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Autore: massi_97    15/09/2013    1 recensioni
Beh, a tutti noi possono capitare dei momenti… singolari?
Delle circostanze che non si spiegano appieno, di cui ci sfugge qualcosa.
O delle situazioni completamente prive di senso, cose che rasentano l’impossibile, cose che possiamo vedere solo nei nostri sogni… o per meglio dire, nei nostri incubi.
Se c’è qualcuno li fuori che pensa di essere l’unico a cui accadono queste cose, che pensa che capitino tutte a lui, devo dire che si sbaglia di grosso.
Ci sono dei ragazzi a cui queste cose capitano di continuo, e non possono sfuggirvi.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Gli Dèi, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Dei ragazzi come tanti”ecco cosa ti rispondono quando chiedi a qualcuno di Dylan, Mary o Max, come si sbagliano.
D’altronde come puoi biasimarli, quasi nessuno è mai riuscito a conoscerli veramente.
Dylan si è svegliato, come al solito all’alba, “come i polli” gli piaceva dirsi, sempre in tempo per vedere il sole che sorge.
Non lo fa apposta, è solo che lo fa e basta, fin da piccolo, ma a lui non dispiace.
Tutte le mattine appena sveglio si affaccia alla finestra di camera sua e scruta il panorama, il dolce profumo di cornetti appena fatti nella pasticceria in fondo alla strada.
Il rumore frenetico degli uccellini che si svegliano sulle cime degli alberi.
La città che sta lentamente riprendendo vita, i motori si accendono, le serrande si aprono.
Ama vedere il sole dipingere di tutti quei colori il cielo e le lame di luce contornare i palazzi. Ma la parte che preferisce di più è quando uno spicchio di sole timidamente fa capolino sopra i tetti e un raggio lo investe in pieno viso, il piacevole tepore gli accarezza le guance.
- Dylan!
Ecco, magia finita.
Il ragazzo si ributta sul letto e cerca di tapparsi le orecchie infilando la testa sotto il cuscino.
- Alzati immediatamente da quel letto!
Inutile.
- Dylaaan!
Le urla della madre non gli lasciano tregua.
- Mi sono alzato!
Urla affacciandosi al corridoio.
Dylan non ha nessuna voglia di affrontate un altro primo giorno di scuola. È la settima scuola che cambia in altrettanti anni e molte volte i suoi coetanei quindicenni possono essere, particolarmente irritanti.
Sinceramente non ne capisce il senso di andare ad una nuova scuola da cui verrò nuovamente espulso per ritrovarsi nuovamente a dover scegliere una nuova scuola.
Dylan sta iniziando ad odiare le novità.
Tanto più dopo che si è trasferito in New London, per il lavoro della madre, lei fa la gallerista d’arte e si è appena comprata una galleria proprio li.
Dylan è veramente molto contento che il suo lavoro va a gonfie vele, sia ben chiaro, ma ancora si deve ambientare a questa nuova vita.
Suo padre non lo ha mai incontrato, è un argomento tabù per la madre.
Lui sa solo che se ne è andato poco dopo la sua nascita.
Il solo pensiero lo manda in bestia, se n’è andato lasciando la madre sola con un figlio a carico e senza un pidocchioso assegno di mantenimento.
All'epoca la madre faceva la pittrice ma i suoi quadri non vendevano molto, anche se Dylan li ha sempre trovati fantastici.
Ricorda bene di come la madre quando era piccolo usciva la mattina presto e tornava a notte inoltrata per andare a fare uno dei suoi tre lavori, mentre lui rimaneva a casa con la nonna.
Fortunatamente, un giorno la madre ha venduto molti dei suoi splendidi quadri.
Ed ora eccola li, che apre una galleria d’arte proprio come ha sempre voluto fare.
Dopo essersi vestito ed essersi pettinato i biondi ricci, va in cucina a fare colazione.
Prende una tazza di latte, del succo di frutta, dei fiocchi d’avena e si mette sul tavolo.
- Per oggi puoi prendere un po’ di caffè, te lo ho lascito nella caffettiera.
La madre sta correndo da una parte all’altra della casa per raccattare le ultime cose, cercando di infilarsi un tacco tra un passo e l’altro.
Lei non gli ha mai lasciato pendere il caffè, anche se lui lo adora.
Sapete caffeina e iperattività non vanno molto d’accordo.
È si, Dylan è iperattivo e anche dislessico, non si lascia mancare niente.
- Mi raccomando oggi con la nuova scuola, comportati bene, fai il bravo studente, e fatti tanti amici.
- A-ah, come no.
La madre avvicinandosi a Dylan, gli mete una mano sulla guancia e sorride dolcemente.
- Sono sicura che qui riuscirai a farti dei nuovi amici Dylan, andrà molto meglio dell’altra volta.
Il suo sorriso è sempre riuscito a rassicurarlo, gli occhi verdi colmi d’amore gli danno speranza nel futuro.
- Lo spero tanto- dice ricambiando il sorriso.
- Adesso scusami ma faccio tardi a lavoro, oggi dobbiamo installare tutte le luci e entro la fine del mese inaugureremo la galleria- gli dà un bacio sulla fronte e mentre prende le chiavi dal comodino aggiunge:
- Ah, mi stavo dimenticando, il pranzo è nel forno e ti voglio bene.
- Te ne voglio anche io- risponde mentre si chiude la porta.
Finito di fare colazione e di fare lo zaino, Dylan è costretto a lanciarsi in quella giungla che chiamano mondo per andare a prendere lo scuola bus.
Lui di scuole ne ha visitate diverse e ognuna di esse aveva i propri professori, i propri studenti, la propria cuoca della mensa e il proprio custode.
Ma ogni singolo scuola bus, di ogni singola scuola, puzza sempre nello stesso ripugnante modo.
Dylan da una veloce occhiata alle persone e li inquadra tutti, spera vivamente che tutti lo ignorino li dentro.
Dei ragazzi seduti alle prime file stanno ripassando delle cose sui libri, evidentemente sono i secchioni della scuola.
La maggior parte indossa delle camice a scacchi portando dei vistosi occhiali e ogni tanto si vedono scintillare degli apparecchi.
Mentre dei ragazzi seduti subito dietro si diverto a incastrargli  palline di carta e molliche di pane tra i capelli.
I classici bulletti, troppi ne ha visti, alti, grossi, chi incappucciato, chi completamente rasato, alcuni indossano felpe altri semplici magliette.
Li supera veloce cercando di non attirale l’attenzione.
Non è che ne ha paura, solo che non ha minimamente la fantasia di farsi una scazzottata di prima mattina, e tanto meno il primo giorno.
Dopo ancora sono seduti i ragazzi “normali”, alcuni stanno chiacchierando, altri sembrano ancora non essersi ripresi del tutto dalle vacanze, mentre paiono essere in uno stati di trance sospesi tra questo mondo e quello dei sogni.
Nella parte più in fondo sono seduti quelli che si definiscono “i popolari”.
La maggior parte sembra essere della squadra di football o delle ragazze cheerleader della scuola quasi tutti indossano una felpa su cui spicca il loro stemma. Una aquila che regge sotto l’ascella di pennuto un pallone e alza l’altro braccio in segno di vittoria, il tutto colorato di giallo e verde.
Il più grosso di loro, che potrebbe essere il capitano, è seduto al centro e sta facendo vedere i muscoli a quella che probabilmente è la sua ragazza.
Dylan preferisce mettersi tra i ragazzi “normali”, in un posto vicino a nessuno, dietro ma non troppo vicino ai palestrati.
Si infila repentino le cuffiette del MP3, per evitare di sentire i discorsi "di un certo livello" delle cheerleader su quale rossetto mettesse meglio in risalto gli occhi.
La città gli scorre di fronte agli occhi, fino a che lo scuola bus non si ferma con un cigolio sinistro di fronte al liceo Santa Monica, quella che sarà scuola sua, per lo meno fino a che non si farà espellere.
Dylan scende quasi per ultimo, un paio di ragazzi si sono addormentati sui sedili e qualcuno si è divertito a scarabocchiargli la faccia.
Questo non fa altro che ricordare a Dylan di stare con gli occhi aperti, in tutti i sensi.
Con passo furtivo si avvia per il cortile dove vari ragazzi si stanno salutando dopo, probabilmente, non essersi visti per molto tempo.
Si vedono abbracci, baci su guance e altri più passionali.
Sgattaiola dentro prima che suoni la campanella, per evitare di perdersi nel fiume di persone che ci sarebbe stato abbreve.
Il programma di oggi dice: prima ora inglese, per fortuna ha trovato in fretta l’aula.
Si affaccia per vedere chi c'è, per fortuna nessuno.
L’aula è abbastanza spaziosa con una grandissima lavagna che copre un intera parete, una cattedra vuota proprio di fronte a cinque file di banchi.
La parete opposta alla porta è completamente tappezzata di larghe finestre che lasciano entrare una abbondante luce, evidentemente sono direzionate a est, perché ne entra veramente tanta.
Menomale, se c’è una cosa che non sopporta sono le stanze buie, gli mettono sonnolenza.
Si fionda veloce verso il banco della terza fila affianco alla finestra, guardando fuori gli viene l’impulso di aprire e scappare.
Quello è un posto strategico, non troppo avanti da farti prendere per uno sbruffone “so tutto io” e non troppo dietro da farti credere uno a cui non interessa e di riflesso essere etichettato come attaccabrighe.
Suonata la campanella e entrati gli alunni entra un uomo di mezza età, il professore, porta il riporto e degli occhialoni rotondi.
Indossa una vecchia giacca beige scuro consumata all'altezza dei gomiti, una cravatta rossa e dei lunghi pantaloni marroni.
Al primo colpo potrebbe sembrare una persona tranquilla, che non ti crea molti problemi se ti dovessi dimenticare per una volta il quaderno degli esercizi.
“grazie al cielo, sembra mi sia andata bene” pensa Dylan mentre il professore si siede alla cattedra e prendendo un gesso scrive il suo cognome.
- D’ora in poi sarò il vostro professore di inglese. Mi chiamerete professore o professor Petrelli, niente prof, proffy o altri vezzeggiativi di qualsivoglia genere. Non crediate che solo perché è il primo giorno di scuola mi metta a chiedervi come vi sono andare le vacanze estive o altre cretinate di questo tipo perché, sinceramente, non mi interessa niente di voi. Detto ciò, prendete il libro al capitolo uno.
Ottimo neanche è iniziata scuola che già la odia.
Dylan preso il libro lo apre a una pagina a caso.
Si regge la testa con il pugno facendo finta di leggere ma in realtà guarda fuori dalla finestra.
Poi non avrebbe avuto senso mettersi a leggere, non avrebbe comunque capito un accidente, come tutte le volte che prova a farlo
“Stupida dislessia”.
La giornata, oltre al fatto che molti dei professori sono pazzi, passa relativamente tranquilla, come il resto della settimana.
Ma niente dura per sempre, neanche le cose brutte, possono sempre peggiorare.
 
  
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