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Autore: x Audrey x    10/10/2013    1 recensioni
Chiuse gli occhi umidi e lasciò la presa, stringendo forte quella mano sconosciuta. Era l’unica possibilità che le rimaneva. L’ultima cosa che vide furono un paio di profondi occhi color nocciola.
Genere: Avventura, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO DUE
“Ehi, aspetta un attimo. Devo riportarti a casa” esclamò il Dottore.
Lux stette in silenzio per qualche secondo. 
“Non ci provare nemmeno” sbottò, e gli dette di spalle, iniziando a correre. Sentiva il vento che faceva attrito contro il suo corpo, il vestito svolazzava leggero con quello che le rimaneva della lunga treccia. Il cappotto le era appena caduto dalle spalle, e ora giaceva ai piedi del Dottore, che la guardava allontanarsi, rassegnato. 
Non si era mai sentita così libera. Corse, corse e corse ancora, fino a quando non ebbe più fiato. Si fermò e osservò l’ambiente circostante: si era inoltrata per una stradina di ciottoli, che ora l’aveva portata in un grande giardino, dietro ad un palazzo color avorio, illuminato dai due soli e ricoperto di rose bianche. Sembrava un castello incantato. Lo guardò per qualche minuto, ammirandolo.
“Ma non ti stanchi mai di correre, eh?” sentì una voce ansimante dietro.
“è bellissimo …” e si voltò verso di lui “Veramente non sai dove siamo?”
“Già, è stato il Tardis a portarci qui. Sta di fatto che ora tu devi tornare a casa, non certo stare in un posto sperduto nello spazio!”
Ancora! Pensò lei. Non aveva proprio voglia di tornare alla monotonia. Un’ avventura era quello che ci voleva per… No, niente, si decise che doveva correre e basta.
“Ehi, ma dove vai?” sentì la solita voce che la rimproverava, mentre lei si allontanava. Trovò un percorso in mezzo a un labirinto fatto di siepi, e dopo aver girato abbastanza intorno, si ritrovò davanti ad una piccola porta, che dava sul palazzo. Si guardò alle spalle, e la aprì lentamente. 
Era l’entrata di un corridoio poco illuminato, lungo e largo, e un’ aria fredda la investì, facendola rabbrividire. Camminò lentamente per un po’, sembrava che non dovesse mai finire. Svoltò a destra, poi a sinistra, poi a destra, trovò stanze sempre più grandi, ma continuò a proseguire. Più andava avanti, più le pareti erano decorate con affreschi e quadri e un profumo di vaniglia alleggiava nell’ aria. Avanzò di qualche passo, fino a intravedere un grande salone, da cui provenivano delle voci. Si nascose appena dietro la porta e sbirciò dentro: il colore predominante, o forse l’ unico presente, era il rosso. Degli arazzi appesi alle pareti, dei i tappeti che ricoprivano interamente il pavimento, delle lunghe e leggere tende alle finestre. C’ era una grande tavola, a cui sedevano molti uomini, che discutevano animatamente. Tutti loro indossavano un lungo mantello rosso scarlatto, come la tappezzeria.
“una guerra. È deciso?” 
 Trattenne il respiro nel suo nascondiglio e stette in ascolto.
“si, la più disastrosa di tutte le guerre.”
“dobbiamo trovare un movente…”
“Intanto sappiamo contro chi. Anche se alla fine è da secoli che è stata progettata”
“per porre fine alla nostra razza …”
“ i signori del tempo.”
Smise di ascoltare, frastornata. Ma cosa stava succedendo? Una guerra? doveva assolutamente trovare il Dottore. Magari lui avrebbe capito di che cosa stavano parlando, dato che a detta sua viaggiava nel tempo e nello spazio. Sospirò e guardò diritto di fronte a lei e scoprì esserci uno specchio. Un enorme specchio che stava riflettendo tutto quel rosso che ricolmava quell’ enorme sala. Tuttavia, qualcos’ altro attirò la sua attenzione: un paio di occhi scuri, carichi di sorpresa e indignazione, che la fissavano.
“Maledizione”, si lasciò sfuggire, prima di gettarsi in una corsa disperata in uno stretto corridoio, mentre sentiva dietro di sé quelle strane persone rivestite di scarlatto che imprecavano e crepitavano. L’ avevano scoperta, era così pessima a spiare le persone? Si fermò un attimo per prendere fiato. L’ avrebbero inseguita finché non l’ avessero scovata, era logico, e lei era senza forze. Doveva trovare un nascondiglio, e alla svelta. Riprese la sua corsa e andò a sbattere contro qualcosa. Il Dottore, ovvio. Ignorò completamente i suoi rimproveri, lo afferrò per la manica e lo trascinò nella sua fuga.
“Perché stiamo correndo? Cosa hai combinato?”
“Muoviti!” gli gridò. Imboccarono un altro corridoio e sbucarono in un giardino interno. C’ erano persone dappertutto, che si avvicinavano minacciose. I due fecero dietrofront e corsero ancora per un po’, fino a quando non ebbero trovato uno stanzino nascosto dietro ad un tendaggio che ricopriva l’ intera parete. Ci stavano a malapena, obiettò Lux, ma almeno ora non ansimavano più come prima. 
“Mi vuoi dire cosa è successo? Ti avevo detto di tornare a casa!” 
“La smetti di rimproverarmi? Non fai altro da quando siamo… “ si fermò di colpo. Aveva sentito dei passi. Si strinse più forte alla giacca del Dottore, così tanto che riuscì a sentire il suo cuore che batteva, e chiuse gli occhi, trattenendo il respiro. Scattò di colpo. il suo cuore batteva in un modo strano, produceva una specie di eco, quasi come fosse un altro battito. Era un altro battito. Si staccò di colpo da lui. Ma chi era?
“Hai due cuori. Non sei umano”
“Già” rispose divertito.
“Non ci trovo niente di divertente!” sbottò lei, e lui la intimò di fare silenzio. I passi erano sempre più vicini, e lei si riaggrappò alla sua giacca. Ma dove si era cacciata, con quello strano tipo, in quel posto insensato?! Fuori sentì altre persone parlare. Fantastico, era bloccata lì dentro, e chissà quando sarebbe uscita, e se sarebbe riuscita ad uscire. Si appoggiò alla parete, e scivolò lentamente, fino a sedersi, rassegnata. Lui la guardò e si mise vicino a lei.
“Non ci stiamo se ti siedi anche tu” lo rimproverò.
“Non trovi tutto questo elettrizzante? “ le rispose con un’ aria allegra.
“Guarda che non c’ è  proprio niente di elettrizzante!”  sbuffò lei. “ è solo una scocciatura! … ma” riprese con un tono di voce più calmo “Se non sei umano … da dove provieni? E perché viaggi?”
“è complicato.” le disse semplicemente. 
“scusa,  cercavo solo di fare un po’ di conversazione. “ gli rispose seccamente. Sentì ancora passi, non sarebbero riusciti a svignarsela, se la sentiva. Si stavano avvicinando.
Lo guardò distrattamente, e lo vide armeggiare con qualcosa che aveva in mano. 
“Cosa fai ora? “ chiese.
“Cerco di salvarci” Niente, non funzionava. Porta di legno, doveva aspettarselo e il suo cacciavite non andava bene. Si fermò a riflettere, anche se la situazione lo divertiva sempre di più.
 “Dimmi”, continuò ”Cosa hai fatto per mobilitare tutto l’ intero palazzo?” 
Lei fece spallucce.
“Ho origliato una conversazione che a quanto pare avrebbe dovuto rimanere segreta e, beh … mi hanno vista. Per sbaglio”
Lui scoppiò a ridere. Sì, quella situazione si faceva sempre più intrigante. Ad un tratto sentì silenzio completo. Aprì cauto la porta e sbirciò: nessuno. 
“Dai andiamo, è tutto libero” bisbigliò. 
“Smettila di ridere e aiutami ad alzarmi!” si sentì in risposta. 
“Ti puoi alzare anche da sola!” 
“No, non ce la faccio” sussurrò. Lui la guardo. La sua pelle aveva perso ogni traccia di colore. 
“Dai dammi la mano” le disse piano e la afferrò. Era gelida. Si abbassò di fronte a lei e le chiese se riusciva almeno a stare in piedi. Lei annuì e con il suo aiuto si alzò. Uscirono piano e si incamminarono, lentamente. Ora era tutto deserto! Cos’ era successo? Non importava, e non aveva tempo per scoprirlo. Chissà cosa aveva ascoltato Lux di tanto importante. Doveva ricordarsi di chiederglielo, quando si sarebbe ripresa.
Dopo aver girato per un bel po’ finalmente riuscì a trovare una piccola uscita che li riportò al tepore dei due soli. Ritrovò la stradina di ciottoli e finalmente avvistò il Tardis. Rimise distesa Lucy sull’ erba e le mise addosso il suo cappotto, di nuovo, dato che era caduta semi addormentata. 
Per quanto si sforzasse, non aveva proprio idea di che pianeta fosse, o dove si trovasse. Avrebbe voluto tornare indietro per scoprirne di più. Adorava quel genere di situazioni, ma non poteva lasciarla lì. Non in quello stato almeno. E, a pensarci bene, meglio che se ne stesse lì buttata sull’ erba, che in giro a scappare e creare altri inconvenienti. Sospirò. La prese e la mise nel tardis, deciso a riportarla a casa, prima che si fosse risvegliata.
  
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