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Autore: PinkyCCh    18/09/2013    13 recensioni
Elisabetta, al quinto anno del liceo scientifico, ha sempre cercato di passare inosservata, per evitare problemi. Il suo unico obbiettivo era: arrivare all’ultimo giorno di liceo, indenne, senza problemi. Ma qualcuno sembra non essere d’accordo. Chi? Nico. Il tipico cliché adolescenziale. Bastardo al punto giusto, stronzo al punto giusto e bello al punto giusto. Una scommessa li unirà. Un professore un po’ pazzo li unirà. Riuscirà Elisabetta a cavarsela? Riuscirà a non cadere tra le grinfie di Nico?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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- Epilogo - Do You Remember? -

 





“Ehi Elis, perché hai quel sorriso stampato in faccia?” mi domandò la mia compagna di stanza, guardandomi maliziosa.
“Eh? Niente... ricordi, Grace. Tranquilla.” Risposi, sedendomi sul mio letto e poggiando le mani sulla superficie e tirando indietro la testa per cercare di ricacciare indietro le lacrime dovute a ricordi troppo scomodi.
“Sai.. – disse sedendosi al mio fianco e guardandomi – ho davvero voglia di sapere cos'è questo "niente" che ti ha fatto diventare lucidi gli occhi.” Mi sorrise, infondendomi un calore che sapeva di famiglia.

Ero stata davvero fortunata due anni prima, quando arrivata a New York, mi ero ritrovata in camera con quella ragazza bionda e dagli occhioni castani, simili ad un cerbiattolo. Se non fosse stato per lei, probabilmente, non sarei riuscita a ricostruirmi una vita. Mi era stata vicino nei momenti più tristi, ma anche in quelli più felici.

“Sai Grace, credevo che amare Nico sarebbe stata la mia salvezza ed invece mi rendo conto che è stato tutto un grande sbaglio. Non si può cambiare il corso degli eventi. Lui era troppo ottuso a quel tempo per poter capire il sacrificio dell'amore. Lui voleva tutto e subito e quello fu la condanna per il nostro amore non sbocciato – tirai su col naso, ormai le lacrime avevano iniziato il loro percorso, mentre i ricordi mi passavano davanti – tutti sognano il principe azzurro, l’anima gemella. Io mi sarei accontentata del principe turchino, ma anche color cacca. – scoppiammo a ridere per quella mia battuta del cavolo - se solo avesse avuto più fiducia in noi, se solo avesse capito le mie esigenze, se solo… - scossi la testa, il passato ormai non si poteva più cambiare – sono convinta che le cose sarebbero potute andare diversamente.” Girai il viso verso Grace, e le sorrisi malinconicamente. Chissà che pena dovevo farle.
“Elis, il passato, per quanto male possa fare, credo che abbia un proprio pensiero, una propria giustificazione.” Sussurrò. Mi attiirò a sé e mi fece posare la testa sulla sua spalla, proprio come una mamma.

Socchiusi gli occhi ed immancabilmente i ricordi di quel giorno che ora mi sembrava così lontano, si materializzarono nella mia mente.
 
“Elis, mi mancherai da morire!” piagnucolò Kath, stringendomi così forte da mancarmi quasi l’aria.
“Vi prego, mi fate sentire dannatamente in colpa ragazze.” Chinai il capo con fare colpevole.

Mi sarebbero mancate. Nell’ultimo anno avevo scoperto cosa significasse avere delle vere amiche pronte a difenderti e sostenerti nella buona e nella cattiva sorte. Eravamo diventate un vero trio, finalmente.
Voltai il viso verso quelli che per anni erano stati la mia fonte di disperazione e tristezza: i miei genitori.

“Mamma, papà…” sussurrai.
“Betty, piccola mia..” piagnucolò mia madre avvicinandosi a me ed abbracciandomi con enfasi.

Sorrisi. Betty era il nomignolo con cui mi chiamavano da piccola. Forse non li avevo mai capiti fino in fondo,  forse mi ero fatta un’idea sbagliato di loro non immedesimando nel dramma in cui stavano vivendo. Si erano ritrovati senza lavoro e senza soldi e lo stress li aveva sopraffatti.
Staccai il mio corpo da quello di mia madre ed attirai mio padre verso di noi prendendolo per il braccio e facendolo avvinghiare a noi, unendoli entrambi in un abbraccio effetto piovra.

“Perdonatemi se non vi ho saputo capire entrambi e se ho pensato che fosse i peggior genitori del mondo. Perdonatemi per essere stata una pessima figlia. Vi amo.” Tirai su col naso e stringendoli ulteriormente a me.
“Tu sei stata perfetta micietta. Perdona noi per aver approfittato di te e del tuo buon cuore.” Mi sussurrò mio padre all’orecchio con i lacrimoni agli angoli degli occhi.

Sorrisi e baciai entrambi sulla guancia e ringraziandoli silenziosamente con lo sguardo.

“Va dalle tue amiche piccola.” Disse mia madre con la voce rotta dall’emozione.

Annuii e tornai dalle mie due amiche.
Erano sedute sui quelle scomodissime panchine di plastica, intente a consolarsi a vicenda.

“Ragazze…”

Alzarono i loro visi incatenando i loro sguardi al mio e sorridendomi debolmente. Volevano fare le forti? Che sciocche che erano…

“Elis, perdonaci. Non volevamo farci vedere in questo stato da te. Noi non…” le interruppi facendo un cenno della testa.
“Va tutto bene. Mi mancherete da morire – dissi mentre mi avvicinavo a loro – mi mancherete tutti.”
“Elis, io… - singhiozzò Linda, guardandomi attentamente – ho detto a N-Nico che oggi saresti partita e pensavo che sarebbe venuto.” Ammise abbassando il volto.

Strabuzzai gli occhi, conscia di ciò che aveva combinato Linda. Aveva davvero detto a quello stronzo patentato della mia partenza? Ma un moto di tristezza invase subito dopo il mio cuore. Lui sapeva e non era venuto. Lui sapeva che quella sarebbe stata l’ultima volta, probabilmente, che ci saremmo visti e non era venuto. Ecco quanto importante ero per lui. Gli occhi mi si inumidirono e le lacrime vennero a far compagnia alle mie gote ormai rosse.
Ma quanto ero patetica?

“Non preoccuparti tesoro. Non era destino che noi stessimo insieme. Sta tranquilla, in fondo è meglio così. Non credo che ce l’avrei fatta a vederlo ed a non partire poi.” Cercai di sembrare il più sincera possibile, ma la verità era che quella notizia e quella mancanza mi stava lentamente logorando internamente.


Ultima chiamata per i passeggeri del volo 473 diretto a New York” una voce metallica ci fece sobbalzare, segnando i miei ultimi secondi in terra italiana. Il grande momento era giunto.


Guardai negli occhi le mie amiche, vedendo il terrore e la malinconia nei loro sguardi. Mi voltai verso i miei genitori, trovando mia madre intenta a singhiozzare e mio padre a trattenersi dal piangere.
Mi avvicinai alla mia famiglia e li guardai attentamente, come a voler imprimere nella mia mente la loro immagine in un momento di tale dolcezza e dolore.

“Devo andare.” sussurrai, quasi avessi paura delle mie stesse parole.

Li vidi annuire ed abbracciarmi un’ultima volta.
Mi avviai verso il Gate, pronta per il check-in. Tremavo tutta mentre davo all’hostess i miei documenti. Un pensiero fisso in testa ed il cuore in subbuglio sarebbero stati i miei compagni di viaggio.
Avevo un unico dubbio che forse mi avrebbe solo fatto del male. Volevo girarmi e vedere se Nico fosse venuto a salutarmi, ma se così non fosse stato, il mio cuore che fine avrebbe fatto?

“Oh, al diavolo! Io mi giro!” esclamai, facendo sobbalzare l’hostess che mi guardava come se fossi stata una matta.

Mi girai molto lentamente con il cuore in gola e le mani già sudate.
Solo un secondo, un misero secondo. Pensai.
Mi  voltai ed il mio cuore ebbe un sussulto. Una chioma bionda nascosta dietro una colonna celeste. Era lì! Un sorriso si affacciò sul mio viso, sostituito subito dopo da una smorfia di dolore nel constatare che non era lui. Sospirai e mi voltai, decisa a non voltarmi mai più indietro.
Era finita. Era tutto finito.
 


Riaprii gli occhi rendendomi conto che mi trovavo nella mia camera al college e non all’aeroporto. La mente continuava a giocarmi brutti scherzi.

“Non credevo – iniziai nuovamente a parlare – che potesse fai così male ricordare Grace. Non credevo potesse far così male non vederlo lì a salutarmi insieme alla mia famiglia ed alle mie amiche. Credevo di essere forte abbastanza da poter sopportare tutto ma la verità era che non ero cambiata e continuavo ad essere la stessa ragazzina timida e senza spina dorsale di un tempo. L’Elis insicura di sempre. Mi sentivo una completa stupida. Avevo davanti a me le mie amiche e la mia famiglia ma volevo lui. Ero proprio, anzi lo sono, un’ingorda! – tirai un pugno sulla superficie morbida del letto – dannazione a lui ed al momento in cui ci siamo avvicinati!” pronunciai l’ultima frase urlando di disperazione.
La ferita era ancora aperta, il mio amore bruciava ancora ardentemente in me. Ero senza speranze.

“Non venne a salutarti?” mi domandò Grace incredula.
“Aspetta. Ci sto arrivando.” Sorrisi ed un nuovo turbinio di ricordi invase la mia mente.
 

“Elis!” una voce a me conosciuta mi fece sobbalzare e voltare di scatto.
“Nico?” ero incredula e felice.
“Perdonami se non sono arrivato prima, ma c’era un traffico madornale e non ero sicuro di volerti dire addio così. Perdonami Marsh, perdonami per la mia stronzaggine. Perdonami…”
“Ti amo.” Lo interruppi con le lacrime agli occhi.

Boccheggiò incredulo e poi mi sorrise.

“Anch’io Marsh.” Dio quanto lo amavo e quanto mi sarebbe mancato.
“Non ti chiedo di aspettarmi, perché non sarebbe giusto. Ti chiedo solo una cosa amore mio…non dimenticarti di me, di noi e di quello che saremmo potuti essere. Ricordami e la nostra non-storia vivrà attraverso i nostri ricordi.” Conclusi ormai in lacrime.
“Lo farò. – chiuse gli occhi e sospirò – Va e spacca tutto piccolo uragano e ricorda che anche se a chilometri di distanza io ti proteggerò.”

Annuii e tirai su col naso, voltandomi e ed entrando nel corridoio che mi avrebbe condotto alla mia nuova vita.
 



“Oddio è stato dolcissimo!” esclamò Grace battendo le mani con occhi sognanti.
“Già…” annuii.
“Non vi siete più sentiti?” osò domandare Grace.
“All’inzio qualche e-mail ma poi ognuno è andato avanti per la propria strada. Sai qual è la cosa più buffa? Che non mi pento di nulla ora come ora, perché so che è stata la cosa più giusta da fare. Anche se lo amo ancora, non cambierei nulla. È giusto così, no?” conclusi sorridendole.
“C-credo di sì.” Rispose perplessa la mia compagna di stanza.

Qualcuno ad un tratto bussò alla porta della camera, facendoci quasi cadere dal letto per via dell’atmosfera che i miei ricordi avevano creato. Ci guardammo quasi scocciate.

“Vado ad aprire io, tranquilla Grace.” Mi offrii volontaria per alzarmi da quel letto così comodo.

Il bussare era incessante e mi fece sbuffare.

“UN ATTIMO!” gridai.

Arrivai alla porta e l’aprii lentamente come nei film.

“Josh giuro che se sei tu questa volta ti uccido!” urlai, ma non ebbi tempo di dire o fare altro che due labbra s’incollarono sulle mie, facendomi strabuzzare gli occhi.
“N-nico?” dissi con una voce stridula tra l’incredulo e lo spaventato. “Che ci fai qui?”

Che fosse un altro miraggio? Che la mia mente avesse deciso di giocarmi un qualche brutto scherzo?

Scusa il ritardo amore, sono qui.” Disse Nico baciandomi ancora una volta.

No, non era un miraggio o un sogno. Lui era lì, davanti a me.
Nico era di nuovo con me.
 
 




Nota autore:
Che dire? Siamo giunti alla fine di quest’avventura e con rammarico dico che mi mancheranno questi due matti innamorati.
Non credevo che mettere una X su completa fosse così dolore e malinconico.
Amo questi due come fossero fratelli ormai ed è tutto merito di voi lettori! Siete stati la mia forza in questi mesi. Anche se non lo sapete, mi avete aiutata in un momento davvero orribile. Mi avete dato la forza di continuare a scrivere e di non demordere.
Vi ringrazio di cuore, davvero.
Alla prossima ragazzi.
Pinky
 
 

 
   
 
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