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Autore: Selandora    15/03/2008    2 recensioni
[Ho paura che segua le orme di Minato!]
Era ironico che l'uomo che aveva creato il sigillo di Naruto fosse quello che lo avrebbe aiutato una volta che esso avesse iniziato a spezzarsi. NaruSaku
Traduzione
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Yondaime
Note: Traduzione | Avvertimenti: Spoiler!
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Silk
Capitolo secondo




We both could share our endless dreams
If you were here

- 24 Hours, Cueshe







La svegliarono le molle cigolanti del letto di Naruto, insieme con il suono agitato di tessuto frusciante. I suoi occhi verde giada s’aprirono di scatto e vide la figura del jinchuuriki che si contorceva dal dolore. Immediatamente il cuore le balzò in gola e posò una mano sul suo braccio scoperto, nel tentativo di calmarlo.

“Naruto, cos’hai?” gli chiese.

Naruto respirava affannosamente e riuscì a dire tremando, “Mi… Mi sento come se stesso bruciando.”

Sakura appoggiò una piccola mano contro la sua fronte sudata e quando fece per toglierla le sue dita callose la trattennero. I suoi occhi blu erano annebbiati, allo stesso tempo erano come la luce solare in un chiaro giorno estivo mentre erano fissi in quelli di Sakura.

“No, l-lascia la tua mano lì… E’ fredda,” spiegò.

Disse qualcosa nel tentativo di confortarlo, ma non ricordava nemmeno più cosa. Sapeva che nella sua voce c’era stato un lieve tremito di preoccupazione e che il suo sorriso era esitante, ma nessuno dei due diede a intendere di averlo notato. Riluttante lasciò andare la sua mano; lei si sedette sulla sponda del letto e premette le dita sulla sua tempia bruciante. I suoi occhi si chiusero. Sakura iniziò a immettere chakra freddo e benefico nel suo corpo, sforzandosi di regolarizzare la temperatura corporea.

Naruto boccheggiò e allungò una mano alla cieca, cercando qualcosa, qualsiasi cosa, che spegnesse il fuoco che gli bruciava dentro. La mano di Sakura sembrò muoversi di propria iniziativa per stringere quella più grande di Naruto e se la premette contro la guancia fredda. Trovò che la propria vista fosse confusa e sentì una paura irrazionale e cieca pervaderla.

E se fosse morto? Non poteva morire, aveva appena perso Sasuke e non avrebbe sopportato la perdita di un altro compagno di squadra; specialmente lui. Non poteva, non doveva morire, ma la stava spaventando così tanto, e cosa sarebbe successo se lei non fosse stata in grado di aiutarlo?

I suoi movimenti irregolari rallentarono, ma il suo respiro era ancora affannoso. Non era sicura che stesse meglio, ma aveva quasi il terrore di chiederglielo. I suoi istinti di medico erano finiti fuori dalla finestra nella sua lotta per salvarlo.

“Seta,” la sua voce bassa la fece trasalire.

“Cosa?” chiese incredula. Forse la febbre lo faceva delirare.

“Il tuo chakra… Sembra seta,” spiegò lui.

I suoi occhi blu oceano si aprirono con tutta la sconfinatezza di un crepaccio sottomarino. Sakura lasciò scivolare la propria mano alla sua tempia ed iniziò a immettere sempre più chakra nel suo corpo. Naruto passò leggermente la mano sul suo collo lungo e aggraziato e la guardò con i suoi ammalianti occhi blu.

I secondi passarono lentamente mentre era seduta sul bordo del letto, ma a lei sembrarono ore. Il suo chakra era stato prosciugato da una lunga giornata di lavoro, ma gli occhi di Naruto rimasero aperti, fissi nei suoi con la fiducia incrollabile di un bambino o di un compagno d’armi. Sakura tirò fuori da qualche recesso del camice un termometro e iniziò a controllargli la temperatura. Esso dopo un po’ emise debole bip e lei lo riprese, i suoi occhi che si spalancavano dallo shock.

Il termometro segnava cinquanta gradi. Sarebbe dovuto essere morto.

Schiacciò la mano contro il pulsante d’assistenza lì accanto, maledicendosi nel frattempo per la sua stupidità. Parlò urgentemente nell’interfono, “Fate venire Tsunade-sama nella stanza 412 ad assistere Uzumaki Naruto. Immediatamente.”

Cinque lunghi, difficili minuti più tardi, il suono di alti tacchi ticchettanti sul linoleum scricchiolante raggiunse le sue orecchie. Tsunade irruppe nella stanza, spostò Sakura e si mise nella stessa posizione in cui fino a poco prima era stata la ninja-medica dai capelli rosa. Mentre cercava di abbassare la febbre alta di Naruto le domandò un’analisi dettagliata delle sue condizione.

“E’ stato così per dieci minuti. Ho cercato di regolare la temperatura corporea, che al momento è di cinquanta gradi,” informò la sua shishou e gli occhi nocciola di Tsunade incontrarono quelli di Sakura per una frazione di secondo.

“Cinquanta gradi?” ripetè Tsunade, aspettando una conferma da Sakura. Sakura annuì, senza parole, e la donna bionda serrò le mascelle.

Tsunade iniziò, “Sakura, voglio che tu vada a cercare Jiraiya e Yamato.”

Sakura aprì la bocca per protestare, ma la Godaime la interruppe prima che potesse dire qualcosa, “Non chiedermi perché, fallo e basta.”


***




Hatake Kakashi era appoggiato scompostamente contro il muro nerastro di un vicolo. Una sigaretta fumante era tenuta tranquillamente tra due dita e la sua maschera scura era abbassata sul suo collo pallido come una sciarpa.
Fili di fumo salivano verso il cielo come dita disperate, quando il suono ticchettante di tacchi raggiunse le sue orecchie e i suoi occhi guizzarono verso l’entrata del vicolo.

La scarpa di una donna dai capelli rosa cedette improvvisamente ed il tacco si ruppe con un sonoro schiocco. C’erano solo due donne con i capelli rosa a Konoha e solo una di esse era una ninja che portava guanti neri, quindi arrivò alla conclusione che quella doveva essere Sakura. Riportò la maschera sulla faccia, la sensazione di soffocamento che riprendeva il sopravvento, prima di dirigersi verso di lei e la luce.

“Che succede, Sakura-chan?” le chiese Kakashi, gli angoli della bocca che si curvavano verso l’alto contro la stoffa e gli occhi che si piegavano all’insù per la forza dell’abitudine.

Lei alzò lo sguardo su Kakashi prima di imprecare coloritamente contro il tacco rotto. Le sue mani lottavano per toglierlo e lei ignorò la sua precedente domanda e gli chiese, “Kakashi-senpai, sai dove sono Jiraiya-san e Yamato-senpai?”

“Sono passati per il vicolo un paio di volte,” disse lui senza essere d’aiuto.

Sakura di rialzò con le scarpe in mano e i suoi occhi verde giada diedero un’occhiata alla sigaretta tra le sue dita. Per il momento lasciò perdere e rimandò a dopo le domande.

La sua voce prese un tono supplichevole, “Kakashi-senpai, per favore, li vuole Tsunade-hime. E’ per Naruto.”

Improvvisamente Kakashi strinse gli occhi. Schiacciò la cicca piuttosto consumata contro il muro, segnandolo di nero, e la lasciò cadere a terra. Morse il polpastrello calloso fino a farlo sanguinare e lo piazzò sul terreno; mormorò “Kuchiyose no Jutsu”. Pakkun apparve con un altro cane e si grattò pigramente l’orecchio prima di voltarsi verso Kakashi con occhi assonnati.

“Ci hai chiamati?” chiese con un sorriso intontito.

Kakashi ordinò loro, “Ho bisogno che voi due troviate Jiraiya e Yamato e li portiate il più velocemente possibile dalla Godaime.”

Quelli scomparvero senza una risposta e Sakura rimase accanto a lui nervosamente. Un silenzio spiacevole era calato tra loro [beh, Sakura pensava che fosse spiacevole] e lo sguardo della ragazza cadde sul polpastrello che Kakashi aveva tra le labbra. Lei gli fece segno di porgerle la mano e lui prima si pulì sui pantaloni. Il chakra di Sakura scorse debolmente nel dito di Kakashi e lo fece cicatrizzare.

Improvvisamente le gambe le cedettero. Gli allenati riflessi di Kakashi furono l’unica cosa a permetterle di non cadere a terra. La trattenne con le mani e lei notò distrattamente che aveva odore di fumo e deodorante, odore non del tutto sgradevole. Una sua mano fredda e coperta le sollevò il mento per farle incontrare il suo sguardo intenso.

Per un momento rimase in perfetto silenzio. Poi le chiese con voce bassa e roca, “I tuoi occhi non mettono a fuoco come si deve. Quanto chakra hai ancora?”

“Pe-penso di non averne più,” sussurrò debolmente.

“Puoi camminare?” le domandò e Sakura si raddrizzò, mettendo alla prova le proprie gambe.

All’inizio sembrò andare, ma le ginocchia non ressero al quarto passo. Kakashi le afferrò saldamente le braccia e le disse, “Ti accompagnerò a casa. Dove abiti?”

“Devo tornare da Naruto,” protestò e Kakashi la costrinse a guardarlo nuovamente.

“No. Non puoi fare nulla per lui nelle tue condizioni. Farai del male a te stessa e a Naruto se ci provi,” le disse severamente.

Abbassò i suoi occhi di giada al terreno rabbiosamente e serrò le mascelle, perché sapeva che aveva ragione. Non sapeva cosa stava succedendo a Naruto ed era nervosa e disperata perché voleva tornare da lui. Ma se fosse stata in grado di fargli solamente del male…

Discusse debolmente, “Non cercherò di aiutare, voglio solo stare con lui. Non voglio…”

L’imbarazzante silenzio che seguì finì la frase al posto suo. Non voglio perdere un altro compagno di squadra.

“Naruto non morirà, se è questo che stai pensando. Tu, invece, potresti, se andassi. Se non mi indicherai casa tua, allora ti trascinerò alla mia,” le disse seriamente.

“Ma Naruto-“ riprovò, ma Kakashi l’aveva già tirata su.

Nella sua mente disperava dal desiderio di tornare da Naruto, ma il suo corpo era troppo stanco per risponderle. Kakashi l’aveva portata vicina al proprio petto e la teneva strettamente per evitare che sgusciasse via. Sebbene si dibattesse, Sakura era fiacca e alla fine cedette. Chiuse gli occhi e iniziò ad abbassare gradualmente la testa sul petto di Kakashi. I battiti ritmici e regolari del suo cuore la calmarono.

“Naruto starà bene. E’ più forte di quanto pensi,” il suo torace vibrava mentre parlava.

Lei disse quietamente, “Sì… Grazie alla Kyuubi.”

“Non solo per quello. E’ il tipo di persona che non riusciresti a buttare giù nemmeno con una mazza chiodata,” le parole di Kakashi fecero sorridere appena Sakura.

“Pensi… pensi davvero che starà bene?” non potè fare a meno di chiedere.

Kakashi strinse lievemente le labbra sotto la maschera scura. Rispose, “ Quel ragazzo ha con sé Tsunade-hime, Yamatp-san e Jiraiya-san. E’ difficile che muoia con quei tre attorno.”


***




Naruto andava e veniva dalla realtà come una lampadina che stava bruciandosi. Un momento stava guardando il viso sudato di Tsunade, il successivo era intrappolato in una complessa rete di gallerie che s’intrecciavano tra loro.

Allora cominciarono le grida e improvvisamente sussultò come se fosse stato colpito. Cadde in ginocchio e l’acqua schizzò tutt’intorno - era caduto? Pensava di essere sdraiato - e il rivolo di chakra gelido sembrò acqua ghiacciata che scivolava lungo la sua schiena. C’era qualcuno che cercava di aiutarlo a rimettersi in piedi, una figura vestita interamente di bianco - non c’era Tsunade, proprio lì? - che fu rimpiazzata ancora una volta da una donna bionda.

Nella sua mente si fece strada la fognatura e il mondo reale scomparve. Si coprì le orecchie per soffocare le urla dolorose, le urla di chi viene tradito, e sentì una mano dalle dita sottili sulla propria spalla.

“Naruto,” interruppe una dura voce di donna.

Naruto,” mormorò una voce sommessa.

“Naruto,” soffiò un uomo dai capelli bianchi, avvicinandosi velocemente al suo letto.

Minato!” le grida risuonarono nelle stanze della sua mente - mente? Sigillo - e rimbombarono sui muri come palline da ping pong.

Non sono Minato!” urlò Naruto. Le parole inaspettate fecero irrigidire Jiraiya e Tsunade dallo shock.

Non lo sei,” gli disse la voce calma di prima in un tono che suonava così familiare. Si inginocchiò di fronte a lui.

Era troppo scuro per distinguere i suoi lineamenti, ma i suoi occhi brillavano come due stelle. I suoi capelli arruffati gettavano un’ombra bizzarra sul pavimento, e Naruto finalmente potè discernere le fattezze del suo viso.

L’uomo allungò una mano con due dita strette insieme come per colpirlo sulla fronte. Naruto chiuse gli occhi, in attesa dell’impatto, ma li riaprì di scatto, con sorpresa, quando contrariamente alle sue aspettative la mano dell’uomo gli scompigliò affettuosamente i capelli. Scorse un piccolo sorriso che iniziava a delinearsi sulla sua faccia immersa nell’oscurità.

Dovrei saperlo.”

Improvvisamente da quel mondo di cunicoli fu scagliato nuovamente in uno di sterili letti d’ospedale e muri biancheggianti. Si sentì come se avesse perso una parte di sé, completamente perso e debole. Detestava quella sensazione, ma quando il suo sguardo cadde su Yamato e sulle statue di legno capì. Si passò una mano stanca sugli smorti occhi blu.

“Naruto, come ti senti?” la voce di Tsunade era innaturalmente calma. Jiraiya era bianco come un cencio ed evitava il suo sguardo, mentre gocce di sudore scivolavano lungo il volto accaldato di Yamato.

Le statue di legno rumoreggiarono in protesta prima di sprofondare nel pavimento e scomparire dalla vista. Il chakra trattenuto tornò da Naruto in un debole flusso e Yamato subito lasciò la stanza, dopo avere ricevuto un’occhiata autoritaria dal sannin dai capelli bianchi.

“Io…” disse con voce asciutta, che si affievoliva, e la testa che gli girava appena. Un ricordo sfuggente passò in un lampo nella sua testa per il più breve dei momenti.

Capelli biondi arruffati, occhi blu calmi che sembravano così morti e la pioggia cadeva in strie argentate come in una -

“Naruto?” insistette Tsunade.

- in una scena di un vecchio film e poteva giurare di avere già visto quella scena svolgersi. Un sorriso, un sorriso che aveva visto solo sui volti di genitori mentre guardavano i loro bambini, un sorriso che lui aveva così ardentemente e disperatamente desiderato era -

“Sto bene ora,” rispose Naruto. La sua voce era stata più dura e tagliente di quanto non avesse voluto, ma pensò che tanto non c’era nulla che si potesse fare a proposito di ciò che era stato detto.

Se Naruto pensava che la sua voce fosse stata tagliente, quella di Jiraiya avrebbe potuto tagliare il marmo senza incontrare alcuna resistenza.

“Dove hai sentito quel nome, Naruto?”

Confuso, aggrottò le sopracciglia dorate e chiese, “Quale nome?”

“Minato. Namikaze Minato,” gli ricordò Tsunade e gli occhi scuri di Jiraiya lampeggiarono in avvertimento. L’Hokage bionda lo ignorò.

“Minato…?” il nome scivolò sulla lingua di Naruto come se lo pronunciasse per la prima volta.

- era fisso sul volto forte e gentile e lo fece sentire strano, come davvero amato -

“Lo stavi gridando fino a un momento fa,” lo informò Jiraiya in tono sommesso e contemplativo.

La fognatura tornò di colpo in mente a Naruto e le grida tormentate della Kyuubi gli riecheggiarono nelle orecchie. Naruto deglutì dolorosamente e mentì, “Non ricordo dove l’ho sentito…”

Nelle profondità degli occhi di Jiraiya vi fu un luccichio di disappunto e Naruto allora s’azzardò a chiedere, “ Chi è Minato?”

Tsunade iniziò, “Minato è tuo-“

- una mano s’allungò per toccarlo e la pioggia cadeva in strie argentate diffondendo un tremolio sulla tragica scena -

“Il quarto Hokage. E’ colui che ha sigillato dentro di te la Kyuubi,” la interruppe Jiraiya prima che potesse giungere alla fine della frase.

Fu il turno di Tsunade di esprimere disappunto e fissò sull’impassibile sannin dai capelli bianchi uno sguardo che avrebbe messo in ginocchio il più forte degli uomini. Lui però evitò i suoi occhi col fare di chi ha qualcosa da nascondere. Un silenzio teso cadde sulla stanza e Naruto trovò che le parole che minacciavano di uscire dalla sua bocca se n’erano andate alla risposta inaspettata.


***




I suoi occhi di giada ribollivano di lacrime non versate, ma continuo a fissare il soffitto opaco, con lo scomodo divano premuto contro la schiena. Le sue gambe scoperte erano appoggiate sulle ginocchia di un certo copia-ninja, i cui occhi neri scrutavano le pagine di un familiare libro arancione.

“Non sapevo che fumassi,” commentò calma Sakura.

Un sorriso ironico s’allargò sul volto di Kakashi, sotto la maschera. Le rispose tetramente, “Be', ora lo sai.”

“Quando hai iniziato?” chiese, domandandosi se avrebbe mai ricevuto una risposta dall’asociale copia-ninja. Aveva la tendenza a non parlare del suo tragico passato e quel poco che Sakura sapeva dell’evasivo maestro l’aveva appreso da altre persone.

“Ho iniziato con Asuma vent’anni fa,” replicò lui con nonchalance. Il nome riempì l’aria d’imbarazzo e Sakura si rammentò di un ragazzo che sarebbe potuto morire da un momento all’altro, in ospedale.

Lasciò che i suoi occhi si chiudessero. Il silenzio era contemplativo e il suono di una pagina girata era l’unica cosa che lo spezzasse.

“Dev’essere stato dopo che Yondaime è morto. La madre di Asuma morì nella confusione. E’ stato solo dopo che la Kyuubi se n’è andata che abbiamo avuto modo di piangere,” riflettè a voce alta, voltando un’altra pagina con un dito guantato.

La sorprendeva che quell giorno Kakashi s’aprisse così, ma inconsciamente sapeva che in quel momento Kakashi avrebbe dato a lei, Naruto e Sai qualunque cosa avessero voluto in un batter d’occhio. La morte di Sasuke lo aveva scosso più di quanto avrebbe dovuto e stava diventando sempre più ossessionato dall’idea che i suoi allievi gli potessero venire strappati via, uno per uno.

“Sembra che Yondaime fosse una persona fantastica. Dev’essere stato terribile quando ha dovuto sacrificarsi per il villaggio,” osservò quietamente.

Kakashi chiuse il libro. Lo infilò in una delle tante tasche del suo giubbotto da jonin e lasciò vagare lo sguardo sul muro spoglio della sua casa. Annuì con un sorriso che sapeva assolutamente di falsità e vuoto, “Lo era. Non avrei potuto desiderare un maestro migliore.”

“Era il tuo maestro?” esclamò Sakura sorpresa e Kakashi annuì freddamente.

Il silenzio teso che seguì contrastava violentemente con quello leggero di poco prima. La ninja medico sentì di aver fatto riaffiorare qualcosa di doloroso e si schiarì la gola, impacciata.

“Però non hai mai fumato mentre eri con noi,” commentò, e negli occhi scuri di Kakashi passò un lampo di umorismo nero.

Spiegò, “Yondaime-sama probabilmente mi avrebbe fatto fuori se avesse scoperto che fumavo, lasciato solo a fumare davanti a dei bambini.”

“I tuoi polmoni diventeranno neri,” gli fece notare con disapprovazione e Kakashi si strinse nelle spalle.

“Probabilmente lo sono già,” riflettè.

Il suo appartamento era sorprendentemente pulito per uno con la reputazione di essere una persona eccezionalmente pigra. In particolare Sakura notò uno scaffale di legno di palissandro, infilato in un angolo e pieno di libri variamente colorati corredati di grandi segni rossi di divieto. Sapeva di fumo [odore che aveva iniziato ad associare a Kakashi] e di sudore, ma non le dispiaceva davvero.

“Tu e Naruto state bene?” chiese Kakashi in un poco caratteristico momento di preoccupazione.

Sakura si coprì gli occhi di giada con un braccio flessuoso e si spostò appena sul divano frusto. Fece spallucce impercettibilmente prima di rispondere, “Non lo so. Naruto non ricorda nulla del combattimento e ha continuato a chiedermi di Sasuke, così ho dovuto dirglielo… Non l’ha presa bene. Pensavo di avere superato la morte di Sasuke, ma vedere Naruto abbattersi così mi ha fatto capire quanto in realtà mi sbagliassi.”

Il silenzio di Kakashi era comprensivo e lui tolse il malconcio coprifronte e con calma lo posò sul pavimento accanto al divano. Il suo rimorso ormai era spinto al limite.

Sakura si schiarì la gola e disse con un sorriso amaro, “Sai, ho pensato che, dopo esserci impegnati tanto, infine lo avessimo raggiunto. Forse le cose sarebbero state diverse se io fossi andata in quella missione e non avessi ascoltato Naruto…”

“Sasuke era già posseduto al punto da non avere quasi più controllo sul suo stesso corpo. Ho dovuto ucciderlo,” Spiegò Kakashi sottovoce, malinconicamente.

Le lacrime che Sakura pensava di avere cacciato indietro le risalirono agli occhi alla nuova informazione. Disse in un sussurro, “L’ho sentito dire, ma… Non sapevo con certezza che fossi stato tu. In un certo senso mi ero sempre aspettata che lo facesse Naruto.”

“Naruto non sarebbe mai stato capace di uccidere Sasuke,” mormorò Kakashi.

Rafforzò la stretta sul libro fino a far diventare le mani bianche e lasciò dei segni sulla copertina con le unghie. A lei non sfuggì e fissò la sua sofferenza con stupore e comprensione. Kakashi improvvisamente s’accorse di ciò che stava facendo e rilassò le mani, distogliendo gli occhi male assortiti con l’aria colpevole. Sentiva la gola chiusa e pesante e non riusciva a obbligarsi a dire qualcosa, così s’accontentò di rimanere in uno stoico e gelido silenzio.

“Ha sofferto?” lei chiese calma, ma con gli occhi che bruciavano.

Kakashi le rispose privo di emozioni, “ No. E’ stato veloce.”

E a quel punto Sakura non seppe più cosa dire. Sarebbe dovuta essere contenta che lui era morto in modo indolore? S’accontentò di un quieto, “Ah” che non intendeva veramente dire e Kakashi chiuse gli occhi.

Era solo questione di tempo prima che crollasse. Stava facendo il conto alla rovescia mentalmente e fu appena contento di non averle detto tutto. Passò un minuto e si stava congratulando in silenzio con lei per aver tenuto duro così tanto. A un minuto e venti secondi aveva iniziato a tremare.

Pensò che avrebbe dovuto confortarla, ma per qualche motivo non riusciva a farlo. Forse stava diventando egoista, a voler vedere gli altri soffrire come soffriva lui. I suoi occhi divennero vitrei quando fu preso dai ricordi.

”Kakashi-sensei, non posso trattenerlo ancora per molto,” l’Uchiha dai capelli corvini riuscì a dire dolorosamente, con gli occhi che si dibattevano in un disgustoso contrasto tra un torbido colore ambrato e uno Sharingan scarlatto.

La pioggia cadeva come aghi gelati sulla sua schiena e gli perforava il cuore con ogni goccia traditrice. Strinse i denti e rafforzò la stretta sul kunai. Una volta lo avrebbe fatto felice sapere che Sasuke ancora lo considerava il suo maestro, ma il titolo onorifico gli fece solo stringere il cuore e crescere il dolore di venti volte.

La schiena di Sasuke s’era inarcata ed era caduto a terra, cercando di trattenere il sannin corrotto. Con le dita artigliò il terreno e alzò la testa con molto più sforzo di quanto quel semplice movimento avrebbe dovuto richiedere, il suo sguardo rosso sangue che combatteva. Aveva boccheggiato quando il giallo aveva ricominciato a sanguinare nel rosso e Kakashi aveva incontrato il suo sguardo.

La pioggia aveva continuato a cadere come aghi ghiacciati sulla sua schiena e la sua mano aveva crepitato come un tuono bruciante. A ogni passo sentiva la propria mente gridargli di fermarsi, che c’era un’altra soluzione. Quando la sua mano era sprofondata nel corpo del ragazzo che era sempre stato –
e sarebbe sempre stato – il suo allievo preferito, gli ingranaggi di un clan una volta orgoglioso girarono un’ultima volta, quindi si fermarono, riluttanti.







Prossimo capitolo: Edo Tensei

Ho desiderato a lungo di vederti, sai. Dev’essere stato difficile per te crescere solo, ma ci sono state tante volte in cui avrei voluto tornare indietro e rimettere tutto a posto.”

Se davvero non avessimo significato nulla per Orochimaru non saremmo vivi. Ha avuto moltissime possibilità di ucciderci, ma non l’ha mai fatto.


“Non voglio più tornare all’ospedale, Sakura. Mi ricorda troppo di…”

Naruto, promettimelo."

  
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