- Capitolo 3-
Mi sono svegliata senza piangere,
Fred! Che bello!
Mi corrucciai
subito.
Allora questo vuol dire che sto
dimenticando mio fratello. Sto cercando di vivere, di sorridere, e che faccio?
Dimentico parte di quel che è stato la mia vita?
No, Ginny. Ipocrita! Cattiva! Non
puoi fare questo, non a tuo fratello!
Mi diedi un pugno sulla testa e
piansi. Piansi umiliata per il solo fatto di essermi svegliata non triste. Col
risultato di essere più triste di prima. Sì, perchè il ricordo di Fred mi era
tornato prepotentemente nella testa.
Mi illudevo di riuscire a
combattere. Sicuramente la morte è più facile. Non hai nulla con cui fare i
conti.
Mi tirai le coperte fin sopra la
testa.
Le lacrime continuavano a scivolare
copiose, ma ormai non singhiozzavo più. Ancora una settimana era passata. Una
settimana in più in cui il dolore si attenuava.
Ci stavamo dimenticando di
Fred?
No, non voglio assolutamente
dimenticarlo.
Volevo irrimediabilmente Harry
accanto a me. Lui, che con quei suoi grandi occhi verdi sapeva capirmi al volo.
Lui, che con le sue grandi mani ruvide mi asciugava le guance, bagnandosi i
palmi. Lui, che mi baciava con dolcezza. Lo volevo, lo volevo, lo
volevo!
Volevo solo
lui.
...e Fred.
Ma ero consapevole che non sarebbe
tornato più.
- Ma perchè?- mi chiesi a voce
alta.
Stavo andando in tilt, davvero!
Ormai parlavo da sola come se nulla fosse. I miei ritmi erano ancora
scombussolati.
Mi sfilai da sotto le coperte, e
poggiai i piedi a terra. Avevo la schiena inarcata, stanca. Mi passai una mano
sul viso, e poi la passai tra i capelli. Sospirai e mi passai il dorso della
mano destra su entrambi gli occhi. Mi grattai sul sopracciglio e mi alzai, con
fatica.
Raggiunsi, portandomi dietro i
piedi, la cucina. Quando vi entrai, trovai mamma accasciata sulla poltrona a
dondolo, con gli occhi chiusi e la testa piegata in avanti, che tendeva a
sinistra. Le braccia erano abbandonate sui braccioli della
sedia.
Ma che ore
erano?
Voltai di scatto il viso verso il
nostro orologio. Quasi tutte le lancette erano sulla casa, tranne un
paio.
Quella di Charlie indicava il
lavoro. Evidentemente in Romania, il lavoro coi draghi iniziava presto. E quella
di Fred, costantemente sul segnale di morte.
Quella di George? mi
chiesi.
La vidi, stava spostata verso casa.
Perchè? Non aveva intenzione di morire? Meglio così...
Bloccai il respiro quando la vidi
oscillare tra il teschio nero e casa, fermarsi qualche secondo sul teschio, per
poi tornare sulla casa.
Che stava
succedendo?
- Ginny..- sentii
sussurrare.
Mi voltai di scatto verso
mamma.
- Mamma!- dissi, e le corsi subito
incontro, sedendomi sui talloni. - Come va, mamma?-
chiesi.
Ero preoccupata per le occhiaia e le
borse che le erano terribilmente cresciute durante questo pericodo.
Mi liquidò con un: - Sto bene,
grazie-
Si alzò e si avvicinò ai fornelli,
pronta a preparare per la mattina.
- Mamma...-
Lei prese la bacchetta e la fece
roteare. Le pentole iniziarono a mettersi sul fuoco.
Rimasi molto estasiata quando vidi
quella scena, ma poi mi resi conto che per me era cosa
quotidiana.
- Mamma...- la chiamai
ancora.
Stavolta emise un
grugnito.
Mi si bloccò qualcosa. Chiusi gli
occhi e lo vidi lì, accasciato per terra, senza vita, con gli occhi appannati e
sul viso ancora il sorriso dell'ultima risata, la stessa che mostrava al
funerale.
Una scena totalmente diversa a
quella a cui avrei dovuto assistere. Mia mamma che iniziava a
cucinare.
- Perchè ti sei svegliata a
quest'ora?- mi chiese lei, approfittando del mio silenzio.
Le guardai la schiena, con le spalle
ricurve.
I capelli erano gettati tutti
all'indietro. Mentre era intenta ad osservare i fornelli, si raccolse i capelli
in una piccola coda. Poi si posò i pugni sui fianchi e si voltò verso di
me.
Io le sorrisi imbarazzata e mi
sedetti su una sedia, accanto al tavolo. La sedia dove mi siedo di
solito.
- Ginny...- fece mia madre,
sedendosi su una sedia accanto alla mia, voltandosi verso di me. - Capisco che
la morte di tuo fratello ti abbia scioccato a tal punto, ma non puoi buttarti
giù-
Mi guardò negli occhi. Avrei tanto
voluto risponderle che non era per lui, ora stavo bene. Mi preoccupavo di chi
avrebbe volentieri abbandonato la vita, sogno di chi l'ha
persa.
- So bene che perdere qualche
familiare a quest'età è difficile, ma tutti ci dobbiamo passare. A me è
dispiaciuto che è morto un mio figlio...un tuo
fratello...-
Mi guardò negli occhi. Stava
piangendo. Nemmeno mi ero accorta che mi aveva messo una mano sulla spalla. La
stava stringendo, come se non avesse voluto mai lasciarmi
andare.
Mia madre stava piangendo davanti a
me.
Sentii un senso di vuoto e disagio
che mi avevano messo nella condizione di sentirmi ancora peggio con me stessa.
Tutti ancora lo piangevano, e io no. Io ero l'unica. Mi sarei volentieri
picchiata per la mia superficialità.
- Mamma...- dissi con voce rotta.
Volevo piangere, ma mi dicevo di essere forte. Avevo quasi 17 anni, ero quasi
maggiorenne. Non dovevo piangere.
Lei ancora mi
interruppe.
- Il dolore di una madre è enorme,
Ginevra- mi accarezzò una guancia con una mano. Sentii le lacrime spostarsi
dalle mie guance alle sue mani. Stavo piangendo. Piangevo per Fred, piangevo per
il mio non essere triste e nemmeno felice, piangevo per mamma che aveva perso un
figlio. Ma più di tutto piangevo per la paura di perdere un
figlio.
Dovevo dirlo a
mamma.
Basta commiserarci addosso. Fred non
c'è più, vero. Fa male, vero. Ma che ne dite di farcene una ragione? A volte mi
chiedo ancora oggi come possa davvero non importarmene. Avevo immaginato tante
notti una vita tutti uniti, per la vita. Ma la vita di uno era finita. Morto.
Sepolto. Carne per vermi.
Tremai sotto la mia severità. Volevo
essere meno cattiva con me.
Mi sporsi verso mamma e la strinsi a
me.
Pianse come una bambina. E il sole
ancora non era alto in cielo in quel tempo.
Iniziava una nuova giornata, una
giornata all'insegna della disperazione, del combattere contro la morte, che sia
un pericolo o un ricordo. E per questo bisogno di combattere, sentivo gonfiarsi
qualcosa nel petto. Orgoglio, fierezza, combattività. Doti di un Grifondoro.
Doti di un Weasley. Mai da dimenticare, non fa bene. Sono regole di vita. Vita
che è un dono prezioso da preservare.
Dissi a mamma di quello che mi aveva
detto George. Di come avrebbe voluto essere con Fred, di come la sua mancanza lo
spingeva a emulare il fratello.
Lessi nei suoi occhi paura e ancora
disperazione, e ancora, e ancora, e ancora.
Siamo la sua vita. Se muore uno di
noi, muore una parte di lei. Lo so, lo so. Sono una ragazza anche io, posso bene
immaginare come ci si possa sentire.
- Dobbiamo aiutarlo- insistetti.
Mamma annuì con vigore.
Si asciugò le lacrime e si alzò
velocemente. Andò a cuocere il bacon.
Ecco quella forza che cerco per
donarla a George, anche solo una piccola: superare e continuare a vivere.
Fred era
morto.
Piano piano il sole si alzò in
cielo, e arrivarono papà e Percy. Entrambi sarebbero tornati al
lavoro.
La mamma riferì loro quello che le
avevo detto di George.
Percy strinse così forte il
bicchiere di acqua e lo mandò in frantumi. Papà ebbe gli occhi
lucidi.
- Dobbiamo fare qualcosa!- si scladò
mio fratello.
Non sapevo che avesse questa forza,
questa volontà.
Mi sentii protetta. E in quel
momento seppi che se qualcuno mi avesse fatto qualcosa, mi avrebbe difeso. E
l'avrebbe fatto anche se avessi torto, anche se poi avrebbe detto che l'altro
aveva ragione.
- E' quello che pensavo anche io!-
convenni immediatamente.
Ci guardammo tra gli occhi e sapemmo
cosa fare.
Aiutarlo.
Aiutare George a ritrovare la strada
per la felicità.
A dimenticare
Fred.
Perchè è
morto.
...Fred, Fred, Fred...sempre nei
nostri pensieri...ma sei davvero morto?
A volte provo qualche
dubbio.
Ma poi tu non ci sei più e mi
rispondo.
Sì, è morto, Ginny. Morto. Non
ritornerà, mai più.