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Autore: LoveIsAllYouNeed    11/10/2013    0 recensioni
"Come diavolo era potuto accadere? Eppure...tutto tornava. Ogni calcolo, ogni data, ogni ricordo. Tutto contribuiva a far crescere dentro di te quel macigno insopportabile; ti sentivi come immersa nelle sabbie mobili, ed ogni tuo tentativo di lottare era solo un modo per affondare ancor di più."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Seduta su quel gradino, riflettesti sugli avvenimenti che ti avevano così scossa in quell’ultimo periodo. Ancora faticavi a credere che tutto fosse accaduto così in fretta, senza avere alcun modo di fermare gli eventi che si erano succeduti in quel tempo così breve. Eri scappata via da tutto e da tutti, nel luogo più lontano che ricordavi dei tanti viaggi fatti. No cellulare, no internet. Nulla di nulla. Continuavi a chiederti come poteva essere accaduto, e soprattutto quando. Ma ne avevi la maledetta certezza. Eri incinta. Quattro settimane. Un tempo immenso, per te che non eri per niente felice di quella notizia. Avevi passeggiato e riflettuto per un tempo che ti era parso anche troppo breve. Di parlarne con lui, neppure se ne parlava. Ti avrebbe sicuramente convinto a seguire la sua decisione. Ma tu no, di adeguarti alle scelte degli altri proprio non ne volevi sapere. Questo era un problema tuo, e solo tu avresti potuto prendere la decisione giusta. Chiudesti gli occhi, ed ancora una volta cercasti di visualizzare mentalmente come sarebbe potuta cambiare la tua vita. Cosa sapevi tu di bambini? Di poppate, di pannolini, passeggini...e lui? Cosa pensava a proposito di avere un figlio? Non riuscisti a ricordare se, in un tempo lontano, lui ti avesse mai parlato di questo argomento. Dopotutto eravate d’accordo, i bambini erano meravigliosi...a patto che non fossero vostri. Avevate riso, in quel momento, ma ora non riuscivi a trovare nulla di divertente in quella battuta. E i tuoi tour in giro per il mondo? Avresti dovuto dimenticarli per sempre, ovviamente. Non sarebbe stata la cosa migliore sballottare un bimbo piccolo di città in città o, peggio ancora, di continente in continente. E le interviste? Gli album? Osservasti il tuo corpo, accarezzando lievemente la pancia con entrambe le mani. Sarebbe cresciuta presto, troppo presto, e tutti si sarebbero accorti di quel che stava accadendo. Potevi già vedere i titoli sui giornali: ‘carriera terminata’, ‘un vero peccato per una ragazza così talentuosa’. E sarebbero stati i commenti più gentili. Apristi gli occhi, tornando alla più cruda delle realtà. Ti alzasti lentamente, lasciando che la felpa ti coprisse il più possibile il ventre, timorosa che qualcuno potesse accorgersi di una gravidanza ancora troppo breve perché si potesse notare. Attraversasti l'ingresso dell'edificio ad occhi bassi, camminando quasi in punta di piedi, attenta a non attirare l'attenzione. Avanzasti lentamente lungo il corridoio, fino ad una stanza bianca, asettica, piena di poster e di foto che non avresti voluto vedere. Nessuno insieme a te. Solo tu, le tue paure, le tue decisioni. Nessuno poteva vederti lì, ma tu continuasti a sentirti a disagio per tutto il tempo. Quando qualcuno pronunciò il tuo nome completo, per un attimo fu come se una forza, dentro te, ti urlasse di non ascoltare, di scappare, immediatamente. Fin quando una donna dallo sguardo gentile si affacciò nella stanza, ripetendo il tuo cognome. Ti sforzasti di sorridere, e la seguisti lungo il corridoio. Parlava allegramente di quanto la sua giornata fosse stata pesante, di quanti bambini avesse fatto nascere dalla notte prima. Ma tu non riuscivi ad ascoltarla. Non volevi ascoltarla. Ti sembrava di essere una stupida bambina, e non una ragazza di 24 anni. Distrutta dal dolore, dall’ansia, la testa che girava, la nausea che saliva sempre più. E sarebbe durato per tanti mesi ancora. Sentivi la gola secca. Entrasti nella studio, seguendola a fatica. La donna ora ti fissava, in silenzio; la guardasti avvicinarsi a te, con un bicchiere di acqua in mano. La ringraziasti con un cenno della testa, poi ne mandasti giù una lunga sorsata, sentendola scorrere dentro il tuo corpo, ristorandoti. Lei sorrise, ma tu non riuscisti a ricambiare. Ti fece accomodare in una stanza adiacente, poco più grande della prima. Alle sue spalle, un enorme cartellone riportava ogni singolo avvenimento dei nove mesi che ogni donna incinta doveva affrontare. Gli occhi scuri e profondi della donna ti fissavano, gentilmente.  Aspettava, potevi vederlo dal suo sguardo. Aspettava una tua risposta. Un lungo respiro, poche parole.

“Io...vorrei abortire.” Una debole nota di indecisione nella tua voce. Il suo sguardo era perplesso. Avresti voluto...o volevi? Non lasciasti al tuo cuore neppure un secondo per provare a farti cambiare idea. Quella non era la tua vita. Non poteva esserlo. Lo ripetesti ancora, stavolta più sicura. La decisione era stata presa.

“Voglio abortire.”
  
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