sempre? >> Chiedo facendo lo stupido. Alessia ridacchia.
<< Sempre. Mi piaci sempre, stupidino. >> Prendiamo a baciarci, e scoppiamo a ridere – io soprattutto – quando dalla foga la alzo per farla appoggiare al mobile ma caso strano l’ho infilata – senza volerlo, giuro! – nel lavandino.
<< Ti ammazzo! >> Mi dice mentre sono piegato in due dal ridere.
<< Giuro, ti ammazzo nel sonno! >> Ride con le lacrime agli occhi, anche lei, ma nonostante tutto continua a maledirmi e questo perché non ho la forza per toglierla da lì.
<< Gigi! >> Mi afferra un braccio e mi sbilancia verso di lei. Quando i nostri nasi si sfiorano, ci calmiamo entrambi.
<< È anche per questo che ti amo. Amo quanto sei cretino e quanto mi fai ridere. Ma ora tirami fuori da qui! >> Ai suoi ordini, capitano!
   
 
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