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Autore: funklou    06/10/2013    15 recensioni
Al Norwest Christian College le cose vanno così: o sei popolare, o non sei nessuno.
Ma c'è anche chi, oltre ad essere popolare, è anche misterioso, quasi pericoloso. E nessuno sta vicino al pericolo.
Tutti sapevano quello che Luke Hemmings e i suoi amici avevano fatto.
Ricordatevi solo una cosa: le scommesse e i segreti hanno conseguenze.
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Dal secondo capitolo:
"A me, invece, non sembri un tipo così pericoloso. Forse strano" affermò Avril, senza distogliere l'attenzione dal suo libro.
"Due." Si guardò intorno, in cerca di un banco libero.
"Due?"
"Due."
"Cosa significa?" Alzò lo sguardo e lo guardò confusa.
"Sinceramente? Nulla. Quando non so cosa rispondere, o quando non voglio rispondere, dico due." Scrollò le spalle, come se fosse la cosa più ovvia e si allontanò.
"Questo conferma la mia teoria, Hemmings."
Doped!Luke
Scene di droga esplicite. Se ne siete sensibili, non aprite.
Il trailer di Two: http://www.youtube.com/watch?v=NE35nheHyZY
Genere: Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calum, Hood, Luke, Hemmings, Michael, Cliffors, Nuovo, personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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A new friend.

La solitudine. 
Ecco di cosa aveva paura Avril Mitchell. Se c'era una cosa che non avrebbe mai ammesso, era proprio questo: l'esser sola. Anche solo pensarlo, di tanto in tanto, la turbava fino allo star male. Dirlo a voce, a qualcuno, non le passava neanche per l'anticamera del cervello. In fondo, se una persona non è circondata da nessuno, è solo sua la colpa. Ci sono persone che si creano gli stacchi dalla realtà, dalla vita sociale, dalle persone, anche inconsciamente, proprio per trovarsi meglio con se stesse. Avril era una di quelle: stava allontanando Vicky, senza cattiveria, ma lo stava facendo, e non si avvicinava di proposito alle sue compagne di classe. Ma ora, lasciata lì, in quel corridoio in cui regnava il silenzio totale, la solitudine si faceva viva. La sentiva nell'aria, la stava respirando, la stava soffocando. E non perché fosse davvero sola, ma perché a lasciarla era stato Luke Hemmings. Ed aveva paura, un'angosciante paura. Non erano sensazioni giuste, quelle. Non erano programmate, non erano calcolate, non erano previste. 
Una lacrima le stava percorrendo la guancia, e non desiderava altro che si asciugasse all'istante, perché significava solo non aver capito che non bisogna affezionarsi alle persone, ché tutti se ne vanno. Una lezione semplice che, dopo sedici anni, Avril non aveva ancora imparato. 
A quel punto, non le importava più di far la bella figura con i professori, presentarsi alle lezioni, fare felici altri. Voleva andarsene, ritornare a Melbourne, l'unica via di fuga nel nulla che la circondava. Ma non poteva, perché non puoi scappare dalla tua ombra, da quello che sei, da quello che provi. Per il momento, si limitò ad asciugarsi quelle stronze di lacrime con la manica della sua enorme felpa, a rialzarsi in tutti i sensi e a camminare, fino a trovare la porta di un vecchio sgabuzzino al primo piano, di fianco ad alcuni armadietti mai usati. La dovette aprire con forza, bloccata com'era, e provocare un rumore sommesso. All'interno non trovò niente di eclatante, solo vecchi oggetti utilizzati dalle bidelle e qualche sedia rotta. Lasciò che la borsa toccasse il pavimento sporco e si sedette con la schiena poggiata al muro pieno di crepe. 
Continuava a pensare che avrebbe voluto che finisse tutto così, che nessuno si fosse ricordato di lei. Ma mentiva, mentiva a se stessa, spudoratamente. In realtà, se lo ripeteva come un tormentone, ma solo perché, in un angolino della testa, voleva metter giù tutto il peggio per alleviare la delusione nel caso qualcuno non si fosse davvero dimenticato di lei. Dannata psicologia inversa.
Avril restò in quello sgabuzzino per ore, nel buio, aspettandosi di trovare la tristezza, invece si annoiava e basta. Non sapeva più nemmeno l'orario e ormai sapeva a memoria ogni particolare di quella stanzetta, e ne aveva abbastanza. Si alzò, quindi, da quelle mattonelle fredde e, poggiando la mano sulla maniglia, si accorse che dall'altra parte ci fosse già qualcuno a tirare in sua direzione. Lasciò la presa e Calum per poco non le si catapultò contro.
"Oddio, scusa!" urlò in preda allo spavento il ragazzo mentre cercava di assestarsi. "E' che ti stavo cercando."
"Mi stavi cercando?"
"Sì, ma non eri da nessuna parte. Quindi, credo che se non ti avessi trovata qua, avrei perso tutte le speranze" spiegò con un fare imbarazzato, uscendo dallo sgabuzzino e facendole segno di seguirlo.
"E perché mi cercavi?" domandò allora Avril, che rivedere la luce dopo tutti quei minuti le faceva male agli occhi.
"Usciamo da qui e ne parliamo, okay?"
"Va bene," gli concesse. "ma che ore sono?"
"Le due e dieci, più o meno." 
Wow, le sembrava di esser stata lì dentro giornate intere, invece erano passate soltanto due ore. Che concezione del tempo.
Camminava fianco a fianco con Calum, l'unica persona che probabilmente non avrebbe rifiutato in quel momento, e l'unica che l'aveva cercata. Forse, era arrivato un nuovo amico.
Scesero le scale ed Avril percepiva la sua mano scontrarsi con quella di lui, sentendosi ogni volta bene. 
Il parcheggio era vuoto, così lo attraversarono velocemente, ritrovandosi poi all'uscita. Si aspettò che Calum si fermasse, ma invece non allentò il passo e non smise di camminare.
"Dove vai?" gli chiese, appunto.
"Ti accompagno a casa, se vuoi" le comunicò, un po' esitante, ansioso di una conferma. Conferma che trovò quando Avril gli sorrise.
"Allora..." cominciò lui. "Mi è sembrato di capire che tu e Luke siate in sintonia."
Certo, perché non ci aveva pensato prima? Voleva parlarle di Luke, magari farle tornare in mente l'episodio nei corridoi... Altro che accompagnarla a casa.
"Sintonia non credo proprio" ribatté a tono, come infastidita. 
Calum staccò gli occhi dalla strada, solo per guardarla confuso. 
"Stamattina non sembrava."
"Appunto, stamattina."
Il moro sbuffò, come se fosse ormai già previsto che qualcosa dovesse andare storto. Come non detto, "Cos'ha già combinato?" le domandò. 
Ma Avril non aveva voglia di spiegare e non l'avrebbe fatto. Scosse la testa, lasciando che quei ricordi se ne andassero e fece segno a Calum di lasciar stare. Piuttosto, "Sembra sempre incazzato, serio e triste." gli fece presente.
"Lo so, volevo parlarti proprio di questo. Volevo metterti sull'attenti, perché Luke non è come tutti i ragazzi. Devi comportarti in modi diversi, con lui."
"Diverso vuol dire che è sempre depresso?" fece Avril ironicamente. Sentirsi dire che Luke era diverso le dava parecchio fastidio. Ché lo sapeva anche lei, eccome, ma sicuramente avrebbe deciso lei che comportamento assumere. Dio, quanti casini portava con sé Luke Hemmings.
"E' la troppa merda che ti cade addosso quando sei da solo che porta a non avere la forza di sorridere veramente, nemmeno quando di motivi ce ne sarebbero. Si appende a quei fili o a quelle galere che ha costruito intorno a sé, per cercare di farsi meno male senza sapere che, una volta che inizia ad avere prigioni, è già morto dentro. Non si tratta di mancanza di coraggio, ma..." Si fermò, forse per prendere fiato, forse per trovare le parole giuste. "Ma proprio mancanza di forza. Uno ci prova e ci riprova se necessario a liberarsi, ma quelle delusioni, quel male, quel passato sarà sempre troppo forte" tentò Calum di spiegarle, senza sapere che, sinceramente, Avril non sapeva se avesse capito bene o meno. Sta di fatto che, dopo Calum, nessuno parlò più. E ignorò le chiamate e i messaggi di Vicky, a cui aveva dato buca e di cui aveva evitato il passaggio per tornare a casa. Perché fu trascinata nel mondo deserto e spento di Luke, e non sapeva il motivo, ma voleva restarci. Magari non per sempre, ma per quanto bastasse a rianimarlo.
Le macchine passavano velocemente di fianco a loro, le persone camminavano distratte e affrettate, incuranti di loro due. E a loro stava bene così.
Avere Calum così vicino era come avere una sorgente di positività vicino, tanto che, quando arrivarono davanti alla casa di Avril, questa non voleva che quella sorgente si spegnesse, ragion per cui "Resti?" gli chiese, senza pensarci due volte. 
E allo stesso modo, Calum annuì. Non volevano ammetterlo, ma lo dimostravano: volevano conoscersi, trovare le radici di loro stessi, potersi fidare l'uno dell'altra, semplicemente perché ne avevano bisogno.
Lui le sorrise, come preso da un'ondata di felicità. 
"Ti porto in un posto" affermò sicura. Senza obiezioni, Calum lasciò prendersi per mano e farsi trasportare dalla ragazza. Camminarono sull'asfalto per non più di dieci secondi, e a destra si aprirono davanti alla loro vista delle scale di pietra, che salivano una piccola collina, contornate da dei cespugli. 
Ad Avril si illuminarono gli occhi. Amava quel posto, l'aveva scoperto solo tre giorni fa. 
Salirono sui gradini a passi veloci, per poi ammirare quello che per lei assomigliava ad uno squarcio di paradiso: una distesa di prato verde, con qualche panchina posta qua e là, schiere di alberi ma, sopratutto, un enorme sasso. Spostato più verso destra, ricoperto di scritte indelebili, ed era dove Avril stava puntando gli occhi. 
Avanzò verso esso, seguita da Calum, che non aveva accennato parola fino a quel momento. Allora si andò a sedere proprio sopra lì, con lo sguardo rivolto verso il panorama.
"Vieni qua" gli ordinò, picchiettando la mano alla sua sinistra, e lui non se lo fece ripetere due volte.
"Wow" commentò, stupito dalla visuale.
"E' il punto più alto della città" gli spiegò con una punta di fierezza. "Da qui posso vedere tutto." 
"Mi piace."
E come poteva non piacergli? Avril si sentiva come circondata da una nuova dimensione più tranquilla, dove l'unico rumore era il cinguettio degli uccelli, e più spensierata, dove di problemi non c'erano più. E, a dirla tutta, le piaceva perché si immaginava un po' così il mondo di Luke.
Ed ebbe paura.
"Anche a me. Amo la tranquillità, soprattutto." 
"Credo che questa sia l'unica cosa che conosco di te" commentò Calum, finendo con una risatina che la fece sorridere. Non ci aveva mai pensato.
"E cosa vorresti sapere?" domandò allora. 
"Non so, dimmi tu." 
"No, inizia tu." 
"Io?" alzò la voce di un'ottava, probabilmente preso alla sprovvista da quella richiesta. Ed Avril non aveva pensato neanche a questo, ma non conosceva assolutamente niente di Calum. Ed era curiosa.
"No, guarda, io." Alzò gli occhi al cielo. 
Calum sbuffò, per poi "Okay" concederle. "Ma non ho idea di cosa dire. Fatti bastare che sono metà kiwi e metà scozzese e amo cantare. E Katy Perry. E i cuccioli di cani, quanto possono essere belli?" domandò retorico, tutto eccitato, facendo ridere Avril, che "Non conoscevo questo tuo lato tenero, Hood! E sinceramente pensavo che fossi asiatico" disse.
"Immaginavo." La guardò male. "Ora tocca a te."
"Ma nemmeno io so cosa dire!" sbuffò. "Sono qui da poco, prima abitavo a Melbourne. Sono figlia unica, amo l'azzurro e tutto ciò di questo colore, il mare d'inverno, gli occhi; odio la scuola. La odio davvero." 
"Certo che sei strana."
"E amo anche la stranezza."
"Luke è strano, anche." E improvvisamente la sensazione di leggerezza venne meno. I ricordi di quella mattina si fecero vivi, ormai indelebili. Perché, diavolo, Luke doveva essere in ogni frase, in ogni pensiero, in ogni posto? 
Di nuovo la stessa paura.
E le uscì solo un "Lo so", sussurrato a bassa voce, capace di lasciare tracce di terrore. Terrore che Calum captò, e che gli fece fare qualcosa che Avril non aveva ancora inserito nella sua vita. Si spostò di poco, giusto per riuscir meglio a circondarle il collo caldo con le su braccia fredde e abbracciarla come se fosse stata il suo peluche preferito, come qualcosa di importante, qualcosa che non avrebbe voluto che scappasse, ma che restasse lì, immerso nel suo profumo che Avril percepì immediatamente. Inizialmente spalancò gli occhi, ma poi sorrise, nonostante fosse tutta rossa in viso. 
Semplice, Avril si reputava una persona da non abbracciare. 
Successivamente, si rilassò e, quando ci fece l'abitudine, Calum si staccò. 
"Sai una cosa, Avril? Credo di volerti bene."
Le voleva bene. Uno dei pezzi di ghiaccio creatosi tempo fa sul suo cuore si sciolse e si sentì più viva. Le voleva bene. Sorrise.
"Anche io." 
"Ed è per questo che prima ti ho detto di stare attenta con Luke. Conosco lui, e ora posso dire di conoscere anche te, e so che uno dei due si farà male" parlò serio e poi abbassò lo sguardo, probabilmente soffermandosi a leggere una delle scritte impresse su quel sasso. 
Ma ad Avril quelle parole passarono inosservate per la testa, come prive di senso, perché aveva la voce della paura che le sovrastava con delle urla. 
E queste urla dicevano solo una frase: ormai ti piace.
Sussultò, perché per la prima volta pensò seriamente a quella frase. 
"Ok" accettò le sue suppliche, a cui non aveva dato nemmeno peso. Cos'era, una Vicky due la vendetta?
"Credo che ora mia mamma mi starà cercando, forse è meglio che vada." Scese dal sasso, così come fece Avril. Scesero da quella collina che, senza saperlo, era ormai diventata il loro posto. Si fermarono davanti alla casa della ragazza, vicinissima, e rimase sconcertata quando, prima che Calum se ne andasse, le schioccò un veloce ma tenero bacio sulla guancia. 
Le voleva bene. 

Quel pomeriggio, Avril non fece altro che perdersi nella matematica, nel caos tra le calcolatrici, libri, Luke Hemmings, bicchieri ormai vuoti...
Luke Hemmings. Ecco.
Le aveva incasinato completamente la testa. L'aveva sbattuta al muro, le aveva morso, succhiato il labbro, l'aveva guardata. E non sapeva più cosa aspettarsi. 
Le squillò il cellulare, forse per la trentesima volta. Vicky.
Decise allora di rispondere.
"Pronto?" 
"Porca puttana, Avril, e santo di quel Dio, che Sant'Agostino ti fulmini da lass..."
"Ferma, ferma!" la interruppe urlando, sovrastando le sue imprecazioni. Finalmente, smise anche l'altra di parlare e calò il silenzio, che diede spazio ad uno "Scusa" di Avril.
"Ho avuto paura" le confessò dopo essersi calmata. "Perché non rispondevi?"
Merda, merda, merda. Perché non rispondeva, eh?
"Stavo dormendo" mise lì la prima cosa che le venne in mente, mentre chiudeva l'ultimo libro rimasto aperto. 
"Ok. Ne riparleremo domani, ora devo andare" le disse sbrigativa. Avril sentì un rumore di chiavi girare nella serratura, e poi il monotono tu-tu-tu.
Posò il cellulare sul tavolo, dirigendosi in cucina, trovando la faccia stanca di sua madre che buttava la pasta nell'acqua.
"Mà, stasera non mangio." Le si avvicinò per posarle un bacio sulla guancia. "Sono stanca, credo andrò a dormire." 
E, dopo mille obiezioni della madre, riuscì a convincerla e a svincolare verso camera sua. Finalmente, ogni pensiero poteva essere messo a tacere.

Una settimana era passata così. 
Aveva chiarito con Vicky e continuava a scambiarsi parole con Calum, ad andare al sasso anche solo per riposarsi, a camminare tra i corridoi sotto lo sguardo critico degli studenti, ad avere lo sguardo vigile di Michael addosso, e l'indifferenza di Luke.
Jason le mancava.
Ma forse le mancava quell'abitudine di amarsi, di alzarsi e trovare il suo buongiorno, di leggere quei messaggi stupidi, ma allo stesso tempo significanti. In fondo, le mancava semplicemente il passato. E ciò che le rimaneva era solo lo schema dell'abitudine di appartenersi. Ed era questo che la fotteva, perché si era troppo abituata alla situazione di loro due per uscirne illesa. 
Ma ora c'era un altro problema.
Quel giorno di fine febbraio, tra tutte le facce assenti di studenti addormentati, trovò la sua, quella di Luke. L'aveva ignorata per sette dannatissimi giorni e, in quel momento, ricevere quell'occhiata, le sembrava surreale. Ma più di tutto, le sembrava surreale vederlo avvicinarsi, non a qualche comune studente, ma a lei.
"Ciao." e, quando sentì quella voce penetrarle nelle orecchie, lo stomaco rispose con una serie di capriole incontrollabili. 
La stessa voce che le aveva detto di essere incazzata con lei. La stessa che le aveva raccontato di Ashton.
"Ciao" ricambiò il saluto, atona. 
"Devo chiederti una cosa." Sguardo abbassato, maglia scura con la scritta gialla dei Nirvana, pantaloni stretti e neri, cappello di lana che lasciava uscire fuori il ciuffo biondo. Avril si perdeva dietro a questi dettagli e non poteva che pensare che fosse bellissimo.
Incrociò le braccia al petto, facendogli capire che sarebbe stata lì ad ascoltarlo. 
"Vorrei che stasera venissi con me e gli altri in un posto." 
"Scherzi?" 
Cosa? Una settimana colma di indifferenza, l'episodio di quella mattina, e ora le chiede di uscire? 
"No, perché dovrei?" rispose, seriamente perplesso, facendo spalancare gli occhi ad Avril. O lei aveva ingigantito la faccenda, oppure lui aveva perso la memoria. Però ora come ora, nello stesso corridoio, davanti a quegli occhi azzurri e apatici, tutto sembrava azzerarsi, e si fece strada ogni tipo di emozione. 
Con la voce più bassa, a tratti quasi impercettibile "E tu perché vuoi che venga?" gli chiese. 
E allora lui alzò lo sguardo, facendo tremare ogni parte di Avril e "Così" le diede come risposta. 
All'inizio del corridoio, Avril intravide Vicky, probabilmente in cerca lei. Si allontanò immediatamente da Luke, con sguardo preoccupato, e lo lasciò lì, andando incontro a Vicky.
Che fosse stata una vigliacca, questo lo sapeva, ma in confronto a ciò che aveva fatto lui, non era niente. Eppure, quando si girò indietro per guardarlo un'ultima volta, Luke la stava guardando. Con una faccia impassibile, ma la stava guardando.
Voleva evitare di parlargli in presenza della cugina, non voleva più creare casini. Ma lo sapeva, quella discussione non era finita.


Era già tornata da scuola Avril quando iniziò a sentire il senso di colpa che piano piano la stava aggredendo. Seduta sul suo letto, con un libro in mano, la schiena poggiata al muro, e di fianco l'unica cosa che sembrava attirarle l'attenzione: quello stupido cellulare. Lo fissava costantemente, indecisa, come se fosse una battaglia con se stessa. 
16:04.
Fece ciò che avrebbe cambiato, senza saperlo ancora, tutta la situazione. Prese il cellulare e con più decisione di prima iniziò a scrivere.

16/feb/2013 16:05
Va bene per stasera.

Dopo una lunga lite con se stessa, questo era il risultato. Sarebbe uscita con Luke e gli altri. Forse per il senso di colpa, forse perché in ogni caso ci sarebbe stato anche Calum, forse perché voleva e basta. 




Hei people!
Credo sia passata solo una settimana, ho recuperato il mio enorme ritardo.
Allora, a dirla tutta, ho scritto velocemente questo capitolo perché non vedo l'ora di scrivere il dodicesimo, che sarà il mio preferito. Sono tipo tutta esaltata. Io e l'altra scrittrice eravamo in classe e prima che iniziasse la lezione ci è venuta un'idea che personalmente amo da morire, perché c'entra con Ashton, che è il mio 'preferito' e mi manca un bel po' in questa storia.
Però ok, parlando di questo capitolo, sono le 17:31 e non so quando lo pubblicherò perché sto aspettando la foto che dovrei inserire a fine capitolo riguardante il sasso lol
Nel frattempo, a me è piaciuto portare avanti l'amicizia tra Calum e Avril. Spero piaccia anche a voi :)
E poi, come avete letto, Luke e Avril dovrebbero uscire insieme. Che cosa accadrà mai? Lo scoprirete nella prossima puntata. Ok, così sembra proprio un film a puntate, scusate lmao
Vado. 
E vi voglio bene.

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E questo è il mio ask, dove potete chiedermi tutto.
http://ask.fm/AnnalisaSanna
Bye x 
 


Luke




Calum ((è la dolcezza))




Eccoli insieme :)




E questo è il posto del sasso. E' la strada che Calum e Avril percorrono prima di svoltare a destra, dove ci sono quei cespugli che nascondono le scale. E' tipo il 'posto segreto' che hanno l'altra scrittrice e la sua migliore amica, mi piaceva inserirlo in Two :)

  
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