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Autore: kirlia    08/09/2013    5 recensioni
[Sequel di "Eternal Flame - Un amore perfetto"] 
Continuano le avventure di Miles e Franziska, insieme alla piccola Annika. 
Cosa dovranno affrontare i due procuratori? Riusciranno a fare chiarezza sui loro sentimenti e finalmente vedere coronato il loro sogno d'amore segreto? 
E chi sta tramando nell'ombra - e forse dall'aldilà - per distruggere la loro felicità? 
Dal capitolo 5: 
Insomma, Miles aveva ammesso di amarmi, magari non direttamente, ma le sue intenzioni erano chiare! La mia felicità, quella che avevo intravisto nei miei sogni e nei momenti di pericolo era a portata di mano, così vicina da poterla afferrare in un attimo e stringerla al petto, rendendola finalmente mia.
Eppure esitavo. Perché lo facevo?
Perché avevo paura. Paura che tutto si rivelasse una sciocchezza, paura che Miles si sarebbe stancato di me, mi avrebbe abbandonato o avrebbe fatto solamente finta di volermi bene come Manfred von Karma aveva fatto dal giorno della mia nascita.
E avevo paura di deludere me stessa, cedendo a qualcosa che avevo rifiutato per anni. Avevo paura di cambiare.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Franziska von Karma, Miles Edgeworth, Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Perfect for Me'
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Capitolo 2 – Jealousy
 
Oh how wrong can you be?
Oh to fall in love
Was my very first mistake
How was I to know
I was far too much in love to see?
Oh jealousy look at me now
Jealousy you got me somehow
You gave me no warning
Took me by surprise
Jealousy you led me on
You couldn't lose you couldn't fail
You had suspicion on my trail

Jealousy.



Miles adottò Annika il giorno dopo avermelo annunciato, senza alcun ripensamento.
La sua proposta – anche se l’avrei definita più una decisione – mi aveva in parte stupito. Sapevo che lui provava un profondo affetto nei confronti della mia nipotina e che il legame che si era formato fra loro sfiorava quasi quello di un padre con una figlia, ma non avrei mai immaginato che avesse sul serio valutato l’idea di diventare il suo tutore. Si trattava di una responsabilità molto grande, per un giovane come lui. Insomma, anche se io avevo sette anni in meno rispetto a lui, ero giustificata dal fatto di essere imparentata con Annie. Lui, al contrario, si stava prendendo carico di una bambina non sua consanguinea, ma addirittura nipote del suo peggiore nemico, l’uomo che gli aveva tolto suo padre… cioè mio padre.
Aveva pensato a tutte le conseguenze delle sue azioni? Aveva pensato a cosa significava davvero prendersi cura di una bambina come lei? In fondo, lui non aveva nemmeno una compagna con cui condividere il ruolo di genitore.
Ma ci sei tu, Franziska. E tu resterai sempre accanto a loro! mi disse una voce mentale, forse la mia coscienza.
Sospirai, rendendomi conto che non avrei più avuto la possibilità di allontanarmi da lui, da quel momento in poi: non avrebbe mai accettato che io portassi con me Annika in Germania, non adesso che era sotto la sua tutela. E io non potevo più vivere distante dalla mia nipotina.
L’unica soluzione possibile era quindi quella che più avevo temuto: saremmo rimasti a vivere tutti insieme, come un’unica famiglia felice.
Tutto ciò almeno finché Miles non si fosse sposato, decidendo di andare a vivere con la sua ragazza – il solo pensiero di questa ipotetica donna mi rivoltava lo stomaco, ma non ero certa del perché – e portandomi via la mia bambina. E allora sapevo già che ruolo mi sarebbe stato concesso. Sarei stata semplicemente la zia che veniva ogni tanto a fare visita ai nipoti, portando dei regali dalla Germania, dove di certo mi sarei trasferita.
Come al solito, cercavo sempre di scappare via dai problemi e dalle situazioni spiacevoli in cui mi trovavo. E l’avrei fatto anche in quell’occasione, come una sciocca.
Scossi la testa, cercando di ignorare tutte quelle fantasie e quei pensieri malsani, e tornando ad ascoltare le parole del funzionario che si stava occupando di far firmare le ultime carte al mio… “fratellino”.
L’uomo, quando ci aveva visto entrare, aveva alzato un sopracciglio, osservandoci dalla testa ai piedi, e ci aveva lanciato un’occhiata piena di scherno. Avevo subito capito che i motivi di quello sguardo potevano essere solo due: i nostri abiti “ottocenteschi” – come li definivano loro, io li avrei semplicemente chiamati “raffinati” – o la nostra età. Per quanto fossimo dei procuratori affermati e per quanto odiassi essere considerata un’adolescente cresciuta troppo in fretta, la nostra giovinezza era evidente, e poteva incuriosire, data la natura di quell’incontro.
Comunque, ovviamente quello sguardo mi infastidì, e ricordai a me stessa che quel giorno avrei messo fine all’assenza di una bella frusta nuova stretta nelle mie mani. Non ne potevo più di essere indifesa, e Annika doveva pur abituarsi a quella parte della mia natura.
«... Ecco. Deve solo firmare qui e abbiamo finito, signor Edgeworth.» aveva commentato il notaio, indicando con la penna un punto del foglio. Miles si sporse a scrivere il suo nome in bella grafia sotto il “contratto” che affermava che da quell’istante la mia nipotina era affidata a lui. Posò la penna e si voltò a sorridere ad Annika.
La bambina sembrava aver compreso perfettamente quello che stava succedendo, da impeccabile von Karma quale era, e gli rivolse a sua volta un sorriso tranquillo. Io, dal mio canto, ero finalmente sollevata: non dovevo più preoccuparmi che la mia piccola fosse affidata ad uno sciocco sconosciuto che non l’avrebbe di certo trattata come si conviene, e tutto sommato ero felice che Miles l’avesse presa con sé. Se dovevo scegliere uno sciocco fra tutti quelli che popolavano questo sciocco mondo, di certo quello sarebbe stato il mio “fratellino”.
«Possiamo andare, Franziska.» disse ancora lui, e io mi ridestai dai miei pensieri, notando di essere l’unica rimasta seduta sulla poltrona di fronte alla scrivania del funzionario. Oh, non dovevo essermi accorta che l’incontro era finito, tanto ero presa dalle mie congetture.
«Certo» risposi freddamente, prendendo una manina piccola e soffice di Annie nella mia, dalle dita lunghe e affusolate «Andiamo, Nichte
Mi alzai e raggiunsi la porta, dove Miles mi attendeva.
«Dopo di te» mi fece gesto di passare per prima, in modo molto cavalleresco, e la bambina accanto a me soffocò una risatina. La osservai, vedendo che le sue guance erano arrossite, e mi chiesi cosa stesse pensando che l’avesse emozionata tanto. Che si trattasse della sciocca galanteria di quello che lei chiamava Onkel? Non volevo saperlo.
Con un’occhiata truce attraversai la porta, sussurrando verso l’uomo accanto a me solo una parola.
«… Narr. [Sciocco]»

«Sono tanto tanto felice che ora tu sei il mio Vati [papà], Onkel Miles!» commentò eccitata Annika, appena uscimmo nel corridoio del tribunale dove ci trovavamo, prendendo con la mano libera una di quelle dello zio. Il suo entusiasmo era quasi palpabile, e riusciva a contagiare persino me, che di solito preferivo mantenere la mia maschera di fredda calma. Mi sfuggii, infatti, un sorriso sincero.
«”Che tu sia”, Mädchen . Per favore, cerca di stare attenta alle tue parole» commentai, senza però essere troppo rigida nei suoi confronti. In fondo, non volevo che la bambina pensasse che io fossi severa come sua madre. A proposito di questo, prima o poi le avrei chiesto qualche informazione in più su Angelika, e anche su suo padre: non sapevo niente di quella mia sorella che non avevo mai davvero conosciuto, e mi sarebbe piaciuto conoscere qualcosa in più sul suo carattere e sulla sua storia. Ma avrei aspettato il momento opportuno, non volendola ferire. Ricordai, con un sospiro, che in fondo non era passato ancora molto tempo dalla tragedia della sua morte.
«…Comunque, puoi continuare a chiamarmi “Onkel”. Il tuo papà resterà sempre il tuo papà» si intromise nel discorso Miles, con uno sguardo piuttosto indecifrabile.
Che cosa stava pensando, in quell’istante? Quali ricordi riaffioravano nella sua mente, mentre adottava la piccola? Stava forse pensando… a quando mio padre adottò lui?
Non avevo alcuna idea di come fossero andate le cose, ai tempi della sua adozione. Io avevo soltanto due anni, a quei tempi, e pur essendo una bambina geniale fin da allora, non riuscivo a ricordare bene le dinamiche del mio primo incontro con lui: insomma, lo conoscevo  da quanto riuscissi a ricordare. Aveva sempre fatto parte della mia famiglia.
«Va bene, Onkel. L’importante è che adesso resteremo tutti insieme!» disse a voce alta e in modo totalmente estasiato la bambina.
Poi fece una cosa che mi sorprese: congiunse le sue mani per fare incontrare la mia e quella di Miles. La sola sensazione di calore che mi trasmise quel contatto mi fece ritrarre e voltare dall’altra parte, imbarazzata. Non sapevo perché avevo reagito in quel modo, o forse non volevo ricordare. Non volevo riportare alla mente quello che avevo vissuto solo la sera prima, la piacevole emozione che avevo provato quando lui mi aveva abbracciata.
Mi aveva fatta sentire protetta, mi aveva fatta sentire al sicuro come nessun altro era capace di fare. La sua sola presenza aveva fatto sì che tutti i miei problemi svanissero. Avevo sentito una strana sensazione nello stomaco, e mi ero chiesta persino se si trattasse di uno stormo di farfalle. Io mi ero sentita bene, tra quelle braccia, così bene da non volerne più fare a meno.
Ma questo era sbagliato, vero? Era quello che mi era stato sempre proibito. Non avrei dovuto desiderare un altro abbraccio. Non avrei dovuto desiderare altre attenzioni… eppure le bramavo così tanto!
«Cosa c’è, Tante Frannie? Qualcosa non va?» chiese Annika, e incrociando i suoi occhi vidi la tristezza riaffiorare di nuovo. Mi sentii morire: se non l’avessi accontentata, avrei distrutto il suo momento di pura felicità.
E io? Perché io dovevo andare contro il mio stesso istinto di rendermi felice? In fondo, non c’era niente di male a tenere il proprio “fratellino” per mano. A meno che io non lo considerassi più tale… Era così?
«No, cara, va tutto bene» risposi, stampandomi un bel sorriso lieto in faccia.
Avrei dovuto fingere davanti a lei. Non potevo dimostrare quanto i sentimenti fossero in contrasto dentro di me in quel momento. Però avrei potuto sviarla con uno stratagemma, magari invitandola a fare qualcosa che le potesse piacere.
Continuando a sorridere, mi inchinai davanti a lei.
«Che ne diresti di andare a prendere un gelato tutti insieme? Dovremmo festeggiare!» le proposi, cercando di sembrare più entusiasta di quanto fossi in realtà. Il contatto tra me e l’uomo che in quel momento non avevo nemmeno il coraggio di fissare negli occhi mi aveva destabilizzata, e aveva spento la scintilla di genuina felicità che stavo provando quella mattina. Non perché non mi fosse piaciuto – anzi, credevo che fosse stato anche troppo piacevole! – ma perché proprio non sapevo cosa pensare riguardo… No. Basta, Franziska von Karma. Concentrati su tua nipote.
La piccola sembrò riflettere per un attimo, con un’espressione corrucciata che la faceva sembrare ancora più carina di quanto fosse normalmente.
«Es ist okay. Ma possiamo invitare anche Pearly?» chiese dopo un attimo, illuminandosi.
Sentii Miles soffocare una risata e non potei evitare di guardarlo con aria interrogativa. Lui subito tornò al suo sguardo calmo e pacato come al solito, prima di prendere il cellulare dalla tasca.
«Ma certo che possiamo, Annie. Chiamo Wright e gli chiedo di raggiungerci lì, va bene?» disse lui, prima di digitare il numero del suo cosiddetto “vecchio amico” e voltarsi per parlare con lui.
Non capivo proprio perché Annika avesse voglia di passare del tempo con quella sciocchina di fräulein Pearl Fey: credevo che l’influenza che esercitasse sulla mia nipotina fosse nefasta, e me ne ero resa conto ancor di più quando le avevo trovate a guardare quelle immagini così violente in televisione. Herr Phoenix Wright era davvero così sciocco da permettere a delle bambine innocenti di guardare dei samurai scontrarsi e farsi del male?
Ma se era desiderio della piccina incontrare la sensitiva, glielo avrei permesso. In fondo, un breve incontro con lei non poteva essere poi così terribile. E c’era da considerare anche il fatto che adesso che Annika era sotto la protezione del mio… “fratellino”, avrebbe dovuto farsi dei nuovi amici qui negli Stati Uniti. A proposito di questo, avrei dovuto parlare con Miles di quale scuola avesse intenzione di far frequentare alla bambina: si vedeva già che si trattava di un piccolo genio, e non volevo che fosse sottovalutata da una sciocca scuola pubblica.
«… Bene. Wright ha detto che ha appena finito una causa, e che è nella sala udienze numero tre, cioè al piano di sopra. Vogliamo andare?» ci invitò lui, dopo aver chiuso la chiamata, porgendo una mano. Per un attimo, soltanto uno, mi chiesi se la stesse porgendo a me, che ero ancora inginocchiata all’altezza di Annie, poi scacciai l’idea infastidita e mi alzai da sola, traballando sui tacchi a spillo prima di riprendere l’equilibrio.
Notai il suo sguardo leggermente frustato, mentre prendeva la piccola mano della bambina e si dirigeva al piano superiore, dove quell’avvocato ci aspettava. Alzai il mento, il modo orgoglioso, e li seguii in silenzio.

«Ecco Maya e herr Nick!» esultò emozionata Annika, lasciando la mano del suo nuovo tutore e correndo verso le due figure conosciute. Mi sorprendeva il modo affettuoso in cui trattasse tutti… e allo stesso tempo mi indisponeva: doveva capire come trattare gli sciocchi di questa nazione, o mi avrebbe messo in imbarazzo. Però non mi piaceva l’idea di farle una predica. Insomma, dovevo trovare un modo di farle capire gentilmente come doveva comportarsi, ci avrei pensato su.
«Ma… dov’è Pearly?» chiese ancora la bambina, scrutando in giro alla ricerca della sua “amica”.
Io, nel frattempo, mi ero affiancata a Miles, e non mi era sfuggita l’occhiata di sottecchi che mi aveva lanciato. Ultimamente mi sentivo particolarmente osservata da lui, ma non riuscivo a capire bene cosa volesse da me. Volevo chiedergli che problemi avesse, ma avrei aspettato che fossimo soli, e non davanti a quei due sciocchi che ora salutavano la mia piccola. Anzi, ad essere sinceri, la piccola di Miles. Questo ne faceva la nostra piccola…?
«Ecco… Pearls lei al momento…» cominciò Phoenix Wright, indicando poi una donna poco lontana, che si avvicinò sentendosi chiamata.
La donna in questione indossava abiti un po’ troppo piccoli per la sua taglia. Lanciando un’occhiata alle gambe scoperte e al decolleté mi resi conto che erano decisamente troppo striminziti per lei. Mi sentii subito infastidita dalla presenza di questa signora, che si mostrava in giro in queste condizioni. Insomma! C’erano ragazzini dappertutto, ed era certo una bella distrazione anche per gli uomini che andavano in giro per i corridoi.
L’ultimo pensiero mi fece voltare di scatto verso Miles che, come sospettavo, non riusciva a non far cadere lo sguardo su tutta quella bella merce in esposizione. Un istinto che non credevo nemmeno di possedere mi spinse quasi a coprirgli gli occhi con una mano, pur di non lasciargli fissare quella donna. Che, a proposito, indossava, per quanto in piccolo, gli stessi abiti di Maya Fey.
Un’idea strana e che, allo stesso tempo, mi trasmetteva una sensazione spiacevole e particolare, mi colse all’improvviso.
Ero forse… gelosa?
Non potevo esserlo, giusto? In fondo lui per me doveva essere solo un “fratellino” e in quanto tale non dovevo essere nervosa per la presenza di questa donna. Allora perché volevo prenderla a frustate come non avevo mai fatto con nessuno, finché quel corpo che teneva tanto a mostrare non si fosse ridotto in cenere?
Presa da una rabbia che non riuscivo a contenere, conficcai un tacco nel piede di Miles, cercando di distogliere la sua attenzione da tutta quella… indecenza.
«Nngh... F-Franziska!» gemette lui, trattenendo a stento un gemito di dolore. Io incrociai le braccia, con aria superiore, ignorandolo completamente e cercando di capire chi fosse la signora che, mi accorgevo solo ora, portava la stessa acconciatura di Pearl Fey.
«Salve, non credo di conoscerla. Io sono Franziska von Karma, il Prodigio della Procura» dissi, senza un accenno di emozione nella voce e senza porgerle la mano in segno di saluto. Restai totalmente immobile, scrutandola con ostilità.
La donna di fronte a me inclinò il capo con un sorriso del tutto tranquillo, come se non si fosse resa conto delle occhiatacce che le lanciavo o ne fosse totalmente immune. Sfacciata.
«Non abbiamo mai avuto l’occasione di parlare. Io sono Mia Fey» rispose lei, e tutto mi fu chiaro. Ma certo! Come avevo fatto a non riconoscerla? Eppure di certo l’avevo vista più volte al banco della difesa, quando mi ero scontrata in tribunale contro herr Phoenix Wright, e io stessa ricordavo di aver mostrato alla corte una foto in cui appariva la stessa persona, evocata da Maya.
Perché sì, di questo adesso ero certa, frau Mia Fey era solo uno spirito, in quel momento nel corpo della piccola Pearl.
Ma… la mia memoria non aveva mai vacillato così, prima d’ora. Come mai non mi ero resa subito conto di chi fosse? Forse ero così accecata dal fatto che Miles la fissasse che non mi ero resa conto del possessore di quel corpo indecente?
No, non poteva davvero essere così. No, vero?
«Onkel, la mia Mutti mi diceva che è maleducato fissare troppo le persone. E poi la Tante potrebbe offendersi» commentò all’improvviso Annika, di cui mi ero dimenticata per un attimo, guardando lo zio nel modo più accusatorio che avessi visto nei suoi occhi celesti da quando la conoscevo.
Speravo di aver sentito male. Aveva forse detto che io potevo offendermi? Chissà, forse aveva strane idee sul rapporto tra me e Miles, però era la prima volta che lo dava a vedere.
Feci nota mentale di ricordarmi di farle un discorso anche su questo, una volta che fossi stata da sola con lei: non credere che il fatto che chiamasse me Tante e Miles Onkel significasse qualcosa tra noi. Non ci poteva essere niente tra noi, escluso un civile rapporto di “quasi parentela”, giusto?
«Ma io non…» cominciò a rispondere il diretto interessato, per poi accorgersi che tutti lo stavano fissando con uno sguardo ambiguo, e rimanere in silenzio. Sembrava che stesse quasi dicendo qualcosa per discolparsi, come se avesse preso sul serio il rimprovero. La cosa mi incuriosì molto, ma non dissi nulla: quello non era il posto, né la compagnia adatta per discutere certe cose.
Phoenix Wright tossicchiò cercando di ignorare la strana tensione che si era creata, mentre Mia Fey diceva le sue ultime parole.
«Bene. Credo che alla vostra bambina interessi vedere Pearl, quindi è ora che io mi congeda» salutò lo spirito della donna, per poi svanire, come avevo visto fare in occasione dell’attacco di mio padre.
Al posto di lei, comparve l’esile corpicino della sensitiva, ben coperto dai vestiti. La fräulein sembrò per un attimo sorpresa di vedere tutta quella gente intorno a sé, poi notò mia nipote nella folla.
«Annie! Che ci fai qui?» strillò, abbracciandola forte. Per un attimo mi chiesi se rischiava di strozzarla con quella stretta così ferrea… Ma forse il mio timore nasceva dal fatto che non adorassi essere toccata, e evitavo qualsiasi contatto umano.
Anche se, certo, l’abbraccio e le carezze che ieri Miles mi aveva riservato mi erano sembrate talmente dolci e gradite! No, perché pensavo a queste cose? Non era il momento. Anzi nessun momento era quello adatto per pensarci.
«Oggi Onkel Miles mi ha ufficialmente adottata! Non è meraviglioso?» rispose emozionata Annika, e riuscii persino a vedere i suoi occhi brillare. Ero contenta di sapere che non considerava il suo affidamento un episodio infelice, che anzi desiderava raccontarlo a tutti come un lieto evento. Non ero certa che per il mio “fratellino” fosse stato lo stesso, quando aveva saputo di essere stato preso in adozione dalla famiglia von Karma. Potevamo essere anche perfetti, ma non eravamo il luogo giusto per crescere un bambino, e io lo sapevo bene… Anche se faticavo ad ammetterlo.
«Ma davvero...» commentò con una nota ironica quello sciocco avvocato di fronte a noi, che probabilmente non si aspettava che Miles si prendesse questa responsabilità «Credevo che sarebbe stata Franziska ad occuparsi della bambina» aggiunse poi, incrociando il mio sguardo di ghiaccio.
Io gli lanciai l’occhiata più cattiva che riuscii a creare, rispondendo poi con amarezza «Sappi che è tutta colpa tua, herr Phoenix Wright. Se avessi fatto bene il tuo lavoro non sarei stata accusata di aver manomesso quel testamento!»
Lui mi guardò un po’ con un’aria di scuse, passandosi una mano tra i capelli a punta che si ritrovava. Il mio “fratellino”, a quanto pare, non poté evitare di intervenire.
«Ma si trattava della verità, Frannie. La verità è la cosa più importante» commentò, lasciando per la prima volta in quella giornata che i suoi occhi grigi come tempeste incrociassero i miei. Sapevo che voleva di nuovo farmi il solito discorsetto sull’importanza dei nostri valori in quanto procuratori, ma non glielo avrei permesso. E poi, quello sciocco soprannome! Potevo anche passarci sopra quando eravamo da soli, o in presenza di Annika, ma non davanti al mio peggior nemico!
«Herr Miles Edgeworth! La perfezione è la cosa più importante, e il discorso è chiuso.» risposi, per poi voltarmi verso la mia nipotina e cambiare totalmente tono.
La mia voce passò da fredda e scostante a serena e piuttosto dolce quando, con un mezzo sorriso, le parlai.
«Che ne dici di andare, prima che si faccia tardi, Nichte?» le carezzai i capelli di quella tonalità tanto simile alla mia. La piccola annuì e, prendendo per mano Pearl, la trascinò via verso l’uscita del tribunale.
Io passai davanti ai tre spettatori di quella scena, senza dire una parola, e le seguii, appena prima di sentire la voce stupita di Maya Fey commentare.
«È pazzesco come riesca a cambiare atteggiamento in un attimo, Nick. Che sia bipolare?»


{Annika von Karma}

Quello era decisamente il giorno più bello della mia vita!
Finalmente Onkel Miles si era deciso ad adottarmi, e questo aveva risolto tutti i problemi: io e la Tante non saremmo tornate in Germania per molto tempo, forse mai più! Potevamo vivere tutti insieme e dopo tanto tempo avrei avuto di nuovo un Vati [papà].
Il mio papà era morto quando io ero molto piccola, e non mi ricordavo quasi niente di lui. Ne conservavo ancora una foto, ma non mi tornavano alla memoria dei momenti passati con lui, delle carezze, delle parole dolci…
Questo mi dispiaceva tanto, ma adesso c’era Onkel Miles con me. Lui mi aveva detto che avrei dovuto continuare a chiamarlo zio, e questo mi aveva fatto capire che ci teneva che io non mi dimenticassi mai dei miei veri genitori, ma per me era molto di più: era quel Vati che non avevo mai avuto.
Anche la Tante, per me stava diventando molto importante. Lei era strana: cambiava umore continuamente, e aveva sempre voglia di apparire scontrosa e fredda verso di tutti, ma io sapevo che non era così. Lei era buona, e mi voleva tanto bene. Voleva bene anche all’Onkel, ma non lo dimostrava spesso.
Però io sarei riuscita a farle cambiare idea, ne ero sicura! Avevo notato fin da subito il modo così dooolce in cui a volte si guardavano, quando l’altro era distratto e non si accorgeva di nulla, e sapevo che in realtà loro si volevano bene nel modo in cui si vogliono bene i grandi. Peccato che loro non se ne accorgessero! Ma sarei stata io, con un valido aiuto, a farlo capire loro.
Eravamo nella grande auto rossa dello zio, e io e Pearly stavamo chiacchierando.
«… E poi ho evocato la Mistica Mia, per aiutare il signor Nick a vincere!» aveva sentenziato lei, raccontandomi le vicende di quella giornata. La macchina era troppo silenziosa per parlare di certi piani che avevo con la mia amichetta, ma avrei avuto tempo anche per quello.
Tante Frannie, a quanto pareva, stava ascoltando il racconto, perché intervenne.
«Ah! Herr Phoenix Wright... Servirsi di una bambina per vincere un processo. Che sciocchezza!» commentò dal sedile del passeggero, dove si trovava. Lo zio aveva insistito per guidare, anche se lei le aveva consigliato di lasciare stare, visto che la ferita non era ancora guarita. Era stata così gentile! Ma lui non aveva sentito storie e aveva preso il posto del guidatore.
«Tu sei solo invidiosa perché non l’ha fatto durante la tua causa, Frannie.» commentò allora Maya, sporgendosi in avanti e lanciando un’occhiata sarcastica a mia zia. Anche se non capivo ancora bene questi Amerikaner, non mi era sfuggita l’inflessione di voce che aveva usato la sensitiva nel pronunciare il suo nome. Che la stesse prendendo in giro?
Mi resi conto di aver indovinato, quando la mia parente mugugnò nervosamente «È tutta colpa tua, herr Miles Edgeworth.»
Subito sentii provenire una risata sommessa, dal punto in cui si trovava il guidatore. Oh, era questo che mi piaceva di loro: anche se la zia continuava a punzecchiarlo con offese di tutti i generi, Onkel Miles non se la prendeva mai. Era sempre disposto a perdonare il carattere un po’ difficile di lei… Ecco perché erano una coppia perfetta!

Arrivati alla gelateria, mi resi conto di non aver mai visto tanti gelati diversi come quelli.
C’erano proprio tutti i gusti del mondo, anche i più stravaganti! Non sapevo proprio quale scegliere.
Mi avvicinai il più possibile al vetro che mi divideva da tutti quei colori, stando ben attenta a non appoggiarci sopra il naso: sapevo che alla zia non piaceva quando mi comportavo in modo imperfetto. Era un po’ come la mia Mutti, e sapevo più o meno cosa fare per non farla arrabbiare.
Pearly invece si appiccicò sopra la faccia.
«Quanti gusti! Cosa potrei fare assaggiare alla Mistica Maya e al signor Nick? Ci vorrebbe qualcosa che abbia a che fare con il loro “amico speciale”…» cominciò a guardare tutti i gelati, e pensavo che ne stesse leggendo le etichette, visto il modo in cui era concentrata.
Io nel frattempo stavo valutando se valesse la pena di usare la sua stessa strategia, ma, in fondo, non avevo bisogno di utilizzare questi metodi tanto futili: per quel giorno, Tante e Onkel avevano già fatto molti passi avanti, secondo me.
Mi ero accorta subito della gelosia che si impossessava della zia quando aveva visto frau Mia. Era normale però: a nessuno farebbe piacere vedere il proprio amore guardare un’altra ragazza, infatti avevo subito rimproverato lo zio, e lui aveva cercato di scusarsi. Questo mi confermava che l’unica ragazza del suo cuore era la sua Frannie. Oh, com’era bello! Era come vivere in una favola!
«Ehi, Annie?» chiese la mia amica, avvicinandosi a me «Potresti dirmi che gusto è quello?» mi indicò un gelato rosa, molto indicato per rappresentare l’amore in effetti.
Mi chiesi perché non leggesse semplicemente il cartellino sopra il contenitore, quando lei mi confessò «Non so ancora leggere bene.»
Non… era un po’ troppo grande per non saper leggere? Io avevo imparato l’inglese praticamente in cinque giorni!
Beh, non mi soffermai su questo dettaglio per non metterla a disagio, e lessi l’etichetta.
«Dice “F-R-A-G-O-L-A”. Fragola. Non conosco questa parola, cosa vuol dire?» chiesi, tirando per una manica lo zio, che era il più vicino a me. In effetti lui portava una giacca più o meno dello stesso colore del gelato, solo un po’ più scuro.
«Sarebbe “Erdbeere”, Annika» commentò lui, sovrappensiero, mentre lanciava un’occhiata di nascosto alla Tante, che a sua volta guardava curiosa la vasta scelta di gelati. Probabilmente nemmeno lei ne aveva mai assaggiati tanti in vita sua, e doveva essere indecisa. Sorrisi, attirando l’attenzione di Pearly con un cenno, e facendole notare lo sguardo così bello che Onkel Miles lanciava alla zia.
No, decisamente oggi mi avevano dimostrato abbastanza bene i loro sentimenti reciproci.


Angolo dell'autrice: 
Ed ecco qui il nuovo secondo capitolo, un po' più leggero degli altri. Diciamo che non accade niente di straordinario, ma vi avevo già anticipato la presenza di alcune scene del genere. Sano e puro fluff? Ma con un pizzico di gelosia che non guasta. Cosa ne pensate? 
Franziska vi è sembrata OOC, nei suoi comportamenti? E tutti gli altri? Ho sempre il terrore di andare fuori dal personaggio, quando mi occupo delle comparse secondarie. Sì, se ve lo state chiedendo: per me Phoenix Wright è solo una comparsa o.o 
Finalmente il secondo POV di Annika, come l'avete trovata? Credo sempre di farle fare pensieri troppo "adulti" per lei, ma non so XD 
Per oggi vi lascio una vignetta e... Attenzione! Essa contiene uno spoiler su qualcosa che succederà tra un paio (non saprei dire quanti, di preciso) capitoli! 

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E con questo, vi saluto! Spero di leggere presto i vostri commenti e, perché no?, anche di nuovi. 
Un bacione! 
Kirlia <3
   
 
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