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Autore: ellacowgirl in Madame_Butterfly    30/09/2013    6 recensioni
(Questa fanfic non tiene conto del corso del manga a partire dal cap.575)
Tobi ha vinto, Naruto è stato sconfitto e assieme a Killer Bee è imprigionato in un luogo segreto e assolutamente inaccessibile, introvabile, dove i due demoni aspettano solo di essere prelevati dalle loro forze portanti e aggiunti alla preziosa collezione dell’uomo mascherato.
Madara ha vinto, i cinque Kage sono suoi prigionieri e tenuti in pessime condizioni affinché non si ribellino, mentre l’ultimo Uchiha spadroneggia su Konoha e ha tutte le intenzioni di piegare i rappresentanti delle cinque terre al suo volere.
Kabutomaru non accenna a disattivare la sua tecnica, che gli permette il controllo delle forze portanti e di tutti gli alleati defunti di cui necessita, senza contare che sia riuscito a distruggere i sigilli sui resuscitati sigillati e li abbia riportarti sotto il suo volere.
Le Cinque Terra ninja sembrano essere in ginocchio, mentre i suoi Shinobi sono imprigionati, schiavizzati e tenuti sottomessi con qualsiasi forma brutale di repressione.
Ma nonostante tutto, nessuno di loro ha la minima intenzione di permettere che esseri tanto oscuri e spregevoli vincano sulla loro dignità e sulla terra dei loro cari.
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Gaara/Matsuri, Hinata/Naruto, Neji/TenTen, Sasuke/Sakura, Shikamaru/Temari
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Avventure!'
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Note Autrice:
Buona sera a tutti!
Questo capitolo sarà più lungo dei precedenti, proprio perchè ho voluto ricavare un piccolo "spazio" per la maggior parte dei personaggi di questa storia. Più che fatti, in queste righe leggerete un approfondimento
dei rapporti fra i personaggi che vi invito a non prendere alla leggera: ogni parola avrà un suo risvolto.



Grido

Sbatté le palpebre un paio di volte, prima di rendersi conto di essere ancora viva.
Il respiro era sì affannato, ancora irregolare, ma molte delle lesioni interne che era sicura di aver riportato non sembravano più dolerle tanto.
La vista era ancora annebbiata, abbassò lo sguardo d’istinto per controllare le proprie ferite ma nulla di quel colore rossastro sembrava intaccarla, se non fosse che il corpo era bendato nella maggior parte dei punti.
Qualcuno le aveva prestato soccorso, e sicuramente non qualcuno che lei considerava alleato, data la precisione con cui qualche rimedio le era stato applicato sulla pelle, basato su chissà quali studi medici, del tutto diversi da ciò che veniva insegnato alle accademie.
 

- Ben svegliata, Tsunade.-
 
 Quella voce ironica e tagliente la riconobbe immediatamente, la costrinse a strizzare gli occhi per mettere a fuoco chi avesse davanti.
 

- Orochimaru…-

Bisbigliò a denti stretti ed accennò a muoversi, accorgendosi di non essere legata.
Riuscì a mettersi seduta, stringendo appena i denti e rendendosi conto di essere stata distesa su di un lettino bianco e sufficientemente morbido.
Mentre intorno a lei vi erano soltanto pareti umidicce e scure, tetre: tipico di Orochimaru, rintanarsi in una qualche grotta scavata chissà dove.
 

- Quanto ho dormito?-
 
Domandò portandosi una mano alla fronte. Forse era ingenuo, per non dire imprudente da parte sua sentirsi quasi a proprio agio in una tale condizione.
Lei, dopotutto, ricordava perfettamente come si erano lasciati, prima dell’inizio della guerra, ma non si stupì del fatto che lui fosse riapparso, quasi l’aveva dato per scontato.
 

- Un paio di giorni. Quell’Uchiha ti aveva ridotta davvero male, non pensavo sarebbero state necessarie le tue stesse tecniche per curarti.-
 
 Le disse con un accenno di sfida nel tono di voce, che Tsunade colse immediatamente senza però reagire: aveva evidentemente frugato per bene nei suoi archivi personali, o forse qualcun altro lo aveva fatto per lui.
Evitò di arrabbiarsi, avrebbe comportato un dispendio inutile di energie, e lei per il momento aveva solo bisogno di recuperarne. Le bende le fasciavano completamente il corpo, dal seno sino alle ginocchia, non v’era più traccia dei suoi abiti stracciati ma non ci fece troppo caso: chissà quante altre volte Orochimaru l’aveva spiata in circostanze simili.
 

- Se sono qui, significa che Madara ha accettato il tuo accordo.-
 
Alzò lentamente il capo, volgendogli un’occhiata fulminante, quasi minacciosa, mentre le iridi ambrate erano ridotte ad una fessura tutt’altro che benevola.
 

- Come hai potuto regalargli così un’opportunità tanto grande?!-
 
 Alzò il tono di voce, divenne imperioso, autoritario, con quella grinta tipica di chi mette cuore e anima in tutto ciò che fa.
Il Signore dei Serpenti sorrise appena, rimanendo immobile nella propria posizione, lo sguardo che osservava la reazione di quella donna che conosceva meglio di chiunque altro.
 

- Sempre a mettere tutti gli altri prima di te stessa, vero Tsunade?-
 
Le domandò metaforicamente, senza concederle il tempo di una possibile risposta, se ci fosse stata.
 

- L’opportunità che gli ho offerto è tanto di vittoria quanto di sconfitta, dipende come la utilizzerà.-
 
 Sempre troppo vago per dare una spiegazione significativa, per far capire al mondo cosa gli passasse per la testa.
Ma era sempre stato così, dopotutto: indecifrabile e diabolicamente intelligente.
Orochimaru non aveva mai avuto interesse a veder vincere uno schieramento piuttosto che un altro, ma in cuor suo Tsunade aveva la sensazione che non stesse con gli attuali tiranni.
Li avrebbe umiliati, loro della resistenza, li avrebbe sfruttati e ricattati, ovviamente, ed era consapevole che quella sensazione l’avesse portata a sbagliarsi sul conto del compagno un discreto numero di volte: eppure lei continuava a sperarci, nonostante la freddezza e la razionalità fossero radicate in lei molto più dei sentimenti.
Lui aveva già calcolato tutto, poco ma sicuro.
 

- Cosa vuoi da me?-
 
Gli domandò poi schiettamente, sul precedente argomento sarebbe tornata in seguito.


- Voglio che lavori per me e con me.-
 
Le disse in tutta tranquillità, come se la sua fosse una richiesta scontata.
Le immagini di pochi anni prima tornarono ad invaderle la mente come un flusso incontaminato e feroce: lui che rideva sul corpo morto di Dan, lui che uccideva il loro maestro, lui che se ne andava brutalmente, lui che la ricattava, lui che voleva catturare Naruto…
Un moto di rabbia la pervase, strinse i pugni e si alzò in piedi di scatto, quasi volesse attaccarlo.
 

- Come osi chiedermi una cosa del…-
 
Ma le gambe ed il corpo cedettero, le parole le morirono in bocca dopo quel grido di rabbia e si sentì cadere, inevitabilmente.
Due forti braccia la sostennero, una la reggeva per la vita, l’altra per un braccio.
Si sentì improvvisamente debole, debole come non lo era mai stata: fisicamente, certo, ma soprattutto perché era consapevole che Orochimaru conoscesse ogni suo singolo e maledetto punto debole.
E l’avrebbe utilizzato contro di lei in ogni modo, per cercare di averla dalla propria parte.
 

- Sei l’unica, Tsunade. L’unica di cui ho bisogno.-
 
Per un attimo le iridi ambrate si illuminarono, per un attimo le speranze vennero esaudite.
Ma mentre lui la riportava al lettino, sul suo volto delicato si dipingeva un amaro sorriso ironico.
 

- Non dire stronzate. Tu non hai mai avuto bisogno di nessuno, o non te ne saresti andato.-
 
 Gli sputò quella sentenza come se nulla fosse, quasi a volersi indirettamente sfogare.
Lui si fece appena più serio, allontanandosi di un passo non appena Tsunade ebbe riacquistato l’equilibrio, seduta sul materasso.
 

- Non ho interesse a vedere quel folle governare, anzi sarebbe un bel problema per i miei studi. E tu sei l’unica di cui io possa fidarmi.-
 
Lo sapeva, che Orochimaru era sincero. Non era solo una sensazione ma una certezza: lui non mentiva mai, a costo di distruggere l’animo di chi aveva dinnanzi, come aveva fatto col maestro Sarutobi, con Jiraya, con lei, con tutti indistintamente.
Era sadico, cinico, ricattatore e criminale, ma mai aveva mentito.
Inarcò un sopracciglio, l’espressione seria su quel volto segnato dal dolore: avrebbe sempre retto quello sguardo gelido ed ironico, sempre.
 

- E se non fossi io a fidarmi?-
 
Se lo aspettava, da una come Tsunade. Dopotutto nessuno meglio di lui poteva dire davvero di conoscerla, nessuno meglio di lui era consapevole che lei non si sarebbe arresa, che quella sincera, profonda e forte volontà d’animo non l’avrebbero mai abbandonata.
E gli serviva anche per questo.
 

- Se non torneremo dalla resistenza, avranno poche possibilità di sopravvivere. Se non ti alleerai con me, non vincerete.-
 
Fu schietto nel parlare, serio nel tono di voce, ma ancora non riuscì a convincerla, non totalmente: e non era orgoglio, il suo, ma un cuore lacerato, ferito e deluso, ben peggiore di un semplice rimorso.
 

- Parli della resistenza in terza persona, come se tu non facessi parte di loro, di noi…-  
 
Si zittì un attimo, ma riprese subito, senza lasciarlo parlare.
 

- Chi sei, ora, Orochimaru?-
 
Uno sguardo deciso, iridi gialle che riflettevano la figura di una donna tremendamente bella quanto forte, determinata, coraggiosa.
Non sapeva dire se l’ammirasse o se la compatisse, certo era che anche lui aveva preso la propria decisione…
E avrebbe fatto qualsiasi cosa per portarla dalla propria parte.
 
 
*****
 
Il ritorno di Naruto e del gruppo aveva provocato un applauso generale ed una nuova speranza per la resistenza, tanto che in quel nascondiglio non v’era stata l’ombra di un’espressione triste per tutta la giornata.
Lacrime, lacrime e ancora lacrime: di gioia, ovviamente, per tutte le fatiche e le sofferenze che avevano sopportato e che sembrava avessero avuto finalmente fine.
O almeno, questo era ciò che speravano, nonostante le menti più razionali avessero avuto tutt’altra interpretazione.
Senza troppe cerimonie né illusioni, i vertici di quel covo si erano riuniti nella parte più interna della grotta, in una nicchia adibita a “comando generale”, dove una grande pietra era stata lisciata e posta al centro come fosse un grande tavolo.
Lì sopra era stata disegnata una cartina con svariati dettagli, nessuna sedia l’accerchiava poiché non c’era stato tempo per procurarsi qualcosa di tanto futile.
E la puzza di umido era fin troppo irritante.
 

- Ti ascoltiamo, Itachi Uchiha. Penso tu abbia parecchie cose da spiegarci. –
 
Lo sguardo attento di Shikaku era puntato sul traditore della Foglia, considerato il nunkenin per eccellenza prima delle rivelazioni dei piani di Danzo e della Radice.
Sapeva che non era un nemico, dopotutto aveva aiutato il gruppo di Darui e Sakura a ritornare sani e salvi liberando anche Naruto e Killer Bee, ma nonostante questo non poteva dire di fidarsi, non totalmente almeno.
Una persona morta, uccisa dal proprio fratello, con un passato alle spalle di assassino e membro di Akatsuki non poteva certamente risultare ancora un “santo” nella sue mente.
Itachi non si lasciò distrarre da quel tono freddo e distaccato, la diffidenza ancora palese: non gli dava torto, nemmeno lui avrebbe dato per scontata un’alleanza di quel tipo avendo la responsabilità di tante vite.
 

- Sono stato resuscitato per combattere contro di voi assieme a molti altri, il mio corpo era controllato dall’Edo Tensei di Kabutomaru ma la mia mente e le mie parole mi appartenevano ancora. –
 
Cominciò con tono garbato, mentre i pochi presenti erano ancora scettici.
 

- Questo lo sapevamo già, Uchiha… -
 
Il capoclan Yamanaka sembrava ancora ben poco convinto della cosa, difatti lo guardava con scetticismo e al contempo attenzione: quella guerra gli aveva sottratto troppe vite per permettersi anche il minimo errore.
 

- Continuate pure. –
 
A quel coro di diffidenza si opponeva una voce più mite, forse insicura, quale era quella della guardia del corpo della Mizukage.
Chojuro era difatti più tranquillo nel giudicare il ragazzo che avevano dinnanzi, più scrupoloso, forse troppo speranzoso: vedeva in lui una possibilità di salvare la sua amata Kage e con ella l’intero paese, se l’Uchiha rappresentava una speranza non si sarebbe lasciato condizionare dalle dicerie, per quanto fossero veritiere.
 

- Sono stato in grado, con un piccolo aiuto, di riprendere le facoltà che mi erano state tolte, liberandomi dell’Edo Tensei e del controllo che Kabutomaru esercitava su di me. Ora, lui non può né vedere né regolare le mie parole e le mie azioni e al contempo non posso essere ucciso. –
 
Spiegò con una certa precisione.
Certo, erano tutti consapevoli che  con appositi sigilli sarebbe stato messo fuori combattimento, ma al contempo un semplice colpo di spada o di kunai non lo avrebbe minimamente ferito.
 

- E questo piccolo aiuto chi sarebbe stato? –
 
A Darui non era sfuggito alcun dettaglio, rimaneva fisso e concentrato su Itachi.
Scambiò con lui una rapida occhiata, alcuni minuti trascorsero prima che l’Uchiha decidesse di rivelare quel nome: avrebbe provato una fitta al cuore, se il suo avesse continuato a battere.
 

- Mio fratello, Sasuke Uchiha. –
 
Un nome che suscitò in ognuno di loro rabbia, frustrazione, risentimento.
Un nome che per una frazione di secondo fece serrare i denti ai due fratelli del Kazekage, tanto che fu Shikamaru a stringere la mano di Temari per un istante.
La kunoichi di Suna gli lanciò un’occhiata perplessa, stupita quanto risentita per una libertà che lei non gli aveva concesso, ma lo sguardo profondo del Nara bastò per quietarle momentaneamente l’animo.
Perché lo sapeva, Shikamaru, che se Temari fosse rimasta calma anche Kankuro non avrebbe reagito, e a quanto pareva lei sembrava fidarsi soltanto di quel ninja delle ombre…
Gliela lasciò immediatamente, non volendo distrarla ulteriormente dal contesto in cui si trovavano: e ringraziò il cielo che in quel momento né Naruto né Sakura fossero in quella stanza.
 

- Che ne è stato di lui? –
 
L’unico che poteva porre quella domanda finalmente lasciò spazio alla propria voce: volto coperto, sguardo impassibile, cuore che si era vertiginosamente stretto in una morsa.
Se ne era rimasto appoggiato alla parete umidiccia senza dire nulla, senza intervenire, ma quel nome era uno dei pochi a non potergli essere indifferente.
Lo aveva addestrato, lo aveva aiutato e sostenuto, lo aveva almeno in parte cresciuto… e poi lo aveva visto andare via, cadere nell’oscurità, senza avere la possibilità –e forse la forza- di tendergli realmente una mano.
Itachi si volse verso Kakashi, il silenzio che invase quella stanza durò un minuto abbondante: non si stavano dicendo nulla, eppure i loro sguardi parlavano da sé.
 

- E’ impegnato altrove, ma presto si farà vivo. Se riuscirà nel suo intento, presto avrete un nuovo alleato. Avremo un nuovo alleato. -
 
Aveva specificato volutamente la pluralità. Volutamente si era ufficialmente inserito all’interno di quel gruppo, di quella resistenza.
Aveva commesso omicidi, nel suo passato oscuro, aveva tramato contro molte terre e terrorizzato un discreto numero di shinobi…
Eppure non aveva mai dimenticato le sue origini e ciò che per lui era sempre stato davvero importante, più della sua stessa vita o dell’orgoglio o dell’onore: il Villaggio della Foglia ed il fratello Sasuke.
E questo, volente o nolente, era chiaro a tutti, la sua presenza in quel luogo lo dimostrava.
 

- Conosciamo la tua storia, Itachi Uchiha, la tua volontà di difendere il Villaggio e di aiutare tuo fratello. Ma non possiamo essere certi che Kabutomaru non ti abbia fatto qualche condizionamento che poi ti porti ad aggredire noi piuttosto che loro… Madara Uchiha è pur sempre sangue del tuo sangue. –
 
Shikaku non perdeva la sua fredda razionalità, non si lasciava condizionare da una storia commovente o da parole sincere.
Itachi, dentro di sé, sorrise.
 

- E’ più che legittimo. Avevo previsto che non vi avrei convinti immediatamente, perciò ho preparato un nuovo tipo di sigillo che dovrebbe riuscire a neutralizzare i resuscitati di questo Edo Tensei potenziato dallo stesso Kabutomaru. –
 
Shikaku e Darui inarcarono un sopracciglio, gli altri parlottarono silenziosamente, con discrezione e la medesima diffidenza di poco prima.
L’Uchiha estrasse dal proprio mantello un rotolo, che appoggiò su quella pietra ovale al centro della stanza, proprio davanti a Kakashi.
 

- Controllate pure. –
 
Disse riallontanandosi di un paio di passi.
Shikaku lo osservò scettico per una frazione di secondo, per poi allungare la mano verso il rotolo e cominciare a srotolarlo.
 

- Darui, Kankuro, Chojuro, venite qui. Kakashi, tu occupati del nostro ospite: la sua lealtà verrà testata sul campo. –
 

Mentre  i vertici della resistenza decidevano sul da farsi, in un’ala più riservata di quel luogo erano radunate diverse kunoichi, mentre i feriti restavano seduti su alcune sedie o completamente sdraiati su barelle improvvisate.
C’era un discreto silenzio in quel luogo, alcuni ninja medico che si davano da fare affinché nessuno rischiasse la vita: ogni vita, in ogni istante, poteva risultare essenziale, fatale per la loro sopravvivenza o la loro disfatta.
 

- Ahia! Mi fai male! –
 
Una voce ruppe quella calma, ed un sonoro schiaffo venne stampato sulla guancia del biondino in questione.
 

- Sopporta in silenzio, Naruto! Non hai delle grosse ferite, ma poteva andarti peggio… Molto peggio. –
 
Le iridi chiare della giovane Yamanaka scorrevano sul braccio del nove code con precisione e professionalità, soffermandosi su qualche ferita all’apparenza invisibile, ma che si nascondeva all’interno del corpo e che solo un’esperta di arti mediche poteva percepire e, conseguentemente, curare.
Naruto sbuffò sonoramente, lasciando che Ino gli curasse le ferite maggiori, dopodiché la ragazza si rialzò in piedi, passandosi distrattamente una mano sulla fronte.
 

- Bene, tu sei fuori pericolo. Ora vado a vedere come sta Killer Bee… Hinata, lo tieni d’occhio tu? –
 
Chiese metaforicamente, strizzando l’occhio all’amica ed allontanandosi immediatamente, quasi a non volerle dare la possibilità di replicare.
Dal canto suo, la timida Hyuga arrossì vistosamente, ma per sua fortuna Naruto era troppo impegnato a sbuffare per rendersi effettivamente conto della situazione.
 

- Ehi, non sono mica più un bambino! –
 
Si lamentò seguendo la figura di Ino con lo sguardo, mentre questa si dirigeva altrove.
Sospirò appena, passandosi una mano fra i capelli biondi, prima di volgere le iridi azzurrissime verso la ragazza: era tanto che non la vedeva, Hinata, e dopo tutto quel tempo le era mancato quel volto tanto ingenuo e pieno di dolcezza.
 

- Sai una cosa Hinata? –
- C-Cosa, Naruto-kun?-
- Mi sei mancata! –
 
Le disse con un sorrisone sincero e solare, senza rendersi conto che quelle parole sarebbero state ampliate ed enfatizzate nella mente della ragazza: per lui, Hinata era un’amica importante, del tutto diversa dalle altre, anche se ancora non aveva mai riflettuto su tutto questo.
Il suo cuore accelerò vertiginosamente i battiti, si portò una mano al petto, stringendolo istintivamente, mentre le labbra le restavano dischiuse.
 

- A-Anche tu, Naruto-kun… -
 
Disse semplicemente, con un fil di voce, tanto che il ragazzo allargò ulteriormente quel sorriso solare che lo caratterizzava… e che nessuno gli avrebbe mai strappato dal volto.
 

- Lo so! Sakura mi ha detto che chiedevi sempre di me! –
 
Il suo tono era tranquillo e cordiale, come se si trattasse di una normalissima conversazione. Al contrario, la dolce Hyuga perse tre battiti di fila, avvampò, il rossore sul volto aumentò mentre la vista cominciò ad annebbiarsi lentamente.
 

- T-Tu… l-lo sai…? –
 
Lo sguardo cominciava già ad essere perduto nel vuoto: avrebbe perso i sensi da lì a poco e sarebbe cascata a terra come una pera cotta, un’altra volta.
Ma d’improvviso Naruto si fece preoccupato nel vedere quella reazione, tanto che scattò in piedi mandando all’aria tutto il bendaggio e sorreggendola con ambedue le braccia.
I loro volti erano vicini, troppo vicini perché il cuore della ragazza potesse sopportarlo, mentre su quel viso perennemente solare vedeva un’espressione leggermente preoccupata, perplessa.
 

- Ehi, Hinata, non ti senti bene? –
 
Le domandò. Seguì una serie di ragionamenti illogici nella sua mente, tanto ad arrivare ad una conclusione non propriamente azzeccata mentre la povera Hinata era in balia del peggior baka in circolazione: lei quanto il suo cuore, naturalmente.
 

- Guarda che non devi più avere paura! Adesso ci sono qui io e ti proteggerò sempre, non vi lascerò più! –
 
E di nuovo sorrise, ma non con quel fare infantile di sempre, non con quell’espressione da indomabile sognatore: no, era un’espressione forte, decisa, più matura rispetto a come l’aveva visto tante altre volte.
Avrebbe voluto svenire, in fondo fra le braccia di Naruto non sarebbe stato male, ma quella nuova espressione, quella maturità che ora sembrava caratterizzarlo, la spinsero a contenersi.
Si lasciò stringere fra le sue braccia, appoggiando delicatamente la testa contro il suo petto.
 

- Ti ringrazio, Naruto-kun. –
 

A qualche metro da loro, in una nicchia scavata più in profondità nella roccia, le iridi verde acqua di Sakura passavano incessantemente sul corpo privo di sensi di una delle kunoichi a cui teneva di più in assoluto.
Lì stesa, inerme, incapace di reagire, forse di sopravvivere…
Strinse i denti e diede un violento pugno ad una roccia vicina, disintegrandola con quanta brutalità avesse in corpo: rabbia, rabbia e ancora rabbia, oltre ad un opprimente senso di impotenza.
A quella reazione seguì l’arrivo immediato di Karui ed Ino, le quali non poterono che soffermarsi sull’entrata: Sakura ansimava, ansimava per la rabbia, non certamente per lo sforzo.
 

- Non posso fare nulla. –
 
Disse a denti stretti: cos’avrebbe detto la sua maestra vedendola in quel modo?
Cos’avrebbe pensato di tutto il tempo impiegato per addestrarla, se non era capace di curare una cara amica?
Si dava della stupida, dell’inutile, senza avere pace.
 

- Hai già fatto molto, Sakura. Kurenai e Killer Bee se la caveranno egregiamente solo per merito tuo. –
 
Ino non era una persona che dispendeva elogi, non ringraziava né si complimentava gratuitamente, talvolta non lo faceva nemmeno dinnanzi all’evidenza.
Ma ora, vedendo un’amica che si era impegnata al massimo per rendersi utile, per poter aiutare le persone che amava, ridotta in quello stato le aveva fatto fare un’eccezione alla regola.
Le aveva fatto male, maledettamente male, anche se questo non lo avrebbe ammesso.
 

- Ma Shizune no! Per cosa sono stata addestrata, se non sono in grado di guarirla?!-
 
Karui ed Ino si lanciarono una semplice occhiata, senza dire né fare nulla.
Quella era una battaglia che la ragazza avrebbe dovuto combattere da sola, contro se stessa.
 

- Le resta un giorno, forse due… -
 
Emise la sentenza con un filo di voce, si inginocchiò ai piedi di quella barella, appoggiando la fronte contro il corpo della fidata dell’Hokage.
E calde lacrime le rigarono il volto.
 

Un suono di passi fin troppo cauti echeggiò nel grande atrio del loro rifugio, le pareti umidicce della grotta enfatizzavano quel suono rendendolo udibile a chiunque fosse nei paraggi.
Un ciuffo viola ondeggiava all’avanzare della donna, sin quando ella non si fermò al centro di quel luogo, dove molti erano accorsi quasi tempestivamente.
Sguardi di stupore ed anche di paura si palesarono sui volti dei presenti alla vista di chi le fosse accanto: Sasuke Uchiha ed il Kazekage.
Il secondo decisamente mal ridotto e sostenuto dal primo, il quale non sembrava palesare alcuna emozione ma fissava tutti indistintamente.
Choza Akimichi, a guardia dell’entrata, avvertì immediatamente Shikaku ed altri di quell’arrivo, tanto che ben presto chiunque fosse della resistenza si stava dirigendo lì.
 

- Questo cosa significa? –
 
Shikaku non aveva perduto la razionalità, non si stava facendo condizionare dal fatto che assieme ad Anko ci fossero un nunkenin ed un Kage: quella situazione gli pareva assurda, per non dire ironica, ed il rischio di un possibile inganno era più che palese.
 

- Ti darò tutte le spiegazioni necessarie, Shikaku. Ma prima c’è qualcosa di cui tutti dobbiamo prendere atto, purtroppo… -
 
Il volto della donna, perennemente combattivo e diffidente, si era fatto improvvisamente cupo, quasi addolorato, i denti stretti in una morsa mal celata.
Si volse alle proprie spalle, le iridi viola che incrociarono per un attimo quelle chiare del Kazekage: incapaci di mentire, incapaci di celare un dolore che li stava profondamente corrodendo dall’interno.
Perché quella guerra, nonostante il sangue versato, nonostante le troppe vittime, continuava a mietere disperazione.
Con le forze che gli rimanevano, Gaara alzò appena un braccio, dirigendo una nuvoletta di sabbia sino al centro dell’atrio, affinché tutti potessero vedere.
Lacrime immediate, stupore, terrore, preoccupazione incapace di essere celata.
 
- Nonnooooooooooooo! –
 
E la disperazione più viva della kunoichi dai capelli corti e neri, la quale si gettò a capofitto sul corpo dello Tsuchikage trasportato dalla sabbia.
Morto.

 
  
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