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Autore: Lore Torri    09/09/2013    1 recensioni
Un'associazione segreta esistente dall'alba dei tempi ha rubato un misterioso oggetto trovato nell'Artide. Associazioni altrettanto segrete cercano disperatamente di scoprire cosa è stato rubato e perché, ma la risposta è tutt'altro che confortante... Ben presto, gli Arcangeli saranno costretti a schierarsi di nuovo tra Bene e Male. Ma questa volta, l'Angelo Traditore potrebbe non essere solo.
Genere: Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SEPHIROT - IL SECONDO CONSIGLIO
 
Harry arrivò alla Sala del Consiglio di fretta, euforico. A tracolla portava una borsa che conteneva il portatile di Lorena, mentre in tasca aveva la chiavetta USB trovata nel laboratorio russo. Il file che conteneva era stato copiato sul computer, ma per sicurezza ne erano state fatte due ulteriori copie e non era mai stato eliminato dalla sede originaria.
Jerry e Lorena, come al solito, lo aspettavano fuori dalle porte, con un bicchiere di caffé in mano. Stranamente, sembravano preoccupati.
«Ciao» disse Harry.
«Harry... hai sentito dell’onda?» gli chiese Jerry.
«No, di cosa si tratta?»
«Non importa. Lo sentirai in consiglio. Baiko è riuscito a scoprire cosa c’era nel file?»
«Baiko ha fatto miracoli.» sorrise Harry, poi precedette gli amici all’interno della Sala del Consiglio.
Quando ognuno dei tre ebbe raggiunto il proprio posto, Metatron si alzò e pronunciò la solita formula, seguita dagli assensi di tutti i presenti.
Marco, a fianco di Azrael, sfoggiava uno sguardo impassibile che mascherava l’ira che ancora provava, senza riuscire a mascherarla del tutto.
Terminato il rito iniziale, Harry si alzò in piedi.
«Signori, il nostro miglior tecnico, Baiko, è riuscito a ricostruire un prototipo del software che gli scienziati russi utilizzavano nel loro laboratorio.»
Marco strinse i pugni talmente forte che i palmi iniziarono a sanguinare, poi se ne accorse e allentò la pressione, cominciando a cercare nelle tasche un fazzoletto per ripulirsi le mani. Nel frattempo, Harry riprese a parlare, dopo una pausa.
«Ora sappiamo cosa conteneva il laboratorio e abbiamo ragione di credere che Lucifer o uno dei suoi figli sia il responsabile dell’attacco al laboratorio.»
Azrael si piegò di lato e sussurrò al figlio: «Come ti avevo detto, hanno subito incolpato Lucifer. Ora devi solo stare calmo.»
Marco si rilassò alla meglio. Nel frattempo, Harry aveva estratto un proiettore olografico e l’aveva sistemato sul pavimento.
«Anche questo è opera di Baiko: gli scienziati utilizzavano file tridimensionali.» spiegò.
Spinse un interruttore e l’apparecchio si accese con un lungo sibilo, poi lo collegò al computer ed aprì il file.
Al centro della stanza, una sfera di luce di colore indefinito - quella che era scomparsa davanti agli occhi di Marco - incominciò a galleggiare, mentre alcuni schermi blu portavano informazioni di vario tipo scritte in cirillico.
Metatron si alzò.
«Quello è un Sephirot!» esclamò, esterrefatto.
«Esatto. Per questo credo che sia stato Lucifer ad appropriarsene.»
Il figlio di Jophiel si alzò.
«Metatron, cos’è un Sephirot?»
Metatron lo guardò, poi prese a spiegare.
«Suppongo che sappiate che, moltissimi anni fa, molto prima della Grande Guerra, quella vera, non esisteva nulla. Solo El e Satan, le due grandi metà della forza suprema che domina l’universo, il Kaos, regnavano sovrane. Allora, queste due forze scoprirono i Sephirot. Sono le “luci increate”, la materia prima dell’Universo stesso. El e Satan produssero increspature nel Kaos, portando molti Sephirot a trasformarsi. Un’increspatura del Kaos porta un Sephirot a svilupparsi secondo le volontà del Kaos stesso. Undici Sephirot formarono la forza che avrebbe governato il Kaos: noi Arcangeli, o meglio le anime che portiamo dentro. Un Sephirot creò l’Universo e tutto ciò che all’interno vi viveva. Da che ho memoria, sempre si è creduto che i Sephirot fossero solo dodici. Ma, evidentemente, ne esistono altri. E uno, ora, è in mano a Lucifer.»
Harry, che aveva ascoltato con attenzione anche se conosceva già la storia, si alzò di nuovo.
«La domanda a cui dobbiamo rispondere è: come cercherà di utilizzare il Sephirot Lucifer?»
Marco ebbe un’idea e si alzò.
«Potrebbe creare un nuovo Universo di cui sarà padrone.» disse.
«Questa è la prima opinione, che abbiamo avuto anche noi. Tuttavia, se anche creasse un nuovo Universo, dovrebbe uscire da questo per poterlo fare, e non gli basterebbero migliaia di generazioni per farlo. Inoltre, se anche ci riuscisse, noi potremmo di nuovo allearci e sconfiggerlo, proteggendo due Universi da lui e dal Satan. Pensiamo quindi che voglia usare quel Sephirot per creare un nuovo Arcangelo che lo aiuti a riconquistare il potere.»
A Marco il cuore cessò di battere per un attimo. Era esattamente quello il piano di Lucifer. Fortunatamente, nulla poteva portare a pensare che Azrael fosse suo alleato.
Metatron si alzò di nuovo, visibilmente preoccupato.
«Henry, evidentemente tu non sei stato messo a parte degli ultimi avvenimenti. Ieri si è diffusa un’enorme onda d’urto per tutta la galassia. E’ stata percepibile per qualche metro, credo, ma ha continuato a svilupparsi. I nostri scienziati ne hanno localizzato il fulcro: si trova a Bergamo, nel nord Italia. Ora, cinque dei nostri scienziati sono là, e stanno cercando attentamente di trovare il punto preciso da dove è partita l’onda d’urto. Purtroppo, temo che significasse che il Sephirot è stato usato, anche se ancora non sappiamo in che modo.»
Un silenzio gelido scese nella sala, tra tutte quelle persone che stavano ancora elaborando la notizia.
Metatron riprese la parola qualche minuto dopo.
«Il Consiglio si aggiornerà quando sapremo da dove ha avuto origine l’onda d’urto. Nel frattempo, preparate tutti i gruppi dei figli degli angeli. Potrebbe esserci un’altra Guerra Angelica.»
Tutti i presenti uscirono, oppressi da pensieri pesanti come macigni.
Lorena e Jerry si accostarono ad Harry, cercando di sollevarsi il morale a vicenda.
«Vieni con noi» mormorò Lorena «Conosco un buon posto dove cenare al caldo.»
 
Marco uscì all’aria fredda di Montmartre imprecando tra sé e sé. Si fermò ed attese che Azrael si avvicinasse: non potevano discutere prima perché avrebbero rischiato di essere scoperti.
Azrael non ci mise molto ad affiancarsi a lui.
«Uccidi gli scienziati che ancora sono a Bergamo, ci farà guadagnare tempo. Io andrò a Venezia ed avviserò il contatto.» disse, poi accelerò il passo e svanì nella nebbia, senza lasciare altra traccia del suo passaggio che le impronte sulla neve parigina.
Marco tornò indietro e imboccò la discesa per la metropolitana.
 
Quando scese dall’aereo, Marco era di nuovo calmo. Ora aveva un compito da svolgere e poteva concentrare la sua mente su quello, senza farla divagare nei problemi che incontrava lungo il percorso. Passò velocemente davanti ad una ragazza con i suoi amici, ed Elisa trasalì al suo passaggio.
Nel parcheggio dell’aeroporto lo aspettava la sua fedele Harley-Davidson. Montò in sella e partì a tutta velocità, raggiungendo il suo vecchio laboratorio in meno di dieci minuti. Lasciò la moto dietro l’angolo, poi si avvicinò lentamente. Indossò un passamontagna che gli nascondesse la faccia. Questa volta il compito non sarebbe stato così facile: gli scienziati erano di certo figli di Zadkiel. Per chiunque era difficile confrontarsi con i figli di un arcangelo, anche per il primogenito dell’angelo della morte. Entrò nella struttura decadente e due guardie lo presero di sorpresa colpendolo entrambe in faccia con i loro pugni. Marco rotolò di lato per evitare il colpo successivo e notò i loro marchi: erano figli di Mikael. La situazione si faceva più difficile. Si rialzò mentre uno dei due cercava di colpirlo con un pugno, gli afferrò la mano e lo tirò verso di sé, infilzandogli un coltello nella giugulare con la mano libera. L’altro estrasse una pistola, ma Marco si abbassò e gli colpì la mano con un calcio, mandando l’arma nella neve. Indifeso, l’uomo si gettò su Marco tenendolo fermo a terra, ma lui riuscì a girare il coltello che teneva ancora nella mano destra fino a forargli il petto. L’uomo urlò, pi si accasciò sopra di lui.
Marco imprecò a gran voce, poi gettò il coltello ed estrasse le due Agram, rimuovendo la sicura. Altri tre figli di Mikael si precipitarono su per le scale, ma vennero falciati dalla scarica prima ancora di arrivare in cima. Non avrebbero più dovuto esserci guardie, ma probabilmente i ricercatori erano armati. Scese al piano di sotto e si tuffò in avanti appena in tempo per evitare i proiettili. Atterrò ai piedi delle scale, fece una capriola in avanti, saltò, strappò il fucile dalle mani del ricercatore e lo colpì alla testa, poi con la mano libera sparò con l’Agram che ancora aveva in mano contro il secondo uomo, che cadde all’indietro colpito al petto e al viso. Altri tre ricercatori fecero fuoco con le loro pistole, ma Marco utilizzò come scudo il cadavere di quello a cui aveva strappato il fucile. Svuotò il caricatore della prima Agram contro uno dei tre e saltò di lato, evitando i colpi degli altri due, mentre gettava le armi che aveva tra le mani ed estraeva la seconda Agram. Anche a quella rimanevano pochi colpi, ma mirò alle mani dei ricercatori facendo perdere loro le pistole. Senza né munizioni né tempo per ricaricare, Marco si avventò contro i due figli di angeli contando sulla sua preparazione nel corpo a corpo. Il primo cercò di colpirlo con i pugni, ma con un mulinìo di braccia Marco evitò il colpo e lo colpì sul naso, rompendoglielo. Si abbassò per evitare i colpi del secondo e ruotò la gamba colpendolo agli stinchi e mandandolo a terra. Poi estrasse un coltello per mano e si tuffò in avanti, squarciando le gole ad entrambi con un colpo solo.
Quando fu sicuro che furono morti tutti, si alzò e controllò l’edificio: non voleva commettere lo stesso errore dell’altra volta. Quando ebbe finito, andò alla moto e prese una tanica di benzina, poi tornò indietro e cominciò a cospargerla all’interno dell’edificio: un’esplosione avrebbe destato troppi sospetti. Mentre versava il liquido infiammabile all’interno del laboratorio, notò un telefono cellulare su un bancone di marmo e lo afferrò.
Sul display vedeva l’ultimo messaggio che il cellulare aveva mandato, con l’indirizzo dell’edificio. Marco imprecò e frantumò il cellulare tra le mani: aveva fallito. Li avrebbero scoperti. Diede fuoco alla benzina e partì verso Venezia per trovare Azrael.

 
   
 
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