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Autore: Cerbyatta Cullen    22/09/2013    3 recensioni
Aveva assistito ad altre notti di luna nuova su quel tetto, ma mai tanto buie come quella. Non si sarebbe mai immaginato, in una notte del genere, di veder passare una stella cadente. La sua coda era tanto luminosa che, seppure per pochi istanti, aveva illuminato a giorno il tetto del dojo. Ranma non ci pensò due volte, nonostante non avesse mai creduto a tutte quelle storie. Espresse un desiderio.
Genere: Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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2. COME SEMPRE
 
Non ricordava nemmeno di essersi messo a letto o di essere andato in camera sua. Era stata una notte d'inferno... solo questo ricordava.
Ranma scostò malamente le lenzuola umide di sudore e mise i piedi per terra, stropicciandosi gli occhi ormai spalancati col dorso del pugno.
" Dannazione... "
Nonostante fosse ormai sveglio, non riusciva a liberarsi dell'orribile sensazione che il sogno gli aveva portato. Mai come allora, ricordava ciò che aveva sognato con precisione maniacale, in ogni dettaglio. 
Nell'incubo, saltava giù dal tetto del dojo, mezzo nudo, sporco di fango e cenere, coperto di ferite, come se fosse stato nel mezzo di un'esplosione, o nell'occhio di un ciclone. Saltava giù perchè gli era parso di sentire un grido. Tutt'intorno un'atmosfera lugubre, tetra. Corvi ovunque, ad oscurare ulteriormente il cielo già cupo. Per terra, a creare un sentiero sul prato del giardino di casa Tendo, decine e decine di piume d'uccello. Ad una prima occhiata non se n'era accorto, ma osservando meglio si rendeva conto, spaventato, che le piume erano sporche di sangue. Altre gocce, invece, sporcavano il terreno tutto intorno al sentiero.
Nel sogno, Ranma decideva di farsi coraggio e seguire il sentiero di piume. Il ragazzo iniziava a sudare, terrorizzato. Raggiungeva il retro della palestra, lentamente, sentendo accelerare il battito ad ogni passo. E, inconsapevolmente, sapeva già che l'immagini che gli si sarebbe parata davanti lo avrebbe scioccato, straziato, lo avrebbe lasciato senza fiato: una dozzina di grossi cuscini lacerati, come da artigli, sparsi in maniera disordinata sul terreno. Drappi infangati e strappati di un lenzuolo giallo sparsi ovunque tra i resti dei cuscini, mentre un drappo più grosso degli altri, e impregnato di fango e sangue, sembrava coprire qualcosa.
Non sapeva il perchè, ma Ranma aveva paura. Era terrorizzato all'idea di sollevare quel drappo di lenzuolo e scoprire cosa nascondeva. Si avvicinava con cautela, mentre i battiti seguitavano a martellargli veloci nel petto e il sudore gli imperlava la fronte e le guance, misto alle lacrime che sapeva di aver iniziato a versare.
Deglutendo, scioglieva un pò del nodo alla gola che gli impediva di muoversi e si chinava sul lenzuolo. Ne afferrava un lembo, quasi con la punta delle dita e iniziava a sollevarlo, osservando ad occhi socchiusi le increspature del tessuto che andavano deformando il lenzuolo con precisione raccapricciante, quasi non volesse guardare.
Odiò se stesso, ricordando la reazione che aveva avuto nell'incubo alla vista del corpo inerme e freddo di Akane, una volta sollevato il lenzuolo. Una reazione quasi assente, nessun grido, nè singhiozzo, nè verso di disperazione. Un pianto silenzioso e raccapricciante, senza suoni, fatto solo di lacrime. Vuoto. Ecco come si era sentito. Come se nulla avesse più senso. Nè lui, nè la sua famiglia, nè il suo nome, nè le arti marziali...  nulla aveva più importanza senza di lei.
Ma quella non fu la parte peggiore dell'incubo. Il peggio venne quando gli occhi del cadavere di Akane si spalancarono di colpo, puntando Ranma con uno sguardo carico di rabbia. Non v'era traccia del caldo cioccolato che il ragazzo ricordava, gli occhi erano completamente neri. Un rivolo di sangue fuoriuscì al lato della bocca della ragazza, quando iniziò a parlare. La voce era di Akane, senza dubbio. Ma qualcosa di oscuro e macabro la rendeva raccapricciante. 
" E' tutta colpa tua "
Ranma non riusciva ancora a muoversi, nè a parlare per il terrore. Inizialmente, balbettava.
"A-Akane... io ti ho sentito gridare... sono sceso dal tetto e..."
"E' tutta colpa tua"
Mentre il ragazzo tentava di spiegare, Akane si era alzata in piedi, mostrando il corpo tumefatto, coperto di lividi. Un grosso squarcio attraversava il petto in diagonale, grondante di sangue, disegnando nuove macchie sul suo pigiama giallo. Ranma la osservava inorridito, continuando a versare lacrime. 
"Cosa ti hanno fatto... ?"
Ad ogni parola, la voce di Akane diventava sempre più strana, sempre più oscura, fino quasi a non appartenerle.
"Colpa tua"
Erano a pochissima distanza l'uno dall'altra. Ranma allungava una mano verso di lei, improvvisamente più impaurito.
"Akane... ti prego..."
"Colpa tua"
Un raggio di sole, ad un tratto, filtrava insistente attraverso lo spesso strato di coltre oscura raggiungendo il volto di Ranma ed anche quello della ragazza. Ranma ricordava con precisione questo particolare perchè, quando si era svegliato, aveva creduto che il fascio di luce che gli colpiva la faccia fosse lo stesso.
L'ultima scena che ricordava fu quando restò con la mano sospesa a mezzaria, impotente, mentre il corpo di Akane diventava sempre più grigio, man mano che il sole lo inondava della sua luce. Tento di raggiungere il viso della ragazza con la punta delle dita, ma fu inutile. Si ritrovava ad afferrare l'aria, mentre gli ultimi residui inceneriti del corpo di Akane volavano sospinti da un vento gelido, sotto il fascio luminoso dell'alba.
Ranma si alzò definitivamente dal letto, ormai oltremodo sveglio. Gettò un'occhiata veloce alla sveglia sul comodino, rendendosi conto che era decisamente presto per i suoi standard, ma decise che avrebbe fatto meglio a farsi una doccia e a tentare di rilassarsi, anzichè starsene a rimuginare su un incubo. Tanto ne era sicuro...l'incubo vero e proprio sarebbe iniziato di lì a breve, quando tutta la famiglia Tendo-Saotome si sarebbe riunita a colazione e si sarebbe parlato di quello che era accaduto il giorno prima. Chiaramente, e Ranma ne era sicuro, tutta la colpa sarebbe ricaduta su di lui. Uscì in fretta dalla sua camera e si diresse in bagno, con tutte le buone intenzioni di arrivarci. Ma una fermata era obbligatoria.
Così, in punta di piedi, si fermò accanto all'unica porta della casa che sfoggiasse una papera di legno e l'aprì con cautela. Abituò velocemente gli occhi al buio della camera e gettò uno sguardo al letto. Akane dormiva tranquilla, aggrovigliata tra le lenzuola gialle e abbracciata al cuscino. Ranma sorrise e sospirò di sollievo quasi senza accorgersene. Richiuse la porta e si avviò in bagno, dandosi dello stupido. Aveva davvero avuto paura che non si trattasse di un sogno? Sorrise, infondo non gli era costato nulla controllare. Un ruggito sordo dal suo stomaco interruppe il flusso dei pensieri del ragazzo.
Si rese conto che la giornata precedente non era stata tra le migliori per i suoi nervi e, tra le altre cose, aveva anche digiunato tutto il giorno! Entrò in bagno e si affrettò a spogliarsi e a mettersi sotto il getto d'acqua calda della doccia. 
Di sicuro la colazione avrebbe portato a discutere sull'accaduto e lui ed Akane avrebbero iniziato a litigare, poi a dirsele di santa ragione, infine avrebbe cominciato a scappare per sfuggire alla fidanzata, che l'avrebbe rincorso con in mano il tavolo da pranzo. Come sempre. 
In seguito, Akane ce l'avrebbe avuta a morte con lui fino a che il ragazzo non avesse trovato una maniera di fare pace. Come sempre. E alla fine, tutto sarebbe tornato alla normalità. Akane non lo odiava, ne era convinto ogni minuto di più. L'espressione del giorno precedente che l'aveva tanto preoccupato, era solo dovuta al fatto che fosse arrabbiata. Sì, molto arrabbiata, ok. Ma Akane non l'avrebbe mai odiato, soprattutto per un casino che sapeva perfettamente non fosse stato colpa sua. Prima o poi la testona lo avrebbe capito.
Ranma si rilassò sotto il getto caldo, pregustando la tranquillità che sarebbe giunta presto o tardi. Inevitabilmente. Come sempre.
   
 
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