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Autore: Dark_Side of the Moon    12/09/2013    0 recensioni
"Le mani le prudevano e si impadronì di lei una forza strana. Balzò fulminea in piedi e dalle sue mani scaturirono delle fiamme vive e feroci..." "La spada gli cadde di mano; le orbite si colorarono dello stesso scuro colore, la pupilla scomparve e dentro di sé sentì una sensazione mai provata..."
Tre pietre dal potere sconfinato che presagiscono una dura e sanguinosa guerra, e tre cavalieri che devono fare tutto il possibile per evitarla. E questo il destino di Nayha, una giovane ragazza dai capelli vermigli, orfana e dal passato misterioso. Accompagnata dal fratello Karan e da Terim, dovrà vagare per il Mondo di Agarath alla ricerca dei Cavalieri e delle Pietre del Drago, tra battaglie, amori e tradimenti. Dovrà accettare il suo destino riservato alla magia, nonostante i suoi dubbi e le sue paure e dovrà richiamare tutto il suo coraggio per superare tutte le difficoltà che il destino ha preparato per lei. Dovrà combattere contro il fato e contro due nemici potentissimi insieme ai quali forma una triade che segna l’equilibrio del mondo; una continua lotta tra il bene e il male.
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Karan faceva strada per i numerosissimi corridoi del palazzo, nei quali si affacciavano più di mille porte che facevano accedere ad altrettante stanze. Guidava i due ragazzi in assoluto silenzio e i due non proferirono parola, nonostante la curiosità che si celava nei loro pensieri. Finalmente, dopo aver girato l’ennesima curva, il corridoio finiva in un immenso portone, d’argento come quello dell’ingresso, con disegnate le stesse due teste di drago, una in ogni anta. Si avvicinò lentamente e il portone si spalancò piano piano facendo passare una luce accecante, tanto che Nayha dovette mettersi un braccio davanti agli occhi. Non appena il portone fu completamente spalancato, i tre ragazzi oltrepassarono la soglia mettendo piede in una stanza magnifica. Era di forma semicircolare e tanto grande quanto luminosa. Di diametro, doveva essere almeno cinquanta braccia e di altezza almeno la metà. Era la stanza più alta dell’edificio e proprio per questo come tetto aveva la maggior parte della grande vetrata che costituiva la cupola. Sulla parete di fronte il grande portone, era sistemato il palco dei maghi della giunta con dei posti rialzati; quello centrale, e gli ultimi da ambo le parti. Sulla sinistra c’era il palchetto dei testimoni, sulla destra il palchetto del pubblico e infine in basso c’erano dei posti per i processati. Il tutto in rigorosissimo marmo bianco. I membri della giunta erano già seduti ognuno al proprio posto, ma rimanevano liberi due posti: quello centrale, verso il quale si stava avviando Karan, e l’ultimo sulla sinistra. Nayha e Terim invece si sistemarono ai piedi del palco più grande, proprio al centro, sotto la figura di Karan. 
«Grazie per essere venuti» disse quest’ultimo a chiunque fosse presente in sala.
Pochi secondi dopo il portone si spalancò nuovamente ed entrò nella sala una figura incappucciata che si andò a sedere nell’unico posto della giunta rimasto vacante. 
«Scusate il ritardo» disse «ho incontrato traffico».
Nayha quella voce la conosceva bene, eccome. Una rabbia cieca le fece ribollire il sangue nelle vene. Era Keyla. Dopotutto, come non riconoscere o poter dimenticare la voce morbida e incantevole di quella ragazza.
 -“Che strazio”- si ritrovò a pensare Nayha inconsapevolmente.
«Sei in ritardo» disse con tono severo Karan.
«Lo so, mi sembra di avere già chiesto scusa per questo» disse Keyla indifferente. 
«Keyla, sai che la puntualità é fondamentale. E togliti quel cappuccio!» la rimproverò Karan.
«Karan, sono qui adesso e non ho bisogno della ramanzina» rispose la ragazza con aria strafottente.
«Sei al cospetto dei maghi più potenti di tutto il Mondo di Agarath, devi avere rispetto. Ti rendi conto che avevamo già iniziato?» chiese Karan innervosito da quella situazione.
«Hai detto solo quattro parole» si difese la ragazza «ma se vuoi, posso anche andarmene» concluse con aria di sfida.
Ma Karan non si fece intimorire. Ne aveva quella ragazza, per farlo cedere … nonostante tutto quello che avevano passato insieme.
«E’ tutto quello che hai da dire?» chiese il mago dai capelli d’oro.
«Fammi pensare …. Ehm, si!» rispose Keyla con indifferenza.
«Allora puoi anche uscire da questa stanza» disse infine Karan con freddezza, sentendo però una stretta al cuore. Keyla fu colta impreparata dalla decisione di Karan, ma nonostante lo stupore obbedì senza dire nemmeno una parola e oltrepassò il grande portone senza nemmeno voltarsi indietro e lasciando dietro di se il posto vuoto sulla giunta.
«Veniamo a noi» disse Karan amareggiato. Voleva bene a quella ragazza, e nonostante cercasse di dimostrare il contrario, sapeva che anche lei gli era affezionata e questo complicava ancora di più le cose. Gli pesava sempre di più il fatto di doverla trattare in quel modo, che lei odiava. Ma in cuor suo sperava che Keyla capisse che lo faceva esclusivamente per il suo bene.
«Voi non sapete del perché siete qui ed io ve lo spiegherò con parole semplici ma concise» disse riferito ai due ragazzi.
«Tanti anni fa» iniziò «come tutti sanno, vi fu un’aspra battaglia dove furono utilizzate tre pietre dai poteri sconfinati. Una nera, una bianca e una rossa.» disse fermandosi e osservando Nayha e Terim che seguivano il filo del discorso senza battere ciglio.
«Alla fine della guerra, e con la morte di Sharry, queste tre pietre furono confinate con un incantesimo molto potente in tre luoghi separati e introvabili, in modo tale che nessuno le potesse rimettere insieme e così usufruire dei loro immensi poteri. Esse però hanno una particolarità, reagiscono in diversi modi secondo le persone che gli stanno accanto o che le possiedono. Reagiscono nel giusto modo, o meglio, mettono al servizio i loro poteri solamente con i tre cavalieri ai quali il destino ha dato il compito di trovarle e proteggerle. Ogni pietra ha il suo cavaliere, ma una volta unite, il loro potere è talmente grande che non rispondono più soltanto al loro cavaliere, ma a chiunque le possegga tutte e tre insieme. Le pietre chiamano il loro cavaliere e solo lui ha il potere e la forza per trovare la propria. Per secoli sono rimaste chiuse nei loro sigilli, ma a quanto pare qualcuno le ha liberate. Per quanto ne sappiamo ne è stata liberata solamente una, ed è proprio quella che avete voi. È la pietra che contiene la forza e la furia del fuoco e finalmente dopo secoli ha ritrovato il suo cavaliere ... Nayha.» fece una piccola pausa e prese respiro. Prima di continuare però osservò a lungo lo sguardo vuoto della sorella.
Le sue parole non avevano nessun senso. Lei non era mai stata brava con la magia e nemmeno le piaceva, come poteva essere il cavaliere di una strana pietra che racchiudeva la potenza del fuoco. Non sapeva nemmeno come usarla. Continuò a fissare il vuoto senza dire nulla.
«So che tutto questo ti sembrerà strano, pazzesco, ma purtroppo è la verità. Nayha, da adesso il tuo compito è di trovare le altre pietre grazie a quella che già possiedi, poiché esse si attraggono tra di loro, e poi saranno loro a indicarti dove si trovano i loro rispettivi cavalieri o viceversa. Devi sbrigarti però, devi riuscire a rimettere insieme le pietre prima di colui che ha liberato questa e che potrebbe aver liberato le altre due e trovare i cavalieri insieme ai quali dovrete proteggere e conservare le tre pietre sacre per evitare così un’altra sanguinosissima guerra» concluse Karan osservando la sorella e il suo sguardo, privo di espressione.
«Nayha, non sarai sola» le disse sottovoce Terim «stai tranquilla, verrò con te» concluse il ragazzo sorridendole.
Lei annuì leggermente.
«Anch’io verrò con voi» disse inaspettatamente Karan. Un brusio si levò nella sala.
«Ma signore, lei non può andare» disse uno della giunta.
«E’ assolutamente inaudito!» disse un altro.
«Non c’è nessun regolamento che lo vieta» disse però una voce da lontano. Voci di disappunto riempirono l’aria affiancate da alcune favorevoli.
«Signori, signori cari, non c’è bisogno di fare tutto questo fracasso. Se sarà necessario, cederò la mia carica di Mago Supremo» disse Karan cercando di calmare le acque, ma peggiorò solamente la situazione. Nuove voci si alzarono e il caos regnò nuovamente nella grande stanza.
«Karan non puoi!» disse Nayha a un tratto «la magia è sempre stata il tuo unico sogno e adesso che hai raggiunto il tuo obiettivo, non ti permetterò di gettare tutte cose all’aria!» concluse la ragazza stringendo i pugni.
Karan la guardò. Aveva ragione; la magia era da sempre la sua unica ragione di vita, ma il tempo trascorso lontano dai suoi cari, gli aveva fatto capire che loro erano più importanti e ora era deciso a rimediare.
«Silenzio!». La voce dura di Karan risuonò per l’intera sala facendo zittire tutti i presenti.
«Ho preso la mia decisione. Partirò. Se al mio ritorno mi vorrete ancora come Mago Supremo bene, altrimenti mi deporrò dalla mia carica. Partiremo domani all’alba. Nayha, Terim, Lezen vi condurrà nelle vostre stanze. La seduta è tolta.» disse il ragazzo alzandosi e dirigendosi verso il grande portone d’argento con passo deciso. Esso si spalancò non appena il mago gli fu vicino, per poi richiudersi alle sue spalle, lasciando sbigottiti tutti i presenti.

Il Mago Supremo si diresse verso la sua camera e iniziò a preparare lo zaino che si doveva portare per il viaggio. Stremato, si sedette sul divanetto che c’era nella stanza. Improvvisamente la porta si aprì e, sulla soglia, comparve Keyla. Indossava un leggero vestitino bianco legato al collo, decorato con dei ricami a forma di fiori lungo il bordo in basso. Gli scuri riccioli sciolti le ricadevano sulle spalle.
«Posso?» chiese la ragazza lisciandosi una ciocca e sorridendo nel modo suadente che sapeva solo lei. Le lentiggini le si arricciarono sul naso.
«Sempre.»le rispose Karan sorridendo. Solo allora la ragazza entrò e continuò a sorridere al mago che la invitò a sedersi vicino a lui sul divanetto. 
«Così, domani parti» disse lei tenendo lo sguardo basso.
«Già» rispose Karan sospirando «Keyla, sono sicuro della mia decisione. Volevo mandarti a chiamare per chiederti scusa per come mi sono comportato, ho esagerato a mandarti fuori dall’aula, ma voglio che tu sappia che l’ho fatto per te, anche se molto probabilmente non ne capirai il motivo» iniziò a dire Karan con estrema calma. La ragazza stava per parlare, ma il mago la interruppe con la mano. «E poi per dirti che se non dovessi tornare, ci terrei che prendessi tu il mio posto» concluse il ragazzo dai capelli d’oro sempre con la stessa calma glaciale.
«Cosa?! Non dirlo nemmeno per scherzo. Tu tornerai e riprenderai il tuo posto alla Sede Centrale della Magia» ribatté Keyla serrando i pugni, adirata.
«Nessuno sa cosa ha in serbo per noi il futuro. Dobbiamo prevedere ogni possibilità» concluse Karan serio.
«E se non partissi?» chiese Keyla con spensieratezza «se rimanessi con me?» concluse.
«Non posso. Il mio posto è tra le file per difendere Agarath. Vorrei, credimi, ma non posso» rispose Karan.
«Ah già, il tuo patriottismo. Ecco cosa mi aveva fatta innamorare di te e … lo fa tuttora.» disse Keyla abbassando nuovamente lo sguardo.
«Portami con te» disse improvvisamente la ragazza sollevando la testa e prendendo la mano del ragazzo tra le sue, cogliendolo di sorpresa.
«Cosa?» chiese, infatti, quest’ultimo.
«Ti prego! E’ pericoloso, voglio aiutarti. Voglio recuperare il tempo che abbiamo perso» disse Keyla non riuscendo più a trattenere le lacrime e stringendo ancora di più la mano del mago «portami con te. Non saprei come fare senza vederti. Portami con te, per favore» ripeté la ragazza con il viso solcato dalle lacrime che le scendevano, veloci, giù sotto il mento.
«Non posso, per tanti motivi. E poi non preoccuparti, torneremo» cercò di consolarla il mago sorridendo e asciugandole le lacrime dal volto con la mano libera. 
«E quando? Mi dispiace per quello che ho fatto, ma io voglio guardarti, parlarti … Non voglio perderti di nuovo Karan» concluse Keyla lasciandogli la mano. Il ragazzo a sentire quelle parole non sapeva cosa dire. O meglio aveva tante di quelle cose da dire, che non sapeva da dove cominciare. Aveva capito perfettamente cosa volesse dire la ragazza, ma la vera ragione, per cui non disse nulla è che non voleva capire. Capire significava entrare nuovamente nell’incertezza e ferirla o ferire se stesso; proprio per questo quando la ragazza sollevò nuovamente la testa per una risposta, egli fece la faccia di chi non riusciva proprio a capire, ma lei non si fece abbindolare.
«Non fare quella faccia. Lo so che hai capito. Ti ripeto che mi dispiace per quello che ho fatto, mi dispiace se ti ho fatto soffrire, ma non sono niente senza di te e …».
«Ti prego non continuare» disse Karan mettendole un dito sulle labbra. Aveva lo sguardo spento; non sapeva come doveva reagire. Dentro di se sentiva lo stomaco sotto sopra e non ne capiva il motivo; sì, l’aveva amata, ma oramai non la amava più; era storia passata, lei non era altro che un ricordo; un dolce, bellissimo ricordo. Almeno lo aveva pensato fino a quel momento. Ma si accorse amaramente che non era così, che i sentimenti che aveva provato per quella ragazza non erano scomparsi quando lei se ne era andata ed erano rimasti conservati nel suo cuore in attesa del suo ritorno.
«Voglio tornare con te Karan. Vederti e non poterti toccare mi uccide lentamente giorno dopo giorno» concluse la ragazza.
«Perché mi stai dicendo questo?! Non so se puoi immaginare quanto ho sofferto quando sei partita così nel nulla, senza lasciare nemmeno una piccola traccia. Il giorno prima eravamo insieme e il giorno dopo tu non c’eri più. Come pensi che mi sia sentito? Ti ho cercata ovunque, non avevo più idea di dove potessi essere. Passavo i giorni a vagare di città in città a cercarti, ma che dico, anche solo per avere notizie di te, se stavi bene, se non ti fosse accaduto nulla. Per quasi un anno e mezzo ho pensato che fossi morta, e questo pensiero mi colpiva mortalmente dall’interno.» spiegò Karan.
«Mi dispiace se sei stato in pena per me …» iniziò Keyla.
«Perché, pensavi che la tua sparizione passasse inosservata ai miei occhi?! Non te lo eri immaginata?!» la interruppe però Karan brusco.
«Mi ami?» chiese Keyla guardandolo con i suoi occhi blu profondissimi.
«Ti ho sempre amata» rispose Karan con un tono più basso della voce e abbassando lo sguardo.
«Guardami» gli sussurrò Keyla. Egli ubbidì e lei lo baciò. Qualcosa si mise in circolo nel corpo del giovane, un qualcosa che gli diceva di ricambiare quel bacio e anzi, di aggiungergli più passione. Accettò volentieri quel pegno d’amore, poiché, dopotutto, lo voleva anche lui e lo aveva aspettato per tanto, troppo tempo, ma non aggiunse niente, lo accettò così com’era. 
«Non mi ami, o almeno non più» disse lei abbassando lo sguardo sulle mani morbide del mago.
«Ti ho amata e ti amerò per sempre, ma ho una missione ora e non posso tirarmi indietro. Ci sono troppe vite che contano su di me» disse Karan. 
«Già. Lo devo ammettere Karan, sei cambiato» disse la ragazza accarezzando il mago con la mano calda e dolce.
«Tu invece sei sempre bellissima» concluse il giovane stringendo tra le sue mani quella di lei.
Subito dopo si abbracciarono, e in quell’abbraccio si dissero molte più cose di quante se ne sarebbero potuti dire con le parole.
«Sei proprio sicuro di voler partire?» chiese Keyla tentando per l’ultima volta di convincerlo a rimanere con lei. Karan annuì serio e lei abbassò lo sguardo, avvilita.
«Cercherò di capire la tua scelta» disse allora lei alzandosi e facendo per andarsene.
«Non andare via di nuovo …» supplicò Karan alzandosi anch’egli.
«Questa volta sei tu che te ne vai» rispose però Keyla voltandosi. Karan le si avvicinò lentamente facendo scorrere la mano lungo il suo braccio e salendo fino al collo per poi andare ad accarezzarle i capelli morbidi e questa volta fu lui a baciarla. Un bacio lungo e appassionato, ma al contempo dolce e malinconico al quale ne seguirono molti altri aprendo le porte a una notte indimenticabile.


Lezen accompagnò i due ragazzi verso le loro camere. La sala del tribunale era situata all’ultimo piano, quindi dovettero scendere a due piani inferiori. I corridoi che andavano attraversando sembravano tutti identici e Nayha non ci mise molto a perdere il senso dell’orientamento. Le pareti erano limpide e cristalline e il pavimento sempre di marmo bianco con delle venature più scure che disegnavano oggetti immaginari sotto i piedi dei tre ragazzi. Lezen sapeva tutte le strade a memoria. Chissà quanti anni avesse realmente. Di solito gli elfi vivevano anche per secoli e secoli. Nayha era sempre stata attirata da quegli esseri. Erano possessori di un’infinita saggezza e poi ciò che più amava in loro era che, a differenza dei maghi che riuscivano a plasmare la natura a loro piacimento, negli elfi era la natura stessa a scorrere nelle loro vene e a essere un tutt’uno con ognuno di loro.
Ma ora era lei a dover fare i conti con la magia. Quella stessa magia che tanti anni prima le aveva portato via il fratello e che ora l’aveva messa in mezzo ai guai.
Che diavolo ne poteva mai sapere lei di come si utilizzava una pietra magica! Ma almeno le piaceva il fatto di dover andare in giro per il Mondo di Agarath a cercare le altre due pietre e i cavalieri. Era certa che non sarebbe stato facile, almeno non come le sue solite missioni, ma era una buona opportunità per rimanere con Karan e Terim. Fece un sorrisino a quest’ultimo pensiero.
Terim invece non era convinto per niente. Da quando aveva lasciato la caserma, era sempre rimasto ad Acrel e ormai aveva una certa abitudine a muoversi tra le mura di quella città. E poi chissà quanto tempo ci avrebbero messo. Chissà da dove avrebbero cominciato. Doveva parlare con Karan il prima possibile, era una missione suicida; e assurda. Totalmente assurda.
«Siamo arrivati» disse l’elfo a un tratto distogliendo entrambi dai propri pensieri. Si arrestò di colpo mettendo le braccia dietro la schiena.
«Queste sono le vostre due camere» disse indicando due porte nero lucido poste l’una accanto l’altra «e queste sono le chiavi» concluse l’elfo posando nelle mani di entrambi una testa di drago in cristallo. I due ragazzi notarono un’insenatura posta proprio al centro della porta e si avvicinarono all’unisono. Posizionarono la chiave nell’insenatura e gli occhi di ognuno dei draghi si illuminarono di verde; e la porta si aprì facendo accedere i ragazzi a due stanze completamente identiche; molto grandi e ariose. La parete di fronte la porta, era completamente in vetrate che si affacciavano direttamente sul grande lago e sulle cascate. Sulla sinistra c’era un grande letto ovale dalle lenzuola candide e dall’altro lato c’era un grande armadio di cristallo e una scrivania con una sedia.
«Manderemo un ragazzo a chiamarvi per la cena. Avrete libero accesso all’intero palazzo, ma vedete di farvi trovare per quell’ora» disse Lezen sempre rimanendo al proprio posto. I due annuirono e le porte si chiusero. Lezen si incamminò per tornare indietro.

Era quasi l’alba e finalmente li aveva trovati. Aveva sentito che si dovevano riunire per pensare a un piano. E, infatti, fu così. Mentre camminava tra i tanti corridoi del palazzo, aveva sentito delle voci provenire da una stanza la cui porta era rimasta semiaperta e così fuoriusciva una luce soffusa. Dentro c’erano i membri della giunta che stavano parlando, si avvicinò di più acquattandosi dietro lo spigolo della parte e si mise in silenzio ad ascoltare ciò che si dicevano. Doveva raccogliere maggiori informazioni possibili. 
«Karan sei un pazzo, non puoi andare con loro. Sai bene quanto noi chi è stato. E se ci attaccasse mentre voi siete in viaggio?» disse una voce roca e bassa.
«Non lo farà, è ancora troppo debole» rispose la voce inconfondibile di Karan.
«Ha risvegliato una delle tre pietre!» protestò la voce di poco prima.
«La pietra si è risvegliata da sola perché ha sentito il suo cavaliere. Ha solo usato la sua magia per trovarla» disse Karan con assoluta calma. Sapeva quello che diceva e ne era assolutamente convinto.
«Come fai a saperlo? E se non fosse lei?» chiese un’altra voce più giovane.
«Ho visto gli effetti della pietra su Nayha, non ci sono altre spiegazioni. È arrivato il tempo che le pietre si risveglino; era scritto nel loro destino che sarebbero ritornate nessun sigillo dura per sempre. Qualunque esso sia, anche il più potente, ha un potere che va diminuendo, anche se all’inizio il suo decadimento non si nota nemmeno; invece il potere delle pietre aumenta sempre di più man mano che ci si avvicina al momento del risveglio, fino a quando non diventa abbastanza forte da spezzare il sigillo» spiegò il giovane mago.
«Non sono comunque convinto. Rimango della mia idea che sia una follia» disse la voce roca.
«Cerca di ragionare. I cavalieri non hanno la minima idea di come utilizzare il potere delle loro pietre. Sono l’unico che ha l’esperienza adatta per istruirli» disse Karan.
«Su questo ha ragione» disse un’altra voce in tono di assenso.
«Penso di aver trovato il prossimo cavaliere o la prossima pietra. Non so chi sia o dove sia, ma la pietra che ha Nayha si illumina quando viene posta a nord. Sarà quella la nostra meta. E poi, che vi piaccia o no, non abbandonerò di nuovo mia sorella» disse solenne Karan.
L’ombra si fece più attenta e si avvicinò quel tantino in più alla porta per sfiorarla. Un silenzioso cigolio risuonò nell’aria interrompendo la discussione dei maghi. Uno di loro si alzò e si diresse verso la porta per controllare cosa fosse stato. L’ombra imprecò tra i denti. Svelta si eresse sulle gambe e scappò via silenziosa com’era venuta scomparendo nell’oscurità del corridoio. Il mago aprì lentamente la porta e guardò fuori con attenzione. Non vide nulla. Allora rientrò richiudendosi la porta alle spalle.
Dietro l’angolo, l’ombra fece un sospiro di sollievo e un sorrisino si disegno sulle sue labbra perfette. Scomparve nuovamente.

La notte passò veloce e l’alba illuminò il volto di Nayha ancora sotto le coperte soffici. Bussarono alla porta. 
«Nayha sono Terim, sei pronta?» disse la voce del ragazzo da fuori.
Nayha sgranò gli occhi all’improvviso. La partenza. Se ne era completamente dimenticata. Maledette lenzuola, erano così soffici! Svelta uscì dalle coperte e si diresse verso la porta vicino l’armadio che conduceva al bagno. Si gettò in faccia dell’acqua ghiacciata che usciva da una piccola cascatella nella parete. Un brivido le percorse la schiena. 
«Nayha» chiamò nuovamente Terim.
«Sto arrivando» mugugnò come risposta la ragazza con un rudimentale spazzolino da denti in bocca. Si lavò il più velocemente che poté e tornò nella stanza principale.
«Ho capito, ti sei svegliata ora. Sei sempre la solita. Sbrigati che siamo già in ritardo. Ci vediamo giù che io vado a parlare con Karan.» disse Terim allontanandosi.
«No no, arrivo. Sono pronta» disse Nayha saltellando su un piede cercando di mettersi lo stivale.
«D’accordo, però muoviti».
«Eccomi» disse la ragazza legandosi i capelli e spalancando la porta «sono qui» concluse sorridendo e con il fiatone.
«Dovevi essere pronta mezz’ora fa» la rimproverò bonariamente Terim.
«Si lo so, ma ora sono qui giusto, quindi possiamo scendere» disse continuando a sorridere. Terim non poté fare altro che copiarla scuotendo la testa e insieme scesero nel grande spiazzale intorno al palazzo.
Erano tutti giù ad aspettare loro.
«Alla buon ora» disse scherzoso Karan «ti avevano mangiata le coperte?» concluse diretto verso Nayha. La ragazza arrossì vistosamente.
«Scusate» disse lei abbassando il capo. 
«Dai non fa niente» disse Karan mettendo una pergamena dentro la sacca che portava al collo «monta a cavallo su» le disse avvicinandole il suo stallone. Lei sorrise e saltò in groppa imitata da Terim.
«La pietra?» chiese Karan alla sorella.
«Ce l’ho» rispose Nayha indicando la sua sacca, ma con poco entusiasmo.
«Sta tranquilla» la confortò Karan «andrà tutto bene» concluse sorridendole. Lei lo imitò e poi guardò Terim che sorrise anch’egli, anche se lei sapeva bene che aveva i suoi stessi dubbi. L’unico pienamente fiducioso in quella missione era Karan, e Nayha sperava tanto che la sua positività si espandesse anche a lei e Terim.
«State attento signore» disse Lezen a Karan «la terrò aggiornata su tutto ciò che accade proprio come mi ha chiesto lei» concluse facendo un inchino.
«Grazie Lezen» disse Karan mettendo una mano sulla spalla dell’elfo.
«Siate prudente» gli dissero i membri della giunta. Egli sorrise.
Ma quel sorriso si spense veloce quando non vide arrivare Keyla. Era scomparsa di nuovo e questa volta per colpa sua. Pian piano si rese conto che il giorno prima fu l’ultima occasione per vederla. Gli si strinse il petto. Ma adesso non poteva più pensarci; aveva una missione, non poteva più pensare al passato. 
E così, dopo l’ultimo saluto i tre ragazzi, s’incamminarono attraversando il grande ponte. E ben presto le loro ombre scomparvero all’orizzonte.
   
 
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